Con l’inasprimento delle politiche commerciali statunitensi e con l’introduzione dei dazi, le imprese esportatrici verso gli Stati Uniti si trovano oggi di fronte a una sfida importante: contenere i costi senza compromettere la competitività. Esistono diversi strumenti legali e strategie efficaci che permettono alle aziende di ridurre l’impatto delle tariffe doganali.

Una delle soluzioni più efficaci è quella di spostare il “cuore” del prodotto. Non è necessario delocalizzare l’intera produzione per beneficiare di dazi più favorevoli, ma basta dimostrare che la componente essenziale del bene viene realizzata in un Paese con regimi doganali più vantaggiosi. Questa scelta tattica consente alle aziende di accedere a un canale legale che permette di ottenere una classificazione più favorevole per il prodotto, riducendo sensibilmente l’aliquota applicata.
Un altro approccio utile è abbassare legalmente il valore del bene, sfruttando le deducibilità fiscali riconosciute per alcuni costi accessori. Molte spese che concorrono a determinare il prezzo in fattura, ma che non costituiscono realmente il costo del bene, possono essere escluse dalla base imponibile. In pratica, se un prodotto viene venduto a 100 dollari negli USA, grazie a queste deduzioni è possibile ridurre il valore dichiarato in dogana a 80 dollari o anche meno. A quel punto, anche applicando un dazio del 20%, il prezzo finale torna a essere competitivo, riportando semplicemente il costo totale intorno ai 100 dollari iniziali.

La riduzione del valore della fattura può avvenire anche mediante l’ottimizzazione dei contratti di compravendita. In particolare, l’inserimento di una terza parte nella catena produttiva può offrire vantaggi significativi. Se, ad esempio, il contratto di vendita prevede che un intermediario riceva un compenso specifico per la sua attività, questo importo può essere dedotto dal valore complessivo della fattura. In tal modo, si riesce a ridurre ulteriormente l’importo soggetto a tassazione.
Un’opportunità spesso sottovalutata ma molto efficace è rappresentata dai magazzini doganali. Queste strutture si trovano fisicamente all’interno del territorio degli Stati Uniti, ma fiscalmente sono trattate come zone duty free. Finché la merce rimane in deposito in questi magazzini, non viene considerata importata a tutti gli effetti e non è soggetta al pagamento dei dazi. Il versamento delle tariffe doganali avviene solo nel momento in cui la merce viene effettivamente venduta nel mercato americano. Questo consente alle imprese di posticipare l’esborso economico e di gestire meglio la liquidità, evitando di anticipare costi su beni che potrebbero non essere subito immessi sul mercato.

Infine, per quanto più complesse e meno immediate, ci sono anche le vie legali. L’amministrazione Trump ha sfruttato una nuova cornice giuridica che consente di introdurre dazi anche in risposta a emergenze nazionali, come nel caso della crisi degli oppioidi (con riferimento al Fentanyl) o del disavanzo commerciale.
Questo ha permesso di estendere i dazi in modo uniforme a tutti i Paesi, superando i vecchi vincoli che li limitavano solo a determinati Stati o settori. Pur trattandosi di percorsi giuridici intricati e con esiti non garantiti, questa strada resta percorribile per le aziende che vogliono impugnare o negoziare le tariffe imposte, magari all’interno di un contenzioso internazionale o tramite accordi bilaterali.

Per approfondimenti e chiarimenti su questo tema e per assistenza personalizzata il nostro studio è a vostra completa disposizione.

Con l’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2025 (Legge 30 dicembre 2024, n. 207), dal 1° gennaio sono state introdotte importanti modifiche ai bonus edilizi 2025. Il nuovo impianto normativo ha ridefinito le aliquote di detrazione, distinguendo tra abitazioni principali e immobili secondari, con un progressivo calo delle agevolazioni fiscali previsto per gli anni successivi. Il principio guida della riforma è incentivare gli interventi sull’abitazione principale, penalizzando gradualmente gli altri immobili.

Per quanto riguarda le ristrutturazioni edilizie, l’aliquota del 50% viene mantenuta solo per il 2025 e soltanto per gli interventi sull’abitazione principale. Già dal 2026, questa percentuale scenderà al 36%, per poi stabilizzarsi al 30% dal 2028. Per gli immobili diversi dall’abitazione principale, la detrazione fiscale sarà già nel 2025 pari al 36% e si abbasserà al 30% nei due anni successivi. Il massimale di spesa per tutti resta fissato a 96.000 euro, con una ripartizione della detrazione in 10 rate annuali.

L’Ecobonus segue la medesima struttura: nel 2025 si potrà godere del 50% di detrazione solo se l’immobile è adibito ad abitazione principale e se il soggetto è titolare di diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento. Per le altre unità immobiliari, l’aliquota scende al 36%. Dal 2026 al 2027, la detrazione per l’abitazione principale calerà al 36%, mentre per gli altri immobili si ridurrà al 30%. Il limite massimo di spesa resta invariato, ma cambia il valore effettivo detraibile a causa della rimodulazione delle percentuali.

Una delle principali novità riguarda l’esclusione delle caldaie alimentate a combustibili fossili. In coerenza con la Direttiva europea “Case Green”, non sono più incentivati gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie tradizionali a gas o a condensazione, seppur queste ultime siano più efficienti. Restano invece ammissibili i cosiddetti sistemi ibridi, costituiti da una pompa di calore abbinata a una caldaia a condensazione, purché integrati in un unico sistema controllato da una centralina.

Anche il Sismabonus e il Sismabonus Acquisti sono stati adeguati alla nuova impostazione. Per gli interventi sull’abitazione principale si prevede una detrazione del 50% per il 2025, che scenderà al 36% nel 2026 e 2027. Per gli altri immobili l’aliquota parte già dal 36% nel 2025 e si riduce al 30% nei due anni seguenti. Anche in questo caso, il limite massimo di spesa resta fissato a 96.000 euro e la detrazione è suddivisa in dieci quote annuali.

Il Superbonus, dopo le varie riduzioni subite nel biennio precedente, sarà concesso con aliquota al 65% solo per interventi avviati prima del 15 ottobre 2024 o già formalizzati alla stessa data. Sono validi ai fini dell’agevolazione quei lavori per i quali sia stata presentata la CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata) o, nel caso di interventi più complessi, l’istanza per ottenere il titolo abilitativo. Le spese sostenute nel 2023 potranno essere ancora ripartite in dieci rate.

Per quanto riguarda il bonus mobili, è stata ufficializzata la proroga anche per il 2025. La detrazione è fissata al 50% per un massimo di spesa pari a 5.000 euro. Gli acquisti devono essere finalizzati all’arredo di immobili oggetto di ristrutturazione e riguardare mobili o grandi elettrodomestici ad alta efficienza energetica.

Il bonus barriere architettoniche rimane invariato. Fino al 31 dicembre 2025 sarà possibile usufruire della detrazione al 75% per interventi volti a rimuovere ostacoli alla mobilità (scale, ascensori, servoscala, rampe). I massimali variano in base alla tipologia di edificio: 50.000 euro per edifici unifamiliari, 40.000 euro moltiplicati per unità per edifici da 2 a 8 unità, e 30.000 euro per quelli con più di 8 unità. Per interventi sopra i 70.000 euro è obbligatoria l’applicazione di contratti collettivi del settore edile per poter beneficiare dell’incentivo.

Il bonus verde non è stato prorogato. Questo significa che gli interventi di sistemazione a verde degli spazi esterni non saranno più detraibili.

Tra le novità più interessanti del 2025 spicca il nuovo contributo elettrodomestici. Previsto dalla Legge di Bilancio, il contributo è destinato ai consumatori finali che acquistano elettrodomestici ad alta efficienza energetica (almeno classe B) prodotti nell’Unione Europea, a condizione che venga smaltito l’elettrodomestico sostituito. Il contributo copre fino al 30% del costo, con un tetto massimo di 100 euro (200 euro per famiglie con ISEE inferiore a 25.000 euro). Sarà possibile ottenere il bonus solo per un singolo elettrodomestico. Il fondo disponibile è pari a 50 milioni di euro e si attende un decreto attuativo per chiarire criteri e modalità di accesso.

Un’altra importante novità riguarda i limiti alle detrazioni fiscali per redditi superiori a 75.000 euro. In base al nuovo impianto, chi supera questa soglia potrà beneficiare delle detrazioni solo entro un tetto massimo, calcolato in base al numero di figli a carico. Il limite è di 14.000 euro per redditi fino a 100.000 euro e scende a 8.000 euro oltre questa cifra. Tali massimali possono essere ridotti ulteriormente tramite coefficienti: 0,5 in assenza di figli, 0,7 con un figlio e 0,85 con due figli. Si mantiene invece il tetto pieno con almeno tre figli a carico o un figlio disabile.

Di seguito la tabella riassuntiva e le Faq.

Per maggiori chiarimenti e per assistenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra completa disposizione.

TABELLA RIASSUNTIVA

Tipo di Bonus Aliquota 2025 Aliquota 2026-2027 Massimale di Spesa Note
Ristrutturazioni (abitaz. pr.) 50% 36% 96.000 € Dal 2028: 30% fino a 48.000 €
Ristrutturazioni (altri imm.) 36% 30% 96.000 €
Ecobonus (abitaz. pr.) 50% 36% Variabile Stesse percentuali delle ristrutturaz.
Ecobonus (altri imm.) 36% 30% Variabile
Sismabonus (abitaz. pr.) 50% 36% 96.000 €
Sismabonus (altri imm.) 36% 30% 96.000 €
Superbonus (solo cantieri avv.) 65% Variabile Solo se avviati prima del 15/10/2024
Bonus mobili 50% 5.000 € Arredi ed elettrodomestici legati a ristrutturaz.
Barriere architettoniche 75% 30-50.000 € In base a n° di unità immobiliari
Contributo elettrodomestici fino al 30% 100-200 € Un solo acquisto, classi ≥ B

 

FAQ

  1. Il Superbonus è ancora valido nel 2025?
    Sì, ma solo per interventi già avviati entro il 15 ottobre 2024. Non è previsto per nuovi lavori iniziati nel 2025.
  2. Posso ottenere più di un bonus per lo stesso immobile?
    Sì, purché i lavori siano distinti e ognuno rientri nei requisiti specifici dei diversi bonus.
  3. Il nuovo contributo per elettrodomestici vale per qualsiasi prodotto?
    No, solo per elettrodomestici di classe energetica non inferiore alla B e prodotti nell’UE, accompagnati da smaltimento del vecchio.
  4. I limiti per i redditi alti si applicano a tutte le detrazioni?
    Sì, ma con calcolo differenziato in base al numero di figli a carico.
  5. Le caldaie a condensazione rientrano ancora nei bonus?
    No, sono escluse perché alimentate da gas. Restano ammissibili solo i sistemi ibridi combinati con pompe di calore.

 

Lo smart working rappresenta una delle trasformazioni più significative del mondo del lavoro degli ultimi anni, ridefinendo non solo le modalità organizzative delle imprese ma anche gli obblighi normativi a carico dei datori di lavoro.

L’ordinamento italiano ha progressivamente regolato questo istituto, culminando recentemente con importanti novità introdotte dalla Legge 203/2024, meglio nota come Collegato Lavoro. Tra i principali aggiornamenti, spiccano gli obblighi di comunicazione al Ministero del Lavoro relativi all’attivazione, variazione e cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile. Queste disposizioni, entrate pienamente in vigore nel 2025, comportano una serie di adempimenti precisi, sia in termini di contenuto che di tempistiche, che le imprese devono rispettare per evitare sanzioni e garantire la conformità normativa.

L’articolo 14 della Legge 203/2024 ribadisce l’obbligo per le aziende di comunicare per via telematica al Ministero del Lavoro l’avvio o la cessazione delle prestazioni in modalità agile. Tuttavia, il punto di svolta risiede nella definizione del momento da cui decorrono i termini per effettuare tale comunicazione: non più dalla stipula dell’accordo tra le parti, bensì dalla variazione effettiva della prestazione lavorativa. Questa precisazione assume un valore operativo molto importante, perché impatta direttamente sui processi interni di gestione del personale e sulle responsabilità degli uffici competenti.

In base alla normativa vigente, i datori di lavoro devono trasmettere le informazioni relative ai lavoratori coinvolti, indicando con precisione la data di inizio e quella di cessazione del lavoro agile. La comunicazione va inoltrata attraverso i canali telematici messi a disposizione dal Ministero, entro e non oltre cinque giorni dalla decorrenza dell’evento oggetto della segnalazione. Questo vale sia per l’avvio iniziale dello smart working, sia per eventuali modifiche contrattuali, proroghe o cessazioni anticipate della prestazione.

Questo intervallo temporale si conta a partire dal momento in cui inizia la prestazione in smart working, non dalla data in cui è stato siglato l’accordo tra datore di lavoro e dipendente. Lo stesso principio si applica alle variazioni successive, come proroghe o cessazioni anticipate: la comunicazione deve avvenire entro cinque giorni dall’effettiva variazione della prestazione.

Tale distinzione tra data dell’accordo e data della variazione rappresenta un cambio di prospettiva non trascurabile per le aziende. Mentre in passato la tendenza era quella di associare la comunicazione alla firma dell’intesa, oggi diventa imprescindibile monitorare con attenzione l’inizio effettivo della prestazione agile.

Per meglio comprendere l’impatto operativo di queste disposizioni, è utile esaminare alcuni esempi concreti. Nella pratica immaginiamo che un accordo per l’attivazione dello smart working venga stipulato il 15 gennaio 2025, ma preveda l’effettiva partenza della modalità agile a partire dal primo febbraio dello stesso anno. In questo caso, la comunicazione al Ministero dovrà essere effettuata entro il 6 febbraio 2025, e non nei cinque giorni successivi alla firma dell’accordo. Se, successivamente, le parti decidono di prorogare la prestazione in smart working, ad esempio il 28 giugno, sarà necessario inviare una nuova comunicazione entro il 3 luglio. Infine, se lo smart working termina in anticipo rispetto a quanto previsto, ad esempio il 15 maggio, l’obbligo di comunicazione scatterà dal momento in cui avviene la cessazione, e dovrà essere adempiuto entro il 20 maggio.

Per ulteriori chiarimenti e per assistenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra completa disposizione.

L’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) è  uno strumento fondamentale  per valutare la condizione economica delle famiglie italiane e determinare l’accesso a numerose prestazioni sociali e agevolazioni. Con l’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2024, è stata introdotta una importante novità: dal 3 aprile 2025 è possibile escludere dal calcolo dell’ISEE determinati strumenti finanziari, tra cui titoli di Stato, buoni fruttiferi postali e libretti di risparmio postale, fino a un valore massimo di 50.000 euro per nucleo familiare.

Il nuovo modello di Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), aggiornato per recepire le novità normative, è stato pubblicato ufficialmente il 2 aprile 2025. Da subito, è diventato operativo, consentendo l’invio delle nuove DSU tramite i Centri di Assistenza Fiscale (CAF) o attraverso il portale online dell’INPS mediante procedura precompilata.

La riforma si basa sulla previsione contenuta nella legge 213/2023, articolo 1, commi 183-185. In pratica, introduce la possibilità di escludere determinati strumenti finanziari dal patrimonio mobiliare considerato ai fini ISEE, una misura particolarmente rilevante per chi detiene investimenti garantiti dallo Stato italiano.

Più nel dettaglio, i prodotti finanziari esclusi dal calcolo sono: titoli di Stato come BOT, BTP, CCTeu, buoni fruttiferi postali (anche quelli trasferiti allo Stato) e libretti di risparmio postale. Il tetto massimo di esclusione è di 50.000 euro complessivi per ciascun nucleo familiare, indipendentemente da come siano ripartiti tra i membri del nucleo.

Per facilitare la compilazione della DSU, sono stati individuati appositi codici da indicare nei quadri del modello. Tra questi: Codice 02 per conti deposito titoli e obbligazioni, Codice 03 per conti deposito presso Poste Italiane, Codice 06 per gestione patrimoniale e Codice 07 per certificati di deposito e buoni fruttiferi detenuti presso Poste Italiane.

Secondo i dati forniti dalla Consulta nazionale dei CAF, circa il 40% delle DSU già elaborate nel 2025 includono titoli o strumenti ora escludibili. Ciò significa che più di 2 milioni di famiglie potrebbero beneficiare di un ricalcolo che le renderebbe idonee a ricevere prestazioni più generose, come l’assegno unico universale o vari bonus sociali.

Tuttavia, va segnalato che solo la prima DSU inviata nell’anno è coperta dai fondi INPS, quindi ogni successivo invio sarà a carico del cittadino.

È importante sottolineare che per coloro che non intendono procedere con il ricalcolo, l’ISEE 2025 già presentato rimane valido fino alla fine dell’anno. Tuttavia, chi punta a ottenere un aggiornamento più favorevole dovrà affrettarsi: la maggior parte delle famiglie cerca di completare il ricalcolo entro giugno, così da vedere aggiornato anche l’importo dell’assegno unico a partire da marzo, in base alla retroattività delle nuove disposizioni.

Per maggiori dettagli, per chiarimenti e per assistenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una rilevante agevolazione fiscale destinata ai lavoratori neoassunti a tempo indeterminato. Si tratta del bonus affitto per trasferimento, pensato per incentivare la mobilità lavorativa e sostenere economicamente i lavoratori che, per esigenze professionali, si trovano a cambiare città e affrontare i costi di una nuova abitazione. Questa misura si inserisce nel più ampio contesto delle politiche di stabilizzazione occupazionale e di promozione di un mercato del lavoro dinamico ed efficiente.

Il bonus affitto previsto dalla Legge n. 207/2024 si concretizza in un’esenzione fiscale fino a 5.000 euro annui, per un massimo di due anni, sulle somme che il datore di lavoro eroga o rimborsa al dipendente per coprire i costi di affitto o di manutenzione ordinaria dell’immobile locato.

Questa agevolazione si distingue dai classici fringe benefit per la sua natura mirata e per la possibilità di cumulo con le soglie ordinarie previste per il 2025, fissate a 1.000 euro per i lavoratori senza figli e a 2.000 euro per quelli con figli a carico.

A differenza delle misure generaliste, questo bonus si configura come un’opportunità specificamente pensata per chi inizia un nuovo percorso lavorativo in un luogo diverso da quello di residenza, andando incontro in maniera concreta alle difficoltà logistiche ed economiche legate al trasferimento.

Per poter accedere al beneficio, è necessario rispettare precisi requisiti. Il lavoratore deve essere stato assunto nel corso del 2025 con un contratto a tempo indeterminato e deve aver trasferito la propria residenza in un Comune situato ad almeno 100 km di distanza da quello precedente. Inoltre, nel 2024 deve aver percepito un reddito da lavoro dipendente non superiore a 35.000 euro.

È fondamentale che il dipendente fornisca al datore di lavoro una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante il cambio di residenza e il rispetto del requisito reddituale. Il bonus non è automatico, bensì facoltativo: spetta al datore di lavoro decidere se riconoscerlo ai dipendenti, eventualmente stabilendo criteri di selezione attraverso un regolamento aziendale o piani di welfare dedicati.

Dal punto di vista operativo, il bonus può essere erogato sotto forma di rimborso dietro presentazione di documentazione oppure come contributo anticipato, sempre che sia giustificato da spese reali legate alla locazione dell’immobile o alla sua manutenzione ordinaria.

I documenti necessari includono il contratto di affitto, le ricevute dei pagamenti e la dichiarazione sostitutiva. Tutti questi elementi dovranno essere riportati correttamente nella Certificazione Unica.

Dal punto di vista fiscale, l’agevolazione rappresenta un’ottima opportunità sia per il dipendente che per il datore di lavoro. Le somme erogate non concorrono alla formazione del reddito imponibile IRPEF e non sono soggette a contribuzione previdenziale o IRAP. Tuttavia, influiscono sul calcolo dell’ISEE, potenzialmente condizionando l’accesso ad altre prestazioni o agevolazioni pubbliche.

Per garantire una gestione corretta e trasparente del bonus, le imprese dovrebbero dotarsi di procedure interne chiare, definendo modalità di richiesta, tempistiche, documentazione richiesta e criteri di assegnazione. La tracciabilità e la conformità alla normativa fiscale sono aspetti cruciali per evitare contestazioni future da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Analizzando un caso pratico, si può pensare a un giovane lavoratore assunto a tempo indeterminato in una grande città, come Milano, che si trasferisce da una località distante oltre 100 km. Grazie al bonus, il dipendente potrà ricevere fino a 5.000 euro annui per coprire l’affitto, alleggerendo l’impatto economico del trasferimento e migliorando il proprio potere d’acquisto.

Al momento non è prevista una piattaforma dedicata né una modulistica ufficiale, ma è probabile che nei prossimi mesi l’Agenzia delle Entrate fornisca istruzioni più dettagliate, comprese FAQ e circolari attuative. Particolare attenzione è posta in merito alla compatibilità del bonus con situazioni di smart working, alla gestione in caso di interruzione anticipata del contratto e alla documentazione probatoria da conservare.

Per maggiori chiarimenti o per assistenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra completa disposizione.

FAQ

  1. Il bonus affitto 2025 è automatico per tutti i lavoratori neoassunti?

No, il bonus non è automatico. È una misura facoltativa che il datore di lavoro può decidere se applicare, a condizione che il lavoratore soddisfi i requisiti previsti.

  1. È possibile beneficiare del bonus se si lavora in smart working?

Al momento non è stata fornita una risposta ufficiale. Si attendono chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate sull’applicabilità del bonus in caso di lavoro da remoto.

  1. Le spese per trasloco o deposito mobili rientrano nel bonus?

No, il bonus copre solo le spese per affitto e manutenzione ordinaria dell’immobile. Le spese accessorie come traslochi o depositi non sono incluse.

  1. Il bonus affitto influisce sul calcolo dell’ISEE?

Sì, anche se le somme sono esenti da IRPEF, concorrono al calcolo dell’ISEE e potrebbero influenzare l’accesso ad altre agevolazioni.

  1. Cosa succede se il contratto di lavoro viene interrotto prima dei due anni?

In caso di interruzione anticipata del contratto, è possibile che il bonus venga ricalcolato. È necessario attendere indicazioni ufficiali per conoscere le modalità di gestione in questi casi.

 

Giovedì 10 aprile 2025
• COMUNICAZIONE OPERAZIONI IN CONTANTI LEGATE AL TURISMO (contribuenti mensili) – Presentazione telematica del Mod. Polivalente (quadro TU) da parte di commercianti al minuto ed agenzie di viaggio, per comunicare i corrispettivi (compresi tra euro 2.000 ed euro 15.000) relativi ad operazioni in contanti effettuate nell’anno 2024 da parte di turisti appartenenti all’UE (non residenti in Italia) ed extraUE.
• INPS – Versamento contributi previdenziali per il personale domestico (I trimestre
2025)
• FONDO M. NEGRI, M. BESUSSO E A. PASTORE – Versamento dei contributi di previdenza e assistenza
integrativa (I trimestre 2025)

Mercoledì 16 aprile 2025
• 770 MENSILE – Invio telematico (facoltativo) unitamente al Mod. F24 del prospetto delle ritenute
operate nel mese di marzo
• RITENUTE – Versamento ritenute su redditi da lavoro dipendente e assimilati, lavoro autonomo,
provvigioni, corrispettivi per contratti d’appalto nei confronti dei condomini nonché
sull’ammontare dei canoni/corrispettivi relativi ai contratti di locazione breve (marzo 2025)
• ADDIZIONALI – Versamento addizionali regionale/comunale su redditi da lavoro dipendente (marzo
2025)
• IVA – Liquidazione e versamento (mese di marzo 2025)
• IMPOSTA SUGLI INTRATTENIMENTI – Versamento imposta mese di marzo 2025
• CONTRIBUTI PREVIDENZIALI – Versamento contributi mese di marzo 2025: o INPS: lavoratori
dipendenti
o INPS -> Gestione ex ENPALS: lavoratori dello spettacolo
o INPS -> Gestione ex INPGI: giornalisti professionisti
o Gestione separata INPS committenti

Martedì 22 aprile 2025
• COMUNICAZIONE OPERAZIONI IN CONTANTI LEGATE AL TURISMO (contribuenti
trimestrali) – Presentazione telematica del Mod. Polivalente (quadro TU) da parte di commercianti
al minuto ed agenzie di viaggio, per comunicare i corrispettivi (compresi tra euro 2.000 ed euro
15.000) relativi ad operazioni in contanti effettuate nell’anno 2024 da parte di turisti
appartenenti all’UE (non
residenti in Italia) ed extraUE

• PREVINDAI E PREVINDAPI – Versamento contributi integrativi per dirigenti industriali (I
trimestre 2025)

Lunedì 28 aprile 2025
• ELENCHI INTRASTAT – Presentazione contribuenti mensili (marzo 2025) e trimestrali (I trimestre
2025)

Mercoledì 30 aprile 2025
• DENUNCIA UNIEMENS – Denuncia telematica delle retribuzioni e dei contributi (INPS – ex INPDAP –
ex ENPALS – ex DMAG) di marzo 2025
• STRUTTURE SANITARIE PRIVATE – Invio telematico all’Agenzia delle Entrate del Mod. SSP per la
comunicazione dei compensi riscossi nel 2024 da parte delle strutture sanitarie private per
l’attività medica/paramedica esercitata dai singoli professionisti nella struttura stessa
• AUTOTRASPORTATORI – Presentazione all’Agenzia delle Dogane dell’istanza relativa al I trimestre
2025 per il rimborso/compensazione del maggior onere derivante dall’incremento dell’accisa sul
gasolio
• IVA – RIMBORSO/COMPENSAZIONE TRIMESTRALE – Richiesta IVA a credito del I trimestre 2025
• DICHIARAZIONE IVA – Presentazione della dichiarazione IVA relativa al 2024
• DICHIARAZIONE OSS/IOSS – Dichiarazione IVA IOSS relativa al mese precedente e dichiarazione IVA
OSS relativa al trimestre precedente
• LIBRO UNICO – Registrazioni relative al mese di marzo 2025
• IMPOSTA DI BOLLO – Termine entro cui:
o effettuare le modifiche all’Elenco B predisposto dall’Agenzia delle entrate e relativo alle
fatture del I trimestre;
o versare l’imposta di bollo su scritture contabili conservate digitalmente, tramite Mod. F24
telematico
• 770 MENSILE – Invio telematico (facoltativo) all’Agenzia Entrate delle ritenute operate nei mesi
di gennaio e febbraio 2025Aumento dei minimi retributivi dal 1° aprile 2025

Scadenziario Contrattuale
A decorrere dal 1° aprile 2025 è previsto un aumento dei minimi retributivi tabellari dei seguenti
CCNL:
• CCNL Chimici Farmaceutici (Piccola Industria);
• CCNL Elettrici;
• CCNL Gomma, Plastica (Industria);

• CCNL Gomma, Plastica (Piccola Industria);
• CCNL Lampade e Cinescopi (Industria);
• CCNL Lavanderie e Tintorie (Assosistema);
• CCNL Piloti di elicottero;
• CCNL Vetro;
• CCNL Vetro (Piccola Industria).
Una tantum di aprile 2025
Per il mese di aprile 2025 è prevista l’erogazione delle “Una tantum” dei seguenti CCNL:
• CCNL Commercio (Cooperative di Consumo);
• CCNL Commercio (Fino a 50 Dipendenti);
• CCNL Commercio (Oltre 50 Dipendenti);
• CCNL Federcasa;
• CCNL Terziario, Servizi – UNCI/UCICT.

Sono in scadenza nel mese di aprile 2025 i seguenti CCNL:
• CNNL Servizi (ANPIT- CISAL);
• CCNL Turismo (ANPIT- CISAL);
• CCNL Trasporto e Spedizione merci (CONFLAVORO-CONFSAL).

A partire dal 1° aprile 2025 entreranno in vigore nuove specifiche tecniche per le fatture elettroniche, che apporteranno significative modifiche per imprese e professionisti. Tra le principali novità, emerge l’introduzione del codice TD29, che sarà obbligatorio per la comunicazione all’Agenzia delle Entrate in caso di mancata o irregolare ricezione di una fattura tramite il Sistema di Interscambio. Si tratta di un importante aggiornamento per garantire maggiore trasparenza ed efficienza nel sistema di regolarizzazione delle operazioni IVA.

Le nuove specifiche, annunciate dall’Agenzia delle Entrate il 31 gennaio 2025, rispondono alla necessità di allineare i processi digitali alle recenti disposizioni fiscali e, in particolare, alla riforma delle sanzioni introdotta con il Decreto Legislativo n. 87/2024. Quest’ultimo ha modificato profondamente il regime sanzionatorio, sia dal punto di vista amministrativo che penale, costringendo le autorità fiscali a rivedere anche gli strumenti operativi legati alla fatturazione elettronica.

Secondo la nuova versione dell’articolo 6, comma 8 del Decreto Legislativo n. 471/1997, i soggetti passivi che acquistano beni o servizi senza ricevere una fattura nei termini di legge o ricevono una fattura non conforme sono soggetti a una sanzione pari al 70% dell’imposta, con un minimo di 250 euro. Tuttavia, è possibile evitare la sanzione se l’omissione o l’irregolarità viene comunicata all’Agenzia delle Entrate entro novanta giorni.

La vera novità riguarda però il modo in cui tale comunicazione deve avvenire. La riforma menziona l’utilizzo degli “strumenti messi a disposizione” dall’Agenzia, lasciando inizialmente spazio a diverse interpretazioni. Questo passaggio è stato oggetto di confronto tra operatori e professionisti, che hanno espresso dubbi su quale fosse lo strumento corretto da utilizzare per adempiere all’obbligo senza incorrere in sanzioni.

Con l’aggiornamento del 31 gennaio 2025, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito questo aspetto attraverso l’introduzione del codice TD29, specificamente destinato alla comunicazione di irregolarità o omissioni in fase di fatturazione. Questo codice rappresenta dunque il nuovo standard per adempiere in modo conforme all’obbligo di comunicazione previsto dalla normativa riformata.

Il codice TD29 è stato inserito nel tracciato XSD della fattura elettronica ordinaria e semplificata, ampliando la gamma dei codici documento già esistenti. Si tratta di un’autofattura-denuncia che consente al cessionario o committente di segnalare l’anomalia direttamente attraverso il Sistema di Interscambio, in modo tracciabile e automatizzato.

Questo aggiornamento segna un importante cambiamento rispetto alla normativa precedente, in vigore fino al 31 agosto 2024, che prevedeva modalità diverse per evitare la sanzione.

In passato, infatti, era necessario presentare un documento in duplice esemplare all’ufficio competente, previa effettuazione del versamento dell’imposta dovuta. L’attuale meccanismo digitalizzato semplifica notevolmente le procedure, rendendole più aderenti all’ecosistema della fatturazione elettronica.

Un aspetto ancora oggetto di confronto riguarda il periodo transitorio. In attesa dell’entrata in vigore del codice TD29, ci si è chiesti se sia legittimo continuare ad utilizzare il codice TD20, utilizzato in precedenza per la regolarizzazione delle fatture nelle operazioni soggette a inversione contabile. L’Agenzia delle Entrate non ha fornito al momento ulteriori indicazioni ufficiali in merito; pertanto, il codice TD20 sembra rimanere l’unico riferimento valido per i casi di regolarizzazione fino al 31 marzo 2025.

Va sottolineato che anche il codice TD20 è stato oggetto di aggiornamento. La sua descrizione ora fa esplicito riferimento all’articolo 6, comma 9-bis del Decreto Legislativo n. 471/97 e all’articolo 46, comma 5 del Decreto Legge n. 331/93, chiarendo il contesto normativo a cui si applica.

L’introduzione del TD29 non è l’unica novità contenuta nell’aggiornamento delle specifiche tecniche del 31 gennaio. Sono stati apportati numerosi altri cambiamenti al tracciato della fatturazione elettronica, che avranno ripercussioni significative su più fronti. Tra questi spicca la variazione dello schema XSD per includere il nuovo regime transfrontaliero di franchigia IVA RF20, derivante dalla direttiva UE n. 2020/285.

Questo aggiornamento consente di gestire correttamente in fattura le operazioni transfrontaliere in regime di esenzione fino al limite consentito.

Inoltre, sono stati aggiornati i codici valore relativi alle fatture per la vendita di gasolio e carburanti, in conformità con la nuova codifica introdotta dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nella tabella TA13. Questo cambiamento vuole garantire coerenza e correttezza nell’identificazione dei prodotti energetici soggetti a particolari regimi di accisa o IVA.

Altri aggiornamenti tecnici hanno riguardato la descrizione di alcuni codici di errore. In particolare, si sono rese necessarie modifiche alle diciture relative agli errori 00471, 00473 e 00475, al fine di migliorare la comprensione delle anomalie da parte degli operatori. Anche i controlli sui codici 00404 e 00409 sono stati rivisti, ridefinendo i criteri di verifica per una maggiore precisione.

Infine, una modifica rilevante riguarda il codice di controllo 00460, con l’eliminazione del limite massimo di 400 euro per l’importo totale delle fatture semplificate emesse in regime forfettario o in regime transfrontaliero di franchigia. Questa misura allinea la normativa interna alle direttive europee, eliminando una soglia che rappresentava un vincolo per molti operatori di piccole dimensioni.

Per ricevere supporto e consulenza personalizzata, il nostro  team di esperti è a vostra disposizione.

Tabella riepilogativa delle principali novità introdotte

 

Elemento Descrizione
Codice TD29 Nuovo codice obbligatorio dal 1° aprile 2025 per segnalare omissioni o irregolarità di fatturazione
Riforma sanzioni (D.Lgs. 87/2024) Entra in vigore il 1° settembre 2024, prevede sanzione del 70% con minimo 250€
Comunicazione entro 90 giorni Necessaria per evitare sanzioni, tramite strumenti dell’Agenzia, incluso TD29
Codice TD20 (transitorio) Utilizzabile fino al 31 marzo 2025 in mancanza di indicazioni diverse
Aggiornamento descrizione TD20 Include riferimenti normativi art. 6, c. 9-bis D.Lgs. 471/97 e art. 46, c.5 D.L. 331/93
Regime RF20 Introdotto per operazioni transfrontaliere esenti, conforme alla direttiva UE 2020/285
Aggiornamenti su carburanti (TA13) Nuovi codici valore per gasolio e carburante secondo Agenzia delle Dogane
Codici di errore aggiornati Modificate le descrizioni di 00471, 00473, 00475
Controlli su errori 00404 e 00409 Revisionati i criteri di verifica
Codice di controllo 00460 Rimosso limite di 400 euro per fatture semplificate in alcuni regimi

FAQ

  1. Cosa significa codice TD29 nelle fatture elettroniche? Il codice TD29 identifica un nuovo tipo di documento introdotto per segnalare all’Agenzia delle Entrate l’omessa o irregolare ricezione di una fattura, in sostituzione delle vecchie modalità cartacee.
  2. Quando entra in vigore il codice TD29? Il codice TD29 sarà obbligatorio dal 1° aprile 2025, come stabilito dalle nuove specifiche tecniche pubblicate dall’Agenzia delle Entrate.
  3. Si può usare ancora il codice TD20 per regolarizzare le fatture? Fino al 31 marzo 2025, in assenza di indicazioni contrarie, è possibile utilizzare il codice TD20 per la regolarizzazione delle fatture non ricevute o ricevute in modo irregolare.
  4. Come si evitano le sanzioni per mancata fattura? È necessario comunicare l’omissione o l’irregolarità entro 90 giorni all’Agenzia delle Entrate, utilizzando i nuovi strumenti messi a disposizione, tra cui il documento TD29.
  5. Quali altri aggiornamenti sono stati introdotti con le nuove specifiche? Le modifiche includono l’introduzione del regime RF20, aggiornamenti ai codici valore per carburanti, revisione di codici di errore e rimozione del limite di 400 euro per le fatture semplificate in determinati regimi.

 

 

L’obbligo di registrare la PEC degli amministratori nel Registro delle imprese si applica anche alle società costituite prima del 1° gennaio 2025, data di entrata in vigore della Legge n. 207/2024. Riguarda tutti gli amministratori e prevede l’iscrizione di un indirizzo PEC personale per ciascuno di loro.

Queste sono le indicazioni principali fornite dal MIMIT il 12 marzo tramite la nota n. 43836, in merito all’obbligo di registrazione nel Registro delle imprese del domicilio digitale (PEC) degli amministratori delle società, previsto dall’art. 1, comma 860, della Legge n. 207/2024. La norma modifica l’art. 5, comma 1, del DL 179/2012 (convertito in legge), estendendo l’obbligo di comunicazione al Registro delle imprese non solo all’indirizzo PEC della società, ma anche a quello dei singoli amministratori.

Questo obbligo riguarda anche le società costituite prima del 1° gennaio 2025, che avranno tempo fino al 30 giugno 2025 per comunicare gli indirizzi PEC dei propri amministratori.

L’obiettivo di questa nuova disposizione è rafforzare la trasparenza e la tracciabilità delle comunicazioni legali e formali tra le imprese e l’amministrazione pubblica, ma anche tra soggetti privati che hanno legittimo interesse a interagire direttamente con i singoli amministratori. Non si tratta di un semplice aggiornamento tecnico, ma di un intervento strutturale che coinvolge tutte le forme societarie – sia di persone che di capitali – a eccezione della società semplice e delle società di mutuo soccorso. Fanno eccezione le società semplici che esercitano attività agricola, le quali, per la natura commerciale dell’attività, rientrano anch’esse nell’ambito applicativo della norma.

Il cambiamento normativo non si applica solo alle nuove società costituite a partire dal 2025, ma coinvolge anche tutte le imprese già esistenti prima di tale data. Queste ultime avranno tempo fino al 30 giugno 2025 per regolarizzare la propria posizione, comunicando al Registro delle Imprese un indirizzo PEC personale per ciascun amministratore in carica. Si sottolinea che l’obbligo riguarda le persone fisiche che esercitano il ruolo di amministratore e non l’organo collegiale in quanto tale, per cui, nel caso di amministrazione pluripersonale, ogni singolo soggetto dovrà avere e comunicare un proprio indirizzo digitale.

Questa impostazione individuale dell’obbligo risponde alla finalità della norma, che è quella di garantire un canale di comunicazione formale, diretto e univoco con ogni amministratore. Non sarà più accettabile, come in passato, utilizzare l’indirizzo PEC della società in sostituzione di quello personale dell’amministratore, nemmeno se quest’ultimo svolge l’incarico per più imprese. In tali casi, infatti, sarà comunque possibile utilizzare un’unica PEC, ma essa dovrà essere intestata all’amministratore stesso, e non alla singola società, e dovrà essere indicata distintamente per ogni realtà societaria nella quale egli ricopre l’incarico.

L’estensione dell’obbligo è ampia e tocca anche i liquidatori di società, siano essi nominati dai soci o designati dal giudice. Non solo: la norma coinvolge anche le reti di imprese dotate di fondo comune e che svolgano attività commerciale rivolta a terzi, le quali, acquisendo soggettività giuridica mediante l’iscrizione al Registro delle Imprese, rientrano nel campo di applicazione della disposizione. Restano invece escluse dal nuovo obbligo i consorzi, anche se dotati di attività esterna, e le società consortili.

Un aspetto di rilievo riguarda il regime fiscale e amministrativo collegato all’iscrizione della PEC degli amministratori. Sebbene la norma parli espressamente di esenzione dall’imposta di bollo e dai diritti di segreteria solo per l’iscrizione dell’indirizzo PEC della società, il MIMIT ritiene applicabile tale esenzione anche alle comunicazioni o variazioni degli indirizzi PEC personali degli amministratori. Si tratta di una precisazione importante che alleggerisce il peso amministrativo ed economico dell’adempimento, incentivando le imprese a rispettare i termini previsti.

Dal punto di vista operativo, la mancata comunicazione dell’indirizzo PEC personale dell’amministratore rappresenta un ostacolo alla positiva conclusione dell’iter di iscrizione o aggiornamento presso il Registro delle Imprese. In caso di omissione, la Camera di Commercio competente dovrà sospendere l’istruttoria, assegnando all’impresa un termine perentorio non superiore a trenta giorni per integrare la documentazione.

Se l’impresa non ottempererà entro il termine stabilito, l’istanza sarà rigettata. Questa procedura ha lo scopo di garantire che tutte le posizioni iscritte siano complete e aggiornate, assicurando l’effettività del nuovo obbligo normativo e la funzionalità del sistema informativo del Registro delle Imprese.

Un ulteriore elemento di rilievo è rappresentato dal quadro sanzionatorio previsto in caso di mancato adempimento. La nuova disciplina, come precisato dallo stesso MIMIT, non introduce sanzioni specifiche né consente l’applicazione analogica di altre norme sanzionatorie previste per fattispecie similari. Tuttavia, resta applicabile l’articolo 2630 del Codice Civile, che prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 103 a 1.032 euro per chi, essendo tenuto per legge a comunicazioni o adempimenti verso il Registro delle Imprese, omette di effettuarli nei termini stabiliti. Tale importo può essere ridotto a un terzo se la comunicazione viene comunque effettuata entro i trenta giorni successivi alla scadenza.

Dal punto di vista tecnico, l’amministratore potrà utilizzare un unico indirizzo PEC per più società, a condizione che la casella sia effettivamente personale e non intestata a una delle società stesse.

Questa possibilità semplifica parzialmente l’adempimento per chi ricopre cariche in più imprese, ma richiede comunque una gestione organizzata e conforme delle comunicazioni con ciascun Registro delle Imprese competente.

Non sarà ammessa, invece, l’indicazione di un indirizzo generico o comune alla società, come accadeva in passato, perché ciò contrasterebbe con la ratio della norma, volta a rendere ogni amministratore direttamente raggiungibile.

Lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione per chiarimenti e assistenza personalizzata.

L’entrata in vigore della Legge n. 213/2023 ha introdotto una importante novità per le imprese, introducendo la stipula di contratti assicurativi a copertura dei danni derivanti da calamità naturali ed eventi catastrofali.

Con il successivo Decreto Milleproroghe (DL n. 202/2024), il termine iniziale per l’adempimento, fissato al 31 dicembre 2024, è stato prorogato al 31 marzo 2025, mentre per le imprese della pesca e dell’acquacoltura il termine ultimo è stato esteso fino al 31 dicembre 2025. Il Decreto n. 18/2025, pubblicato il 27 febbraio 2025, ha disciplinato le modalità attuative e operative delle polizze assicurative, definendo i criteri e i parametri specifici per l’adempimento dell’obbligo.

Dal 14 marzo 2025, tutte le imprese tenute all’iscrizione nel Registro delle Imprese sono obbligate a stipulare una copertura assicurativa contro i rischi catastrofali, con l’eccezione delle aziende agricole.

L’assicurazione deve garantire la copertura dei danni alle immobilizzazioni materiali, come previsto dall’art. 2424 del Codice Civile, includendo in particolare terreni, fabbricati, impianti, macchinari e attrezzature industriali e commerciali. Rientrano nell’obbligo non solo le imprese proprietarie di tali beni, ma anche quelle che li detengono tramite leasing, locazione o comodato.

Sono invece esclusi dall’obbligo gli immobili abusivi o privi delle necessarie autorizzazioni edilizie, così come i beni mobili non strettamente riconducibili alle immobilizzazioni materiali, tra cui mobili, arredi, macchine d’ufficio e automezzi. Le materie prime, i prodotti finiti e il magazzino non rientrano nella copertura obbligatoria, sebbene le imprese possano estendere la polizza per includere questi elementi.

Le polizze devono coprire specifici eventi calamitosi e catastrofali, quali terremoti, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni. Sono considerati parte dello stesso evento calamitoso le successive manifestazioni che avvengono entro 72 ore dalla prima occorrenza. In particolare, per i sismi, il riconoscimento dell’evento è subordinato alla localizzazione da parte della Rete Sismica Nazionale dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).

La polizza assicurativa è strutturata secondo criteri ben definiti, con obblighi di copertura proporzionati alla dimensione dell’impresa e alla tipologia di beni da assicurare. Le principali caratteristiche della copertura includono:

  • Premio assicurativo: il costo della polizza dipende dal livello di rischio dell’area geografica in cui si trovano i beni e dalla loro vulnerabilità.
  • Franchigia e scoperto: la polizza può prevedere una franchigia o uno scoperto massimo del 15% del danno indennizzabile, tranne per le grandi imprese, dove le condizioni sono oggetto di negoziazione.
  • Massimali e limiti di indennizzo: per importi fino a un milione di euro, il limite di indennizzo è pari alla somma assicurata, mentre per importi superiori a un milione e fino a trenta milioni di euro il limite di indennizzo non può essere inferiore al 70% della somma assicurata. Per importi superiori, il massimale è negoziabile tra le parti.

Le polizze devono inoltre essere proporzionali al rischio, tenendo conto della posizione geografica dell’impresa e delle misure di prevenzione adottate.

Il mancato rispetto dell’obbligo assicurativo comporta serie ripercussioni per le imprese, in particolare per quanto riguarda l’accesso a contributi, sovvenzioni o agevolazioni pubbliche. Le imprese prive di copertura assicurativa non potranno beneficiare di fondi pubblici, compresi quelli destinati agli aiuti in caso di calamità naturali.

Dal 14 marzo 2025 le disposizioni sono entrate ufficialmente in vigore. I contratti assicurativi già in essere devono essere adeguati entro il primo rinnovo utile.

Per maggiori informazioni, chiarimenti ed assistenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

 

Tabella riassuntiva

Aspetto Dettagli
Normativa di riferimento Legge n. 213/2023, DL n. 202/2024 (Milleproroghe), Decreto n. 18/2025
Obbligo assicurativo Copertura assicurativa obbligatoria per danni da calamità naturali ed eventi catastrofali
Soggetti obbligati Imprese iscritte al Registro delle Imprese (escluse quelle agricole)
Soggetti esclusi Aziende agricole, immobili abusivi o privi di autorizzazioni edilizie
Beni coperti Terreni, fabbricati, impianti, macchinari, attrezzature industriali e commerciali
Eventi coperti Terremoti, alluvioni, frane, inondazioni, esondazioni
Decorrenza obbligo Dal 14 marzo 2025, adeguamento entro il primo rinnovo utile
Franchigia e scoperto Massimo 15% del danno indennizzabile (negoziabile per grandi imprese)
Massimali e limiti di indennizzo Fino a 1 milione di euro: pari alla somma assicurata; Da 1 a 30 milioni: min. 70% della somma assicurata; Oltre 30 milioni: negoziabile
Sanzioni per inadempienza Esclusione da contributi, sovvenzioni e agevolazioni pubbliche

 

FAQ

  1. Quali imprese sono obbligate a stipulare la polizza assicurativa?
    Tutte le imprese iscritte al Registro delle Imprese, ad eccezione di quelle agricole, devono stipulare una polizza per coprire i danni da calamità naturali ed eventi catastrofali.
  2. Quali beni devono essere coperti dalla polizza?
    L’obbligo riguarda terreni, fabbricati, impianti, macchinari e attrezzature industriali e commerciali utilizzati per l’attività d’impresa.
  3. Quali eventi sono coperti dalla polizza?
    Le polizze devono coprire terremoti, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni.
  4. Quando entra in vigore l’obbligo assicurativo?
    L’obbligo è entrato in vigore il 14 marzo 2025, e le polizze già in essere devono essere adeguate entro il primo rinnovo utile.
  5. Ci sono beni esclusi dall’obbligo assicurativo?
    Sì, sono esclusi gli immobili abusivi o privi di autorizzazioni edilizie, nonché mobili, arredi, macchine d’ufficio, automezzi e scorte di magazzino.
  6. Cosa succede se un’impresa non stipula la polizza?
    L’impresa inadempiente rischia l’esclusione da contributi, sovvenzioni e agevolazioni pubbliche, comprese quelle previste in caso di calamità.
  7. Come viene calcolato il premio assicurativo?
    Il costo della polizza è proporzionale al rischio, basato sulla posizione geografica, la vulnerabilità dei beni e le misure di prevenzione adottate.
  8. Sono previste franchigie o scoperti?
    Sì, la polizza può prevedere una franchigia o uno scoperto massimo del 15% del danno indennizzabile, salvo diverse condizioni per le grandi imprese.
  9. Quali sono i massimali di indennizzo?
    Per somme assicurate fino a 1 milione di euro, l’indennizzo è pari alla somma assicurata; per somme tra 1 e 30 milioni di euro, almeno il 70%; oltre i 30 milioni, il massimale è negoziabile.
  10. Le imprese possono estendere la copertura a beni non obbligatori?
    Sì, le imprese possono concordare con la compagnia assicurativa un’estensione della polizza per coprire beni non inclusi nell’obbligo normativo.

 

Il Modello EAS è uno strumento indispensabili per gli enti non commerciali che desiderano accedere a specifiche agevolazioni fiscali. Introdotto con il Decreto-Legge n. 185/2008, il modulo permette di dichiarare i requisiti richiesti per l’applicazione del regime agevolato previsto dagli articoli 148 del TUIR e 4 del DPR n. 633/72, escludendo dall’imposizione fiscale determinati proventi come corrispettivi, quote e contributi associativi.

Per mantenere il diritto a tali agevolazioni, gli enti devono non solo presentare il Modello EAS entro 60 giorni dalla loro costituzione, ma anche aggiornarlo in caso di variazioni significative dei dati precedentemente comunicati. Entro il 31 marzo 2025, gli enti devono quindi inviare una versione aggiornata del modello qualora nel 2024 siano intervenute modifiche rilevanti. Tuttavia, non tutte le variazioni richiedono la ripresentazione del documento, ed è importante distinguere i casi in cui l’aggiornamento è obbligatorio da quelli in cui non lo è.

Il Modello EAS riguarda la generalità degli enti non commerciali associativi, siano essi dotati o meno di personalità giuridica. Sono inclusi tra i soggetti obbligati le associazioni sportive dilettantistiche, le associazioni culturali e di promozione sociale, nonché altre organizzazioni che percepiscono entrate derivanti da attività istituzionali non commerciali.

Esistono alcune categorie di enti esonerati dall’obbligo di presentazione, tra cui le associazioni pro-loco in regime ex Legge n. 398/91, le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri ex Legge n. 266/91 che svolgono esclusivamente attività marginali, le ONLUS e le cooperative sociali disciplinate dalla Legge n. 381/91.

Un’importante novità introdotta dalla Riforma dello Sport (articolo 6, comma 6-bis, del D.Lgs. n. 39/2021, modificato dal D.Lgs. n. 120/2023) riguarda le associazioni e società sportive dilettantistiche iscritte al Registro nazionale delle Attività Sportive Dilettantistiche (RASD). Per queste ultime, dal 5 settembre 2023, l’obbligo di presentare il Modello EAS è stato abrogato se non svolgono attività commerciale.

Il Modello EAS si compone di diverse sezioni in cui vengono riportati i dati anagrafici dell’ente e del suo rappresentante legale, nonché una serie di informazioni economiche e operative necessarie per valutare il rispetto dei requisiti fiscali.

Alcune categorie di enti possono usufruire di una modalità semplificata di compilazione. Tra questi rientrano le associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI, le associazioni di promozione sociale, le organizzazioni di volontariato, le associazioni con personalità giuridica e le associazioni combattentistiche iscritte nell’Albo del Ministero della Difesa. In questi casi, è sufficiente fornire le informazioni richieste nei punti 4, 5, 6, 25 e 26 del modulo, con l’aggiunta del punto 20 per le società sportive e del punto 3 per le associazioni con personalità giuridica.

Se nel corso del 2024 sono intervenute modifiche nei dati comunicati, il Modello EAS deve essere ripresentato entro il 31 marzo 2025. L’aggiornamento deve includere non solo i dati variati, ma anche tutte le informazioni già fornite nella versione precedente.

Esistono situazioni in cui la ripresentazione del Modello EAS non è necessaria. Non è richiesto un nuovo invio nel caso di variazione del numero degli associati, dell’ammontare dei proventi derivanti da attività di sponsorizzazione o pubblicità, della sede legale o dei dati del rappresentante legale, se questi ultimi sono già stati aggiornati tramite i modelli AA5/6 o AA7/10.

Al contrario, la ripresentazione è obbligatoria se si verificano cambiamenti significativi, come l’inizio della percezione di proventi da sponsorizzazioni non dichiarati in precedenza, la modifica della frequenza di incasso di tali proventi, variazioni nell’importo delle erogazioni liberali ricevute, nella media delle entrate dell’ente negli ultimi tre esercizi, nel numero di manifestazioni per la raccolta pubblica di fondi o nell’utilizzo di locali in locazione anziché in comodato.

La mancata presentazione del Modello EAS preclude all’ente la possibilità di beneficiare delle agevolazioni fiscali. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il termine per la presentazione del modello non ha carattere perentorio e che, quindi, la sua trasmissione tardiva consente comunque di accedere ai benefici fiscali, ma solo per le operazioni effettuate successivamente alla data di presentazione.

Per sanare una eventuale omissione, è possibile ricorrere alla cosiddetta “remissione in bonis”, che permette di regolarizzare la propria posizione versando una sanzione di 250 euro tramite il modello F24 Elide, utilizzando il codice tributo “8114”. Il versamento deve essere effettuato entro il termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi o della dichiarazione IVA utile.

In base a diverse sentenze della giurisprudenza tributaria, l’omessa presentazione del Modello EAS non comporta necessariamente la decadenza dal regime agevolato, in quanto tale sanzione non è espressamente prevista dalla normativa.

Alcune pronunce hanno sottolineato che l’eventuale violazione sarebbe comunque di natura meramente formale, purché non abbia ostacolato l’attività dell’Agenzia delle Entrate o causato danni all’erario.

Per maggiori dettagli e per consulenze personalizzate vi invitiamo a contattare il nostro studio.

FAQ

Chi deve presentare il Modello EAS?
Tutti gli enti non commerciali associativi che intendono beneficiare delle agevolazioni fiscali previste dagli articoli 148 del TUIR e 4 del DPR n. 633/72, ad eccezione di quelli espressamente esonerati.

Quando deve essere presentato il Modello EAS?
Il primo invio deve essere effettuato entro 60 giorni dalla costituzione dell’ente. In caso di variazioni nei dati, il modello aggiornato deve essere trasmesso entro il 31 marzo dell’anno successivo.

Cosa succede se il Modello EAS non viene presentato?
L’ente perde il diritto alle agevolazioni fiscali fino alla data di effettiva presentazione del modello. È possibile sanare l’omissione con la remissione in bonis, pagando una sanzione di 250 euro.

Quali variazioni obbligano a ripresentare il Modello EAS?
Modifiche relative alla percezione di proventi da sponsorizzazioni e pubblicità, alla media delle entrate dell’ente, alle erogazioni liberali ricevute e all’utilizzo di locali in locazione al posto del comodato d’uso.

 

Situazione Necessità di presentare un nuovo Modello EAS
Cambio del numero degli associati No
Modifica dell’importo dei proventi da sponsorizzazione No
Inizio della percezione di proventi pubblicitari prima non dichiarati
Cambio di sede legale No
Assunzione di un amministratore come dipendente
Ottenimento di erogazioni liberali non dichiarate in precedenza No
Locazione dei locali in luogo del precedente utilizzo in comodato

 

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