Con la risposta n. 5/2025, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito un aspetto fondamentale relativo alla gestione dei fringe benefit attraverso carte di debito nominative. Questa interpretazione normativa si inserisce nel più ampio quadro della disciplina dei benefit aziendali, regolata dall’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), offrendo nuove opportunità di ottimizzazione fiscale per datori di lavoro e dipendenti.

Il piano di welfare aziendale rappresenta uno strumento sempre più utilizzato dalle imprese per migliorare il benessere dei dipendenti, fornendo loro beni e servizi senza dover corrispondere direttamente somme di denaro. In questo contesto, una società ha presentato un’istanza per introdurre un sistema basato sull’utilizzo di carte di debito nominative, vincolate a specifici fornitori e non monetizzabili. Questa soluzione, offerta da un provider specializzato, garantisce che i fringe benefit siano utilizzati esclusivamente per finalità legate al welfare aziendale, rispettando i limiti di esenzione previsti dalla normativa.

L’articolo 51, comma 3-bis, del TUIR stabilisce che i fringe benefit assegnati sotto forma di documenti di legittimazione, come voucher cartacei o elettronici, non siano soggetti a tassazione purché rispettino determinati requisiti. La carta di debito, essendo nominativa e utilizzabile solo presso fornitori predeterminati, soddisfa tali condizioni.

I Requisiti del Documento di Legittimazione

L’Agenzia delle Entrate ha esaminato la natura giuridica delle carte di debito in relazione alla disciplina dei documenti di legittimazione, richiamando il decreto del 25 marzo 2016. Secondo questo decreto, i documenti di legittimazione:

  • Non possono essere utilizzati da persone diverse dal titolare;
  • Non sono monetizzabili o cedibili a terzi;
  • Consentono l’acquisto di un solo bene o servizio per intero valore nominale, senza integrazioni da parte del titolare.

Nel caso analizzato, le carte di debito proposte rispettano pienamente queste condizioni, essendo strettamente vincolate a un budget figurativo e prive di opzioni per l’integrazione con somme personali. Inoltre, la natura nominativa delle carte garantisce che solo il dipendente beneficiario possa utilizzarle.

Un aspetto fondamentale riguarda la possibilità di controllo da parte del datore di lavoro, che può verificare in maniera trasparente e tracciabile l’utilizzo delle carte. Questa caratteristica non solo evita abusi, ma assicura anche che i benefit siano spesi in conformità con le finalità stabilite dal piano di welfare.

Limiti di Esenzione

La legge di Bilancio 2024 ha recentemente innalzato i limiti di esenzione per i fringe benefit a 1.000 o 2.000 euro, a seconda delle circostanze specifiche. Questo aumento rafforza l’attrattività dei piani di welfare aziendale, consentendo alle imprese di offrire ai dipendenti vantaggi significativi senza incidere sul reddito imponibile.

Secondo la risposta dell’Agenzia, entro questi limiti di valore, il datore di lavoro non è tenuto ad applicare la ritenuta a titolo di acconto prevista dall’articolo 23 del DPR n. 600/1973. Questo rappresenta un vantaggio sia per i datori di lavoro, che possono ottimizzare la gestione fiscale dei benefit, sia per i dipendenti, che usufruiscono interamente del valore nominale del beneficio.

Inoltre, l’innalzamento dei limiti di esenzione ha incentivato molte aziende ad ampliare la gamma di servizi offerti, includendo opzioni che spaziano dall’istruzione ai servizi sanitari, fino alle attività sportive e culturali. Queste scelte permettono una maggiore personalizzazione del welfare aziendale, rendendolo più aderente alle esigenze specifiche dei dipendenti.

Tracciabilità e Controlli Fiscali

Un ulteriore elemento di rilievo è la tracciabilità delle spese. La gestione dei fringe benefit tramite un budget figurativo associato a carte di debito garantisce un controllo rigoroso sull’utilizzo dei fondi, riducendo il rischio di abusi o utilizzi impropri. L’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che questa modalità di erogazione è conforme ai principi espressi nella circolare n. 28/E del 2016 e nella risposta n. 273 del 2019.

Tuttavia, è importante considerare che eventuali controlli successivi potrebbero portare a una diversa valutazione del profilo fiscale del piano di welfare. Pertanto, è essenziale che le imprese adottino procedure rigorose per garantire la corretta attuazione e documentazione dei benefit erogati.

In particolare, le aziende devono assicurarsi che i fornitori selezionati rispettino i criteri stabiliti dalla normativa e che i dipendenti siano adeguatamente informati sulle modalità di utilizzo delle carte. Questo approccio previene non solo potenziali irregolarità, ma consolida anche il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratori.

Questa innovazione rappresenta un passo avanti nella personalizzazione e nell’efficienza dei piani di welfare aziendale, promuovendo un approccio più sostenibile e orientato al lungo termine. Inoltre, la possibilità di monitorare e analizzare i dati relativi all’utilizzo dei benefit consente alle imprese di adattare continuamente le proprie offerte, migliorandone l’efficacia e l’impatto complessivo.

Per chiarimenti e assistenza personalizzata sui fringe benefits il nostro studio è a vostra disposizione.

È stata approvata il 28.12.2024 la legge di Bilancio 2025. Tra le principali novità spicca la modifica del regime del cuneo fiscale che prevede l’abbandono del sistema basato sull’esonero contributivo e l’introduzione di alcune indennità e detrazioni aggiuntive a sostegno dei redditi più bassi, nonché disposizioni a sostegno della genitorialità e delle famiglie.

Le nuove norme prevedono due strumenti principali:

  1. Indennità fiscale per i contribuenti con redditi complessivi fino a 20.000 euro, calcolata in percentuale sul reddito da lavoro dipendente e decrescente all’aumentare del reddito.
  2. Detrazione aggiuntiva per i redditi più alti, che beneficia coloro con redditi complessivi tra 20.000 e 40.000 euro.

L’indennità, che non concorre alla formazione del reddito imponibile, viene erogata direttamente al lavoratore e recuperata dal sostituto d’imposta tramite compensazione nel modello F24.

Le percentuali previste sono le seguenti:

  • 7,1% per redditi fino a 8.500 euro.
  • 5,3% per redditi tra 8.500 e 15.000 euro.
  • 4,8% per redditi tra 15.000 e 20.000 euro.

Percentuali dell’Indennità Fiscale (Redditi Fino a 20.000 Euro)

Fascia di Reddito (Euro) Percentuale dell’Indennità
Fino a 8.500 7,1%
Da 8.501 a 15.000 5,3%
Da 15.001 a 20.000 4,8%

Per quanto riguarda le detrazioni, queste variano in base al reddito complessivo:

  • 1.000 euro per redditi tra 20.000 e 32.000 euro.
  • Un valore progressivamente decrescente per redditi superiori a 32.000 euro, calcolato con una formula basata sul rapporto tra 40.000 euro e l’importo eccedente.

Detrazione Aggiuntiva (Redditi Tra 20.000 e 40.000 Euro)

Fascia di Reddito (Euro) Importo della Detrazione
Da 20.001 a 32.000 1.000 Euro
Da 32.001 a 40.000 Formula basata sul rapporto tra 40.000 euro e l’importo eccedente

Questa riforma introduce un elemento chiave: il reddito complessivo diventa il parametro di riferimento per determinare le agevolazioni, superando il precedente sistema che considerava solo il reddito derivante dal rapporto di lavoro dipendente.

Revisione delle Aliquote IRPEF

La Legge di Bilancio 2025 consolida la revisione delle aliquote IRPEF, già introdotta in via sperimentale nel 2024. Il nuovo sistema a tre scaglioni è ora strutturale e prevede:

  • 23% per i redditi fino a 28.000 euro.
  • 35% per i redditi tra 28.001 e 50.000 euro.
  • 43% per i redditi superiori a 50.000 euro.

Questa semplificazione mira a rendere il sistema fiscale più comprensibile e a ridurre il carico per i redditi medio-bassi, stimolando al contempo il consumo interno.

Aliquote IRPEF a Tre Scaglioni (Dal 2025)

Fascia di Reddito (Euro) Aliquota IRPEF (%)
Fino a 28.000 23%
Da 28.001 a 50.000 35%
Oltre 50.000 43%

Nuovi Parametri per le Detrazioni

Un’altra importante innovazione riguarda le detrazioni d’imposta, con l’introduzione di limiti e criteri più articolati. A partire dal 2025, i contribuenti con redditi superiori a 75.000 euro vedranno applicati nuovi tetti agli oneri detraibili. Questi saranno calcolati moltiplicando un importo base decrescente, a seconda del reddito, per un coefficiente variabile in base alla composizione del nucleo familiare. Ecco i dettagli:

  • Per redditi tra 75.000 e 100.000 euro, l’importo base è di 14.000 euro.
  • Per redditi superiori a 100.000 euro, l’importo base è di 8.000 euro.

Importi Base per le Detrazioni (Redditi Superiori a 75.000 Euro)

Fascia di Reddito (Euro) Importo Base delle Detrazioni (Euro)
Da 75.000 a 100.000 14.000
Oltre 100.000 8.000

I coefficienti, invece, dipendono dal numero di figli a carico:

  • 0,50 senza figli.
  • 0,70 con un figlio.
  • 0,85 con due figli.
  • 1,00 con tre o più figli, oppure con un figlio disabile.

Coefficienti per la Composizione Familiare

Numero di Figli a Carico Coefficiente da Applicare
Nessun figlio 0,50
1 figlio 0,70
2 figli 0,85
3 o più figli / Figlio disabile 1,00

Tuttavia, alcune spese rimangono escluse da questa revisione, tra cui quelle sanitarie, gli oneri relativi a mutui contratti entro il 31 dicembre 2024 e le spese per interventi di riqualificazione energetica o edilizia.

Per i contribuenti non residenti in Italia o in uno Stato UE, le detrazioni per familiari a carico non saranno applicabili, salvo eccezioni per residenti in paesi aderenti all’accordo sullo Spazio Economico Europeo.

Cambiamenti per i Carichi di Famiglia

Anche le detrazioni per carichi di famiglia subiscono modifiche significative. La detrazione di 950 euro per figli di 21 anni o più viene estesa fino al limite di età di 30 anni, ad eccezione dei figli con disabilità, per i quali non si applicano limiti di età. La detrazione di 750 euro, precedentemente riservata ai familiari conviventi, sarà ora disponibile anche per gli ascendenti conviventi.

Modifiche alle Detrazioni per Carichi di Famiglia

Carico Familiare Importo della Detrazione (Euro) Limite di Età
Figli maggiorenni (21+ anni) 950 Fino a 30 anni (se non disabili)
Altri familiari conviventi 750 Nessun limite specifico
Ascendenti conviventi 750 Nessun limite specifico

Per maggiori dettagli, chiarimenti o per una consulenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

Gennaio 2025 Fiscale

16 gennaio  DICHIARAZIONI DEI REDDITI
– Versamento 2° acconto opzione rateale IVA
– Liquidazione e versamento Iva mensile
– RITENUTE IRPEF Operate a Dicembre 2024 su redditi di lavoro autonomo
– RITENUTE ALLA FONTE Operate a Dicembre 2024

27 gennaio INTRASTAT
– Presentazione elenchi INTRA mensili e trimestrali

31 gennaio ACCISE

– Benefici gasolio autotrazione 4° trimestre 2024

DICHIARAZIONE PRECOMPILATA 2025
– Trasmissione dati al sistema TS 2° semestre 2024

Gennaio 2025 Lavoro

10 gennaio
– CONTRIBUTI TERZIARIO Versamento dei contributi a favore dei Fondi di previdenza
integrativa e assistenziale per i dirigenti in relazione al trimestre precedente

16 gennaio
– CONTRIBUTI GIORNALISTI Versamento dei contributi mensili dovuti dai giornalisti
con contratto di collaborazione
– VERSAMENTO UNIFICATO – Versamento delle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro
dipendente e assimilati e dei contributi da lavoro dipendente

20 gennaio
– CONTRIBUTO PREVINDAI – Versamento dei contributi dovuti sulla retribuzione
corrisposta ai dirigenti iscritti al Previndai, nel trimestre precedente

31 gennaio
– PROSPETTO DISABILI Invio del prospetto informativo degli obblighi di assunzione dei
disabili in forza al 31 dicembre dell’anno precedente
UNIEMENS – Presentazione dati retribuzione e contribuzione mese precedente
SOMMINISTRAZIONI – Comunicazionedei lavoratori somministrati per contratti conclusi nel 2024

Minimi retributivi: agricoltura (operai); alimentari (artigianato); alimentari (cooperative); alimentari (industria);
allevatori e consorzi zootecnici; assicurazioni; barbieri parrucchieri e acconciatori; calzaturieri (industria); dirigenti (industria); chimici gomma plastica e  vetro(artigianato); ceramica (artigianato); occhiali (artigianato); tessili (artigianato); panificatori (artigianato); vigilanza privata; concerie(industria); legno e arredamento; lapidei (industria); shopper; turismo (ANPIT-CISAL); servizi (ANPIT-CISAL); miniere metallurgia; studi professionali e agenzie di assicurazioni;
fiorai (lavorazione e commercio).

Scadenze contrattuali: agenzia di sicurezza sussidiaria non armata; dirigenti industria; marketing (ANPIT-CISAL); dirigenti imprese pubbliche

Il nostro Studio è a vostra disposizione per chiarimenti e consulenze personalizzate.

Conferma strutturale dell’IRPEF a tre scaglioni, no tax area e trattamento integrativo

La legge di bilancio 2025, come pubblicata in Gazzetta Ufficiale, conferma in modo strutturale la riduzione dell’IRPEF a tre scaglioni e mantiene l’impianto della cosiddetta “no tax area” per i redditi più bassi. Ciò significa che, a partire dall’anno finanziario 2025, vengono stabilizzate le aliquote già introdotte in precedenza, con livelli di imposizione progressivi del 23%, 35% e 43%. Nello specifico, l’aliquota del 23% si applica ai redditi fino a 28.000 euro, il 35% per i redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro e il 43% per i redditi superiori a 50.000 euro.

Uno dei punti cardine di questa revisione consiste nell’innalzamento della detrazione prevista per i redditi da lavoro dipendente, portata da 1.880 euro a 1.955 euro per i redditi fino a 15.000 euro. Di riflesso, si estende la soglia di esenzione totale da imposta (no tax area) fino a 8.500 euro, includendo anche i lavoratori dipendenti. Questo avvicina la misura a quella già applicata ai pensionati e consente di evitare penalizzazioni fiscali alle fasce di reddito più basse.

Un ulteriore aspetto di rilievo consiste nella stabilizzazione del trattamento integrativo: non subisce variazioni peggiorative nonostante l’innalzamento del limite di esenzione, garantendo così a chi rientra nelle soglie previste un sostegno economico aggiuntivo. Questa impostazione risponde all’obiettivo di alleggerire il carico fiscale sul lavoro e, al tempo stesso, semplificare la struttura dell’IRPEF.

La riforma mira a ridurre la pressione fiscale su un’ampia platea di contribuenti, mantenendo un criterio di progressività ancorato ai tre scaglioni di riferimento. In termini di operatività, i contribuenti interessati troveranno tale rimodulazione già applicabile dal periodo d’imposta 2025 e gli effetti concreti su ritenute e conguagli potranno emergere sin dalle prime buste paga dell’anno.

Nuovi scaglioni IRPEF

Fascia di reddito annuo (€) Aliquota IRPEF
fino a 28.000 23%
da 28.000 a 50.000 35%
oltre 50.000 43%


Nota:
La detrazione per i redditi da lavoro dipendente fino a 15.000 euro sale a 1.955 euro, estendendo la “no tax area” a 8.500 euro.

 

Cuneo fiscale

Nel quadro delle misure di sostegno al lavoro e alla competitività, la legge di bilancio 2025 introduce un nuovo strumento di riduzione del cuneo fiscale. Tale intervento si traduce nel riconoscimento di una somma a favore dei lavoratori dipendenti con reddito fino a 20.000 euro annui, che non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini IRPEF. L’entità della somma è calcolata come percentuale del reddito da lavoro dipendente, con aliquote distinte a seconda della fascia reddituale di appartenenza.

Nello specifico, la percentuale è del 7,1% per redditi fino a 8.500 euro, del 5,3% per redditi tra 8.500 e 15.000 euro e del 4,8% per redditi superiori a 15.000 euro, ma comunque entro i 20.000 euro di reddito complessivo. L’obiettivo è quello di garantire un beneficio netto in busta paga per coloro che si collocano nelle fasce retributive medio-basse, incentivando così l’occupazione e sostenendo i consumi.

Per i redditi superiori a 20.000 euro, fino a 32.000 euro, la legge prevede una detrazione pari a 1.000 euro, che diminuisce gradualmente fino ad azzerarsi alla soglia di 40.000 euro. Questa strutturazione progressiva cerca di evitare bruschi salti di aliquota e tutelare i lavoratori che, pur non essendo nella fascia più bassa, possono beneficiare di un sostegno aggiuntivo.

Nel calcolo della misura, si tiene conto delle eventuali esenzioni e agevolazioni già previste per i lavoratori rientrati dall’estero, nonché di quelle riguardanti l’abitazione principale. In questo modo, si cerca di rendere l’intervento rispettoso dei regimi fiscali esistenti e coerente con le politiche di sostegno alle famiglie e agli individui. Tale provvedimento si inserisce in un più ampio disegno di riduzione del costo del lavoro, coerente con la strategia di valorizzazione dei redditi da lavoro dipendente e di stimolo alla crescita economica.

Riduzione del cuneo fiscale in base al reddito

Fascia di reddito da lavoro dipendente (annuo) Percentuale di riduzione (sul reddito da lavoro) Detrazione fissa oltre i 20.000
fino a 8.500 7,1% Non applicabile
8.501 – 15.000 5,3% Non applicabile
15.001 – 20.000 4,8% Non applicabile
20.001 – 32.000 1.000 euro
oltre 32.000 Decrescente fino a 0 sopra i 40.000


Nota:
La quota aggiuntiva non forma reddito ai fini IRPEF per i lavoratori fino a 20.000 euro.

Riordino delle detrazioni

La manovra 2025 apporta un complesso riordino delle detrazioni fiscali previste dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), introducendo limiti e nuove regole per rendere più selettivo il sistema di oneri detraibili. In particolare, è stabilito un tetto complessivo alle spese detraibili per i redditi oltre i 75.000 euro annui, con un importo massimo che varia in base al numero di figli a carico. Il valore base del tetto è pari a 14.000 euro per chi ha un reddito tra 75.000 e 100.000 euro e scende a 8.000 euro per i redditi superiori a 100.000 euro. I coefficienti di moltiplicazione per il numero di figli consentono un adeguamento del limite in presenza di maggiori carichi familiari.

Alcune spese di natura specifica restano escluse da tali limiti: quelle sanitarie, gli investimenti in startup o PMI innovative, i costi sostenuti per mutui e assicurazioni, nonché le spese edilizie fino al 31 dicembre 2024 che già godevano di benefici specifici. In questo modo, il legislatore intende salvaguardare le agevolazioni con una finalità sociale o strategica, pur intervenendo su altre voci detraibili per contenere la spesa fiscale.

La legge interviene anche sul regime di detrazione per i figli a carico. Le detrazioni vengono mantenute solo per i figli di età tra 21 e 30 anni, o per i figli che abbiano disabilità accertata, mentre per gli altri familiari a carico – come i genitori conviventi – si limita la possibilità di detrarne le spese. Inoltre, il nuovo assetto non consente ai contribuenti non cittadini italiani o UE/SEE di usufruire di detrazioni per familiari residenti all’estero.

Viene innalzato a 35.000 euro, dal 2025, il limite di reddito oltre il quale i lavoratori dipendenti e assimilati non possono più accedere al regime forfettario. Infine, un piccolo ma significativo intervento riguarda le spese scolastiche: l’importo annuo detraibile per scuole dell’infanzia e secondarie di secondo grado aumenta a 1.000 euro per i periodi 2016-2019, con una detrazione del 22%.

Principali Novità sul Riordino delle Detrazioni

Argomento Nuova regola Note / Esempi
Tetto detraibile per redditi oltre 75.000 € – Per redditi tra 75.000 e 100.000 €: limite massimo di 14.000 € <br/> – Per redditi oltre 100.000 €: limite massimo di 8.000 € I limiti di 14.000 € o 8.000 € possono essere moltiplicati per appositi coefficienti in base al numero di figli a carico.
Spese escluse dal tetto – Spese sanitarie (detraibili) <br/> – Investimenti in startup/PMI innovative <br/> – Interessi passivi su mutui prima casa/assicurazioni rischio vita <br/> – Interventi edilizi (fino al 31/12/2024) e altre voci specifiche Queste spese non rientrano nel conteggio del limite massimo di detraibilità, confermando la piena fruizione di tali agevolazioni.
Detrazioni per figli a carico – Detrazione conservata solo per figli 21 – 30 anni o con disabilità accertata <br/> – Ridotte o eliminate per altri familiari (es. genitori conviventi) Viene esclusa la possibilità di detrarre spese per familiari non residenti in Italia o in un Paese UE/SEE.
Regime forfettario – Dal 2025, la soglia di reddito oltre la quale non si può accedere passa da 30.000 a 35.000 € Riguarda i lavoratori dipendenti e assimilati che intendono optare per il regime agevolato, ma che superano la nuova soglia.
Spese scolastiche detraibili – L’importo annuo detraibile per asili/scuole dell’infanzia e scuole secondarie di II grado sale a 1.000 € per gli anni 2016-2019 <br/> – Detrazione al 22% Questa revisione interessa dichiarazioni di anni passati per le spese scolastiche sostenute in quel periodo; una misura retroattiva che può aumentare il rimborso fiscale spettante.

 

Prestazioni di formazione (ai fini IVA)

La legge di bilancio 2025 introduce una novità in materia di IVA, rendendo imponibili le prestazioni di formazione erogate da Enti o Società di formazione finanziate attraverso il fondo bilaterale per la somministrazione di lavoro. Più precisamente, rientrano nel campo di applicazione dell’IVA le attività di formazione rivolte ai soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro, purché tali attività siano coperte dalle risorse del fondo bilaterale costituito dalle parti che sottoscrivono il contratto collettivo nazionale delle imprese di somministrazione.

Con questa modifica, il legislatore chiarisce il perimetro di applicazione dell’IVA per le prestazioni di formazione di carattere professionale e adegua la normativa alle attuali esigenze di tracciabilità e trasparenza delle operazioni. L’obiettivo principale è uniformare il regime di imponibilità, evitando possibili disparità di trattamento tra gli enti formativi e assicurando un allineamento con i principi generali dell’ordinamento tributario.

Il cambiamento rileva soprattutto per le agenzie e gli organismi che gestiscono attività di formazione in convenzione con il fondo, i quali dovranno adottare la corretta aliquota IVA sulle prestazioni effettuate. In un’ottica di coordinamento con le altre disposizioni fiscali, ciò determina anche un impatto sui costi sostenuti dalle agenzie di somministrazione di lavoro che si avvalgono di tali servizi formativi, poiché l’imposta diviene effettivamente dovuta e non più esclusa dalla base imponibile.

Dal punto di vista operativo, l’agenzia di somministrazione o l’ente formativo è tenuto a emettere fattura con l’imposta esposta, in base ai normali meccanismi di applicazione dell’IVA. Questa misura si colloca nel più ampio contesto di interventi volti a razionalizzare il sistema fiscale, a garantire maggiore equità e a favorire la semplificazione del quadro tributario, mantenendo comunque uno specifico riguardo alle esigenze di formazione professionale continua dei lavoratori.

Riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi

All’interno del pacchetto di misure che mirano a favorire la transizione ecologica, la legge di bilancio 2025 interviene sui sussidi considerati ambientalmente dannosi, modificando in particolare la disciplina relativa alla concessione in uso promiscuo di veicoli aziendali al lavoratore dipendente. Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) viene quindi adeguato per determinare la quota di reddito imponibile in caso di fruizione di autoveicoli, motocicli e ciclomotori a uso personale oltre che lavorativo.

La norma prevede che, di base, il 50% dell’importo calcolato sulla percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri, determinata secondo le tabelle nazionali ACI, concorra alla formazione del reddito, una volta detratte eventuali somme trattenute al dipendente. In sostanza, si riduce il beneficio fiscale precedentemente attribuito ai lavoratori che utilizzano veicoli aziendali per scopi privati, allo scopo di disincentivare l’uso intensivo di mezzi a più alto impatto ambientale.

Sono previste percentuali di tassazione più favorevoli per i veicoli a basse emissioni: nel caso di auto esclusivamente elettriche, la percentuale scende al 10%, mentre per i veicoli ibridi plug-in è fissata al 20%. Questa modulazione vuole incoraggiare la mobilità sostenibile, rendendo fiscalmente più conveniente l’utilizzo di mezzi a ridotte emissioni inquinanti.

La revisione di tali sussidi, definibili come “ambientalmente dannosi”, fa parte di un più ampio percorso di transizione verde, in cui la pressione fiscale viene modulata in modo da premiare scelte meno impattanti sull’ecosistema. Secondo l’impianto della norma, questa logica di applicazione differenziata dovrebbe promuovere un progressivo ricambio del parco veicoli aziendale, orientando imprese e lavoratori verso mezzi più innovativi sotto il profilo tecnologico e meno dannosi per l’ambiente.

 

 

Tracciabilità delle spese

In materia di tracciabilità delle spese, la legge di bilancio 2025 stabilisce che, per godere della deducibilità fiscale, determinati pagamenti debbano essere effettuati con metodi tracciabili. Nello specifico, le spese per vitto, alloggio, viaggio e trasporto sostenute o rimborsate ai dipendenti, oppure liquidate come indennità, devono essere pagate mediante sistemi bancari o elettronici (carte, bonifici, assegni) per essere ammesse in deduzione. Questa regola si applica altresì ai professionisti che sostengono costi analoghi per conto dei propri dipendenti, nonché alle cosiddette spese di rappresentanza.

La ratio dell’intervento si fonda sull’esigenza di garantire la massima trasparenza e di combattere fenomeni evasivi. I costi, se sostenuti in contanti, non sono più deducibili. Il medesimo principio vale, ai fini IRAP, anche per le indennità e i rimborsi spese riconosciuti a chi produce reddito d’impresa. In tal senso, si introduce un vincolo più stringente di natura operativa e amministrativa, spingendo i contribuenti all’uso della moneta elettronica o di strumenti equivalenti.

Dal 2026, inoltre, viene esteso l’obbligo di verifica preventiva che già si applica a pubbliche amministrazioni e società partecipate per importi oltre 5.000 euro: esso riguarderà anche il pagamento di stipendi e indennità superiori a 2.500 euro, a condizione che il debitore abbia debiti fiscali pari o superiori a 5.000 euro. Questa innovazione mira a intercettare situazioni di insolvenza verso l’Erario e a bloccare i pagamenti prima che avvengano, tutelando così l’interesse pubblico.

Il legislatore prevede un periodo transitorio in modo da consentire alle aziende e agli enti interessati di adeguare i propri sistemi di gestione dei pagamenti, inserendo l’entrata in vigore delle disposizioni a partire dall’anno successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024.

Lavoratori frontalieri

Per gestire le conseguenze dell’Accordo Italia-Svizzera, in attesa della ratifica del Protocollo di modifica, la legge di bilancio 2025 introduce alcune misure che consentono ai lavoratori frontalieri di svolgere in telelavoro fino al 25% della propria attività, senza perdere lo status di frontaliere. Questo significa che, almeno fino all’entrata in vigore del Protocollo modificativo, l’attività svolta da remoto viene considerata come se fosse effettuata sul territorio elvetico ai fini fiscali.

Il provvedimento mira a fornire flessibilità alle imprese transfrontaliere e ai lavoratori, promuovendo l’utilizzo di modalità di lavoro agile e salvaguardando, nello stesso tempo, la disciplina giuridica che regola la tassazione e i benefici di chi opera in aree di confine. In tal senso, si introduce anche una precisazione relativa ai redditi di lavoro dipendente prestato all’estero in via continuativa, con soggiorno superiore a 183 giorni all’anno: la base imponibile viene determinata in modo coerente con la normativa domestica, estendendo il trattamento previsto per i lavoratori frontalieri anche a chi effettua periodici rientri in Italia (ad esempio, una volta alla settimana).

I benefici si applicano altresì ai soggetti che, pur svolgendo buona parte della propria mansione all’estero, non rientrino nei confini nazionali su base quotidiana. L’intento è quello di governare la fase transitoria senza creare vuoti normativi o sovrapposizioni con altre disposizioni in vigore. Le autorità competenti sono incaricate di monitorare il numero di lavoratori interessati da queste deroghe e di valutare eventuali misure correttive in corso d’opera, in attesa che la ratifica del nuovo Accordo definisca la disciplina fiscale e previdenziale in modo definitivo e coerente con le linee guida internazionali in materia di doppia imposizione.

Istituzione del Fondo per il contrasto della povertà alimentare a scuola

Per rispondere alle difficoltà economiche di molte famiglie e garantire a tutti i bambini un corretto accesso alla ristorazione scolastica, viene istituito il Fondo per il contrasto della povertà alimentare a scuola. La dotazione prevista è di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026, e di 1 milione di euro annui a partire dal 2027. Le risorse sono destinate ai comuni individuati con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in modo da finanziare iniziative di sostegno nel pagamento delle rette per la mensa.

Questa misura nasce dall’esigenza di combattere la povertà educativa e alimentare, assicurando che gli alunni delle scuole primarie abbiano accesso a un’alimentazione equilibrata durante l’orario scolastico, indipendentemente dalla situazione reddituale familiare. Attraverso il nuovo Fondo, le famiglie in condizione di disagio potranno ricevere un contributo diretto o un’esenzione parziale, in funzione dei parametri ISEE e delle specifiche disposizioni comunali.

Per garantire una corretta assegnazione e un uso efficiente delle risorse, la legge di bilancio richiede un decreto ministeriale attuativo, che definirà i criteri di riparto, le modalità di rendicontazione e il monitoraggio degli interventi. Si prevede altresì un meccanismo di verifica che, in collaborazione con l’INPS e l’Agenzia delle Entrate, possa confermare la sussistenza dei requisiti reddituali dichiarati.

La misura si inquadra nella più ampia strategia di inclusione sociale e sostegno alle famiglie, promossa anche a livello europeo. La speranza del legislatore è che, abbattendo gli ostacoli di natura economica, si possa migliorare il benessere e il rendimento scolastico dei minori provenienti da famiglie con difficoltà finanziarie, promuovendo l’uguaglianza di opportunità fin dalla prima infanzia.

Pubblico impiego

Per quanto riguarda il pubblico impiego, la legge di bilancio 2025 prevede l’incremento delle risorse destinate ai trattamenti accessori del personale delle pubbliche amministrazioni. Tale aumento, che ammonta complessivamente a 112,1 milioni di euro annui a partire dal 2025, viene strutturato attraverso la costituzione di un apposito Fondo per le amministrazioni statali e attraverso assegnazioni a bilancio per le altre amministrazioni.

Lo scopo principale dell’intervento è quello di valorizzare le competenze e le prestazioni dei dipendenti pubblici, offrendo meccanismi di incentivazione più efficaci. In tal modo, si intende supportare la qualità e l’efficienza dei servizi erogati dalla macchina statale, facendo leva su un miglioramento organizzativo che tenga conto sia dei risultati individuali, sia di quelli collettivi.

Le modalità di ripartizione delle risorse aggiuntive, così come i criteri di valutazione del personale, dovranno essere stabilite mediante successivi atti normativi e regolamentari, in coerenza con i contratti collettivi nazionali di lavoro dei vari comparti. Ciò consente un’adeguata flessibilità, lasciando margini di negoziazione alle parti sociali e alle singole amministrazioni, che potranno adottare regole differenti in base alle proprie esigenze.

Un ulteriore effetto dell’incremento del Fondo riguarda la possibilità di rafforzare le politiche assunzionali nel settore pubblico, in quanto un trattamento accessorio più adeguato può aiutare nell’attrarre nuovi profili professionali. Pertanto, il potenziamento retributivo si inserisce in una più ampia strategia di rilancio del pubblico impiego, volta a migliorarne l’attrattività sul mercato del lavoro. Alla luce dei vincoli di bilancio, il legislatore ha fissato in modo preciso la spesa massima annua, salvaguardando comunque lo spazio finanziario necessario ad adeguare progressivamente le retribuzioni accessorie.

Personale INPS

La legge di bilancio 2025 dispone l’istituzione di tre posizioni dirigenziali di livello generale all’interno dell’INPS, finalizzate a sostenere l’attuazione delle riforme connesse al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e a potenziare i servizi offerti ai cittadini. L’ampliamento della dotazione organica di vertice implica anche una corrispondente soppressione di altre posizioni di pari valore finanziario, così da non generare ulteriori oneri per la finanza pubblica.

Tali scelte organizzative rispondono all’esigenza di gestire i processi di innovazione e digitalizzazione in corso all’interno dell’Istituto, che si trova a dover affrontare una mole crescente di attività di controllo ispettivo e amministrativo, anche alla luce delle recenti riforme in ambito previdenziale e assistenziale. Inoltre, il legislatore prevede un decreto interministeriale (del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il MEF) per determinare la percentuale delle risorse provenienti da attività di controllo da destinare al miglioramento della capacità amministrativa e al finanziamento di misure di welfare aziendale per i dipendenti INPS.

L’idea di base è che, potenziando il coordinamento e la governance, l’INPS possa agire più efficacemente nell’erogazione delle prestazioni e nei controlli, supportando la corretta esecuzione delle numerose misure in ambito sociale, previdenziale e di politiche attive del lavoro. Lo schema finanziario adottato, che non aumenta la spesa pubblica complessiva, si inserisce nel quadro di una gestione delle risorse volta a massimizzare l’efficienza interna, senza gravare ulteriormente sul bilancio dello Stato. Questo approccio riflette la volontà di rafforzare gli organi di vertice nelle funzioni strategiche, condizione ritenuta necessaria per una rapida implementazione delle riforme legate anche agli obiettivi previsti dal PNRR.

Personale Ispettorato Nazionale del Lavoro

Allo scopo di potenziare i controlli e la vigilanza in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, la legge di bilancio 2025 autorizza l’assunzione, a tempo indeterminato, di 250 unità di personale presso l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL). Queste figure saranno inquadrate nell’area funzionari, con competenze tecniche di vigilanza in ambito sicurezza e salute, sulla base del contratto collettivo del comparto Funzioni centrali.

La novità principale consiste nel raddoppio delle assunzioni già autorizzate in precedenza e nella possibilità di effettuare le stesse entro il biennio 2025-2026, superando le regole ordinarie di mobilità. Le spese connesse a tali ingressi ammonteranno a 3,17 milioni di euro per il 2025 e a 12,69 milioni annui a decorrere dal 2026, con ulteriori stanziamenti per coprire i costi di concorso e di funzionamento delle nuove postazioni di lavoro.

L’obiettivo di fondo è rafforzare la presenza dello Stato nel contrasto al lavoro irregolare e nell’assicurare migliori condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, incrementando la dotazione organica, avrà a disposizione un numero più elevato di ispettori in grado di svolgere controlli capillari, di intervenire tempestivamente e di sanzionare le irregolarità. Inoltre, l’aumento di personale agevolerà anche l’attività di consulenza e prevenzione svolta dall’INL, con particolare attenzione al settore edile e manifatturiero, dove si concentra un’ampia casistica di incidenti.

I costi sostenuti per l’operazione, sebbene significativi, sono giustificati dalla funzione pubblica di primaria importanza svolta dall’INL, quale garante della legalità e della tutela della salute dei lavoratori. Questa scelta legislativa si inserisce nella strategia complessiva di rafforzamento delle politiche di prevenzione e vigilanza, in un contesto di incrementata attenzione alle dinamiche del mercato del lavoro.

Indennità di esclusività del personale medico INAIL

Per il personale medico dell’INAIL che opera in regime di esclusività, la legge di bilancio 2025 ricalibra l’indennità di esclusività a partire dal 1° gennaio 2025, equiparandola a quella dei dirigenti del ruolo sanitario del Ministero della Salute disciplinata dal cosiddetto DL Sostegni-ter (DL n. 4/2022, convertito in legge n. 25/2022). L’intervento mira a riconoscere e valorizzare il contributo dei professionisti sanitari impegnati nell’ambito della prevenzione e della tutela della salute dei lavoratori, evidenziando l’importanza strategica delle loro funzioni.

La spesa autorizzata per tale adeguamento ammonta a 960.000 euro annui a partire dal 2025, cui si aggiunge l’inclusione, nella base pensionabile, dell’indennità maturata dal 2025 in poi. In questo modo, l’indennità di esclusività diventerà utile ai fini del TFR (Trattamento di Fine Rapporto) o del TFS (Trattamento di Fine Servizio), con un onere aggiuntivo calcolato in 343.021 euro annui.

L’allineamento della retribuzione dei medici INAIL al resto del personale sanitario statale risponde all’esigenza di assicurare uniformità di trattamento, riducendo il rischio di disparità di tipo contrattuale ed economico tra figure professionali che svolgono mansioni analoghe nell’ambito della sanità pubblica. Inoltre, tale misura può contribuire a una maggiore attrattività delle posizioni mediche presso l’INAIL, in quanto rende più competitive le condizioni lavorative offerte, a vantaggio della qualità del servizio e dell’efficacia delle politiche di prevenzione degli infortuni sul lavoro.

L’inserimento delle somme in trattamenti pensionistici o di fine servizio tende, infine, a rafforzare l’equità retributiva lungo tutto l’arco della carriera di un medico INAIL, evidenziando la volontà del legislatore di considerare il servizio sanitario e prevenzionale una funzione essenziale da sostenere e migliorare.

Misure in materia di trattenimento in servizio

La legge di bilancio 2025 modifica e amplia la disciplina del cosiddetto “Bonus Maroni” e di altri meccanismi relativi alla pensione anticipata (Quota 103). I lavoratori che, entro il 31 dicembre 2025, maturano i requisiti per la pensione anticipata possono rinunciare all’accredito dei contributi a proprio carico per l’AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria) e le forme sostitutive, esonerando contestualmente il datore di lavoro dal relativo versamento. L’importo dei contributi non versati viene quindi corrisposto al lavoratore, senza rientrare nel reddito imponibile IRPEF.

La norma chiarisce inoltre che i diritti relativi alla pensione anticipata flessibile, acquisiti entro il 31 dicembre 2024, potranno essere esercitati anche successivamente, sebbene siano intervenute modifiche normative. La legge estende l’ambito di applicazione della flessibilità in uscita anche a coloro che, entro il 31 dicembre 2025, abbiano maturato 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne), nonché a chi abbia raggiunto 62 anni di età con 41 anni di versamenti contributivi.

Per quanto riguarda i dipendenti pubblici, il limite massimo di età per il proseguimento del servizio corrisponde ora al requisito anagrafico generale per la pensione di vecchiaia (attualmente 67 anni), salvo i limiti più elevati già previsti per determinati comparti. Conseguentemente, si elimina l’obbligo di collocamento a riposo a 65 anni se i dipendenti possiedono i requisiti per la pensione anticipata.

Questo schema di incentivi ha lo scopo di favorire la permanenza in servizio di lavoratori con un’elevata anzianità contributiva, fornendo al contempo un vantaggio monetario. Si tratta di una soluzione che può aiutare a trattenere competenze preziose all’interno di aziende e amministrazioni, mantenendo nel contempo un equilibrio tra la sostenibilità del sistema pensionistico e la libertà di scelta individuale.

Maggiorazione della quota di aliquota contributiva pensionistica a carico del lavoratore

A partire dal 2025, gli iscritti all’AGO e ad altre forme sostitutive o esclusive, nonché alla Gestione separata, i cui primi contributi decorrono successivamente al 1° gennaio 2025, potranno volontariamente maggiorare fino a un massimo di 2 punti percentuali la quota di aliquota contributiva a proprio carico. Tale incremento andrà a incrementare il montante contributivo individuale, ma la parte di pensione che ne deriverà non conterà ai fini del calcolo degli importi soglia richiesti per la pensione di vecchiaia o anticipata.

In pratica, un lavoratore neo-iscritto potrà decidere di sostenere uno sforzo contributivo aggiuntivo per accrescere il proprio futuro assegno pensionistico, senza incorrere in alcuna penalizzazione sui requisiti minimi di importo per l’accesso al trattamento previdenziale. Al momento del pensionamento, la quota di pensione derivante da questo “extra-contributo” verrà erogata su domanda, una volta che il beneficiario avrà compiuto l’età per la pensione di vecchiaia.

Dal punto di vista fiscale, i contributi versati in virtù di questa maggiorazione godranno di una deducibilità al 50%. Tale opportunità costituisce, nelle intenzioni del legislatore, uno strumento per garantire una maggior personalizzazione del piano previdenziale, incentivando al contempo la sostenibilità di lungo termine del sistema.

Per dare attuazione alla nuova misura, è previsto un decreto ministeriale (Lavoro di concerto con MEF) che disciplinerà procedure e dettagli, assicurando uniformità di applicazione tra le diverse gestioni interessate. L’innovazione si inserisce in un più ampio disegno di riforma, volto ad affiancare alla previdenza obbligatoria un insieme di forme opzionali che possano ampliare la flessibilità e la consapevolezza dei lavoratori riguardo alla costruzione del proprio futuro previdenziale.

Misure di flessibilità in uscita dal rapporto di lavoro

La manovra 2025 conferma e proroga alcuni istituti di flessibilità in uscita, tra i quali “Opzione Donna” e “Quota 103”, al fine di favorire l’uscita anticipata dal lavoro di determinate categorie di lavoratori e lavoratrici. In particolare, si stabilisce che il personale del comparto scuola e AFAM (Alta Formazione Artistica e Musicale) possa presentare la domanda di pensionamento con “Opzione Donna” entro il 28 febbraio 2025 (termine prorogato rispetto all’originario 28 febbraio 2024).

Analogamente, “Quota 103” è estesa con la medesima scadenza, permettendo a chi raggiunge 62 anni di età e 41 di contributi di accedere al trattamento anticipato. Il termine per la presentazione delle domande da parte di docenti e personale AFAM risulta anch’esso spostato al 28 febbraio 2025. Questo consente di allineare le finestre temporali e rispondere con flessibilità alle esigenze di programmazione degli enti scolastici.

Prolungata per il 2025 anche l’APE Sociale, inizialmente in scadenza al 31 dicembre 2024. La legge incrementa di conseguenza i fondi destinati a tale misura per gli anni dal 2025 al 2030, confermandone i requisiti di accesso e le incompatibilità con altri redditi. In questo modo, si rende possibile il pensionamento anticipato per lavoratori in condizioni di particolare svantaggio o impegnati in attività gravose.

Tali scelte normative mirano a fornire una risposta alle esigenze di quei lavoratori che si trovano in situazioni personali o lavorative particolarmente complesse, o che, per ragioni anagrafiche, ritengono preferibile anticipare l’uscita dal mercato del lavoro. Allo stesso tempo, l’allungamento dei termini riflette l’attenzione al completamento dell’anno scolastico o accademico, garantendo la continuità didattica e gestionale nelle istituzioni coinvolte.

Aumento pensioni minime

Nel contesto delle misure di sostegno al reddito per i pensionati, la legge di bilancio 2025 proroga gli incrementi transitori delle pensioni minime già introdotti per far fronte all’inflazione degli anni 2022 e 2023. Questi aumenti, pensati come un “ponte” in attesa di riforme più strutturali, vengono ora estesi e modulati su base annuale.

In particolare, l’aumento transitorio (c.d. décalage) si attesta a 2,2 punti percentuali per il 2025 e a 1,3 punti percentuali per il 2026, rispetto ai livelli preesistenti. L’obiettivo è quello di salvaguardare il potere d’acquisto dei pensionati che percepiscono assegni di importo minimo, in modo da contenere gli effetti dell’aumento generale dei prezzi sui redditi più bassi.

La portata del beneficio si estende esclusivamente a coloro che già rientrano nelle soglie reddituali previste dalla normativa per l’assegno pensionistico minimo. Non sono previste variazioni nelle procedure di accredito o nei requisiti anagrafici, e l’adeguamento viene applicato d’ufficio dall’INPS, senza necessità di domanda specifica da parte del beneficiario.

Questo provvedimento si inserisce in una visione più ampia di tutela delle fasce deboli della popolazione pensionistica, che spesso subiscono maggiormente l’erosione del potere d’acquisto. Sebbene il legislatore abbia evidenziato la natura transitoria e parziale di tali incrementi, la legge di bilancio 2025 sottolinea la volontà di avviare, nei prossimi anni, un programma di riforme per consolidare in modo più stabile le tutele, compatibilmente con le risorse di finanza pubblica. Nel frattempo, gli interessati continueranno a beneficiare della maggiorazione provvisoria, percepibile direttamente nel cedolino pensionistico di ogni mensilità.

Incremento maggiorazioni sociali per pensionati in condizioni di disagio

A sostegno dei pensionati che versano in condizioni di disagio economico, la manovra 2025 introduce un aumento di 8 euro mensili alle maggiorazioni sociali, limitatamente all’anno 2025. Tale incremento si applica ai titolari di prestazioni previdenziali e assistenziali di importo modesto (invalidi civili, sordomuti, ciechi civili assoluti con requisiti reddituali particolarmente bassi), purché di età pari o superiore a 70 anni.

L’adeguamento, sebbene di modesta entità, mira a dare un ulteriore sollievo alle persone che vivono esclusivamente di pensioni minimali o assegni sociali, spesso insufficienti a fronteggiare le spese quotidiane di base, in particolare in un contesto di aumento dei prezzi al consumo. Conseguentemente, anche il limite di reddito massimo per il riconoscimento di tale incremento viene aumentato di 104 euro annui, così da mantenere la platea di beneficiari sostanzialmente invariata ed evitare che l’innalzamento delle pensioni minime incida negativamente sui requisiti di accesso.

Questa manovra si colloca nel quadro generale degli interventi volti a salvaguardare il potere d’acquisto delle fasce più deboli, affiancandosi all’aumento delle pensioni minime e alle altre misure di inclusione. Il legislatore ha scelto un approccio incrementale e temporaneo, riservandosi di valutare, in futuro, l’eventuale stabilizzazione di tali aumenti sulla base delle condizioni della finanza pubblica e dell’evoluzione del contesto macroeconomico.

Dal punto di vista operativo, gli enti previdenziali procedono a corrispondere la maggiorazione in modo automatico, evitando oneri amministrativi ulteriori per i beneficiari. L’effetto di questa misura sarà tangibile nel cedolino mensile delle pensioni interessate e contribuirà, seppur in misura contenuta, a fronteggiare gli effetti del carovita per i pensionati più fragili.

Incremento delle maggiorazioni sociali (Anno 2025)

Caratteristica Dettaglio
Platea di riferimento Pensionati con prestazioni previdenziali e assistenziali di importo modesto, tra cui invalidi civili, sordomuti, ciechi civili assoluti, ecc. di età pari o superiore a 70 anni.
Aumento mensile 8 euro in più al mese (limitatamente all’anno 2025).
Adeguamento del limite di reddito +104 euro annui sul limite reddituale massimo ai fini dell’accesso alla maggiorazione.
Finalità del provvedimento Contrastare l’erosione del potere d’acquisto dovuta all’inflazione, fornendo un sostegno aggiuntivo ai pensionati in condizioni di fragilità economica.
Modalità di erogazione Automaticamente in aggiunta all’assegno mensile, senza necessità di specifica domanda, se sussistono i requisiti di età e di reddito.
Durata dell’incremento Prevista per il solo anno 2025 (salvo ulteriori proroghe o interventi normativi futuri).

Accesso alla pensione di vecchiaia per le lavoratrici con quattro o più figli

Per favorire le donne lavoratrici che hanno avuto o adottato almeno quattro figli, la legge di bilancio 2025 interviene sul requisito anagrafico per l’accesso alla pensione di vecchiaia, estendendo fino a 16 mesi il limite massimo di anticipo rispetto all’età ordinaria. In precedenza, tale riduzione del requisito anagrafico era fissata a 12 mesi.

Questa possibilità, riservata alle donne con un significativo carico familiare, si connette al principio di equità nella vita lavorativa, riconoscendo l’impegno e i maggiori oneri di cura derivanti da famiglie numerose. Le condizioni di accesso rimangono legate alla maturazione dei requisiti contributivi e al sistema di calcolo contributivo, secondo le disposizioni vigenti.

Nel concreto, le lavoratrici che raggiungono il requisito contributivo minimo stabilito dalla legge, e che hanno effettivamente cresciuto quattro o più figli, possono usufruire di un abbattimento dell’età pensionabile in misura corrispondente all’aumento stabilito. Tale misura si applica anche nei casi di adozione o affidamento preadottivo, mantenendo i medesimi criteri di conteggio dei figli e le stesse finalità di tutela.

Il beneficio introdotto si inserisce in un contesto normativo di sostegno alla maternità, alle famiglie numerose e alla conciliazione tra vita lavorativa e personale. Dal punto di vista finanziario, l’impatto di questa estensione è valutato alla luce dell’invecchiamento demografico e dei relativi costi. Tuttavia, la legge di bilancio 2025 considera strategico il riconoscimento del ruolo delle donne e intende incoraggiare misure che tengano conto del contributo sociale e demografico offerto dalle famiglie con più figli. Per questo, l’allargamento dell’anticipo di 4 mesi aggiuntivi rispetto al precedente limite (da 12 a 16 mesi) costituisce un segnale di rafforzamento delle politiche di sostegno alla genitorialità.

Previdenza complementare

Un altro tassello della riforma previdenziale riguarda la possibilità, dal 1° gennaio 2025, per i lavoratori con primo accredito contributivo successivo al 1° gennaio 1996, di computare, ai fini del raggiungimento degli importi soglia necessari per la liquidazione della pensione di vecchiaia o anticipata, anche i valori delle rendite di previdenza complementare. Questa opportunità scatta a condizione che l’assicurato opti per la corresponsione di almeno il 50% del capitale accumulato nella forma di rendita.

In tal modo, una quota della pensione complementare può concorrere alla determinazione del “famoso” importo soglia, velocizzando, in alcuni casi, l’accesso al trattamento previdenziale. Ciò è subordinato alla richiesta formale da parte dell’assicurato, che dovrà valutare attentamente i possibili effetti sul piano economico e sulla pianificazione del proprio post-lavoro.

Le forme di previdenza complementare, dal canto loro, saranno tenute a fornire una proiezione certificata del valore della rendita mensile futura, così che il lavoratore possa assumere una decisione consapevole. La legge si prefigge di incentivare l’adesione ai fondi pensione, permettendo una maggiore integrazione tra previdenza obbligatoria e complementare.

Si prevede inoltre che, per chi sceglie di sfruttare questa possibilità, non vengano apportate modifiche ai requisiti dell’anzianità contributiva necessari per l’accesso. L’eventuale anticipo della pensione anticipata, o il raggiungimento più agevole del requisito di importo soglia, diventano quindi ulteriori strumenti di flessibilità. In coerenza con il resto della riforma, un decreto attuativo del Ministero del Lavoro (di concerto con il MEF) definirà i dettagli operativi, compresi i meccanismi di calcolo e le procedure di verifica, garantendo che tali scelte non introducano squilibri di natura finanziaria o gestionale nel sistema complessivo.

Riduzione contributiva per i nuovi artigiani e commercianti

Tra le misure volte a favorire l’imprenditorialità e le iniziative economiche, la legge di bilancio 2025 prevede una riduzione del 50% dei contributi per i lavoratori che, per la prima volta, si iscrivono nel 2025 alle gestioni speciali autonome degli artigiani o dei commercianti. Il beneficio si applica ai redditi d’impresa prodotti, compresi quelli in regime forfettario, e può essere esteso ai collaboratori familiari iscritti per la prima volta nelle medesime gestioni.

La riduzione è concessa per 36 mesi consecutivi a partire dalla data di avvio dell’attività o di ingresso in una società d’impresa, purché l’iscrizione avvenga nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2025. L’agevolazione mira ad agevolare le prime fasi di attività, notoriamente più impegnative dal punto di vista economico e amministrativo, e intende incentivare la regolarizzazione contributiva dei piccoli operatori.

Questa misura è alternativa rispetto ad altre forme di agevolazione già esistenti, evitando cumulabilità che potrebbe portare a sovra incentivazioni. L’obiettivo consiste nel fornire un sostegno significativo ai nuovi imprenditori in settori considerati strategici per l’economia locale, come l’artigianato, il commercio al dettaglio e i servizi di vicinato.

Per determinare l’ammissibilità e procedere alla riduzione contributiva, l’INPS e gli altri enti competenti verificheranno che il soggetto non abbia avuto in precedenza posizioni aperte nella stessa gestione. In tal modo, si vogliono prevenire possibili abusi o elusioni, come le continue chiusure e riaperture di attività. Nel complesso, la norma esprime la volontà di creare un ambiente più favorevole all’autoimpiego e di incoraggiare il dinamismo imprenditoriale nelle filiere produttive di base.

Misure in materia di ammortizzatori sociali e di formazione per l’attuazione del programma GOL

Per continuare a sostenere i settori produttivi in crisi e favorire il reinserimento lavorativo, la legge di bilancio 2025 stanzia fondi e introduce deroghe in materia di ammortizzatori sociali. In particolare, viene confermata l’indennità omnicomprensiva per i lavoratori impiegati nella pesca marittima, con un importo fino a 30 euro giornalieri, per il periodo di fermo pesca del 2025. Tale misura, finanziata con 30 milioni di euro, riguarda anche i soci lavoratori della piccola pesca.

Inoltre, il legislatore rinnova l’impegno per il completamento dei piani di recupero occupazionale nelle aree di crisi industriale complessa, destinando ulteriori 70 milioni di euro alle regioni per il 2025. Queste risorse potranno coprire percorsi di politiche attive del lavoro, mobilità in deroga e progetti di reindustrializzazione, previo accordo presso il Ministero del Lavoro.

La legge conferma la possibilità di concedere il trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS) anche ad aziende che hanno cessato o stanno per cessare l’attività produttiva, se esistono prospettive concrete di cessione dell’attività e di riassorbimento occupazionale. Tale flessibilità vale anche per il 2025, con stanziamenti ulteriori di 100 milioni di euro a valere sul fondo sociale per occupazione e formazione.

Per il gruppo ILVA, è rinnovata l’integrazione al trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria e la conseguente formazione professionale, mentre viene prorogata, fino al 31 dicembre 2025, la CIGS per riorganizzazione o crisi aziendale riferita a imprese di rilevanza economica strategica. Infine, si interviene anche nel settore dei call center, mettendo a disposizione 20 milioni di euro per il 2025, e si istituisce un meccanismo di possibile utilizzo delle risorse del programma GOL per la formazione attivata dalle imprese. L’insieme di questi interventi intende prevenire la perdita di posti di lavoro e fornire una rete di sicurezza rafforzata per i settori e le aree territoriali più esposti alle crisi congiunturali.

Modifiche di requisiti e disciplina ADI e SFL

La manovra 2025 interviene sulle misure di contrasto alla povertà e di reinserimento lavorativo, apportando modifiche ai requisiti dell’Assegno di Inclusione (ADI) e del Supporto Formazione e Lavoro (SFL). Per l’ADI, il valore soglia ISEE del nucleo familiare viene innalzato da 9.360 a 10.140 euro. Contestualmente, la soglia massima di reddito familiare sale a 6.500 euro annui (invece di 6.000), con un meccanismo di moltiplicazione per il parametro della scala di equivalenza. Se il nucleo risiede in affitto, la soglia sale a 10.140 euro.

L’ADI include un sostegno economico che integra il reddito familiare fino alle nuove soglie (6.500 o 8.190 euro, a seconda della composizione del nucleo), oltre a un’integrazione specifica per il canone di locazione, massima di 3.640 euro all’anno (o 1.950 euro per nuclei composti esclusivamente da persone anziane o disabili).

Parallelamente, il Supporto Formazione e Lavoro (SFL) estende il requisito di accesso a un valore ISEE fino a 10.140 euro (anziché 6.000) e aumenta l’importo mensile dell’indennità di partecipazione a 500 euro (da 350). È inoltre prevista la possibilità di prolungare l’erogazione dell’indennità oltre i 12 mesi, fino a ulteriori 12 mesi, se alla scadenza il beneficiario risulta iscritto a un corso di formazione.

Queste modifiche puntano a migliorare la copertura delle fasce più deboli della popolazione, riconoscendo da un lato l’incremento del costo della vita e dall’altro la necessità di percorsi formativi più lunghi per incrementare l’occupabilità. L’adeguamento delle soglie ISEE e dei massimali di reddito tiene conto dell’evoluzione del contesto socioeconomico, mentre la flessibilità nell’estensione del SFL permette un accompagnamento più efficace verso il lavoro, specialmente in casi di formazione specialistica o di riconversione professionale.

 

Principali requisiti e importi ADI (Assegno di Inclusione)

Requisito / Valore Nuovi parametri
Soglia ISEE familiare 10.140 euro
Valore massimo di reddito familiare per l’accesso 6.500 euro/anno (moltiplicato per scala di equivalenza) <br/> 8.190 euro/anno se tutti >=67 anni o disabili gravi <br/> 10.140 euro/anno se il nucleo è in affitto
Integrazione del reddito (quota base) Fino a 6.500 euro/anno (8.190 euro/anno se nucleo di soli over 67 o disabili)
Quota aggiuntiva per canone di locazione (in affitto) Massimo 3.640 euro/anno <br/> (1.950 euro/anno per nuclei interamente composti da over 67 o persone con disabilità grave)

Nota: I parametri sono calcolati sulla base della scala di equivalenza ISEE.

Principali requisiti e importi SFL (Supporto Formazione e Lavoro)

Requisito / Valore Nuovi parametri
Soglia ISEE familiare 10.140 euro
Importo mensile SFL 500 euro
Durata massima iniziale 12 mesi
Possibile proroga Ulteriori 12 mesi se, al termine dei primi 12, il beneficiario sta frequentando un corso di formazione

Nota: L’importo percepito non è compatibile con altri redditi da lavoro superiori alla soglia indicata (rimane la scala di equivalenza ISEE anche per il reddito familiare).

 

Rifinanziamento del sistema duale

Per incentivare percorsi formativi alternativi e affiancare la formazione scolastica all’esperienza in azienda, la legge di bilancio 2025 rifinanzia il sistema duale, ossia l’insieme di apprendistato formativo e dei PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento, ex alternanza scuola-lavoro). In particolare, gli stanziamenti sono incrementati di 100 milioni di euro per il 2025, 170 milioni per il 2026 e 240 milioni annui dal 2027.

Queste risorse andranno a sostenere gli istituti scolastici, gli enti di formazione e le imprese coinvolte nell’apprendistato di I e III livello, finalizzato al conseguimento di titoli di studio secondari o certificati di specializzazione tecnica superiore. L’obiettivo, dichiarato dal legislatore, è duplice: da un lato, offrire ai giovani percorsi professionalizzanti capaci di ridurre la distanza tra mondo della scuola e mondo del lavoro; dall’altro, incrementare la diffusione di figure tecniche competenti, che possano rispondere ai fabbisogni emergenti di un mercato in trasformazione.

Il potenziamento del sistema duale risponde alla necessità di elevare il livello di occupabilità dei giovani e di abbassare il tasso di abbandono scolastico, fornendo un’alternativa formativa e un canale di ingresso al lavoro più flessibile. L’incentivo economico permette di coprire una parte rilevante delle spese di progettazione dei corsi, del tutoraggio e del coordinamento tra i soggetti coinvolti.

Le modalità di assegnazione dei fondi aggiuntivi saranno definite attraverso provvedimenti attuativi del Ministero dell’Istruzione e del Merito, in collaborazione con il Ministero del Lavoro e con la partecipazione delle Regioni. Di norma, si richiede un piano dettagliato delle attività formative e dell’impegno delle imprese, onde assicurare che il sistema duale rappresenti un’opportunità concreta di apprendimento e di sviluppo professionale per gli studenti coinvolti.

Incremento del Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro

La tutela delle famiglie colpite da gravi infortuni sul lavoro rappresenta un tema centrale nella legge di bilancio 2025, che prevede un incremento delle risorse del Fondo di sostegno dedicato. In particolare, viene stabilito un aumento di 500mila euro per gli anni 2025 e 2026, e di 3 milioni di euro annui a partire dal 2027.

Tale fondo, gestito in stretta collaborazione con l’INAIL e con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, eroga contributi o provvidenze a favore dei familiari che subiscono la perdita di un proprio congiunto in occasione di un incidente sul luogo di lavoro, oppure si trovano ad affrontare gravi conseguenze invalidanti. L’incremento delle risorse si propone di coprire un più ampio numero di situazioni e di migliorare la capacità di risposta in termini di aiuto economico.

Oltre al sostegno immediato, il Fondo può contribuire anche all’eventuale rieducazione professionale o a interventi di assistenza mirata, nei casi in cui il soggetto infortunato necessiti di un percorso di riqualificazione per tornare a lavorare. La legge, tuttavia, non modifica le condizioni di accesso o la procedura per la presentazione delle domande, che resteranno regolate dalle norme vigenti e dai decreti applicativi già in atto.

L’attenzione a questa tematica si inserisce in un quadro più vasto di impegni governativi a favore della sicurezza e della prevenzione, teso a ridurre le statistiche relative agli infortuni e alle malattie professionali. Nel frattempo, l’aumento dei fondi rappresenta una forma di tutela per i soggetti più esposti, fornendo un paracadute finanziario ai nuclei familiari che si trovano a dover affrontare conseguenze drammatiche di natura economica e sociale.

Bonus per le nuove nascite

Per contrastare il calo demografico e incentivare la natalità, la legge di bilancio 2025 introduce un bonus una tantum di 1.000 euro per ogni figlio nato o adottato a partire dal 1° gennaio 2025. L’importo è erogato nel mese successivo all’evento, senza concorrere alla formazione del reddito imponibile.

La misura è rivolta ai nuclei familiari con un ISEE annuo non superiore a 40.000 euro. Nel calcolo di tale valore, non si tiene conto dell’assegno unico e universale. In questo modo, si punta a garantire che la platea dei beneficiari includa i genitori con livelli reddituali medio-bassi e a offrire un sostegno immediato alle spese legate all’arrivo di un nuovo componente in famiglia.

L’obiettivo principale consiste nello stimolo diretto all’incremento delle nascite, sebbene l’entità del contributo sia piuttosto contenuta. Il legislatore mira a supportare, almeno nelle fasi iniziali, i nuclei familiari più fragili che spesso si trovano a rinviare o a rinunciare alla genitorialità per motivi economici. Per le adozioni, si applicano gli stessi requisiti ISEE e la somma viene erogata entro il mese successivo al perfezionamento dell’adozione.

Non sono previsti vincoli particolari su come utilizzare il bonus, lasciando libertà di gestione ai genitori. Tuttavia, è ipotizzabile che queste risorse vengano spese per l’acquisto di beni primari, come alimenti, pannolini e prodotti per la prima infanzia. A livello amministrativo, l’INPS si occupa di verificare la regolarità dell’ISEE e l’effettivo diritto a ricevere il sostegno, in modo analogo ad altre prestazioni a carattere familiare. La novità, infine, si inserisce in un quadro di interventi più ampio a supporto delle famiglie con figli, integrando altre misure come assegni familiari, assegno unico e aiuti per le spese scolastiche.

Esclusione del computo dell’assegno unico e universale per il bonus asili nido

Per facilitare l’accesso al bonus asilo nido e a forme di supporto domiciliare rivolte a bambini con patologie croniche gravi, la legge di bilancio 2025 stabilisce che le somme ricevute a titolo di assegno unico e universale non rientrino nel calcolo dell’ISEE. Questo provvedimento vuole evitare che chi percepisce l’assegno unico si veda penalizzato nell’accesso ad altre agevolazioni destinate ai figli piccoli.

La decisione di scorporare tali somme dalla dichiarazione ISEE mira ad ampliare la platea di beneficiari delle agevolazioni relative all’infanzia, assicurando una miglior coerenza tra le diverse forme di sostegno familiare. A partire dal 2025, inoltre, la legge incrementa di 5 milioni di euro annui lo stanziamento per queste misure, così da coprire l’eventuale aumento delle domande.

Il bonus asilo nido, ricordiamo, è un contributo finalizzato a coprire in tutto o in parte le spese di retta dei nidi pubblici e privati autorizzati, o le forme di assistenza domiciliare per i bambini affetti da gravi patologie che non possono frequentare l’asilo. L’importo dell’agevolazione varia in base all’ISEE e si articola su più fasce, con un tetto massimo annuale.

Rimuovere l’assegno unico dal calcolo dell’indicatore di situazione economica equivale, in pratica, a incrementare la probabilità di ottenere quote più alte di rimborso per la retta dell’asilo o per i servizi domiciliari. Tale scelta appare orientata a coordinare e rendere più efficaci gli interventi a favore della genitorialità, sostenendo in particolare i nuclei con redditi medio-bassi che affrontano i costi legati alla cura e all’educazione dei figli in tenera età.

Misure per il supporto al pagamento di rette di asili nido

Sempre in tema di interventi a favore delle famiglie con figli piccoli, la legge di bilancio 2025 amplia la platea di coloro che possono beneficiare di agevolazioni per il pagamento delle rette degli asili nido, eliminando la condizione secondo cui nel nucleo familiare doveva essere presente almeno un figlio di età inferiore ai 10 anni (ai fini di alcune maggiorazioni). Con questa rimozione, il legislatore intende uniformare e semplificare i criteri di accesso, riducendo discriminazioni e possibili sovrapposizioni.

Parallelamente, vengono incrementate le risorse già stanziate per questo tipo di sostegno: 97 milioni di euro per il 2025, 131 milioni per il 2026, 194 milioni per il 2027, 197 milioni per il 2028 e 200 milioni annui a decorrere dal 2029. L’obiettivo dichiarato è quello di rendere i servizi per la prima infanzia più accessibili e di contribuire alla conciliazione tra vita lavorativa e familiare, fornendo un sostegno concreto alle famiglie nel fronteggiare le spese di cura dei più piccoli.

Nella prassi, il beneficio viene erogato attraverso l’INPS o altri canali regionali, in base alle fasce di reddito ISEE. Più l’indicatore è basso, più alto è il contributo pubblico. L’eliminazione del requisito prima citato permette a una fascia più ampia di famiglie di candidarsi alla misura, con particolare vantaggio per i nuclei in difficoltà che avevano figli in età pre-scolare ma superavano di poco i precedenti parametri.

L’aumento dei fondi intende anche rispondere alle necessità di costruire nuove strutture o potenziare l’offerta formativa, in linea con gli obiettivi di incremento dei posti disponibili negli asili nido. Complessivamente, tali modifiche si inseriscono in un disegno di rafforzamento del welfare infantile, volto a favorire la natalità, l’inclusione sociale e la parità di genere nel mercato del lavoro.

Istituzione del Fondo per il sostegno alle attività educative formali e non formali

Per contrastare la povertà educativa e favorire l’inclusione di bambini e adolescenti, la legge di bilancio 2025 istituisce un Fondo dedicato al sostegno di attività educative e ricreative, sia formali sia non formali. Il Fondo, collocato presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, avrà una dotazione di 3 milioni di euro per il 2025, 3,5 milioni per il 2026 e 4 milioni di euro a partire dal 2027.

Le iniziative finanziabili includono progetti rivolti a bambine, bambini e ragazzi che mirino a ridurre l’esclusione sociale e a migliorare la partecipazione dei giovani ai processi decisionali. Ciò può comprendere campi estivi, laboratori, attività sportive o artistiche, percorsi di mentorship e forme di aggregazione giovanile, tenendo conto delle linee guida in materia di partecipazione attiva delle nuove generazioni.

La normativa consente di destinare le risorse su tutto il territorio nazionale, cercando di coprire in particolare le zone o i quartieri con maggiore incidenza di disagio economico. I criteri di riparto e le modalità di selezione dei progetti vengono demandati a specifici decreti attuativi, che coinvolgeranno, oltre al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, anche il Ministero dell’Istruzione e del Merito, al fine di assicurare una visione integrata tra scuola e comunità.

L’obiettivo dichiarato è di rendere le attività educative un volano di crescita culturale e di empowerment personale, aiutando chi proviene da contesti familiari più svantaggiati a sviluppare competenze trasversali. In parallelo, si mira a creare occasioni di volontariato e di responsabilizzazione civica per i ragazzi, rafforzando i legami sociali e la conoscenza del territorio. Questa misura si affianca agli stanziamenti per il sistema duale e alle altre iniziative rivolte ai minori, formando un mosaico di interventi che punta a ridurre la dispersione scolastica e il rischio di marginalizzazione.

Congedi parentali

La legge di bilancio 2025 apporta un incremento strutturale all’indennità di congedo parentale, portando l’aliquota dal 60% all’80% della retribuzione per un periodo complessivo di 3 mesi da fruire entro il sesto anno di vita del bambino. Nello specifico, chi ha terminato il congedo di maternità o paternità a partire dal 1° gennaio 2024 può già godere, dal 2025, dell’indennità elevata all’80% per il secondo mese, mentre per i genitori che terminano tale congedo dal 1° gennaio 2025 la misura si estende a un ulteriore mese, sempre entro il sesto anno.

La riforma cerca di promuovere un maggiore coinvolgimento dei padri e di sostenere le madri lavoratrici, facilitando la gestione dei primi anni di vita del bambino. Un’indennità più alta infatti riduce lo svantaggio economico connesso all’assenza dal lavoro, incoraggiando una più equa condivisione degli impegni familiari.

Il congedo parentale retribuito viene considerato fondamentale per la conciliazione fra vita professionale e vita privata, con ricadute positive sul benessere dei figli e sull’occupabilità di chi sceglie di avere figli. Si mantiene, inoltre, il tetto massimo di fruibilità, compreso nella cornice normativa generale, affinché la misura resti sostenibile per i conti dello Stato.

Lo Stato punta anche a migliorare il tasso di occupazione femminile, che spesso risente delle difficoltà di gestione dei carichi familiari. Garantire un congedo adeguatamente retribuito durante i primi anni di vita di un bambino può fornire un’importante leva di rafforzamento del ruolo delle donne nel mercato del lavoro, nonché di promozione di una cultura di genitorialità condivisa. Questa novità si unisce alle altre misure a sostegno delle famiglie, come il potenziamento dei bonus asili nido e l’ampliamento delle detrazioni per i figli.

 

TABELLA 5 – Schema riassuntivo dell’indennità di congedo parentale

Decorrenza / Condizione Aliquota indennità Mesi indennizzabili Limite temporale
Congedo di maternità/paternità chiuso entro il 31 dicembre 2023 (normativa previgente) ~ 60% della retribuzione 3 mesi complessivi Entro il 6º anno di vita del bambino
Congedo di maternità/paternità terminato dal 1º gennaio 2024 al 31 dicembre 2024 80% per 1 dei mesi (invece che 60%) <br/> 60% per gli altri mesi 3 mesi totali (1 mese all’80% + 2 mesi al 60%) Sempre entro il 6º anno
Congedo di maternità/paternità terminato dal 1º gennaio 2025 in poi 80% per 2 mesi + 80% per 1 mese aggiuntivo (quindi 80% per 3 mesi) 3 mesi totali (2 + 1 mese aggiuntivo) Entro il 6º anno di vita del bambino

Nota: Il diritto si applica sia alle madri sia ai padri, con meccanismi di alternanza o cumulo secondo la disciplina vigente.

 

Decontribuzione per le lavoratrici con figli

Dal 2025, la legge rende strutturale l’esonero parziale dai contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri con due o più figli, in modo da ridurre la quota di IVS (invalidità, vecchiaia e superstiti) da versare. L’agevolazione interessa sia le lavoratrici dipendenti sia quelle autonome che producono redditi d’impresa in contabilità ordinaria o semplificata, purché non abbiano optato per il regime forfettario.

Il beneficio vale fino al compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo, mentre, a decorrere dal 2027, l’esonero si estenderà fino al diciottesimo anno di età del figlio più piccolo, ma solo per le madri di tre o più figli. Restano esclusi i rapporti di lavoro domestico. L’applicazione dell’esonero è subordinata al fatto che la retribuzione annua imponibile non superi i 40.000 euro.

Le finalità sono promuovere l’occupazione femminile e valorizzare il ruolo delle madri lavoratrici, spesso penalizzate per via delle esigenze familiari e del divario retributivo di genere. La legge di bilancio specifica inoltre che, se la lavoratrice ha già beneficiato di un esonero contributivo previsto dalla precedente legge di bilancio, per il 2025 e 2026 non potrà cumulare le due agevolazioni. In tal modo, si evita la sovrapposizione di aiuti che inciderebbe eccessivamente sulla spesa previdenziale.

Un apposito decreto ministeriale, emanato entro 30 giorni dall’entrata in vigore della manovra, dovrà definire nei dettagli la misura dell’esonero e le modalità operative per richiedere l’agevolazione. Lo scopo, a lungo termine, è incoraggiare le donne a rimanere o a rientrare nel mercato del lavoro dopo la maternità, garantendo un concreto sostegno al reddito familiare ed evitando che il carico di cura dei figli diventi un fattore di rinuncia all’occupazione.

Formazione delle donne vittime di violenza e rifinanziamento del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità

All’interno delle politiche mirate all’emancipazione femminile, la legge di bilancio 2025 potenzia il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, con un incremento di 3 milioni di euro annui a partire dal 2025. Tali risorse aggiuntive saranno dedicate in gran parte all’orientamento e alla formazione professionale delle donne vittime di violenza, favorendone così il reinserimento nel mercato del lavoro e l’indipendenza economica.

In parallelo, viene incrementato di 1 milione di euro annuo, sempre dal 2025, il Fondo per l’erogazione del reddito di libertà, la misura di sostegno destinata alle donne che intraprendono un percorso di uscita dalla violenza. L’obiettivo è di offrire loro un supporto economico immediato per le esigenze primarie e di avviare un programma di ricollocazione professionale in collaborazione con i centri antiviolenza e i servizi territoriali.

Inoltre, la legge stanzia ulteriori 500.000 euro per l’anno 2025 a favore di interventi educativi nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, focalizzati su salute sessuale e affettiva. Questa componente didattica e informativa punta a sensibilizzare le nuove generazioni su temi quali il rispetto reciproco, la prevenzione della violenza di genere e la gestione dei rapporti affettivi.

L’insieme di queste disposizioni risponde all’esigenza di promuovere la parità di genere e di affrontare il problema della violenza contro le donne non solo dal punto di vista dell’emergenza, ma anche delle prospettive future di vita. L’approccio formativo e di sostegno integrato, infatti, può incidere significativamente sulla capacità di una donna di rompere il circolo della violenza, accedendo a opportunità lavorative e a un reddito sufficiente a garantirle autonomia e sicurezza.

Contributi per enti, organismi e associazioni di promozione dei diritti delle persone con disabilità e misure in materia di cura e di assistenza del caregiver familiare

La legge di bilancio 2025 istituisce un Fondo di 1,5 milioni di euro, a decorrere dal 2025, da destinare ad enti, organismi e associazioni impegnate nella promozione dei diritti delle persone con disabilità e nella facilitazione della loro piena inclusione sociale. Tali risorse sono allocate presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, poi trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che definisce i criteri per la loro assegnazione.

In quest’ottica, è previsto anche il potenziamento delle facoltà attribuite all’INPS di conferire incarichi professionali a medici e ad altre figure delle aree psicologiche e sociali, al fine di migliorare i processi di valutazione e riconoscimento della disabilità. Questa misura è finanziata con 16 milioni di euro per il 2025, in modo da accelerare le procedure e offrire risposte più tempestive a chi necessita di certificazioni e benefici connessi alla condizione di disabilità.

In tema di caregiving, la manovra interviene sulle risorse del “Fondo per il riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale”, prevedendo che possano essere utilizzate per le medesime finalità previste dal Fondo per le non autosufficienze. Si pone così un’attenzione particolare alla tutela delle persone in stato di non autosufficienza e dei loro familiari che se ne prendono cura, garantendo l’implementazione dei livelli essenziali di assistenza e una maggiore uniformità territoriale.

Questi interventi nel complesso mirano a rafforzare la rete di sostegno alle persone con disabilità e a coloro che svolgono attività di cura, agevolando l’accesso alle prestazioni sociali e sanitarie necessarie. La prospettiva adottata è di tipo inclusivo, con l’obiettivo di favorire la partecipazione attiva alla vita sociale e contrastare discriminazioni o ritardi amministrativi nell’erogazione dei servizi.

Interventi in materia di premi di produttività

Per stimolare la contrattazione di secondo livello e favorire la partecipazione dei lavoratori agli utili d’impresa, la legge di bilancio 2025 proroga, per il triennio 2025-2027, la tassazione agevolata al 5% sulle somme erogate a titolo di premi di risultato o di partecipazione agli utili, fino a un massimo di 3.000 euro annui (elevabili a 4.000 euro se i lavoratori sono coinvolti pariteticamente nell’organizzazione del lavoro). Questa aliquota sostitutiva dell’IRPEF si applica ai dipendenti del settore privato che hanno percepito un reddito da lavoro dipendente non superiore a 80.000 euro nell’anno precedente.

Il provvedimento consolida la misura già prevista dalla precedente legge di bilancio per il 2024, estendendone l’applicazione per altri tre anni. L’intento è di incentivare la contrattazione integrativa e l’efficienza produttiva, premiando i risultati ottenuti sia a livello collettivo sia individuale. L’imposta sostitutiva del 5% risulta particolarmente vantaggiosa rispetto alla normale progressività IRPEF, rappresentando così un beneficio concreto per i lavoratori.

Dal lato delle imprese, l’agevolazione sul premio di produttività può contribuire a migliorare il clima aziendale e a rafforzare il legame tra retribuzione e performance. È importante che tali somme vengano erogate sulla base di criteri oggettivi e di piani di coinvolgimento concordati con le organizzazioni sindacali. In tal senso, la definizione di accordi di secondo livello (aziendali o territoriali) rappresenta la condizione necessaria per godere dell’aliquota ridotta.

La conferma dell’agevolazione si inserisce in un più ampio quadro di interventi finalizzati a promuovere la partecipazione dei lavoratori alle sorti dell’impresa, considerata uno strumento chiave per aumentare la produttività e rafforzare la competitività del sistema economico.

Misure fiscali in materia di welfare aziendale

La manovra 2025 introduce importanti novità in tema di welfare aziendale, prevedendo che le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento di canoni di locazione e spese connesse ai fabbricati locati dai dipendenti (assunti a tempo indeterminato dal 1° gennaio al 31 dicembre 2025) non concorrano, per i primi due anni, a formare il reddito imponibile entro il limite di 5.000 euro annui.

Inoltre, per i periodi d’imposta 2025-2027, non rientrano nella base imponibile di lavoro dipendente anche i beni ceduti o servizi prestati fino a un massimo di 1.000 euro annui (che sale a 2.000 euro per i dipendenti con figli fiscalmente a carico). Rientrano in questa fattispecie le somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche (acqua, luce, gas), canoni di locazione dell’abitazione principale e interessi sul mutuo della stessa.

L’obiettivo è incentivare le imprese a offrire forme di sostegno concreto ai lavoratori, con particolare attenzione alle spese legate all’abitazione, in un periodo storico in cui il costo della vita e dell’energia si presenta in crescita. Tali agevolazioni possono contribuire a ridurre il cuneo fiscale e, al contempo, a incentivare l’adozione di piani di welfare aziendale personalizzati.

La norma precisa che queste forme di rimborso, per essere considerate esenti, devono essere previste da contratti aziendali o territoriali stipulati con le rappresentanze sindacali, in modo da garantire trasparenza e uniformità di trattamento fra i lavoratori. L’agevolazione si pone in continuità con altri interventi a favore del welfare in azienda e ribadisce la strategia di perseguire obiettivi di inclusione sociale e di sostegno ai redditi attraverso meccanismi di defiscalizzazione, in cui il datore di lavoro diventa attore attivo delle politiche sociali.

Fondo per incentivare i programmi di screening e prevenzione di malattie cardiovascolari e oncologiche organizzati dai datori di lavoro

La legge di bilancio 2025 prevede l’istituzione di un Fondo, con una dotazione di 500.000 euro all’anno a partire dal 2026, finalizzato a supportare i programmi di screening e prevenzione di malattie cardiovascolari e oncologiche promossi dalle imprese. Il Fondo è collocato presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e intende incentivare anche campagne di informazione, formazione e l’acquisto di defibrillatori semiautomatici.

I datori di lavoro che organizzano iniziative rivolte ai propri dipendenti, volte a promuovere stili di vita sani e a potenziare i controlli periodici, potranno accedere alle risorse in base a criteri e modalità di ripartizione definiti da un successivo decreto ministeriale. Tali progetti potranno includere check-up medici specialistici, test di screening precoci, sessioni di sensibilizzazione su fattori di rischio e orientamento a corretti comportamenti alimentari.

L’intento del legislatore è duplice: da un lato, si cerca di favorire la tutela della salute sul posto di lavoro, promuovendo un approccio preventivo e non soltanto di cura ex post; dall’altro, si punta a coinvolgere le imprese in un ruolo più attivo nella salvaguardia del benessere dei dipendenti, valorizzando la responsabilità sociale d’impresa.

Dal punto di vista operativo, la partecipazione delle aziende può avvenire individualmente o in forma associata, anche in collaborazione con i servizi sanitari territoriali o con organizzazioni non profit specializzate nella lotta alle malattie croniche. Il finanziamento concesso dal Fondo potrà coprire sia costi diretti (acquisto di dispositivi medici) sia costi organizzativi e formativi. Questa iniziativa, pur avendo un impatto finanziario limitato, costituisce un passo verso l’integrazione tra politiche del lavoro e politiche sanitarie, in un’ottica di prevenzione che trova sempre maggior riconoscimento come strategia di riduzione dei costi sanitari a lungo termine.

Detassazione del lavoro notturno e straordinario nei giorni festivi per i dipendenti di strutture turistico-alberghiere

In risposta alla carenza di manodopera che ha toccato il comparto turistico, ricettivo e termale, la legge di bilancio 2025 introduce un trattamento integrativo speciale, pari al 15% delle retribuzioni lorde corrisposte per le ore di lavoro notturno o straordinario effettuate nei giorni festivi. Questo incremento non concorre a formare il reddito imponibile e si applica dal 1° gennaio al 30 settembre 2025.

La disposizione si rivolge ai dipendenti di aziende del settore privato titolari di un reddito da lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro nell’anno d’imposta 2024. L’intento è duplice: da un lato, sostenere la competitività del settore turistico, che risulta particolarmente esposto alle stagionalità e alle esigenze di flessibilità oraria; dall’altro, incentivare i lavoratori a coprire turni considerati meno agevoli, come quelli festivi o notturni.

In pratica, il datore di lavoro calcola un 15% aggiuntivo sulla retribuzione lorda oraria corrisposta per il turno notturno o festivo. Tale somma, essendo esclusa dalla base imponibile IRPEF, determina un beneficio diretto e immediato in busta paga. Si prevede che la misura possa influenzare positivamente le dinamiche contrattuali, favorendo la disponibilità a lavorare in orari tipici del settore alberghiero e della ristorazione.

Questa incentivazione temporanea vuole anche fronteggiare la difficoltà di reperire personale qualificato, in particolare nelle località ad alto flusso turistico, dove la domanda di servizi spesso supera l’offerta di lavoratori disposti a operare nei periodi di picco. Al contempo, si mantiene un tetto di reddito che concentra l’agevolazione sui lavoratori con retribuzioni medio-basse, evitando di estenderla a categorie dirigenziali o manageriali che non ne avrebbero un reale bisogno.

Proroga della maggiorazione del costo ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni

Il legislatore ha prorogato la cosiddetta “maxi-deduzione” sul costo del lavoro, introdotta dal decreto legislativo n. 216/2023. Si tratta di un’agevolazione che consente alle imprese di dedurre in misura più elevata il costo relativo a nuovi assunti, allo scopo di incentivare la creazione di posti di lavoro.

In particolare, per determinare gli acconti delle imposte sui redditi dei periodi d’imposta successivi al 2025, le imprese non devono tener conto della deduzione aggiuntiva spettante in virtù di questa misura. Allo stesso modo, la disposizione si applica nel calcolo degli acconti dei due anni successivi, rendendo la misura effettiva soltanto in sede di versamento del saldo annuale.

La ratio della proroga è di consentire alle aziende una pianificazione di medio termine, sapendo che la maxi-deduzione continuerà a essere disponibile almeno per un ulteriore triennio rispetto alle precedenti scadenze. Nel contempo, si introducono meccanismi di salvaguardia per evitare che un uso anticipato di tale deduzione possa generare significativi scostamenti di gettito in corso d’anno.

Dal punto di vista operativo, le imprese che effettuano nuove assunzioni con contratti a tempo indeterminato o che trasformano contratti a termine in contratti stabili potranno avvalersi di questo beneficio in dichiarazione dei redditi, contribuendo a ridurre la base imponibile. La misura è stata pensata in continuità con la politica di riduzione del cuneo fiscale, promossa anche attraverso altri interventi legislativi.

Questo meccanismo di deduzione aggiuntiva si inserisce in un quadro più ampio di incentivi alla stabilizzazione del personale, soprattutto in quei contesti produttivi dove si rende necessario un ricambio generazionale o un potenziamento dell’organico per innovare processi e rafforzare la competitività dell’azienda.

Limiti temporale applicazione Decontribuzione Sud e tetti di spesa per Bonus Giovani, donne e ZES

A seguito della decisione della Commissione europea C(2024) 4512 final, la legge di bilancio 2025 modifica le scadenze e i limiti di spesa per alcune agevolazioni contributive finalizzate allo sviluppo dell’occupazione nelle aree svantaggiate. In particolare, la Decontribuzione Sud, che prevede un parziale esonero dei contributi dovuti dai datori di lavoro privati, trova applicazione solo fino al 31 dicembre 2024 per i contratti sottoscritti entro il 30 giugno 2024.

Inoltre, si interviene con incrementi dei tetti di spesa relativi a vari bonus: per il Bonus Giovani, l’aumento è di 0,7 milioni di euro per il 2024, 16,3 milioni per il 2025, 15,9 milioni per il 2026 e 5,6 milioni per il 2027; per il Bonus Donne, di 0,4 milioni di euro per il 2024, 14,4 milioni per il 2025, 17,5 milioni per il 2026 e 9,1 milioni per il 2027; per il Bonus ZES (Zone Economiche Speciali), di 2,1 milioni di euro per il 2024, 68,9 milioni per il 2025, 73,5 milioni per il 2026 e 28,7 milioni per il 2027.

Tali incrementi mirano a garantire la copertura finanziaria necessaria a sostenere la platea di datori di lavoro che richiederanno queste agevolazioni, in linea con l’obiettivo di rilanciare l’occupazione, soprattutto giovanile e femminile, nelle regioni del Mezzogiorno.

Il raccordo con le disposizioni europee è essenziale: le modifiche introdotte assicurano la compatibilità degli incentivi con il quadro degli aiuti di Stato e con le regole sulla concorrenza interna al mercato unico. L’intento è di evitare contenziosi o procedure d’infrazione, garantendo al contempo che le imprese possano fruire di un sostegno alla creazione di posti di lavoro in contesti territoriali caratterizzati da elevati tassi di disoccupazione e condizioni socioeconomiche svantaggiate.

Esonero contributivo Sud per microimprese e PMI

Con l’obiettivo di mantenere i livelli occupazionali nel Mezzogiorno, la legge di bilancio 2025 introduce un nuovo esonero dal versamento dei contributi previdenziali (esclusi i premi INAIL) per le microimprese e le PMI operanti nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna. L’esonero è concesso ai datori di lavoro privati che abbiano alle dipendenze non più di 250 lavoratori a tempo indeterminato alla data del 31 dicembre 2024.

Il beneficio si colloca nei limiti del regolamento UE sugli aiuti “de minimis” e prevede una riduzione modulata: per il 2025, l’aliquota si riduce del 25%, con un tetto massimo di 145 euro mensili per 12 mensilità, per ciascun lavoratore a tempo indeterminato già assunto entro la fine del 2024. Non è cumulabile con altre misure analoghe, come il Bonus Giovani, il Bonus Donne o l’esonero per le ZES, per evitare la sovrapposizione di incentivi.

Lo scopo di questa agevolazione è duplice: sostenere la competitività delle imprese di piccola e media dimensione, che costituiscono una quota rilevante del tessuto produttivo meridionale, e impedire che l’aumento dei costi di produzione possa innescare licenziamenti o cessazioni dell’attività. Si tratta di una strategia che mira a consolidare l’occupazione, fornendo ossigeno finanziario ai datori di lavoro in un contesto economico ancora in ripresa.

Sul piano operativo, le aziende interessate dovranno presentare apposita domanda all’INPS e rispettare i requisiti previsti dalla normativa europea in materia di trasparenza e cumulabilità. Il decreto attuativo del Ministero del Lavoro, di concerto con il MEF, stabilirà procedure e tempistiche, assicurando la necessaria verifica delle condizioni soggettive e oggettive per la fruizione del beneficio.

Esonero contributivo Sud per datori di lavoro privati che non rientrano nella nozione di microimpresa, piccola e media impresa

Parallelamente all’esonero previsto per microimprese e PMI, la legge di bilancio 2025 introduce un meccanismo analogo rivolto ai datori di lavoro con più di 250 dipendenti a tempo indeterminato, operanti nelle stesse regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna).

L’esonero consiste in una riduzione dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, esclusi i premi INAIL, ma a differenza della misura per le PMI, si collega a un requisito di incremento occupazionale. Infatti, il legislatore stabilisce che, per usufruire dell’esonero, l’azienda debba dimostrare, entro il 31 dicembre di ogni anno, un aumento dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato rispetto all’anno precedente.

Questa condizione mira a garantire che il beneficio venga riconosciuto solo in presenza di un reale ampliamento della base occupazionale, evitando situazioni di mero “turn over” o di riorganizzazione interna. La durata, l’entità e le modalità di calcolo dell’esonero saranno soggette all’autorizzazione della Commissione europea, affinché l’agevolazione risulti in linea con il diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato.

Lo scopo primario è stimolare gli investimenti produttivi e l’allargamento degli organici nelle grandi aziende che operano nel Sud Italia, generando effetti positivi sul tasso di disoccupazione e sull’indotto locale. In tal senso, la normativa si inserisce in un più ampio quadro di politiche attive e di sviluppo territoriale, con particolare attenzione all’obiettivo di ridurre i divari regionali.

Poiché l’efficacia dell’esonero è subordinata all’ok comunitario, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali dovrà predisporre gli atti necessari, coordinandosi con il MEF. Solo dopo tale passaggio, le imprese potranno iniziare a richiedere l’applicazione dello sgravio contributivo sui nuovi rapporti di lavoro attivati in conformità ai requisiti stabiliti.

Incremento Fondo sviluppo e coesione Programmazione 2021-2027

Per rafforzare gli investimenti pubblici nelle aree meno sviluppate, la legge di bilancio 2025 incrementa la dotazione del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) per la programmazione 2021-2027. Le risorse aggiuntive ammontano a 28 milioni di euro nel 2026, a 1.748 milioni di euro nel 2027 e a 310 milioni di euro nel 2028.

Il FSC costituisce il principale strumento finanziario nazionale a sostegno della coesione territoriale, finalizzato a ridurre i divari infrastrutturali, economici e sociali fra le diverse regioni, in particolare a vantaggio del Mezzogiorno. Grazie a questo potenziamento, le amministrazioni centrali e regionali potranno contare su ulteriori risorse per finanziare progetti strategici, come reti di trasporto e logistica, infrastrutture digitali, bonifiche ambientali e programmi di ricerca e innovazione.

Dal punto di vista attuativo, le quote aggiuntive saranno allocate in base ai criteri di riparto stabiliti dal CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica), in accordo con i piani operativi elaborati dalle singole Regioni. Il ricorso al FSC spesso si intreccia con il cofinanziamento dei fondi strutturali dell’Unione europea, in un’ottica di massimizzazione dell’impatto e di coordinamento delle risorse disponibili.

L’obiettivo è stimolare la crescita sostenibile dei territori più fragili, favorendo la creazione di nuove opportunità occupazionali e migliorando la qualità dei servizi essenziali. Il legislatore mira anche a mantenere un collegamento strategico con le linee di intervento del PNRR, in modo da evitare dispersioni di spesa e sovrapposizioni progettuali.

Nel contesto generale delle politiche di coesione, l’aumento del Fondo Sviluppo e Coesione risulta cruciale per garantire la continuità degli interventi dopo il ciclo di programmazione europea corrente, assicurando la possibilità di completare iniziative in corso e di avviarne di nuove che si estendano anche oltre il 2027.

Riduzione aliquota IRES

Nella prospettiva di stimolare gli investimenti e la competitività del tessuto imprenditoriale italiano, la legge di bilancio 2025 introduce una riduzione dell’aliquota IRES dal 24% al 20% per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024, a condizione che siano rispettate determinate condizioni.

Per godere dello sconto d’imposta, le imprese devono destinare una quota significativa degli utili a investimenti produttivi o a interventi di formazione e innovazione tecnologica, in linea con obiettivi di sviluppo sostenibile e digitale. Gli specifici requisiti saranno dettagliati da un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in modo da verificare la corretta applicazione del beneficio.

La misura punta a rendere fiscalmente più attrattivo reinvestire gli utili nel rafforzamento dell’azienda, piuttosto che distribuirli ai soci. In tal modo, si creano incentivi per migliorare la capacità competitiva e la solidità patrimoniale delle società, soprattutto in un’epoca di trasformazioni economiche accelerate dalla digitalizzazione e dalla necessità di transizione ecologica.

Sul piano operativo, le società soggette all’IRES dovranno tenere un’evidenza specifica, in bilancio, degli utili destinati a tali finalità, così da consentire i controlli in sede di dichiarazione. Se emergessero irregolarità o i progetti non venissero realizzati secondo quanto dichiarato, l’Agenzia delle Entrate potrebbe procedere a recuperare la differenza d’imposta.

La riduzione dell’aliquota, limitata nel tempo e vincolata a scopi d’investimento, rappresenta un cambiamento di rotta rispetto alle politiche di mera riduzione lineare della tassazione, cercando invece di orientare le risorse private verso scopi strategici per l’economia nazionale. Rimane da verificare, nei prossimi anni, l’effettiva efficacia di questa leva fiscale nella generazione di nuovi progetti e nella crescita sostenibile del tessuto industriale.

Fondo di garanzia PMI

La legge di bilancio 2025 proroga al 31 dicembre 2025 le modalità operative del Fondo di Garanzia per le PMI introdotte dal decreto legge n. 145/2023 (detto DL Anticipi), che sarebbero scadute a fine 2024. Tali modalità mirano a facilitare l’accesso al credito per le piccole e medie imprese, consentendo loro di ottenere garanzie statali su finanziamenti bancari a tassi più convenienti.

In aggiunta, il legislatore estende la possibilità di ricorrere al Fondo anche per gli Enti del Terzo Settore iscritti al RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) e al Registro delle Imprese, purché i finanziamenti non superino 60.000 euro. Si tratta di un’apertura significativa verso organizzazioni non profit, spesso impegnate in progetti sociali o di utilità collettiva, ma che talvolta incontrano difficoltà nel reperire risorse finanziarie.

La proroga assicura continuità in un periodo ancora segnato dagli effetti post-pandemici e dalle turbolenze internazionali, permettendo alle imprese e agli enti non profit di portare avanti investimenti e ristrutturazioni. Il meccanismo del Fondo di Garanzia prevede una valutazione più agevole del merito creditizio e una copertura fino a una determinata percentuale del prestito, riducendo il rischio per l’istituto bancario.

Le imprese interessate, così come gli ETS, potranno presentare domanda presso le banche aderenti, che successivamente inoltreranno la richiesta di garanzia al soggetto gestore del Fondo. Se la pratica viene approvata, il finanziatore potrà applicare condizioni più vantaggiose in virtù della garanzia pubblica. L’obiettivo è sostenere la liquidità e gli investimenti, contribuendo alla ripresa economica e alla stabilità del tessuto imprenditoriale.

Disposizioni in materia portuale

Nell’ambito delle misure volte a fronteggiare l’impatto del conflitto in Ucraina e delle tensioni in Medio Oriente, la legge di bilancio 2025 consente alle Autorità di sistema portuale di erogare, per il biennio 2024-2025, risorse in favore dei soggetti autorizzati al lavoro portuale e delle imprese che svolgono operazioni di carico, scarico e servizi connessi. Ciascuna Autorità potrà stanziare fino a 2 milioni di euro all’anno.

Il provvedimento nasce dalla constatazione che la riduzione dei traffici marittimi, causata dalle crisi internazionali, possa incidere significativamente sull’occupazione e sulla redditività dei lavoratori portuali. Pertanto, le somme stanziate sono finalizzate a sostenere l’operatività dei porti, l’impiego dei lavoratori e l’efficienza dei servizi in un contesto di incertezza economica.

La norma estende anche la possibilità di supportare le attività comprese nel ciclo operativo del porto, come le movimentazioni interne e la logistica. Le Autorità di sistema portuale, in accordo con le imprese, dovranno definire piani di sostegno trasparenti e vincolati al mantenimento dei livelli occupazionali. È prevista una rendicontazione puntuale degli interventi realizzati, onde evitare abusi e garantire la finalità sociale delle risorse.

Contestualmente, il legislatore si riserva di monitorare l’effetto degli aiuti e, se necessario, di rimodularne l’entità o la durata. Gli aiuti disposti devono comunque risultare coerenti con la normativa europea in materia di concorrenza e aiuti di Stato, per evitare possibili contestazioni a livello comunitario. L’auspicio è che questo sostegno temporaneo ai porti serva a traghettare il settore marittimo-portuale verso una fase di ripresa economica, potenziando la competitività di uno dei principali snodi del commercio internazionale dell’Italia.

Fondo ai fini dell’attuazione di disposizioni, anche di carattere fiscale, in materia di partecipazione dei lavoratori al capitale, alla gestione e ai risultati di impresa

La legge di bilancio 2025 istituisce, presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, un Fondo dedicato a promuovere la partecipazione dei lavoratori al capitale e alla gestione dell’azienda. La dotazione è di 70 milioni di euro per il 2025 e di 2 milioni di euro per il 2026, finalizzata a finanziare future norme che possano introdurre agevolazioni fiscali o misure di sostegno a modelli di azionariato diffuso.

L’idea di fondo è di incoraggiare le imprese a coinvolgere maggiormente i dipendenti nelle scelte strategiche e nella proprietà, rafforzando il senso di appartenenza e il legame con i risultati aziendali. In molti Paesi, la partecipazione dei lavoratori attraverso piani di azionariato o di governance condivisa è considerata uno strumento per migliorare la produttività e la stabilità occupazionale, oltre a favorire la distribuzione del valore generato.

Le risorse del Fondo potranno essere utilizzate per coprire il minor gettito derivante da eventuali incentivi fiscali sulle quote di partecipazione dei lavoratori, per finanziare iniziative di formazione e consulenza sui modelli di partecipazione, oppure per la costituzione di piattaforme collaborative che facilitino l’adesione dei dipendenti a piani azionari.

Al momento, la legge di bilancio non definisce in maniera dettagliata le forme di partecipazione o il livello di contributo statale, demandando a successivi provvedimenti la concretizzazione degli interventi. Tuttavia, la creazione del Fondo rappresenta un segnale politico in direzione di una più ampia democratizzazione dell’impresa e di un rafforzamento della coesione tra capitale e lavoro. Resta da vedere se e in che modo questa strategia verrà implementata, tenuto conto della necessità di coordinarsi con il diritto societario, con le regole fiscali e con le eventuali indicazioni provenienti dalla Commissione europea.

Detassazione delle mance percepite dal personale impiegato nel settore ricettivo e di somministrazione di alimenti e bevande per le relative prestazioni di lavoro

La manovra 2025 modifica il regime fiscale delle mance percepite dal personale del settore ricettivo e della ristorazione, innalzando la soglia di detassazione al 30% del reddito da lavoro dipendente (precedentemente fissata al 25%), sempre che i lavoratori non superino 75.000 euro di reddito nell’anno precedente. Ciò significa che le mance corrisposte dai clienti, entro il limite stabilito, non saranno soggette all’imposizione ordinaria e verranno tassate in modo agevolato.

L’intervento risponde a una duplice finalità: da un lato, riconosce la specificità del settore turistico-ricettivo, dove le mance rappresentano spesso una componente importante del reddito dei lavoratori; dall’altro, semplifica gli adempimenti fiscali, evitando di gravare eccessivamente su tali somme. Il legislatore chiarisce che, per beneficiare di questa disciplina, il lavoratore deve presentare un’apposita dichiarazione di accettazione del regime agevolato, pena la tassazione ordinaria.

La legge disciplina inoltre le modalità di tracciabilità delle mance per evitare abusi o dichiarazioni fittizie. Si raccomanda ai datori di lavoro di annotare gli importi percepiti e, se previsto, di trattenerli temporaneamente in busta paga, in modo che il calcolo dell’imposta sostitutiva sia trasparente e verificabile. Tale misura, compatibile con le linee di semplificazione del sistema fiscale, punta a favorire l’emersione di compensi che altrimenti rischierebbero di rimanere nell’area del lavoro sommerso.

Per i lavoratori che percepiscono mance cospicue, oltre la soglia del 30% del reddito, oppure che superano il limite di reddito complessivo di 75.000 euro, le somme in eccesso sono tassate con le regole ordinarie. In questo modo, la detassazione selettiva si concentra sui lavoratori di fascia reddituale media o medio-bassa, coerentemente con lo scopo di sostegno al turismo e ai servizi di ristorazione.

Sostegno al settore dello spettacolo dal vivo

La legge di bilancio 2025 prevede specifici interventi a supporto del settore lirico-sinfonico e, più in generale, dello spettacolo dal vivo. In primo luogo, viene stabilito che una quota di 8 milioni di euro del Fondo nazionale per lo spettacolo dal vivo sia destinata, a partire dal 2025, alle fondazioni lirico-sinfoniche per far fronte agli oneri derivanti dal rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro.

In aggiunta, il Fondo viene ulteriormente incrementato di 500mila euro per il 2025 e di 1 milione di euro annui per il 2026 e 2027, al fine di sostenere l’intero comparto dello spettacolo dal vivo. Tali risorse potranno essere ripartite tra teatri, compagnie di prosa, orchestre e associazioni culturali che organizzano attività artistiche.

La legge interviene anche sull’indennità di discontinuità introdotta con il d.lgs. 175/2023 per i lavoratori dello spettacolo, precisando alcuni aspetti attuativi volti a migliorare l’accesso a questa forma di sostegno, che riconosce le peculiarità di un settore in cui i rapporti di lavoro sono spesso intermittenti o stagionali. L’obiettivo è offrire una copertura economica nei periodi di inattività forzata, favorendo al contempo l’emersione di rapporti di lavoro regolari.

Complessivamente, questi interventi mirano a garantire la sopravvivenza e la valorizzazione di un settore che rappresenta un’eccellenza italiana, sia in termini culturali sia economici. Il rilancio del settore lirico-sinfonico, in particolare, è considerato fondamentale per preservare un patrimonio artistico che attira turisti e talenti da tutto il mondo. Inoltre, si spera di rafforzare l’occupazione e la qualità delle produzioni, offrendo migliori condizioni di lavoro ai professionisti impegnati negli spettacoli dal vivo.

Istituzione Fondo per il contrasto del reclutamento illegale della manodopera straniera

A completamento del quadro di interventi in materia di lavoro, la legge di bilancio 2025 istituisce un Fondo, con una dotazione di 500mila euro per gli anni 2026 e 2027, finalizzato al contrasto del reclutamento illegale di manodopera straniera. Il Fondo è incardinato presso il Ministero dell’Interno e prevede l’accesso per gli Enti del Terzo Settore regolarmente iscritti e autorizzati come agenzie per il lavoro.

Lo scopo è offrire un’alternativa trasparente e regolarizzata al reclutamento di lavoratori stranieri, spesso sfruttati o impiegati illegalmente in settori come l’agricoltura, la ristorazione o il comparto domestico. Gli enti beneficiari potranno ricevere contributi per sviluppare piattaforme telematiche di incontro tra domanda e offerta di lavoro, favorendo l’emersione di contratti regolari e monitorati.

Il Ministero dell’Interno, di concerto con il Ministero del Lavoro e con il MEF, emanerà un decreto attuativo entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge, definendo i criteri di assegnazione e i requisiti per accedere al sostegno. Sarà posta particolare attenzione alle modalità di inserimento lavorativo e alla conformità con la legislazione in materia di immigrazione e permessi di soggiorno.

La finalità generale è ridurre il fenomeno del caporalato e delle agenzie illegali che reclutano lavoratori stranieri spesso in condizioni di vulnerabilità, aggravate dalla mancanza di documenti e dalla scarsa conoscenza dei propri diritti. Attraverso un sistema di incentivi, la legge intende promuovere percorsi di integrazione basati su contratti regolari e salari equi, minimizzando il rischio di sfruttamento. In prospettiva, questo Fondo potrebbe essere incrementato qualora si riveli efficace nel rispondere alle esigenze di un mercato del lavoro che, in alcuni settori, fa ampio ricorso alla manodopera straniera.

FAQ

  1. Quando entreranno effettivamente in vigore le modifiche all’IRPEF?

Le modifiche alla struttura IRPEF, con tre scaglioni e la nuova no tax area, si applicano dal periodo d’imposta 2025, pertanto i primi effetti si vedranno nelle buste paga dell’anno 2025 e nella dichiarazione dei redditi presentata nel 2026.

  1. Il cuneo fiscale ridotto riguarda tutti i lavoratori dipendenti?

No, la somma aggiuntiva non tassata si applica a chi ha un reddito da lavoro dipendente fino a 20.000 euro. Per le fasce di reddito superiori, è prevista una detrazione fissa di 1.000 euro, che si riduce gradualmente fino ad azzerarsi sopra i 40.000 euro.

  1. Come cambia il regime delle detrazioni per i figli a carico?

Viene mantenuta la detrazione solo per i figli tra 21 e 30 anni o con disabilità accertata. Inoltre, le detrazioni per altri familiari a carico sono limitate ai familiari conviventi, con esclusione per i non cittadini UE/SEE residenti all’estero.

  1. In cosa consistono le modifiche all’ADI e al SFL?

Aumentano i valori soglia ISEE e i massimali di reddito, insieme all’importo mensile del sostegno (per il SFL sale a 500 euro). Inoltre, è possibile prolungare di ulteriori 12 mesi l’erogazione in caso di partecipazione a un corso di formazione.

  1. Esiste un sostegno specifico per le famiglie con nuovi nati nel 2025?

Sì, è previsto un bonus una tantum di 1.000 euro per ogni figlio nato o adottato a partire dal 1° gennaio 2025, per nuclei con ISEE fino a 40.000 euro annui. L’importo è erogato nel mese successivo all’evento e non concorre alla formazione del reddito.

  1. Quali sono le principali misure a favore dei pensionati?

Tra le novità, si confermano gli incrementi transitori delle pensioni minime, si introducono maggiorazioni sociali di 8 euro mensili per i pensionati in difficoltà e si prevede un aumento dell’anticipo di età per l’accesso alla pensione di vecchiaia per le donne con quattro o più figli.

  1. Cosa cambia per chi lavora nel settore turistico-alberghiero?

Dal 1° gennaio al 30 settembre 2025, le ore di lavoro notturno o festivo sono interessate da un trattamento integrativo del 15% che non concorre alla formazione del reddito, a patto che il lavoratore non superi i 40.000 euro di reddito annuo.

 

  1. Come vengono agevolate le imprese del Sud Italia?

Vengono introdotti diversi regimi di esonero contributivo sia per microimprese/PMI sia per grandi aziende che incrementino i rapporti a tempo indeterminato, purché operanti in regioni svantaggiate. Inoltre, si amplia il Fondo Sviluppo e Coesione e si adeguano i tetti di spesa per Bonus Giovani, Bonus Donne e Bonus ZES.

  1. È prevista una riduzione dell’aliquota IRES?

Sì, per il periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2024, l’aliquota scende al 20% se l’impresa rispetta specifiche condizioni di reinvestimento degli utili in attività produttive, formazione e innovazione, in conformità a quanto sarà definito da un decreto ministeriale.

  1. Cosa succede nel caso delle mance nel settore della ristorazione?

Le mance percepite dai lavoratori del settore ricettivo e di somministrazione alimenti e bevande non concorrono all’imponibile fino al 30% del reddito complessivo, a condizione che non si superino 75.000 euro annui. Oltre tale limite, la tassazione segue le regole ordinarie.

La riforma fiscale introdotta nel 2024 ha portato significativi cambiamenti nel panorama normativo italiano, soprattutto in relazione alla determinazione della residenza fiscale delle società e degli enti. Con l’emanazione del Decreto Legislativo n. 209/2023, sono stati ridefiniti i criteri applicabili in materia fiscale, con l’obiettivo di armonizzare il sistema normativo italiano con le prassi internazionali e prevenire conflitti di residenza.

Questi cambiamenti si inseriscono nel quadro della Legge delega per la Riforma Fiscale (Legge n. 111/2023), che ha dato impulso a una revisione complessiva della fiscalità internazionale. La Circolare n. 20/2024 dell’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti operativi, garantendo uniformità di azione tra gli uffici fiscali e contribuendo a delineare un quadro applicativo più chiaro per le aziende.

La normativa precedente si basava su tre criteri distinti e alternativi per determinare la residenza fiscale di una società o ente: la sede legale, la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale. Questa tripartizione consentiva una certa flessibilità, ma non garantiva un’adeguata corrispondenza con la sostanza economica delle attività svolte.

Il D.Lgs. n. 209/2023 ha introdotto un cambiamento significativo, eliminando i riferimenti all’oggetto principale e alla sede dell’amministrazione. Al loro posto sono stati introdotti i concetti di “sede di direzione effettiva” e “gestione ordinaria in via principale”. Questi nuovi criteri mirano a garantire una maggiore coerenza tra la residenza fiscale dichiarata e la reale operatività delle entità.

I nuovi criteri per la determinazione della residenza fiscale

La riforma prevede tre criteri distinti, alternativi tra loro, per determinare la residenza fiscale:

Sede legale: la presenza della sede legale in Italia continua a rappresentare un criterio formale per stabilire la residenza fiscale.

Sede di direzione effettiva: introdotta come criterio sostanziale, si riferisce al luogo in cui vengono prese le decisioni strategiche fondamentali.

Gestione ordinaria in via principale: rappresenta il luogo in cui si svolge la gestione corrente e quotidiana dell’ente o della società.

Questi criteri devono essere soddisfatti per la maggior parte del periodo d’imposta affinché la società o l’ente venga considerato fiscalmente residente in Italia.

La sede di direzione effettiva rappresenta un elemento cardine della nuova normativa. Secondo l’articolo 73, comma 3 del TUIR, essa corrisponde al luogo in cui avviene la “continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso”.

L’obiettivo è di adottare un criterio sostanziale che rifletta la reale operatività della società, evitando situazioni di residenza “fittizia”. L’Agenzia delle Entrate, nella Circolare n. 20/2024, sottolinea come la prevalenza della sostanza sulla forma rappresenti un principio fondamentale per prevenire conflitti di residenza con altri Stati.

Le tecnologie digitali svolgono un ruolo cruciale nell’individuazione della sede di direzione effettiva, permettendo di distinguere tra il luogo in cui si svolgono le attività d’impresa e quello in cui vengono prese le decisioni strategiche.

Il criterio della gestione ordinaria in via principale è stato introdotto per ampliare le possibilità di collegamento tra la società e il territorio italiano. Questa nozione, disciplinata dall’articolo 73, comma 3 del TUIR, si riferisce al “continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso”.

Secondo i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate, tale criterio si riferisce al luogo in cui si svolgono le attività operative quotidiane. I fattori da considerare includono la struttura imprenditoriale, l’attività caratteristica e l’organizzazione aziendale complessiva. Questo approccio consente di identificare la residenza fiscale basandosi su parametri sostanziali, evitando discrepanze tra la localizzazione formale e quella operativa.

Anche per le società di persone, il D.Lgs. n. 209/2023 ha apportato modifiche significative, sostituendo i criteri precedenti con quelli della sede legale, della sede di direzione effettiva e della gestione ordinaria in via principale. Secondo l’articolo 5, comma 3 del TUIR, queste società sono considerate residenti in Italia se soddisfano almeno uno di tali criteri per la maggior parte del periodo d’imposta.

Questa ridefinizione garantisce un approccio coerente con quanto previsto per le società di capitali, favorendo una maggiore uniformità normativa.

La riforma fiscale deve essere coordinata con le disposizioni delle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia. In questo contesto, la nozione di “place of effective management” assume un ruolo centrale per risolvere eventuali conflitti di residenza.

Le convenzioni prevedono che, in caso di conflitto, la residenza sia attribuita allo Stato in cui si trova il luogo di direzione effettiva. Questo approccio si allinea con il principio della sostanza sulla forma, riducendo il rischio di controversie fiscali internazionali.

 

Lo studio Pallino Commercialisti offre assistenza personalizzata per supportare le aziende nell’adeguamento alle nuove disposizioni fiscali e nella gestione delle implicazioni pratiche. Il nostro team di esperti è a vostra disposizione per una consulenza dedicata.

FAQ

Che cosa si intende per sede di direzione effettiva?

La sede di direzione effettiva è il luogo in cui vengono prese le decisioni strategiche fondamentali per la società o l’ente nel suo complesso.

Qual è la differenza tra gestione ordinaria e gestione amministrativa?

La gestione ordinaria si riferisce alle attività operative quotidiane, mentre la gestione amministrativa riguarda aspetti più formali e burocratici.

Cosa succede in caso di conflitti di residenza con paesi esteri?

In caso di conflitti, si fa riferimento al “place of effective management” per risolvere la questione.

Con le ultime disposizioni, l’Agenzia delle Entrate ha introdotto nuove regole e procedure per l’assolvimento dell’imposta, semplificando il processo e migliorando l’efficienza grazie agli strumenti digitali.

L’imposta di bollo è applicabile alle fatture elettroniche che non prevedono IVA e che superano l’importo di €77,47. Ai sensi dell’Art. 6 del D.M. 17 giugno 2014, è obbligatorio riportare una specifica annotazione normativa per identificare il pagamento dell’imposta.

Per agevolare i contribuenti, l’Agenzia delle Entrate ha predisposto due elenchi specifici, disponibili nel portale “Fatture e Corrispettivi”:

  • Elenco A (non modificabile): include le fatture che già riportano l’assolvimento dell’imposta.
  • Elenco B (modificabile): contiene fatture per le quali l’imposta risulta dovuta ma non dichiarata.

Questi elenchi permettono ai contribuenti di verificare la correttezza dell’imposta e, se necessario, apportare modifiche entro termini stabiliti.

L’Agenzia pubblica gli elenchi trimestralmente, rispettando i seguenti termini:

  • Primo trimestre: pubblicazione il 15 aprile, modifica entro il 30 aprile.
  • Secondo trimestre: pubblicazione il 15 luglio, modifica entro il 10 settembre.
  • Terzo trimestre: pubblicazione il 15 ottobre, modifica entro il 31 ottobre.
  • Quarto trimestre: pubblicazione il 15 gennaio, modifica entro il 31 gennaio.

Sulla base degli elenchi aggiornati, l’Agenzia calcola l’imposta di bollo complessivamente dovuta e la comunica al contribuente entro il 15 del secondo mese successivo alla chiusura del trimestre. Un’eccezione riguarda il secondo trimestre, per il quale la comunicazione avviene entro il 20 settembre.

Il pagamento dell’imposta di bollo è trimestrale, con le seguenti scadenze:

  • Importi inferiori a €5.000 per i primi due trimestri: pagamento entro il 30 novembre.
  • Importi superiori a €5.000 o relativi al terzo e quarto trimestre: pagamento entro 31 maggio, 30 settembre o 28 febbraio.

Il pagamento può essere effettuato tramite due modalità principali:

Addebito diretto su conto corrente, utilizzando il portale dedicato dell’Agenzia delle Entrate.

Modello F24, con codici tributo specifici istituiti dalla Risoluzione n. 42 del 9 aprile 2019.

 

Gli intermediari fiscali, inoltre, hanno obblighi specifici, tra cui:

  • Informare tempestivamente i contribuenti delle ricevute rilasciate dall’Agenzia.
  • Comunicare gli esiti di eventuali verifiche e rettifiche effettuate.

 

Tra le problematiche più frequenti figurano il ritardato o mancato versamento dell’imposta e la dichiarazione non corretta delle fatture soggette. In caso di irregolarità, l’Agenzia invia una comunicazione telematica dettagliata contenente l’importo dell’imposta, la sanzione ridotta a un terzo e gli interessi.

Il contribuente ha 30 giorni per regolarizzare la situazione, evitando l’iscrizione a ruolo delle somme dovute. Durante questo periodo, può richiedere assistenza tramite il portale CIVIS.

 

FAQ

Quali fatture sono soggette all’imposta di bollo?

Le fatture elettroniche senza IVA e di importo superiore a €77,47 sono soggette all’imposta di bollo.

Come posso verificare se una fattura è correttamente assoggettata al bollo?

Controllando gli elenchi A e B disponibili nel portale “Fatture e Corrispettivi” dell’Agenzia delle Entrate.

Quali sono le scadenze trimestrali da rispettare?

Ogni trimestre ha scadenze specifiche per la modifica degli elenchi e il pagamento dell’imposta.

Cosa fare in caso di omissione dell’imposta di bollo?

Regolarizzare entro 30 giorni tramite il portale CIVIS, evitando ulteriori sanzioni.

Come si effettua il pagamento dell’imposta di bollo?

Tramite addebito diretto sul conto corrente o con il Modello F24, utilizzando i codici tributo appropriati.

Per eventuale assistenza e consulenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

Principali Scadenze Fiscali di Dicembre 2024

Dicembre 2024 si presenta come un mese ricco di adempimenti fiscali importanti per imprese, professionisti e cittadini. Di seguito, un riepilogo delle principali scadenze da segnare in agenda, con un focus sui versamenti e obblighi dichiarativi.


Giovedì 12 Dicembre
Riapertura adesione CPB (DL approvato dal CdM il 12.11.2024)

Lunedì 16 Dicembre
Versamento IVA e ritenute – Novembre
Versamento IMU, IMI (BZ), IMIS (TN), ILIA (FVG) – saldo 2024
Versamento acconto imposta sost. rivalutazione TFR

Venerdì 20 Dicembre
Versam. Ravv. speciale (8° rata trim. di 8), Liti fiscali pendenti (7° rata trim. di max 20), Rate ist. definitori (8° rata trim. di max 20)
(Commi 174, 194 e 220, L. 197/2022)
(Ravv. speciale anno 2022 – 4° rata trim. di 4 – DL 215/23)

Venerdì 27 Dicembre
Versamento IVA – acconto 2024
Mod. INTRA – Novembre

Lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione per assistenza e consulenza personalizzata.

Nel contesto della conversione in legge del decreto-legge del 19 ottobre 2024, n. 155, il Parlamento italiano ha approvato un emendamento significativo rivolto ai titolari di partita IVA. La misura prevede la proroga del termine per il versamento del secondo acconto delle imposte sui redditi, originariamente fissato al 2 dicembre 2024, al 16 gennaio 2025.

Questa proroga si applica esclusivamente ai titolari di partita IVA che, nell’anno precedente, hanno dichiarato ricavi o compensi non superiori a 170 mila euro, e introduce una maggiore flessibilità nei pagamenti senza però alterare gli obblighi relativi ai contributi previdenziali e assistenziali, né quelli verso l’INAIL.

Le Principali Novità del Provvedimento

Il rinvio al 16 gennaio 2025 interessa unicamente il secondo acconto delle imposte sui redditi, offrendo ai contribuenti due modalità di pagamento:

  • In un’unica soluzione, da effettuare entro il 16 gennaio 2025.
  • In cinque rate mensili di pari importo, con scadenze distribuite tra gennaio e maggio 2025.

A Chi Si Rivolge la Proroga?

La misura è destinata esclusivamente ai contribuenti che rispettano i seguenti requisiti:

  • Titolari di partita IVA.
  • Ricavi o compensi dichiarati nel 2023 non superiori a 170 mila euro.

È importante sottolineare che la proroga non include:

  • Il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
  • I premi assicurativi dovuti all’INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro).

Importante: Per aderire alla proroga, è indispensabile contattare la nostra Alessandra Casciotti esclusivamente entro la giornata odierna.

Per ulteriori chiarimenti lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione.

A partire dal 1° gennaio 2024, con l’introduzione delle modifiche apportate dal Decreto Legislativo n. 209/2023, il quadro normativo è stato significativamente aggiornato per adeguarsi alle esigenze di maggiore chiarezza e uniformità. Questa riforma segue quanto previsto dalla Legge Delega n. 111/2023 e mira a migliorare la gestione dei flussi fiscali internazionali.

Le nuove regole stabiliscono criteri aggiornati per individuare la residenza fiscale delle persone fisiche, tenendo in particolare considerazione la presenza fisica, il domicilio e la residenza nel territorio italiano. Questo approccio multidimensionale consente di rafforzare il controllo sui contribuenti, garantendo una maggiore trasparenza nella tassazione, soprattutto per i soggetti coinvolti in spostamenti transnazionali.

Fino al 31 dicembre 2023, la residenza fiscale in Italia era regolata dall’articolo 2, comma 2, del TUIR, che faceva riferimento a tre criteri alternativi. Una persona fisica si considerava residente se era iscritta all’anagrafe della popolazione residente, se aveva il proprio domicilio in Italia, o se vi risiedeva abitualmente. Questi parametri, mutuati dal Codice Civile, fornivano un quadro di riferimento univoco, ma spesso generavano incertezze interpretative, specialmente nei casi di mobilità internazionale.

Il domicilio, secondo l’articolo 43 del Codice Civile, era definito come il luogo in cui una persona aveva stabilito la sede principale dei propri affari e interessi. La residenza, invece, indicava il luogo della dimora abituale. Questa distinzione, sebbene teoricamente chiara, si scontrava con situazioni pratiche complesse, come i trasferimenti temporanei o le residenze multiple.

Le nuove regole mirano a superare queste ambiguità, introducendo criteri più specifici e meno soggetti a interpretazioni. In particolare, il Decreto Legislativo n. 209/2023 modifica profondamente il concetto di domicilio, conferendogli un significato più allineato alle pratiche internazionali e introducendo nuove modalità per verificare la presenza fisica di un soggetto sul territorio italiano.

Le Novità

Con l’entrata in vigore delle nuove disposizioni, la residenza fiscale si basa ora su un approccio più articolato, che considera sia elementi oggettivi sia situazioni personali e familiari. La principale novità riguarda l’introduzione del criterio della presenza fisica nel territorio italiano, calcolata anche in base alle frazioni di giorno. Questo criterio offre un metodo più concreto per determinare la residenza fiscale, riducendo le aree di incertezza.

Il domicilio è stato ridefinito come il luogo in cui si sviluppano principalmente le relazioni personali e familiari, conferendo una maggiore importanza alla dimensione umana rispetto agli interessi economici. Questo cambiamento segna un allontanamento dalla tradizionale concezione civilistica, avvicinandosi invece a standard utilizzati in ambito internazionale e nelle convenzioni contro le doppie imposizioni.

Infine, l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente, che in precedenza aveva carattere di presunzione assoluta, assume ora una natura relativa. Ciò significa che il contribuente può fornire prove contrarie per dimostrare l’assenza di un effettivo radicamento in Italia, ampliando le possibilità di difesa in casi controversi.

 

 

I Quattro Criteri Alternativi di Residenza Fiscale

La nuova disciplina, in vigore dal 1° gennaio 2024, stabilisce che una persona fisica è considerata residente fiscalmente in Italia se soddisfa uno dei quattro criteri alternativi per la maggior parte del periodo d’imposta, ossia almeno 183 giorni (o 184 in anni bisestili). I criteri sono: residenza, domicilio, presenza fisica e iscrizione all’anagrafe della popolazione residente.

La residenza, secondo il Codice Civile, continua a indicare il luogo della dimora abituale. Questo criterio rimane essenziale, soprattutto per le persone che vivono stabilmente in Italia, ma offre una definizione più concreta rispetto al passato.

Il domicilio, ridefinito dal nuovo articolo 2, comma 2, del TUIR, privilegia il luogo in cui si sviluppano principalmente le relazioni personali e familiari del soggetto. Questa novità pone maggiore enfasi sui legami personali, allineandosi alle prassi internazionali e riducendo l’importanza degli interessi economici nel determinare la residenza.

Un aspetto significativo delle nuove regole riguarda i cittadini italiani che si trasferiscono in Stati a regime fiscale privilegiato. Il comma 2-bis dell’articolo 2, TUIR, non modificato dalla riforma, stabilisce che tali cittadini si considerano residenti in Italia salvo prova contraria. Questo principio si basa sulla presunzione relativa: il contribuente deve dimostrare di aver perso ogni significativo collegamento con l’Italia e di aver stabilito una residenza reale e duratura all’estero.

Dal 1° gennaio 2024, la Svizzera non è più considerata uno Stato a regime fiscale privilegiato, come stabilito dal Decreto MEF del 20 luglio 2023. Questo cambiamento implica che i cittadini trasferitisi in Svizzera potranno beneficiare di un trattamento diverso rispetto agli anni precedenti, purché soddisfino i requisiti di residenza del paese ospitante.

L’iscrizione all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) rimane un elemento chiave, ma non sufficiente, per dimostrare la perdita della residenza fiscale in Italia. Gli italiani all’estero devono fornire prove documentali che attestino l’assenza di rapporti significativi con il territorio italiano, come l’uso di proprietà immobiliari o conti bancari.

Esempi Pratici

Per comprendere meglio l’applicazione dei nuovi criteri, l’Agenzia delle Entrate ha fornito esempi concreti nella Circolare n. 20/2024. Un caso riguarda la presenza fisica frazionata. Una persona che, durante un anno bisestile, trascorre in Italia un totale di 184 giorni, anche non consecutivi, sarà considerata residente fiscale. Questo include soggiorni brevi per vacanze, lavoro o visite familiari.

Un altro esempio riguarda i soggetti che si trasferiscono temporaneamente all’estero ma mantengono legami significativi con l’Italia. Se una persona vive per sei mesi in un altro Stato e torna in Italia per il resto dell’anno, potrebbe comunque essere considerata residente fiscale, a seconda del criterio predominante tra domicilio, residenza o presenza fisica.

Questi esempi dimostrano la complessità delle nuove norme e l’importanza di valutare caso per caso. Il nuovo approccio richiede una documentazione accurata da parte dei contribuenti per dimostrare il soddisfacimento o meno dei criteri di residenza.

Doppie Imposizioni

Le convenzioni contro le doppie imposizioni rappresentano un pilastro fondamentale nel coordinamento della normativa italiana con quella degli altri Stati. Questi accordi internazionali, ispirati al Modello OCSE, prevedono criteri specifici per risolvere conflitti di residenza fiscale. In caso di controversia, le “tie breaker rules” stabiliscono quale Stato abbia diritto a considerare un soggetto residente.

Queste regole seguono un ordine gerarchico: si parte dal criterio dell’abitazione permanente, seguito dal centro degli interessi vitali, dal soggiorno abituale e, infine, dalla nazionalità. Ad esempio, un lavoratore che vive in due Stati diversi durante l’anno sarà considerato residente nel paese in cui ha un’abitazione permanente o dove si concentrano i suoi legami personali e professionali.

In alcune convenzioni, come quelle con Germania, Svizzera e Panama, si applica la clausola dello “split year”, che consente di dividere il periodo d’imposta tra due Stati. Questo approccio è utile per chi trasferisce il domicilio da un paese all’altro durante l’anno fiscale, evitando la doppia tassazione.

 

Smart Working e Residenza Fiscale

L’aumento del lavoro da remoto ha posto nuove sfide nella determinazione della residenza fiscale. Secondo le nuove regole, i lavoratori in smart working che trascorrono la maggior parte dell’anno (183 giorni o più) in Italia sono considerati fiscalmente residenti, indipendentemente dal luogo in cui si trova il datore di lavoro o la sede aziendale.

Questo criterio, basato sulla presenza fisica, risulta particolarmente stringente. Ad esempio, un lavoratore che opera per una società estera ma svolge le sue mansioni da casa in Italia è soggetto alla tassazione sui redditi prodotti a livello globale.

Tuttavia, per i lavoratori che svolgono smart working dall’estero per aziende italiane, la residenza fiscale in Italia potrebbe essere mantenuta se soddisfano uno degli altri criteri, come il domicilio o l’iscrizione all’anagrafe.

 

Regimi Agevolativi per i Trasferimenti in Italia

Il sistema tributario italiano offre diversi regimi agevolativi per incentivare il trasferimento della residenza fiscale nel Paese. Tra questi figurano l’opzione per l’imposta sostitutiva sui redditi esteri (articolo 24-bis del TUIR) e il regime per i pensionati che si stabiliscono nel Mezzogiorno (articolo 24-ter del TUIR).

Una novità introdotta dal D.Lgs. n. 209/2023 è il regime agevolativo per i lavoratori impatriati. Questo incentivo mira ad attrarre professionisti dall’estero, offrendo una tassazione ridotta sui redditi prodotti in Italia. Per accedere a questi benefici, il contribuente deve dimostrare di non essere stato fiscalmente residente in Italia nei tre anni precedenti il trasferimento.

Dal 2024, l’idoneità per questi regimi sarà valutata secondo i nuovi criteri di residenza fiscale. Per i periodi d’imposta antecedenti, invece, si applicheranno le vecchie regole, basate su domicilio e residenza civilistica.

 

Differenze con il Sistema Precedente

Le modifiche introdotte segnano un’importante evoluzione rispetto alla disciplina precedente. La definizione di domicilio si è spostata dal campo economico a quello personale, ponendo maggiore attenzione alle relazioni familiari e sociali. Questo cambiamento allinea il sistema italiano alle best practice internazionali, riducendo il rischio di contenziosi.

Un’altra differenza cruciale riguarda la presunzione di residenza derivante dall’iscrizione all’anagrafe. Se in passato questo criterio era assoluto, ora è relativo, permettendo al contribuente di fornire prove contrarie per dimostrare l’assenza di un radicamento effettivo.

Infine, il nuovo criterio della presenza fisica offre un parametro oggettivo, rendendo più difficile per i contribuenti eludere la residenza fiscale mediante spostamenti frequenti o temporanei.

 

Strumenti per la Risoluzione dei Conflitti di Residenza

I conflitti di residenza tra Stati possono essere risolti mediante le convenzioni internazionali, che offrono una guida chiara per attribuire la residenza fiscale a uno dei due Paesi. Le tie breaker rules rappresentano uno strumento efficace per evitare la doppia tassazione e garantire un trattamento equo.

Ad esempio, un contribuente con legami personali in Italia e lavorativi in un altro Stato può risolvere il conflitto stabilendo quale dei due paesi rappresenta il centro principale dei suoi interessi vitali. In caso di parità, si utilizzerà il criterio della presenza fisica o, in ultima istanza, quello della nazionalità.

La clausola dello split year offre un ulteriore strumento per i soggetti che trasferiscono il domicilio durante l’anno fiscale. Questa regola, applicata in alcune convenzioni, consente di frazionare il periodo d’imposta, attribuendo i redditi ai rispettivi Stati di residenza.

 

FAQ

  1. Quali sono i criteri principali per determinare la residenza fiscale in Italia dal 2024?
    I quattro criteri sono: residenza, domicilio, presenza fisica e iscrizione all’anagrafe della popolazione residente.
  2. Come si dimostra di non essere residenti fiscali in Italia?
    Occorre fornire documenti che attestino l’assenza di legami significativi con l’Italia, come l’iscrizione all’AIRE e la presenza stabile in un altro Stato.
  3. Quali sono i benefici fiscali per chi trasferisce la residenza in Italia?
    Tra i benefici figurano il regime agevolato per i lavoratori impatriati e l’imposta sostitutiva per i redditi esteri.
  4. Cosa cambia per i lavoratori frontalieri con la nuova normativa?
    La presenza fisica frazionata in Italia potrebbe farli rientrare nei criteri di residenza fiscale italiana, richiedendo l’applicazione delle tie breaker rules.
  5. Le Convenzioni contro le doppie imposizioni come influenzano la residenza fiscale?
    Questi accordi risolvono i conflitti di residenza, attribuendo la tassazione al Paese di prevalenza in base a criteri come il centro degli interessi vitali.

Per chiarimenti, assistenza e consulenza personalizzata lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione.

 

L’imposta sostitutiva sulla rivalutazione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) è un obbligo fiscale che ogni anno coinvolge i datori di lavoro italiani. Con la scadenza per il versamento dell’acconto fissata al 16 dicembre 2024, è importante comprendere tutti gli aspetti normativi e operativi legati a questa imposta.

Il TFR rappresenta una forma di risparmio obbligatorio accumulato dai datori di lavoro per i dipendenti, da corrispondere al termine del rapporto di lavoro. La rivalutazione del TFR avviene annualmente per adeguare il suo valore all’inflazione. Su questa rivalutazione si applica un’imposta sostitutiva pari al 17%, gestita direttamente dal datore di lavoro.

Questa imposta si riferisce esclusivamente alla quota finanziaria rivalutata del TFR, non alla quota capitale. Quest’ultima, infatti, viene tassata solo al momento della liquidazione finale o in caso di anticipi concessi per esigenze specifiche, come l’acquisto della prima casa.

 

Rivalutazione TFR: Metodo e Calcolo

La rivalutazione del TFR è determinata secondo una formula che combina un tasso fisso dell’1,5% con il 75% della variazione dell’indice ISTAT FOI relativo ai prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati. Questo calcolo consente di mantenere il valore del TFR allineato al costo della vita.

Un elemento chiave è che la rivalutazione non si applica alla quota di TFR maturata nell’anno corrente, ma solo al fondo accumulato al 31 dicembre dell’anno precedente. In caso di deflazione, la variazione ISTAT viene considerata pari a zero.

L’imposta sostitutiva viene versata in due momenti distinti:

Acconto: entro il 16 dicembre dell’anno in corso.

Saldo: entro il 16 febbraio dell’anno successivo.

Il pagamento avviene tramite il modello F24, utilizzando i codici tributo specifici:

  • 1712 per l’acconto.
  • 1713 per il saldo.

I datori di lavoro possono inoltre compensare eventuali crediti fiscali maturati per altre imposte o contributi.

Metodo Storico vs Metodo Previsionale

Per il calcolo dell’acconto, i datori di lavoro possono scegliere tra due metodi:

Metodo storico: si basa sulle rivalutazioni maturate nell’anno precedente. È una soluzione stabile e meno rischiosa, ideale in contesti economici prevedibili.

Metodo previsionale: consente di stimare le rivalutazioni dell’anno in corso. Questo approccio offre maggiore flessibilità, ma richiede un’analisi economica accurata per evitare errori che potrebbero portare a sanzioni.

La scelta del metodo più adatto dipende dalle competenze interne e dalla variabilità del contesto economico.

La gestione del TFR varia in base alla dimensione aziendale:

Aziende con almeno 50 dipendenti: il TFR viene trasferito all’INPS, che si occupa della rivalutazione e della gestione.

Aziende con meno di 50 dipendenti: la gestione resta a carico del datore di lavoro, che può decidere se accantonare il TFR internamente o trasferirlo a un fondo pensionistico complementare.

Questa seconda opzione può offrire vantaggi finanziari a breve termine, ma comporta rischi significativi in termini di liquidità.

Novità Normative

Un’importante novità introdotta dall’Agenzia delle Entrate riguarda l’opzione di calcolo dell’acconto basata sull’incremento presuntivo dell’indice ISTAT di dicembre. Questo approccio offre maggiore flessibilità, consentendo alle aziende di stimare l’acconto in modo più aderente alle condizioni economiche attuali.

Focus sull’Acconto del 16 dicembre 2024

L’acconto rappresenta il 90% dell’imposta sostitutiva totale sulle rivalutazioni maturate. Il metodo previsionale può essere particolarmente utile in periodi di forte volatilità economica, mentre il metodo storico è indicato per contesti più stabili.

Il saldo, da versare entro il 16 febbraio 2025, corrisponde alla differenza tra l’imposta dovuta e l’acconto già versato. In caso di saldo negativo, l’importo può essere utilizzato come credito in compensazione.

Ravvedimento Operoso e Sanzioni

Il mancato rispetto delle scadenze comporta una sanzione del 30% sull’importo dovuto, ma il ravvedimento operoso consente di ridurre significativamente queste penalità. Questo strumento è particolarmente utile per regolarizzare eventuali errori senza conseguenze gravi.

Lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione per  consulenza e assistenza personalizzata.

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