Nel contesto normativo italiano è stato introdotto, con la Legge di Bilancio 2024, un nuovo obbligo rivolto alle imprese: la stipula di una polizza assicurativa contro i danni derivanti da calamità naturali. La misura, contenuta nell’articolo 1, commi da 101 a 111 della Legge n. 213/2023, è stata successivamente disciplinata nel dettaglio dal Decreto Ministeriale 30 gennaio 2025 (DM 18/2025), che ha definito modalità, tempistiche e soggetti interessati.

L’obbligo riguarda tutte le imprese iscritte al Registro delle Imprese, incluse le imprese estere con stabile organizzazione in Italia. Sono invece escluse dall’obbligo le imprese operanti nel settore agricolo, come espressamente previsto dalla normativa.

Il provvedimento impone la copertura assicurativa dei beni materiali strumentali all’attività d’impresa. Nello specifico, devono essere assicurati: fabbricati, impianti, macchinari e attrezzature utilizzati direttamente nello svolgimento dell’attività produttiva, commerciale o di servizi dell’impresa. Restano invece esclusi dall’obbligo alcuni beni specifici, tra cui: beni in costruzione, immobili privi di regolarità urbanistica, scorte di magazzino, merci, mobili d’ufficio, autoveicoli iscritti al PRA e ogni altro bene mobile non considerato strumentale.

La copertura deve essere estesa a una serie di eventi naturali ritenuti potenzialmente distruttivi. In base a quanto definito dalla legge e dal decreto attuativo, le calamità naturali per cui è richiesta obbligatoriamente l’assicurazione comprendono: terremoti, alluvioni, frane ed esondazioni. Tali eventi sono stati individuati come tra i principali responsabili di danni materiali al patrimonio aziendale in diverse aree del Paese.

L’applicazione dell’obbligo è stata strutturata secondo un criterio dimensionale. La normativa stabilisce che l’obbligo decorre da date diverse a seconda della classe dimensionale dell’impresa, identificata in base al numero di dipendenti e ad altri parametri economici previsti dalla normativa europea.

Nello specifico:

  • Le grandi imprese, ovvero quelle con almeno 250 dipendenti, sono già soggette all’obbligo a partire dal 2025.
  • Le medie imprese, cioè quelle che hanno tra 50 e 249 dipendenti, sono tenute alla stipula della polizza a partire dal 1° ottobre 2025.
  • Le piccole e micro imprese, con meno di 50 dipendenti, devono adempiere all’obbligo entro il 31 dicembre 2025, termine ultimo fissato dalla normativa anche per i settori della pesca e dell’acquacoltura.

In assenza della copertura assicurativa richiesta, non sono previste sanzioni amministrative o pecuniarie dirette. Tuttavia, la normativa introduce una forma di sanzione interdittiva, limitando l’accesso a una serie di benefici pubblici. Le imprese che non risultino in regola con l’obbligo assicurativo non potranno accedere a contributi, finanziamenti agevolati, incentivi o sovvenzioni di qualsiasi tipo, erogati da amministrazioni centrali o locali. Inoltre, l’impresa non potrà accedere alla garanzia statale su finanziamenti, come ad esempio quella fornita dal Fondo di garanzia per le PMI, attualmente uno degli strumenti più utilizzati per agevolare l’accesso al credito da parte del tessuto imprenditoriale.

L’obbligo assicurativo costituisce quindi una condizione necessaria per partecipare a programmi pubblici, bandi, agevolazioni legate al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), nonché a fondi destinati alla ricerca, all’innovazione tecnologica, alla transizione ecologica, alla riqualificazione energetica, allo sviluppo delle startup, alla salvaguardia dell’occupazione e ad altri strumenti pubblici di sostegno all’economia.

Dal punto di vista contabile e fiscale, la normativa prevede che i premi assicurativi versati dalle imprese per adempiere all’obbligo siano deducibili dal reddito imponibile, sia ai fini dell’Imposta sul Reddito delle Società (IRES) sia dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP). La deducibilità segue le regole ordinarie previste dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi, con le relative aliquote vigenti.

La determinazione del valore da assicurare deve essere effettuata in base al cosiddetto “valore a nuovo”, ovvero il costo necessario per ricostruire o rimpiazzare il bene assicurato in condizioni equivalenti a quelle originarie. In alcuni casi, per la stima del valore potrà essere richiesta una perizia tecnica, redatta da professionisti abilitati.

La norma consente alle imprese di stipulare polizze collettive, purché esse rispettino i requisiti minimi imposti dal decreto attuativo. È possibile, ad esempio, che associazioni di categoria o consorzi possano promuovere soluzioni assicurative comuni, con l’obiettivo di agevolare l’accesso alle coperture e di contenere i costi unitari per le imprese aderenti.

Il premio assicurativo è determinato in funzione del valore dei beni assicurati e del livello di rischio associato all’ubicazione degli stessi. In zone classificate a elevato rischio sismico o idrogeologico, il premio potrà risultare superiore rispetto ad aree con minore esposizione a eventi catastrofali. A questo proposito, la normativa non prevede meccanismi di calmierazione del premio, né contributi pubblici per la copertura dei costi delle polizze.

L’obbligo assicurativo riguarda esclusivamente le immobilizzazioni materiali strumentali. Pertanto, per ottenere una copertura assicurativa completa dei beni aziendali, le imprese possono scegliere di stipulare polizze integrative facoltative, che includano, ad esempio, le merci in magazzino, le scorte, i beni mobili, o i danni indiretti da interruzione dell’attività.

L’attestazione della regolarità assicurativa sarà richiesta dalle amministrazioni pubbliche al momento della domanda per l’accesso a incentivi o agevolazioni. La polizza dovrà essere attiva e valida alla data di presentazione della domanda, e coprire i beni strumentali dell’impresa secondo quanto stabilito dalla normativa vigente.

Tutte le imprese soggette all’obbligo devono quindi provvedere alla stipula della polizza assicurativa entro i termini stabiliti, sulla base della propria classificazione dimensionale. Il mancato adempimento determina l’esclusione automatica dalle misure pubbliche, senza possibilità di deroga o sanatoria successiva.

Il quadro normativo delineato richiede un’attenta valutazione da parte delle imprese circa i beni da assicurare, i termini di scadenza, le condizioni contrattuali delle polizze disponibili sul mercato e le modalità di attestazione del rispetto dell’obbligo. Per facilitare il processo, molte imprese possono avvalersi del supporto di intermediari assicurativi, consulenti o associazioni di categoria che offrono assistenza nella scelta delle soluzioni assicurative più idonee.

Per dettagli, chiarimenti e assistenza operativa il nostro team di professionisti è a vostra disposizione.

Tabella riassuntiva

Dettaglio
Norma di riferimento Legge di Bilancio 2024 (L. 213/2023, art. 1 commi 101-111)
Decreto attuativo DM 30 gennaio 2025, n. 18/2025
Soggetti obbligati Tutte le imprese iscritte al Registro delle Imprese (escluse quelle agricole)
Beni da assicurare Fabbricati, impianti, macchinari, attrezzature strumentali
Beni esclusi Immobili abusivi, beni in costruzione, merci, scorte, mobili, veicoli PRA
Eventi coperti Terremoti, alluvioni, frane, esondazioni
Scadenze per l’obbligo Grandi imprese: 2025
Medie imprese: 1/10/2025
Micro e piccole: 31/12/2025
Sanzioni Nessuna sanzione economica; esclusione da contributi e agevolazioni pubbliche
Effetti dell’inadempienza Inaccessibilità a incentivi, finanziamenti agevolati, PNRR, Fondo PMI
Deduzione fiscale Premi deducibili ai fini IRES e IRAP
Valore da assicurare Valore a nuovo dei beni
Polizze collettive Ammesse, se conformi ai requisiti di legge
Coperture integrative Facoltative per merci, scorte, danni indiretti, ecc.

A partire dal mese di dicembre 2025, l’Agenzia delle Entrate sospende l’invio di una serie di comunicazioni ai contribuenti, nell’ambito di quanto previsto dal Decreto Legislativo n. 1/2024, noto come “Decreto Semplificazioni adempimenti tributari”, emanato nell’ambito della Riforma fiscale.

Questa misura riguarda specificamente il periodo definito “natalizio”, ovvero dal 1° al 31 dicembre, durante il quale non vengono inoltrati determinati atti amministrativi, salvo i casi di urgenza o indifferibilità.

Nel dettaglio, la sospensione interessa le comunicazioni di irregolarità — comunemente note come avvisi bonari —, gli esiti dei controlli formali, le comunicazioni relative ai redditi soggetti a tassazione separata e le lettere di compliance o comunicazioni di anomalia. Questi atti vengono normalmente emessi dall’Agenzia delle Entrate a seguito di controlli automatizzati o formali delle dichiarazioni fiscali. Tuttavia, nel mese di dicembre ne è interrotta la trasmissione, ad eccezione dei casi in cui l’omissione metterebbe a rischio la riscossione o violerebbe termini di prescrizione o decadenza.

Le stesse regole sono già previste per il mese di agosto, in un’ottica di semplificazione e razionalizzazione del calendario fiscale. A differenza del periodo estivo, però, a dicembre non è prevista la sospensione dei termini di versamento delle somme dovute in base alle comunicazioni citate, né dell’invio di documenti o informazioni da parte dei contribuenti. Tali obblighi rimangono quindi pienamente vigenti durante l’intero mese.

Particolarmente rilevante è la descrizione degli avvisi bonari, che rappresentano una delle forme principali di comunicazione coinvolte nella sospensione. Questi avvisi contengono informazioni cruciali per il contribuente, tra cui l’eventuale maggiore imposta da versare o il minor credito spettante, oltre alla sanzione ridotta a un terzo rispetto a quella ordinaria.

La riduzione è stabilita al 25% per le violazioni commesse dall’1 settembre 2024 e al 30% per quelle commesse fino al 31 agosto 2024. Vengono inoltre calcolati gli interessi annui al 3,5%, e indicato il termine utile per beneficiare della riduzione sanzionatoria, pari a 60 giorni dalla ricezione della comunicazione. È allegato un modello F24 precompilato per effettuare il pagamento.

Gli avvisi bonari possono essere recapitati sia in formato cartaceo al domicilio fiscale del contribuente tramite raccomandata A/R, sia in formato digitale all’indirizzo PEC registrato. In alternativa, possono essere trasmessi all’intermediario abilitato, se indicato nella dichiarazione fiscale attraverso le specifiche caselle dedicate all’invio e ricezione telematica degli avvisi.

Un aspetto importante da ricordare è che, dopo la ricezione dell’avviso, non è più consentito ricorrere al ravvedimento operoso, secondo quanto previsto dall’articolo 13, comma 1-ter, del Decreto Legislativo n. 472/97.

L’articolo 10 del D.Lgs. 1/2024 chiarisce che la sospensione include non solo gli avvisi bonari ma anche gli esiti dei controlli automatizzati ex articolo 36-bis del DPR n. 600/1973 e dell’articolo 54-bis del DPR n. 633/1972.
Secondo queste norme, l’Amministrazione Finanziaria effettua la liquidazione delle imposte, contributi e premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti, prima del periodo di presentazione delle dichiarazioni dell’anno successivo. Analogamente, la liquidazione dell’IVA avviene in base alle dichiarazioni presentate e rientra tra gli atti la cui notifica è sospesa.

Rientrano nella sospensione anche gli esiti dei controlli formali, previsti dall’articolo 36-ter del DPR n. 600/1973, che devono essere completati entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Tali controlli si basano su criteri selettivi stabiliti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e includono l’analisi del rischio di evasione fiscale, in coerenza con le capacità operative degli uffici.

Sono sospese inoltre le comunicazioni degli esiti di liquidazione delle imposte sui redditi soggetti a tassazione separata, che contengono esclusivamente le imposte da versare, senza sanzioni né interessi, così come gli inviti all’adempimento spontaneo, disciplinati dall’articolo 1, commi 634-636, della Legge n. 190/2014, utilizzati per incentivare la compliance da parte dei contribuenti.

Tuttavia, come sottolineato nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 9/E del 2 maggio 2024, ci sono casi in cui la sospensione non si applica. In particolare, essa è esclusa quando ricorrono situazioni di indifferibilità e urgenza, come ad esempio la presenza di un pericolo per la riscossione, la necessità di evitare la decadenza dei termini di prescrizione, oppure quando gli atti da notificare sono collegati a una notizia di reato ai sensi dell’articolo 331 del Codice di procedura penale. Altri casi esclusi riguardano le procedure concorsuali, per le quali è essenziale procedere tempestivamente all’insinuazione al passivo.

È utile infine richiamare quanto stabilito dal comma 2 dell’articolo 10, che conferma la vigenza delle norme precedenti in merito alla sospensione estiva dei termini. L’articolo 7-quater, comma 17, del Decreto-Legge n. 193/2016 prevede che, nel periodo compreso tra il 1° agosto e il 4 settembre, siano sospesi i termini per il versamento delle somme derivanti da avvisi bonari, esiti di controlli formali e avvisi di liquidazione dei redditi soggetti a tassazione separata. In questi casi, i pagamenti devono essere effettuati entro 60 giorni dalla ricezione dell’avviso bonario o dell’esito del controllo, e entro 30 giorni per la liquidazione dei redditi a tassazione separata. Inoltre, secondo quanto disposto dall’articolo 37, comma 11-bis, del Decreto-Legge n. 223/2006, è sospeso nello stesso periodo anche l’invio dei documenti e delle informazioni richiesti ai contribuenti dagli uffici fiscali.

Nel mese di dicembre, però, queste sospensioni dei termini non si applicano, e restano in vigore tutte le scadenze e gli obblighi previsti per i contribuenti, ad eccezione dell’invio degli atti sopra elencati.

Per maggiori chiarimenti ed assistenza operativa il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

 

Tipologia di comunicazione / atto Sospensione dicembre (1.12 – 31.12) Sospensione agosto (1.8 – 31.8) Note rilevanti
Avvisi bonari (controlli automatizzati ex art. 36-bis, DPR 600/73 e art. 54-bis, DPR 633/72) Non sospesi se vi è pericolo per la riscossione
Esiti controlli formali (art. 36-ter, DPR 600/73) Comunicazioni escluse dalla sospensione in caso di urgenza
Comunicazioni redditi a tassazione separata Comprendono solo le imposte dovute, senza sanzioni e interessi
Comunicazioni anomalia / compliance (inviti all’adempimento spontaneo) Previsti dall’art. 1, commi 634–636, L. 190/2014
Situazioni urgenti (pericolo riscossione, notizia di reato, procedure concorsuali) No No Comunicazioni inviate anche durante i periodi di sospensione
Versamento somme dovute (avvisi, controlli, liquidazioni) No (obbligatorio) (sospeso 1.8–4.9) I termini NON sono sospesi nel periodo natalizio
Invio documenti/informazioni da parte dei contribuenti No (obbligatorio) (sospeso 1.8–4.9) Obblighi pienamente validi a dicembre

Con l’entrata in vigore dell’art. 18 del D.Lgs. n. 192/2024, parte integrante della cosiddetta “Revisione IRPEF – IRES”, sono state introdotte importanti modifiche alle modalità di tassazione delle liquidazioni delle società di capitali.

Le nuove disposizioni, operative a partire dal 1° gennaio 2025, incidono profondamente sull’art. 182 del TUIR, che regola la determinazione del reddito d’impresa nel periodo compreso tra l’inizio e la fine della fase di liquidazione.

Nel regime precedente, il reddito degli esercizi inclusi nella liquidazione era determinato in modo provvisorio, con la possibilità di essere ricalcolato sulla base del bilancio finale solo al superamento di una durata di cinque esercizi o in assenza della presentazione del bilancio conclusivo.

Tale approccio ha generato complessità procedurali che hanno spinto il legislatore a ridefinire il criterio stesso di tassazione, sancendo il passaggio dalla provvisorietà alla definitività immediata della determinazione reddituale annuale. In altri termini, il risultato economico di ciascun esercizio di liquidazione verrà tassato secondo le regole ordinarie, indipendentemente dalla durata della procedura stessa.

Un elemento innovativo della riforma riguarda il cosiddetto “carry back”, ovvero la possibilità, per le liquidazioni di durata non superiore a cinque esercizi, di riportare all’indietro le perdite finali fino a compensare i redditi degli esercizi precedenti.

Questa facoltà introduce un’alternativa interessante rispetto alla tassazione immediata, poiché consente di considerare provvisori i redditi degli anni di liquidazione, con il vantaggio di ottenere un rimborso delle imposte già versate. In tal modo, si configura una doppia opzione fiscale: la tassazione definitiva annuale o la ricostruzione progressiva dei redditi al netto delle perdite accumulate.

La riforma non ha modificato il comma 1 dell’art. 182 del TUIR, che continua a stabilire che il reddito antecedente alla fase di liquidazione venga determinato secondo un apposito conto economico. Tuttavia, per quanto riguarda le liquidazioni iniziate prima del 1° gennaio 2025, resta valida la possibilità di compensare le perdite pregresse nel limite dell’80% durante la fase liquidatoria, con l’ulteriore facoltà di portarle interamente in diminuzione in sede di conguaglio finale. Superato il quinquennio o in mancanza del bilancio finale, i redditi intermedi divengono definitivi e le perdite non più deducibili.

Con il nuovo regime, le perdite realizzate nei singoli esercizi di liquidazione diventano integralmente compensabili nel periodo stesso in cui si verificano. In altre parole, il legislatore riconosce la possibilità di utilizzare al 100% tali perdite, a prescindere dalla durata della liquidazione. Inoltre, in presenza di liquidazioni non superiori a cinque esercizi, la società potrà rideterminare retroattivamente il reddito degli esercizi precedenti, imputando progressivamente le perdite residue a partire dall’ultimo esercizio intermedio.

Nonostante le novità, la normativa non disciplina espressamente il trattamento fiscale delle perdite residue finali al termine della liquidazione. Tuttavia, la Legge n. 111/2023, nei principi ancora da attuare, contempla la possibilità di imputare per trasparenza ai soci tali perdite, con la finalità di compensarle con redditi di natura finanziaria. In attesa di sviluppi normativi, si mantiene pertanto un vuoto normativo su questo specifico punto.

Un quadro riepilogativo consente di comprendere le modalità di compensazione in funzione della durata della liquidazione e del momento di realizzazione delle perdite. Per le liquidazioni iniziate fino al 2024, le perdite anteriori possono essere compensate fino all’80% con i redditi intermedi o integralmente in sede di conguaglio, ma non sono utilizzabili in caso di superamento del quinto esercizio.

Invece, le nuove regole per le liquidazioni dal 2025 permettono la compensazione totale con i redditi intermedi, includendo la facoltà del carry back, ma escludono la deducibilità al termine della liquidazione.

Liquidazioni iniziate entro il 31.12.2024 Liquidazioni iniziate dall’1.1.2025
Determinazione del reddito Provvisoria annuale, con conguaglio finale se < 5 esercizi. Definitiva se > 5 esercizi o in caso di omissione del bilancio finale. Definitiva annuale, indipendentemente dalla durata.
Utilizzo perdite anteriori alla liquidazione Compensabili per l’80% con i redditi intermedi. Deduzione integrale in sede di conguaglio. Non deducibili se durata > 5 esercizi. Compensabili al 100% nei redditi degli esercizi intermedi.
Utilizzo perdite generate durante la liquidazione Compensabili nei singoli esercizi. Se durata > 5 esercizi, le perdite non sono riportabili. Compensabili nei singoli esercizi. Facoltà di “carry back” se durata ≤ 5 esercizi.
Carry back (riporto all’indietro delle perdite) Non previsto. Facoltativo se la liquidazione dura al massimo 5 esercizi, con possibilità di richiedere il rimborso delle imposte pregresse.
Perdite residue finali alla chiusura In linea generale non deducibili. Interpretazione dottrinale favorevole alla deducibilità al 100% in sede di conguaglio. Non deducibili. Possibile futura imputazione ai soci, se attuata la riforma (art. 5, L. 111/2023).
Redditi percepiti dai soci in liquidazione Concorrenti al reddito complessivo, anche se già tassati separatamente (prima della riforma). Non concorrono più separatamente. Coordinamento con art. 17 TUIR (nessuna doppia tassazione).
Compatibilità con regime consolidato Compatibile. Redditi/perdite considerati definitivi. Compatibile, ma carry back non applicabile.
Compatibilità con regime di trasparenza Regime mantenuto in vigore. Redditi/perdite imputati ai soci. Regime mantenuto, ma incompatibile con carry back.

 

Un’ulteriore novità riguarda l’abrogazione del riferimento, nel comma 3 dell’art. 182, ai redditi percepiti dai soci in sede di liquidazione già tassati separatamente. Questa abrogazione si coordina con la soppressione della lettera m) dell’art. 17 del TUIR, avvenuta nel 2004, e sancisce definitivamente l’inapplicabilità della tassazione separata per i soci delle società soggette a IRES. In questo modo, il legislatore allinea il trattamento fiscale dei redditi da liquidazione alla normativa vigente, eliminando incoerenze normative di lungo corso.

Infine, in merito al regime della tassazione di gruppo (consolidato) ex art. 117 TUIR, la relazione illustrativa precisa che la liquidazione di una società non interrompe tale regime. Tuttavia, il nuovo meccanismo di carry back non risulta compatibile con la struttura del consolidato, in quanto quest’ultimo prevede la definitività dei redditi e delle perdite annuali.

Similmente, in caso di regime di trasparenza fiscale ai sensi degli artt. 115 e 116 del TUIR, la messa in liquidazione della società non fa venir meno l’opzione, ma la necessità di attribuire in via definitiva i risultati di ogni esercizio è incompatibile con il riporto a ritroso delle perdite previsto dal nuovo art. 182.

Per maggiori dettagli e per assistenza operativa il nostro studio è a vostra disposizione.

A partire dal 1° aprile 2026, entreranno in vigore nuove disposizioni fondamentali per le aziende private che intendono accedere a incentivi contributivi statali per l’assunzione di nuovi lavoratori. Tali obblighi, previsti dall’articolo 14 del Decreto Legge 159/2025, riguardano la necessità di pubblicizzare le posizioni vacanti tramite il Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa (Siisl). L’obiettivo principale della norma è garantire trasparenza, accesso equo alle opportunità occupazionali e favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Il Dl 159/25, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 31 ottobre 2025, introduce una serie di misure urgenti per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro e per la protezione civile, ma tra le sue disposizioni rientra anche un aggiornamento della normativa in materia di costituzione del rapporto di lavoro. Con questa riforma, i datori di lavoro privati che intendano beneficiare delle agevolazioni contributive saranno obbligati a registrare le offerte di lavoro sul portale Siisl, una piattaforma digitale gestita dal Ministero del Lavoro e sviluppata tecnicamente dall’Inps.

Il Siisl, già previsto da una legge del 2023, è stato concepito per facilitare l’interazione tra i datori di lavoro, i disoccupati e i beneficiari di misure di sostegno al reddito, con l’obiettivo di favorire l’inserimento lavorativo e promuovere la formazione professionale. Grazie alla pubblicazione delle posizioni vacanti, il sistema punta a rendere più accessibili le opportunità occupazionali ai candidati in cerca di lavoro e, allo stesso tempo, ad aiutare le imprese a trovare risorse qualificate nel rispetto della normativa vigente.

Una volta inserite nel Siisl le informazioni relative alla posizione lavorativa disponibile verranno rese disponibili agli utenti. I datori di lavoro potranno quindi valutare i profili professionali e procedere con l’assunzione. La trasparenza di questo processo è parte integrante del disegno normativo, che vuole  coniugare incentivi fiscali con il rispetto delle regole sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

Un’altra importante innovazione introdotta dall’articolo 14 è la possibilità di trasmettere, sempre tramite il Siisl, anche il modello Unilav, ovvero la comunicazione obbligatoria relativa all’instaurazione del rapporto di lavoro. Questa funzione sarà accessibile non solo per chi intende beneficiare delle agevolazioni, ma anche per tutte le aziende e gli intermediari abilitati che desiderano utilizzare il portale per la trasmissione dei dati, affiancandosi così all’attuale canale “CO” del Ministero del Lavoro.

Un adeguamento significativo sarà richiesto anche alle Agenzie per il lavoro, che dovranno, entro la stessa data del 1° aprile 2026, utilizzare obbligatoriamente il Siisl per pubblicare tutte le offerte di impiego che gestiscono. Queste agenzie avranno anche la possibilità di effettuare ricerche mirate tra i profili presenti nel portale, individuando i candidati idonei a ricoprire le posizioni richieste.

Dal punto di vista operativo, le modalità tecniche per l’attuazione delle nuove norme saranno dettagliate in un decreto ministeriale che dovrà essere pubblicato entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge. Questo passaggio sarà fondamentale per definire le procedure, i requisiti informatici e gli standard di interoperabilità tra i sistemi delle imprese e la piattaforma governativa.

Per maggiori dettagli e per assistenza operativa il nostro studio è a vostra disposizione.

 

A partire dal 1° gennaio 2026, entrerà in vigore una novità significativa per tutti gli esercenti che trasmettono i corrispettivi telematici: sarà infatti obbligatorio collegare i registratori telematici agli strumenti di pagamento elettronico utilizzati, come POS, app o dispositivi digitali di incasso. Non si tratterà, però, di un collegamento fisico, bensì digitale, tramite un apposito servizio web.

Questa nuova disposizione è stata introdotta dal provvedimento n. 424470/2025 dell’Agenzia delle Entrate, attuando quanto previsto dall’articolo 1, commi 74 e 77 della Legge di Bilancio 2025 (Legge 207/2024). La norma modifica l’articolo 2, comma 3 del Decreto Legislativo 127/2015, introducendo un’ulteriore stretta per contrastare l’evasione fiscale e migliorare il controllo incrociato tra pagamenti elettronici e corrispettivi dichiarati.

Il collegamento obbligatorio non si tradurrà nell’uso di cavi o dispositivi fisici, ma sarà gestito tramite un sistema online che permetterà di associare ogni registratore telematico alla matricola dello strumento di pagamento elettronico corrispondente. In particolare, l’esercente dovrà accedere all’area riservata del portale Fatture e Corrispettivi e utilizzare un apposito servizio web che verrà messo a disposizione dall’Agenzia.

Attraverso questo servizio, sarà necessario registrare i dati identificativi degli strumenti di pagamento utilizzati in abbinamento alla matricola del registratore telematico, già censito e attivato, indicando anche l’indirizzo dell’unità locale in cui gli strumenti sono operativi. Un aspetto importante è che il sistema proporrà automaticamente l’elenco degli strumenti intestati all’esercente, sulla base delle comunicazioni ricevute dagli intermediari finanziari.

La procedura potrà essere eseguita direttamente dall’esercente oppure tramite intermediari delegati, utilizzando il servizio “Accreditamento e censimento dispositivi”.

Sebbene l’obbligo sia operativo da gennaio, è prevista una fase di graduale attuazione. Per gli strumenti di pagamento già in uso e associati a un contratto attivo a gennaio 2026, il collegamento dovrà essere effettuato entro 45 giorni dalla data di rilascio del servizio web nell’area riservata. La disponibilità del servizio è attesa per l’inizio di marzo 2026 e sarà comunicata pubblicamente dall’Agenzia delle Entrate.

Diversa è la disciplina per i dispositivi attivati dopo il 31 gennaio 2026. In tal caso, il collegamento dovrà avvenire a partire dal sesto giorno del secondo mese successivo alla disponibilità del dispositivo e comunque entro la fine del mese stesso. Gli stessi termini saranno applicabili anche in caso di sostituzione o disattivazione di strumenti già esistenti.

Per chi, invece, effettua la trasmissione dei corrispettivi tramite la procedura web dell’Agenzia, sarà possibile gestire il collegamento agli strumenti di pagamento direttamente all’interno di tale procedura, senza necessità di passaggi ulteriori.

Oltre al collegamento, la norma impone la memorizzazione puntuale dei dati di pagamento elettronico: ogni volta che viene effettuata una vendita o una prestazione, sarà obbligatorio registrare la forma di pagamento e l’ammontare sul documento commerciale. Tali dati andranno trasmessi giornalmente rispettando le specifiche tecniche già previste per l’invio dei corrispettivi.

Un altro elemento centrale riguarda l’apparato sanzionatorio, che viene aggiornato per includere anche le violazioni relative al mancato invio dei dati di pagamento elettronico e alla mancata associazione tra strumenti. In particolare, la sanzione prevista dall’art. 11, comma 2-quinquies del DLgs. 471/1997 sarà applicata anche per la violazione degli obblighi di memorizzazione e trasmissione dei dati di pagamento. Inoltre, la multa da 1.000 a 4.000 euro già prevista per l’omessa installazione dei registratori telematici si estenderà anche ai casi di mancato collegamento degli strumenti di pagamento elettronico.

Per ulteriori chiarimenti e per eventuale assistenza operativa il nostro team di professionisti è a vostra disposizione.

A partire dal 1° gennaio 2025, le imprese e i lavoratori autonomi possono beneficiare di un nuovo regime di rateizzazione dei debiti nei confronti di Inps e Inail. È quanto previsto dal decreto interministeriale Lavoro-Economia, recentemente bollinato dalla Ragioneria generale dello Stato e in attesa di pubblicazione ufficiale.

Il provvedimento attua quanto stabilito dall’articolo 23 della legge 203/2024, nota anche come Collegato lavoro.

Il nuovo meccanismo consente la rateizzazione fino a 36 o 60 mesi dei debiti per contributi, premi e relativi accessori di legge non ancora affidati alla riscossione. La durata del piano dipende dall’importo dovuto: fino a 500mila euro sarà possibile richiedere una dilazione fino a un massimo di 36 rate mensili, mentre per debiti superiori si potrà ottenere una rateizzazione estesa fino a 60 mesi.

L’accesso a tale possibilità è vincolato alla dimostrazione di una temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria.

Il decreto stabilisce i limiti massimi del numero di rate concedibili, superando le 24 rate previste ordinariamente. Tuttavia, le modalità operative dettagliate saranno definite da Inps e Inail, attraverso specifici atti dei rispettivi consigli di amministrazione. Saranno questi atti a fissare i criteri per valutare le condizioni economiche del richiedente, a stabilire i requisiti per il mantenimento della dilazione e a indicare le modalità di presentazione delle domande, che dovranno avvenire in via telematica.

Gli istituti definiranno anche i criteri per determinare il numero effettivo di rate concesse, in base alla situazione specifica del debitore e all’importo del debito. Inoltre, saranno regolamentate le modalità di pagamento delle rate e saranno individuati i casi di revoca, ad esempio per inadempienze o per il venir meno dei presupposti dichiarati.

Un’altra novità rilevante è rappresentata dalla possibilità di ottenere una seconda rateizzazione anche in presenza di un piano già attivo. Questa flessibilità aggiuntiva è pensata per chi, nel corso del tempo, dovesse incontrare ulteriori difficoltà a rispettare i termini di pagamento concordati inizialmente.

È importante sottolineare che, anche con una dilazione in corso, il contribuente sarà comunque tenuto a rispettare puntualmente gli obblighi contributivi mensili e periodici ordinari. La rateizzazione riguarda esclusivamente i debiti pregressi e non può in alcun modo sospendere i versamenti correnti.

Le nuove regole troveranno applicazione per tutte le domande presentate a partire dal trentesimo giorno successivo all’adozione degli atti da parte dei consigli di amministrazione di Inps e Inail. Tuttavia, anche chi ha presentato domanda di rateazione a partire dal 12 gennaio 2025, data di entrata in vigore della legge 203/2024, potrà chiedere l’adeguamento alle nuove condizioni, tramite un’apposita richiesta.

Per ulteriori chiarimenti e per assistenza operativa il nostro team di professionisti è a vostra disposizione.

FAQ
Quali debiti possono essere rateizzati secondo le nuove regole?
Si possono rateizzare debiti per contributi, premi e relativi accessori di legge non ancora affidati agli agenti della riscossione. L’importo determina la durata massima della rateizzazione: fino a 500mila euro per un massimo di 36 mesi, oltre tale soglia fino a 60 mesi.

Quali sono i requisiti per ottenere la rateizzazione?
È necessario trovarsi in una temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria, da dimostrare secondo criteri che verranno definiti direttamente da Inps e Inail nei rispettivi atti ufficiali.

Nel disegno di legge della Finanziaria 2026, attualmente in bozza, il Legislatore introduce una nuova edizione della definizione agevolata dei debiti iscritti a ruolo, denominata “rottamazione-quinquies”, riferita ai carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2023.
Si tratta di un ulteriore intervento volto a consentire ai contribuenti di regolarizzare la propria posizione fiscale e contributiva in modo agevolato, beneficiando dell’eliminazione di sanzioni, interessi e somme aggiuntive.

La rottamazione-quinquies riguarda le somme derivanti dall’omesso versamento di imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali e dalle attività di controllo automatizzato e formale previste dagli articoli 36-bis e 36-ter del DPR 600/1973 per le imposte dirette, e dagli articoli 54-bis e 54-ter del DPR 633/1972 per l’IVA.
La norma prevede una significativa limitazione rispetto alle precedenti edizioni della rottamazione: l’agevolazione è circoscritta alle somme connesse alle dichiarazioni annuali e alle attività di controllo automatico e formale. Restano quindi escluse, ad esempio, le imposte di registro, successione e donazione, che non rientrano nel perimetro della definizione.

Rientrano invece tra i carichi definibili anche i contributi previdenziali INPS, a condizione che non siano richiesti a seguito di accertamento, e le somme affidate all’Agente della riscossione a titolo di capitale, nonché quelle maturate per rimborsi spese relative alle procedure esecutive o alla notifica della cartella di pagamento. La definizione agevolata si applica inoltre ai carichi che fanno parte di procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento ex Legge 3/2012, nonché alle ristrutturazioni dei debiti del consumatore e ai concordati minori previsti dal D.Lgs. 14/2019.

La rottamazione-quinquies consente di estinguere anche i debiti relativi a carichi già oggetto di precedenti procedure di definizione agevolata divenute inefficaci. Rientrano quindi le posizioni riferite ai carichi affidati all’Agente della riscossione nel periodo 2000-2017 che erano state coinvolte nelle seguenti operazioni:

  • Rottamazione di cui all’art. 6, comma 2, del DL 193/2016, relativa ai carichi 2000-2016.
  • Rottamazione-bis, introdotta dall’art. 1, comma 5, del DL 148/2017, riguardante i carichi dal 2000 al 2017.
  • Rottamazione-ter, disciplinata dall’art. 3, comma 5, del DL 119/2018.
  • Saldo e stralcio, previsto dall’art. 1, comma 189, della Legge 145/2018 per le persone fisiche in comprovata difficoltà economica.
  • Riapertura delle definizioni “rottamazione-ter” e “saldo e stralcio” introdotta dall’art. 16-bis del DL 34/2019.

Sono inoltre compresi i debiti relativi a carichi affidati dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022 che al 30 settembre 2025 risultano inefficaci in relazione alla rottamazione-quater, prevista dalla Legge 197/2022, e alla riammissione disciplinata dall’art. 3-bis del DL 202/2024 per i soggetti decaduti entro il 31 dicembre 2024.

Per quanto riguarda le sanzioni amministrative derivanti da violazioni del Codice della Strada, la rottamazione è ammessa solo per gli interessi e le somme maturate a titolo di aggio, escludendo quindi l’importo principale delle sanzioni.

Sono escluse dalla rottamazione-quinquies le posizioni relative a singoli carichi affidati nel periodo 1° gennaio 2000 – 30 giugno 2022 per i quali, al 30 settembre 2025, siano state versate tutte le rate scadute delle precedenti procedure di rottamazione-quater o della riammissione prevista dal DL 202/2024.
In sostanza, non possono aderire i contribuenti che hanno già completato correttamente i pagamenti dovuti per tali procedure.

Il soggetto interessato deve manifestare la volontà di aderire alla definizione agevolata tramite apposita dichiarazione all’Agente della riscossione. Tale domanda deve essere presentata entro il 30 aprile 2026 utilizzando il modello predisposto dall’Agenzia.
Entro lo stesso termine sarà possibile anche integrare una dichiarazione già presentata.

Nella domanda occorre specificare il numero di rate prescelto e l’eventuale pendenza di giudizi relativi ai carichi oggetto di definizione, con l’impegno a rinunciare agli stessi.
L’estinzione del giudizio, che comporta l’inefficacia delle sentenze non ancora passate in giudicato, avviene soltanto dopo il perfezionamento della definizione, ossia con il pagamento della prima rata o dell’intero importo in unica soluzione, e con la produzione in giudizio della domanda e della documentazione attestante il pagamento.

Possono presentare la dichiarazione anche i soggetti che, pur avendo già effettuato pagamenti parziali, hanno corrisposto integralmente le somme dovute per i carichi oggetto della definizione.

Entro il 30 giugno 2026, l’Agente della riscossione comunicherà al debitore l’importo complessivo da versare, la suddivisione delle rate – non inferiori a 100 euro – e le relative scadenze.
Il pagamento potrà avvenire:

  • In unica soluzione, entro il 31 luglio 2026;
  • In un massimo di 54 rate bimestrali di pari importo.

Le scadenze delle prime rate sono fissate come segue:
31 luglio 2026 per la prima rata, 30 settembre 2026 per la seconda, 30 novembre 2026 per la terza.
Dalla quarta alla cinquantunesima rata, le scadenze cadono il 31 gennaio, 31 marzo, 31 maggio, 31 luglio, 30 settembre e 30 novembre di ciascun anno dal 2027 al 2034.
Le ultime tre rate, dalla cinquantaduesima alla cinquantaquattresima, sono previste rispettivamente al 31 gennaio, 31 marzo e 31 maggio 2035.

Novità della Rottamazione-Quinquies

Una delle principali novità introdotte dalla Finanziaria 2026 riguarda il trattamento degli interessi di rateazione e le modalità di pagamento tramite addebito diretto.
A partire dal 1° agosto 2026, gli interessi applicati sulle rate della rottamazione saranno raddoppiati, passando dal 2% al 4% annuo. Si tratta di un cambiamento rilevante rispetto alle precedenti versioni della definizione agevolata, che avevano mantenuto un tasso più contenuto.

Inoltre, il legislatore prevede espressamente la possibilità di effettuare i versamenti tramite domiciliazione bancaria sul conto corrente indicato dal contribuente nella domanda. Tale opzione di addebito diretto rappresenta una semplificazione operativa che consente di evitare dimenticanze o ritardi, garantendo una maggiore regolarità dei pagamenti nel lungo periodo.

Per maggiori dettagli e per assistenza operativa il nostro Studio è a vostra disposizione.

Dal 10 ottobre 2025 entra in vigore una delle più significative riforme italiane sul fronte tecnologico e lavorativo: la legge n. 132/2025, intitolata Disposizioni e deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale. Questo nuovo provvedimento rappresenta il primo intervento organico volto a regolamentare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale (IA) nel mondo del lavoro, nelle professioni e nella pubblica amministrazione, fissando principi, diritti e obblighi destinati a ridefinire il rapporto tra uomo e tecnologia.

L’obiettivo è quello di garantire un impiego dell’IA trasparente, responsabile e rispettoso dei diritti fondamentali della persona. Il legislatore sottolinea come la tecnologia debba essere al servizio dell’uomo e non sostituirlo, con un approccio antropocentrico che salvaguardi la dignità, la libertà e l’autonomia del lavoratore e del cittadino. All’interno di questo quadro, la legge promuove uno sviluppo dell’IA che sia anche etico, valorizzando l’innovazione ma all’interno di confini ben definiti.

Un punto centrale della legge riguarda l’ambito lavorativo. Viene infatti stabilito che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per organizzare, monitorare o gestire il rapporto di lavoro deve sempre essere comunicato in modo chiaro e accessibile ai lavoratori.

Il datore di lavoro, pubblico o privato, ha l’obbligo di informare i propri dipendenti e le rappresentanze sindacali sull’utilizzo di sistemi di IA nel processo decisionale aziendale, soprattutto se tali sistemi incidono su ambiti delicati come l’assunzione, la valutazione delle performance, l’assegnazione di incarichi, la cessazione del contratto o la gestione della produttività.

L’informazione fornita ai lavoratori deve essere strutturata, leggibile tramite strumenti digitali e comprensibile anche da soggetti non esperti in tecnologie. Non è più sufficiente una formula generica: occorre dichiarare quale IA viene utilizzata, per quali scopi, e quali sono i criteri che guidano l’elaborazione e l’interpretazione dei dati da parte dei sistemi automatizzati.

Un altro elemento innovativo della legge è il suo impatto sulle professioni intellettuali. I professionisti — avvocati, commercialisti, architetti, consulenti, ingegneri, medici, formatori — che decidono di avvalersi dell’IA per svolgere parte del proprio lavoro, devono informare i clienti sull’uso degli strumenti automatizzati. L’intelligenza artificiale, in questo contesto, può essere adottata solo come supporto e non può in alcun modo sostituire l’apporto intellettuale del professionista. La legge vieta infatti l’utilizzo prevalente dell’IA nelle attività professionali che richiedono analisi critica, interpretazione, creatività o giudizio soggettivo.

Per preservare la fiducia tra cliente e professionista, viene introdotto l’obbligo di comunicazione trasparente: il cliente deve sapere quando e come l’IA viene impiegata, quali processi sono automatizzati e quale parte dell’attività è frutto dell’analisi umana. In questo modo si evita il rischio che l’assistenza fornita perda valore o venga percepita come standardizzata, e si tutelano la qualità, l’unicità e la responsabilità della prestazione professionale.

Sul piano operativo, questa nuova disciplina impone alle imprese e ai professionisti una serie di adempimenti pratici. Anzitutto, devono mappare i processi in cui viene utilizzata o potrebbe essere introdotta l’IA, valutando attentamente l’impatto su lavoratori, clienti e partner.

Successivamente, devono predisporre documentazione specifica che descriva i sistemi adottati, le loro finalità e le modalità di funzionamento. Infine, è necessario definire ruoli e responsabilità all’interno dell’organizzazione per garantire il monitoraggio continuo dell’utilizzo delle tecnologie.

Un’altra importante novità della legge riguarda l’istituzione, presso il Ministero del Lavoro, di un Osservatorio nazionale sull’intelligenza artificiale applicata al lavoro. L’organo avrà il compito di monitorare l’impatto delle tecnologie sul mercato del lavoro, supportare l’elaborazione di una strategia nazionale in materia di IA, formulare proposte normative e promuovere attività formative rivolte ai lavoratori, ai datori di lavoro e ai professionisti. La finalità è quella di rafforzare le competenze digitali, evitare effetti distorsivi sul mercato e garantire un uso equo e inclusivo della tecnologia.

Dal punto di vista giuridico, la legge n. 132/2025 si integra con il nuovo regolamento europeo sull’intelligenza artificiale, condividendone l’approccio basato sulla valutazione del rischio. I sistemi IA vengono classificati in base alla loro pericolosità per i diritti fondamentali: da quelli a rischio inaccettabile, vietati, a quelli ad alto rischio, che richiedono valutazioni e controlli approfonditi. In questo quadro, anche le aziende italiane dovranno adeguarsi a standard comuni europei, adottando misure di conformità e sistemi di audit interno per evitare sanzioni e contenziosi.

La legge, inoltre, interviene sul fronte penale, introducendo aggravanti per chi utilizza l’IA in modo illecito. In particolare, si prevedono sanzioni più severe per reati commessi sfruttando sistemi automatizzati, come la manipolazione di dati, la diffusione di contenuti generati artificialmente a fini di truffa o la discriminazione algoritmica. Questo rafforza la consapevolezza che l’intelligenza artificiale non è uno strumento neutro, ma un mezzo potenzialmente molto potente, che richiede controlli stringenti e un forte senso di responsabilità da parte di chi la impiega.

 

Il ravvedimento operoso rappresenta uno strumento molto importante nel sistema sanzionatorio tributario italiano, in quanto permette al contribuente di regolarizzare spontaneamente omissioni o errori nei versamenti dei tributi, beneficiando di significative riduzioni delle sanzioni.

Con l’introduzione del “ravvedimento sprint”, la normativa si è evoluta ulteriormente, prevedendo una riduzione particolarmente favorevole per chi effettua il pagamento dovuto entro un brevissimo lasso di tempo.

Per le violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024, la sanzione per omesso o tardivo versamento di tributi si articola secondo precisi scaglioni temporali. Se il versamento dell’imposta avviene entro il 14° giorno successivo alla scadenza, la sanzione è pari allo 0,83% per ogni giorno di ritardo sull’importo non versato. A partire dal 15° giorno, la sanzione sale al 12,5% fisso, per arrivare infine al 25% dal 90° giorno successivo alla scadenza.

Un aspetto interessante e vantaggioso per il contribuente è che la riduzione per i ritardi inferiori ai 15 giorni si applica indipendentemente dal ricorso al ravvedimento, estendendosi anche a violazioni non regolarizzate. Le stesse percentuali sanzionatorie sono utilizzabili nei casi di liquidazione d’imposta maggiore derivante da controlli automatizzati e formali, come previsti dagli articoli 36-bis e 36-ter del DPR 600/73 e dall’articolo 54-bis del DPR 633/72.

Le principali percentuali di riduzione previste dalla normativa sono: 1/10 della sanzione minima se la regolarizzazione avviene entro 30 giorni; 1/9 se entro 90 giorni; 1/8 se entro la presentazione della dichiarazione successiva. Tali percentuali si applicano direttamente alla sanzione minima prevista, che come accennato varia in base al ritardo.

Per calcolare correttamente l’importo della sanzione ridotta, è fondamentale verificare due elementi: la data della violazione e la data del ravvedimento. In presenza di un versamento eseguito entro 15 giorni dalla scadenza, ma regolarizzato successivamente, la sanzione “base” resta lo 0,83% giornaliero, anche se il beneficio della riduzione viene poi modulato in base al tempo trascorso fino alla regolarizzazione.

È possibile configurare vari scenari operativi. Nel primo caso, se il contribuente effettua entro 15 giorni dalla scadenza il versamento completo dell’imposta, della sanzione ridotta e degli interessi, la sanzione applicabile è quella dello 0,0833% per ogni giorno di ritardo. Nel secondo caso, se entro i 15 giorni viene versata solo l’imposta, mentre sanzione e interessi vengono saldati in un momento successivo, si applica la sanzione “piena” giornaliera dello 0,83% fino alla data del versamento dell’imposta. Alla base di calcolo così determinata si applica poi la riduzione, a seconda del momento del ravvedimento (1/10, 1/9, 1/8 ecc.).

Questa impostazione è stata chiarita anche dall’Agenzia delle Entrate, secondo cui la sanzione base si calcola sul numero di giorni di ritardo nel versamento, mentre il coefficiente di riduzione dipende dal momento in cui viene perfezionato il ravvedimento. È importante, nella pratica, calcolare dapprima la sanzione piena, applicare successivamente la riduzione prevista e infine arrotondare il risultato al centesimo di euro per evitare errori.

Un ulteriore dettaglio tecnico riguarda l’utilizzo dei codici tributo per l’effettuazione dei versamenti. Gli importi dovuti a titolo di sanzione ridotta sono da versare con il codice 8904, mentre per gli interessi moratori va utilizzato il codice 1991. Per il versamento dell’imposta vera e propria si utilizza invece il codice specifico riferito al tipo di tributo, ad esempio il 6009 per l’IVA.

Tutti questi accorgimenti operativi permettono ai contribuenti di regolarizzare tempestivamente le proprie posizioni evitando le sanzioni più pesanti previste per omissioni prolungate. L’adozione del ravvedimento sprint, soprattutto in contesti di lievi ritardi, risulta uno strumento particolarmente efficace, grazie alla sua flessibilità e alla riduzione sensibile delle sanzioni.

Le indicazioni pratiche per l’applicazione del ravvedimento richiedono attenzione non solo alle scadenze, ma anche alla corretta determinazione delle percentuali e all’utilizzo appropriato dei codici tributo. La corretta gestione di questi aspetti contribuisce a evitare errori e garantire il rispetto delle norme vigenti.

Infine, è fondamentale ricordare che le percentuali utilizzate nei calcoli delle sanzioni ridotte sono state arrotondate alla quarta cifra decimale per semplicità espositiva, ma nella pratica è opportuno seguire un processo di calcolo accurato e strutturato, come descritto, al fine di ottenere risultati corretti.

 

Giorni di ritardo Sanzione base Ravvedimento operoso Riduzione applicabile Percentuale finale (giornaliera o fissa)
1–14 giorni 0,83% per ogni giorno 1/10 (entro 30 giorni) 0,0833% per giorno
15–90 giorni 12,5% fisso 1/10 (entro 30 giorni) 1,25%
1/9 (entro 90 giorni) 1,39%
1/8 (entro dichiarazione annuale) 1,56%
Oltre 90 giorni 25% fisso 1/8 (entro dichiarazione annuale) 3,13%
Versamento entro 15 gg 0,83% per giorno anche se non regolarizzato Non necessario per sanzione ridotta Non applicabile 0,83% per giorno
Solo imposta entro 15 gg, ravvedimento dopo 0,83% per giorno fino al pagamento Riduzioni 1/10, 1/9, 1/8 a seconda del momento Variabile (es. 0,0833%, 0,0922%, 0,10375%)
  • Gli interessi sono sempre dovuti e calcolati al tasso legale annuo.
  • La base di calcolo è l’importo non versato; la sanzione ridotta si applica dopo il calcolo della sanzione piena.
  • Codici tributo: 8904 per la sanzione, 1991 per gli interessi, codice tributo ordinario per l’imposta.

Per assistenza operativa il nostro studio è a vostra disposizione.

A partire dal 1° gennaio del secondo anno successivo alla presentazione della dichiarazione annuale IVA, l’omesso versamento dell’IVA per un importo superiore a 250.000 euro assume rilevanza penale.

La riforma fiscale ha introdotto un significativo prolungamento del termine per la configurazione del reato, consentendo così ai contribuenti maggiori possibilità di regolarizzazione. La nuova disposizione, infatti, stabilisce che è punito con la reclusione da sei mesi a due anni chi, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, non versa l’imposta sul valore aggiunto risultante dalla stessa, superando la soglia sopra indicata, sempre che il debito non sia oggetto di rateazione ai sensi dell’art. 3-bis del D.Lgs. n. 462/1997.

Una delle novità fondamentali riguarda l’irrilevanza penale nei casi in cui il contribuente avvii il pagamento rateale derivante da avviso bonario. Il legislatore ha, infatti, riconosciuto che l’avvio della rateazione entro il termine del 31 dicembre successivo alla dichiarazione, anche mediante il versamento della sola prima rata, evita il configurarsi del reato, a prescindere dall’importo residuo ancora da versare.

Le condizioni essenziali per la configurazione del reato sono due. La prima è che l’omesso versamento si protragga oltre il 31 dicembre dell’anno successivo alla presentazione della dichiarazione IVA. La seconda è che l’IVA dovuta, non versata entro tale termine, superi i 250.000 euro per ciascun periodo d’imposta. Tuttavia, se il contribuente effettua versamenti parziali che riducono il saldo non versato sotto tale soglia, la sanzione penale può essere evitata.

Accanto alla responsabilità penale, permane comunque la sanzione amministrativa, pari al 25% dell’imposta non versata (ridotta dal 30% vigente fino al saldo IVA 2023), qualora il ritardo superi i 90 giorni.

Con riferimento agli avvisi bonari, la riforma ha stabilito che l’Agenzia delle Entrate debba emettere tali comunicazioni entro il 30 settembre dell’anno successivo alla dichiarazione. Questo consente al contribuente di iniziare il pagamento rateale entro il 31 dicembre, rispettando così il nuovo termine utile a evitare conseguenze penali. Anche in assenza di avviso bonario, è possibile procedere al pagamento spontaneo rateale dell’imposta dovuta, versando almeno un ventesimo per trimestre solare. In tal caso, l’importo da rateizzare deve riferirsi alla sola imposta, escludendo sanzioni e interessi, che saranno eventualmente aggiunti una volta ricevuto l’avviso.

Se però il contribuente decade dalla rateazione, la rilevanza penale riemerge solo se il debito residuo supera i 75.000 euro.

Un esempio pratico chiarisce la dinamica: un contribuente che non ha versato l’IVA 2023, pari a 300.000 euro, e riceve un avviso bonario il 30 settembre 2025 con richiesta di 340.000 euro (inclusi sanzioni e interessi), può evitare il reato pagando la prima rata da 17.000 euro entro il 31 dicembre 2025. La rateazione in corso esclude, in questo caso, la configurazione del reato, anche se l’importo residuo resta superiore a 250.000 euro.

Per determinare se si supera la soglia di punibilità penale, occorre fare riferimento alla sezione II del quadro VL, rigo VL38 del modello IVA, denominato “Totale IVA dovuta”, considerando anche l’importo indicato a rigo VL30, colonna 3, relativo all’IVA periodica versata. È importante che tali dati riflettano la reale situazione contabile, poiché, in passato, la Corte di Cassazione ha espresso posizioni differenti in merito. In una sentenza del 2014 (n. 31178), il reato fu ritenuto sussistente anche se la soglia era apparentemente sotto i 250.000 euro, perché l’IVA dovuta deve basarsi sulla realtà fiscale e non su dati erroneamente riportati nella dichiarazione. In un caso del 2021 (n. 31367), invece, la Corte ha escluso il reato proprio perché il rigo VL38 indicava correttamente un importo inferiore alla soglia.

Le modifiche introdotte dalla riforma fiscale sono entrate in vigore il 29 giugno 2024, e, trattandosi di norme penali, si applica il principio del favor rei. Questo significa che le disposizioni più favorevoli si estendono anche alle violazioni antecedenti, a meno che non sia già intervenuta una sentenza definitiva di condanna.

Infine, la norma prevede che la regolarizzazione degli importi dovuti, comprensivi di debito, sanzioni e interessi, attraverso ravvedimento operoso, adesione all’accertamento o procedure conciliative, purché intervenute prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, costituisca causa di non punibilità.

Il nostro team di esperti è a vostra disposizione per domande e assistenza operativa.

Reato Omesso versamento IVA
Riferimento normativo Art. 10-ter, D.Lgs. n. 74/2000
Soglia penale IVA non versata > € 250.000 per anno d’imposta
Termine per versamento 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione
Sanzione penale Reclusione da 6 mesi a 2 anni
Sanzione amministrativa 25% dell’IVA non versata (oltre 90 giorni di ritardo)
Avviso bonario Deve essere inviato entro il 30 settembre dell’anno successivo
Evitabilità del reato Con pagamento della prima rata dell’avviso bonario entro il 31 dicembre
Importo prima rata Minimo 1/20 dell’importo dovuto
Decadenza da rateazione Reato riemerge solo se il debito residuo > € 75.000
Applicazione retroattiva (favor rei) Sì, se più favorevole e senza condanna definitiva
Esclusione punibilità Ravvedimento, adesione o conciliazione prima del dibattimento di primo grado

 

 

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