Nel 2025, il sistema fiscale italiano subirà una rilevante modifica con l’abolizione dell’esonero IVS del 6%-7%, che in precedenza aveva ridotto i contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti, incrementandone il reddito netto. Per mitigare l’impatto di questa revoca, il governo ha introdotto nuove misure fiscali volte ad alleggerire il carico tributario sui lavoratori e a promuovere una maggiore equità nel sistema fiscale.

Le due principali agevolazioni previste per il 2025 sono:

  1. Somma integrativa, destinata ai lavoratori con reddito complessivo annuo fino a 20.000€.
  2. Ulteriore detrazione d’imposta, per chi ha un reddito complessivo annuo tra 20.000€ e 40.000€.

In questo articolo analizzeremo nel dettaglio entrambe le misure, fornendo esempi pratici e tabelle riepilogative per chiarire ogni dubbio.

La somma integrativa è un contributo economico aggiuntivo riconosciuto ai lavoratori dipendenti che rientrano in specifiche fasce di reddito.

Per beneficiare della somma integrativa nel 2025, è necessario soddisfare i seguenti requisiti:

  • Essere lavoratore dipendente
  • Avere un reddito complessivo annuo (RC) non superiore a 20.000€
  • L’importo è calcolato in base al reddito da lavoro dipendente (RLD).

L’ammontare della somma integrativa è determinato in base a una percentuale applicata al reddito da lavoro dipendente (RLD).

Reddito da lavoro dipendente (RLD) % Somma integrativa spettante
RLD ≤ 8.500€ 7,1%
8.500€ < RLD ≤ 15.000€ 5,3%
15.000€ < RLD ≤ 20.000€ 4,8%

Supponiamo che un lavoratore abbia un reddito da lavoro dipendente di 14.000€. La somma integrativa spettante sarà:

🔹 14.000€ × 5,3% = 742€

Questo importo verrà riconosciuto automaticamente in busta paga.

La seconda misura di riduzione del cuneo fiscale per il 2025 è l’ulteriore detrazione d’imposta. Questa agevolazione riguarda i lavoratori con un reddito complessivo annuo compreso tra 20.000€ e 40.000€.

L’ammontare della detrazione dipende dal livello di reddito complessivo annuo (RC) secondo lo schema seguente:

Reddito complessivo annuo (RC) Detrazione annua
20.000€ < RC ≤ 32.000€ 1.000€
32.000€ < RC < 40.000€ 1.000 × (40.000 – RC)
RC ≥ 40.000€ 0€

 

 

  1. Un lavoratore con un reddito complessivo di 28.000€ riceverà una detrazione di:
    🔹 1.000€
  2. Un lavoratore con un reddito complessivo di 35.000€ riceverà una detrazione di:
    🔹 1.000 × (40.000 – 35.000) = 5.000€

Questa detrazione viene applicata direttamente in busta paga dal datore di lavoro senza necessità di richiesta.

Il reddito complessivo annuo (RC) è il parametro fondamentale per determinare l’accesso alle misure di riduzione del cuneo fiscale. Ecco alcuni aspetti importanti:

  • Rileva anche la quota esente del reddito agevolato per i lavoratori impatriati
  • Non rileva il reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze.
  • Il riconoscimento delle agevolazioni avviene in automatico, senza necessità di richiesta.

Se un lavoratore ritiene di non aver diritto all’agevolazione, può richiederne la non applicazione.

Per approfondimenti e assistenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

 

FAQ – Domande frequenti

  1. Chi può beneficiare della somma integrativa?

Tutti i lavoratori dipendenti con reddito complessivo annuo fino a 20.000€.

  1. La detrazione d’imposta si applica automaticamente?

Sì, viene riconosciuta in automatico dal datore di lavoro.

  1. Il reddito della casa principale conta per il calcolo del RC?

No, il reddito della casa principale e delle sue pertinenze non viene considerato.

  1. Cosa succede se il mio reddito supera i 40.000€?

Se il reddito complessivo supera i 40.000€, non si ha diritto alla detrazione d’imposta.

 

La recente approvazione del Decreto Milleproroghe 2025 segna un’importante svolta per chi, pur avendo aderito alla rottamazione quater, è decaduto dal beneficio a causa del mancato pagamento delle rate previste entro il 31 dicembre 2024. Grazie a un emendamento inserito nel decreto, questi contribuenti potranno richiedere una nuova ammissione alla definizione agevolata, ma per farlo dovranno presentare una domanda entro la scadenza tassativa del 30 aprile 2025.

Questa misura si configura come una seconda opportunità per quei contribuenti che, per diverse ragioni, non sono riusciti a rispettare gli impegni di pagamento. L’agevolazione permetterà loro di evitare il ripristino delle normali sanzioni e degli interessi di mora, offrendo la possibilità di sanare la propria posizione fiscale senza subire l’aggravio di ulteriori costi. Tuttavia, per accedere a questa possibilità, sarà fondamentale comprendere i dettagli normativi e le modalità operative previste dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

L’inserimento dell’articolo 3-bis all’interno del Decreto Milleproroghe 2025 ha creato le basi giuridiche per la riapertura della rottamazione quater, una misura che, sin dalla sua introduzione, ha rappresentato un’opportunità di regolarizzazione per migliaia di contribuenti italiani. Tuttavia, in molti casi, gli stessi soggetti che avevano aderito inizialmente si sono trovati in difficoltà nel rispettare le scadenze stabilite.

Per comprendere l’importanza di questa riapertura, è necessario ripercorrere brevemente la storia della rottamazione quater. Si tratta di un meccanismo che consente di saldare i debiti fiscali e contributivi eliminando sanzioni e interessi di mora, con la possibilità di effettuare il pagamento in forma rateizzata. Tuttavia, la rigidità delle scadenze ha portato numerosi contribuenti a decadere dal beneficio, ritrovandosi nuovamente esposti alle tradizionali misure di riscossione, che prevedono l’applicazione di sanzioni e interessi elevati.

La decisione di riaprire i termini per i decaduti si inserisce in un quadro più ampio di interventi volti a garantire maggiore flessibilità ai contribuenti in difficoltà, riconoscendo il peso che la crisi economica e gli eventi straordinari degli ultimi anni hanno avuto sulla capacità di far fronte agli impegni fiscali.

Chi Potrà Beneficiare della Riapertura

La nuova finestra di adesione alla rottamazione quater si rivolge esclusivamente a quei contribuenti che, pur avendo inizialmente aderito alla definizione agevolata, sono decaduti a seguito del mancato, tardivo o insufficiente versamento delle rate entro la scadenza del 31 dicembre 2024. Questo significa che non sarà possibile usufruire di questa possibilità per chi non aveva mai fatto richiesta di adesione in precedenza o per chi ha accumulato nuovi debiti non compresi nella precedente rottamazione.

La norma si pone come obiettivo principale quello di offrire un’ultima chance a chi, per motivi economici o contingenti, ha perso il diritto alla definizione agevolata, consentendo loro di riprendere il percorso interrotto senza perdere i benefici previsti dalla misura originaria.

Va sottolineato, tuttavia, che questa non è una riapertura generalizzata della rottamazione quater, ma una misura mirata esclusivamente ai soggetti decaduti, i quali dovranno ripresentare una domanda per essere riammessi.

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione avrà un ruolo centrale nella gestione di questa riapertura. Entro venti giorni dalla pubblicazione definitiva della legge, l’ente metterà a disposizione dei contribuenti la modulistica necessaria per presentare la domanda di riammissione.

Per completare correttamente la procedura, il contribuente dovrà indicare i propri dati anagrafici, specificare quali cartelle esattoriali rientrano nella richiesta e scegliere la modalità di pagamento preferita, che potrà essere in un’unica soluzione o tramite un piano rateale.

L’invio della domanda dovrà avvenire entro e non oltre il 30 aprile 2025, e solo dopo la sua accettazione verrà comunicato il nuovo piano di pagamento, che prevederà una prima scadenza fissata al 31 luglio 2025.

Coloro che verranno riammessi dovranno attenersi a un nuovo calendario di pagamenti, che prevede una prima scadenza al 31 luglio 2025, data entro la quale sarà possibile versare l’intero importo in un’unica soluzione o avviare un pagamento rateale.

Per chi sceglierà la rateizzazione, il piano si articolerà su un massimo di dieci rate, distribuite tra il 2025 e il 2027. La seconda rata sarà dovuta entro il 30 novembre 2025, mentre per gli anni successivi sono previste quattro scadenze annuali: il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre.

Un elemento importante da considerare è l’applicazione di un tasso di interesse del 2% annuo, calcolato a partire dal 1° novembre 2023, che andrà ad aggiungersi agli importi rateizzati.

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione fornirà ai contribuenti riammessi tutti i dettagli relativi agli importi esatti e alle singole scadenze, con una comunicazione ufficiale che verrà trasmessa entro il 30 giugno 2025.

Cosa Succede in Caso di Mancato Pagamento

Non rispettare il nuovo piano di pagamenti comporterà la perdita definitiva del beneficio della rottamazione quater. In caso di ulteriori ritardi o omissioni nei versamenti, il contribuente tornerà automaticamente al regime ordinario di riscossione, con l’applicazione di sanzioni e interessi di mora senza possibilità di ulteriori riaperture o proroghe.

Chi invece aveva già rispettato tutte le scadenze precedenti, dovrà comunque completare il pagamento delle rate rimanenti, con una scadenza fondamentale fissata al 28 febbraio 2025 per il versamento della settima rata prevista per i contribuenti già in regola.

Per una consulenza personalizzata sulla riapertura della rottamazione quater e su altre questioni fiscali, il team di esperti dello Studio Pallino è a vostra disposizione.

 

FAQ

  1. Chi può accedere alla riapertura della rottamazione quater?

La riapertura è riservata esclusivamente ai contribuenti che avevano aderito alla rottamazione quater originaria, ma che sono decaduti a causa del mancato pagamento di una o più rate entro il 31 dicembre 2024.

  1. Qual è la scadenza per presentare la domanda?

Il termine ultimo per presentare la richiesta di riammissione è fissato al 30 aprile 2025. Oltre questa data non sarà più possibile aderire alla definizione agevolata.

  1. Come si presenta la domanda di riammissione?

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione pubblicherà entro 20 giorni dall’approvazione definitiva della legge la modulistica necessaria per l’invio della richiesta. Il contribuente dovrà compilare il modulo con i propri dati, indicare le cartelle per cui richiede la riammissione e scegliere la modalità di pagamento.

  1. È possibile pagare in un’unica soluzione?

Sì, chi lo desidera potrà versare l’intero importo dovuto entro la prima scadenza fissata al 31 luglio 2025.

  1. È prevista la possibilità di rateizzazione?

Sì, il piano di pagamento prevede un massimo di 10 rate, con la prima da versare entro il 31 luglio 2025 e la seconda entro il 30 novembre 2025. Dal 2026 al 2027 sono previste quattro rate annuali con scadenza il 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre.

  1. Ci sono interessi da pagare sulle somme rateizzate?

Sì, sulle somme rateizzate si applica un interesse del 2% annuo, calcolato a partire dal 1° novembre 2023.

  1. Cosa succede se non si rispettano le scadenze di pagamento?

Il contribuente che non versa le rate secondo il nuovo piano di pagamento decadrà definitivamente dalla definizione agevolata e tornerà al regime ordinario di riscossione, con il ripristino di sanzioni e interessi ordinari.

  1. Chi ha già pagato regolarmente le rate precedenti deve fare qualcosa?

No, per chi è in regola con i versamenti non è necessario presentare alcuna domanda. Tuttavia, per chi ha scelto il pagamento rateale, rimane invariata la scadenza del 28 febbraio 2025 per il versamento della settima rata.

  1. Quando saranno comunicati gli importi esatti da versare?

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione comunicherà ai contribuenti ammessi alla riapertura entro il 30 giugno 2025 gli importi esatti delle somme dovute e delle singole rate.

Scadenze Principali per la Rottamazione Quater 2025

Evento Data
Pubblicazione modulistica AdER Entro 20 giorni dall’approvazione della legge
Scadenza presentazione domanda 30 aprile 2025
Comunicazione importi da versare 30 giugno 2025
Scadenza prima rata o saldo unico 31 luglio 2025
Scadenza seconda rata 30 novembre 2025
Rate annuali successive 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio, 30 novembre (dal 2026 al 2027)

 

Piano di Pagamento Rateizzato

Anno Scadenze di Pagamento Note
2025 31 luglio, 30 novembre Prima e seconda rata
2026 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio, 30 novembre Quattro rate annuali
2027 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio, 30 novembre Ultime quattro rate

 

Confronto tra Rottamazione e Regime Ordinario

Parametro Rottamazione Quater Regime Ordinario
Applicazione sanzioni e interessi No (sanzioni e interessi di mora eliminati) Sì (applicati su ogni cartella esattoriale)
Possibilità di rateizzazione Sì, fino a 10 rate Sì, ma con tassi più alti
Scadenza per la domanda 30 aprile 2025 Non applicabile
Tasso di interesse su rate 2% annuo (dal 1° novembre 2023) Variabile, generalmente superiore
Conseguenze mancato pagamento Decadenza definitiva e ritorno al regime ordinario Riscossione forzata e pignoramenti

 

L’anno 2025 porta con sé importanti novità fiscali per le imprese italiane, soprattutto in relazione alla tassazione sui redditi d’impresa e agli incentivi per investimenti e assunzioni. Tra le misure di maggiore impatto, spicca l’IRES premiale, una riduzione dell’aliquota d’imposta dal 24% al 20%, introdotta dalla Legge 207/2024.

Questa riduzione non è applicabile a tutte le imprese: sono escluse le società in liquidazione, quelle soggette a procedure concorsuali e quelle che determinano il reddito secondo regimi forfetari. Le imprese idonee dovranno invece dimostrare di aver destinato una parte significativa degli utili a riserva, di aver effettuato investimenti qualificati e di aver mantenuto o incrementato la propria forza lavoro.

L’obiettivo di questa misura è duplice: incentivare la patrimonializzazione delle imprese, evitando distribuzioni di utili agli azionisti, e stimolare la crescita economica attraverso investimenti mirati in innovazione e occupazione.

Cinque condizioni per accedere al beneficio

Per poter beneficiare dell’IRES premiale, le imprese devono soddisfare cinque condizioni essenziali.

  • Accantonamento degli utili

La prima condizione riguarda la destinazione dell’utile d’esercizio 2024. Per accedere all’IRES premiale, almeno l’80% di tale utile deve essere accantonato in una riserva apposita, denominata “Riserva utili IRES premiale”, in conformità con la Legge 207/2024. Questo significa che le imprese non potranno distribuire la maggior parte dei loro profitti agli azionisti, ma dovranno conservarli per rafforzare la propria solidità patrimoniale.

Sebbene la normativa non vieti esplicitamente alle imprese in perdita nel 2024 di beneficiare della misura, la relazione tecnica suggerisce che solo le aziende con un utile positivo, anche minimo, possano accedere al beneficio. Inoltre, resta da chiarire se nel calcolo dell’80% possano essere inclusi altri accantonamenti obbligatori, come la riserva legale.

  • Investimenti in beni 4.0 e 5.0

La seconda condizione riguarda gli investimenti effettuati tra il 1° gennaio 2025 e il 31 ottobre 2026. Per ottenere l’IRES premiale, le imprese devono realizzare investimenti in beni strumentali nuovi, rientranti nei piani Industria 4.0 o Transizione 5.0, presso strutture situate in Italia.

L’importo minimo degli investimenti deve essere pari al maggiore tra:

  • Il 30% dell’80% dell’utile 2024 destinato a riserva
  • Il 24% dell’utile dell’esercizio 2023

Tuttavia, vi è una soglia minima assoluta di 20.000 euro, al di sotto della quale l’agevolazione non è concessa. Rimangono alcune incertezze interpretative per le imprese costituite nel 2024 o con bilanci in perdita nel 2023, per le quali si attendono chiarimenti ufficiali.

  • Stabilità dell’occupazione

La terza condizione riguarda la tutela del livello occupazionale. Per accedere alla riduzione dell’IRES, le imprese devono garantire che il numero complessivo di unità lavorative per anno (ULA) nel 2025 non sia inferiore alla media del triennio 2022-2024.

Questo requisito è stato introdotto per evitare che le imprese licenzino personale per massimizzare il risparmio fiscale. In tal senso, il mantenimento della forza lavoro è un criterio essenziale per ottenere il beneficio, imponendo alle aziende di pianificare con attenzione eventuali ristrutturazioni aziendali o tagli al personale.

  • Nuove assunzioni a tempo indeterminato

La quarta condizione imposta dalla normativa per accedere all’IRES premiale riguarda l’incremento occupazionale. Le imprese devono assumere nuovi dipendenti con contratto a tempo indeterminato nel corso del 2025. Questo incremento deve essere almeno pari all’1% della media dei lavoratori a tempo indeterminato presenti nel 2024, con un minimo di una nuova assunzione.

Questa condizione è stata introdotta per incentivare le imprese a creare nuovi posti di lavoro, migliorando la stabilità del mercato occupazionale. Inoltre, la norma fa riferimento all’incremento occupazionale come previsto dall’articolo 4 del Decreto Legislativo 216/2023, il quale prevede specifici parametri per la misurazione della crescita del personale.

  • Esclusione dalla Cassa Integrazione Guadagni (CIG)

Un’altra condizione fondamentale per ottenere la riduzione dell’aliquota IRES è il non utilizzo della Cassa Integrazione Guadagni (CIG) nel biennio 2024-2025. L’unica eccezione riguarda le aziende che hanno usufruito della CIG per eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai lavoratori, come previsto dall’articolo 11, lettera a), del Decreto Legislativo 148/2015.

Questo requisito è stato pensato per premiare le imprese che riescono a mantenere la continuità lavorativa dei propri dipendenti senza ricorrere ad ammortizzatori sociali, rafforzando così il mercato del lavoro e la stabilità aziendale.

Il risparmio fiscale derivante dall’applicazione dell’IRES premiale consiste in una riduzione di quattro punti percentuali dell’aliquota d’imposta, passando dal 24% al 20%. Questa agevolazione si applica sull’intero reddito imponibile dell’esercizio 2025, indipendentemente dall’ammontare dell’utile 2024 accantonato o dal costo degli investimenti effettuati.

Ad esempio, se un’azienda ha un utile di 80.000 euro nel 2024 e accantona l’80% in una riserva apposita, effettuando investimenti qualificati per almeno 24.000 euro, e presenta un reddito imponibile di 1.500.000 euro nel 2025, il risparmio fiscale sarà pari a 60.000 euro.

Tuttavia, se la società dovesse registrare una perdita nel 2025, il beneficio non sarebbe applicabile. Inoltre, l’agevolazione non si estende alla parte di reddito compensata da perdite fiscali pregresse riportate a nuovo.

Le aziende che usufruiscono dell’IRES premiale devono rispettare determinati vincoli per mantenere il beneficio fiscale. In particolare, gli investimenti effettuati non possono essere ceduti, dismessi o delocalizzati all’estero fino al termine del quinto anno successivo all’acquisto. Questo significa che, per gli investimenti realizzati nel 2025, il vincolo resterà in vigore fino al 31 dicembre 2030 o, nel caso di investimenti realizzati nel 2026, fino al 31 dicembre 2031.

Inoltre, la riserva degli utili accantonati non potrà essere distribuita ai soci fino alla chiusura del secondo esercizio successivo, ovvero fino al 31 dicembre 2026. Qualora la riserva venisse distribuita prima di tale data, l’azienda perderebbe il beneficio fiscale e dovrebbe restituire l’importo corrispondente alla riduzione d’imposta ottenuta.

La riduzione dell’aliquota IRES può essere cumulata con altre agevolazioni fiscali, tra cui la super-deduzione del 120% per le nuove assunzioni e gli incentivi per la Transizione 5.0. Tuttavia, alcune limitazioni e condizioni devono essere rispettate per evitare sovrapposizioni e massimizzare il beneficio complessivo.

La Legge 207/2024 proroga fino al 2027 la super-deduzione del 120%-130% per il costo dei nuovi assunti con contratto a tempo indeterminato. Questa agevolazione consente di maggiorare il costo del personale assunto ai fini della deduzione fiscale, riducendo ulteriormente l’imponibile fiscale dell’impresa.

La super-deduzione si applica solo alle aziende che registrano un incremento occupazionale misurato alla fine di ciascun esercizio rispetto al periodo precedente. Pertanto, il beneficio dell’IRES premiale può essere potenziato con la super-deduzione, a condizione che l’azienda incrementi il numero di lavoratori a tempo indeterminato nel triennio 2025-2027.

La Legge 207/2024 ha ridotto gli incentivi per gli investimenti in beni 4.0 a partire dal 2025, al fine di orientare le imprese verso il programma Transizione 5.0, che offre percentuali di credito d’imposta più elevate per investimenti che contribuiscono al risparmio energetico.

Le imprese che optano per l’IRES premiale e realizzano investimenti in beni 5.0 potranno beneficiare di crediti d’imposta più elevati, arrivando fino al 45% per investimenti tra 2,5 e 10 milioni di euro, se soddisfano i requisiti energetici stabiliti dalla normativa.

Possibilità di cumulo con altri incentivi

L’IRES premiale può essere cumulato con altri incentivi previsti dai programmi dell’Unione Europea e con il credito d’imposta per investimenti nella Zona Economica Speciale (ZES) del Mezzogiorno. Tuttavia, la somma dei benefici non può superare il 100% del costo dell’investimento agevolato. Inoltre, l’IRES premiale non è cumulabile con il credito d’imposta Industria 4.0.

Le imprese che desiderano sfruttare appieno le agevolazioni disponibili dovranno, quindi, valutare attentamente la combinazione dei benefici per ottimizzare il proprio piano fiscale.

Per maggiori dettagli e per assistenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

 

Condizioni per accedere all’IRES premiale

Condizione Requisito
Accantonamento utili Almeno l’80% dell’utile 2024 in una riserva dedicata
Investimenti Minimo 20.000 euro in beni 4.0 o 5.0 tra 01/01/2025 e 31/10/2026
Stabilità occupazionale Numero di ULA nel 2025 non inferiore alla media 2022-2024
Nuove assunzioni Almeno +1% rispetto alla media 2024, con un minimo di un assunto
No utilizzo CIG Nessuna richiesta di CIG nel biennio 2024-2025, salvo eventi transitori

 

Benefici e vincoli

Aspetto Dettagli
Aliquota IRES ridotta Dal 24% al 20% per il 2025
Applicazione dell’aliquota Su tutto l’imponibile 2025, senza limiti di importo
Cause di decadenza Distribuzione della riserva prima del 31/12/2026; cessione o delocalizzazione investimenti prima del 2030/2031
Possibilità di cumulo Con super-deduzione 120%, incentivi Transizione 5.0 e ZES, ma non con Industria 4.0

FAQ

  1. Chi può beneficiare dell’IRES premiale?
    Le società di capitali che rispettano tutte e cinque le condizioni imposte dalla normativa. Sono escluse le società in liquidazione, in procedura concorsuale e quelle con regime forfettario.
  2. Se un’impresa ha registrato una perdita nel 2024, può comunque accedere al beneficio?
    No, l’agevolazione è concessa solo alle imprese che hanno registrato un utile nel 2024, anche minimo.
  3. Gli investimenti devono essere effettuati solo nel 2025?
    No, gli investimenti devono essere realizzati tra il 1° gennaio 2025 e il 31 ottobre 2026.
  4. L’IRES premiale è cumulabile con altre agevolazioni?
    Sì, con la super-deduzione 120% e con gli incentivi Transizione 5.0, ma non con il credito Industria 4.0.
  5. Cosa succede se la riserva accantonata viene distribuita prima del 31 dicembre 2026?
    L’azienda perde il diritto all’aliquota ridotta e dovrà restituire il beneficio fiscale.
  6. Qual è il minimo di investimento richiesto?
    Il minimo assoluto è di 20.000 euro, ma l’importo effettivo dipende dagli utili aziendali e deve essere almeno il 30% dell’80% dell’utile 2024 o il 24% dell’utile 2023.
  7. Se un’impresa utilizza la CIG nel 2024-2025, può comunque accedere al beneficio?
    Solo se l’utilizzo della CIG è motivato da eventi transitori non imputabili all’impresa o ai dipendenti, come specificato dall’art. 11 del Dlgs 148/2015.
  8. Quali sono le penalità in caso di non rispetto delle condizioni?
    La perdita dell’agevolazione e la restituzione delle imposte non versate con l’aliquota ridotta.
  9. L’IRES premiale si applica automaticamente o bisogna fare domanda?
    L’agevolazione non è automatica. Le imprese devono dimostrare di aver rispettato tutte le condizioni nella dichiarazione dei redditi 2025.
  10. Gli investimenti in beni immateriali sono inclusi?
    No, l’agevolazione riguarda solo investimenti in beni materiali 4.0 e 5.0.

 

L’agevolazione fiscale della detrazione del 55% rappresenta un’importante opportunità per i lavoratori autonomi che intendono migliorare l’efficienza energetica degli immobili utilizzati per la propria attività professionale. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito, attraverso la circolare n. 20 del 13 maggio 2011, che tale detrazione può essere cumulata con la deduzione delle stesse spese, rendendo ancora più vantaggiosi gli interventi di riqualificazione energetica. Comprendere le regole di applicazione e le modalità di accesso a questo beneficio fiscale consente ai professionisti di ottimizzare i propri investimenti, riducendo l’impatto economico delle migliorie sugli immobili strumentali o a uso promiscuo.

L’agevolazione si inserisce nel quadro normativo delineato dalla Legge n. 296/2006, che prevede incentivi per la riduzione dei consumi energetici attraverso interventi mirati. Questa detrazione fiscale si differenzia dal bonus del 36%, riservato esclusivamente agli edifici residenziali, in quanto può essere applicata a qualsiasi categoria catastale, compresi gli immobili strumentali. Tale aspetto la rende particolarmente vantaggiosa per i lavoratori autonomi e per le imprese che intendono investire in efficienza energetica senza perdere il diritto alla deduzione delle spese.

I beneficiari della detrazione sono i lavoratori autonomi, sia in forma individuale che associata, a condizione che abbiano un titolo valido di possesso dell’immobile, come la proprietà, un diritto reale di godimento, la locazione, anche finanziaria, o il comodato d’uso. Per poter accedere alla detrazione, le spese devono rimanere effettivamente a loro carico, senza essere rimborsate da altri soggetti. Un caso particolare riguarda gli immobili a uso promiscuo, utilizzati sia per attività professionale che per scopi personali, per i quali la detrazione può essere applicata secondo criteri specifici definiti dall’Agenzia delle Entrate.

Gli interventi che rientrano nell’agevolazione riguardano la riqualificazione energetica degli edifici, comprendendo operazioni come la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale, la sostituzione degli infissi e l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda. Le spese sostenute per tali interventi possono essere portate in detrazione a condizione che rispettino i parametri previsti dalla normativa vigente e che siano documentate secondo le prescrizioni dell’Agenzia delle Entrate.

Una delle principali caratteristiche di questa detrazione fiscale è la sua cumulabilità con la deduzione delle stesse spese. La normativa stabilisce che la deduzione deve avvenire secondo le regole applicabili alle spese di ristrutturazione e manutenzione degli immobili strumentali, seguendo il criterio dell’incremento del costo del bene o della deducibilità nel limite del 5% del costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili. L’eventuale eccedenza può essere ripartita in quote costanti nei cinque anni successivi.

Dal punto di vista del reddito imponibile, la detrazione del 55% non costituisce un contributo in conto capitale e non deve essere considerata un componente positivo ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo. Questo principio, confermato dall’Agenzia delle Entrate, esclude l’obbligo di considerare l’agevolazione come una forma di ricavo da assoggettare a tassazione, garantendo un risparmio netto per il contribuente. L’unica eccezione riguarda eventuali contributi pubblici ricevuti per lo stesso investimento, i quali devono essere sottratti dall’importo delle spese detraibili.

Nel caso degli immobili a uso promiscuo, la normativa prevede regole specifiche per la determinazione della quota detraibile. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il beneficio fiscale si applica in proporzione alla quota dell’immobile effettivamente destinata all’attività lavorativa.

Un aspetto rilevante riguarda l’effetto della detrazione sulle quote di ammortamento del bene strumentale. La normativa stabilisce che il costo di acquisto del bene deve essere assunto al netto di eventuali contributi ricevuti, in modo da garantire una corretta determinazione delle quote di ammortamento deducibili.

L’interpretazione della normativa da parte dell’Agenzia delle Entrate è stata fondamentale per risolvere alcuni dubbi applicativi e fornire chiarimenti su specifiche situazioni. In particolare, sono state fornite indicazioni su come considerare la detrazione ai fini della formazione del reddito e sulla compatibilità con altre agevolazioni fiscali.

Nell’applicazione pratica della detrazione, è utile analizzare alcuni esempi concreti. Un professionista che ha in affitto uno studio può beneficiare della detrazione a condizione che le spese per gli interventi siano effettivamente sostenute a suo carico. In alternativa, un lavoratore autonomo che possiede un immobile strumentale di proprietà può cumulare la detrazione con la deduzione della spesa, ottenendo un risparmio fiscale ancora maggiore.

Per poter usufruire della detrazione, è necessario adempiere a specifici obblighi documentali, tra cui la conservazione delle fatture e dei bonifici relativi agli interventi, la comunicazione all’Agenzia delle Entrate e il rispetto delle scadenze previste.

Per ulteriori chiarimenti e per consulenza il nostro studio è a vostra disposizione.

Tabella riassuntiva sulla detrazione del 55% per i lavoratori autonomi

Aspetto Descrizione
Beneficiari Lavoratori autonomi (in forma individuale o associata) e imprese.
Normativa di riferimento Legge n. 296/2006 e circolare n. 20/2011 dell’Agenzia delle Entrate.
Tipologia di immobili Immobili strumentali e immobili a uso promiscuo.
Interventi ammessi Riqualificazione energetica, sostituzione impianti di climatizzazione, sostituzione infissi, installazione pannelli solari.
Percentuale di detrazione 55% delle spese sostenute.
Cumulabilità con altre agevolazioni Sì, con la deduzione delle spese secondo le regole fiscali vigenti.
Titolo di possesso richiesto Proprietà, diritto reale di godimento, locazione (anche finanziaria), comodato.
Regole per gli immobili a uso promiscuo Detrazione applicabile solo per la parte destinata all’attività lavorativa.
Modalità di fruizione della detrazione Riduzione dell’imposta lorda IRPEF dovuta.
Effetti sulla determinazione del reddito La detrazione non costituisce contributo in conto capitale e non è tassata come reddito.
Documentazione necessaria Fatture, bonifici, documentazione tecnica degli interventi, comunicazione all’Agenzia delle Entrate.
Scadenze e obblighi Rispetto dei termini previsti dalla normativa per la richiesta della detrazione.

 

FAQ

Chi può usufruire della detrazione del 55%? La detrazione è accessibile ai lavoratori autonomi e alle imprese, a condizione che le spese siano sostenute su immobili strumentali o a uso promiscuo.

Quali spese sono ammesse alla detrazione? Sono detraibili le spese per interventi di riqualificazione energetica, come la sostituzione degli impianti di climatizzazione, degli infissi e l’installazione di pannelli solari.

È possibile cumulare la detrazione con altre agevolazioni fiscali? Sì, la detrazione del 55% può essere cumulata con la deduzione delle stesse spese secondo le regole previste dalla normativa fiscale.

Come si applica la detrazione per immobili a uso promiscuo? La detrazione è riconosciuta in proporzione alla parte dell’immobile destinata all’attività professionale.

Quali documenti sono necessari per richiedere la detrazione? È richiesta la documentazione fiscale delle spese sostenute, comprese fatture e bonifici, oltre alla comunicazione all’Agenzia delle Entrate.

 

Il Provvedimento n. 25978 del 31 gennaio 2025, emanato dall’Agenzia delle Entrate, ha introdotto importanti novità in materia di dichiarazione dei sostituti d’imposta, delineando un sistema di trasmissione semplificata dei dati relativi alle ritenute operate.

Questa innovazione, inserita nel contesto del Decreto Legislativo n. 1/2024, noto come “Decreto Semplificazioni adempimenti tributari”, mira a snellire le procedure burocratiche per i datori di lavoro e gli altri soggetti tenuti a trattenere e versare imposte per conto di terzi. La semplificazione consiste nell’introduzione di un’alternativa alla consueta presentazione annuale del Modello 770, con l’obiettivo di rendere più agevole la gestione degli adempimenti fiscali.

A partire dal 6 febbraio 2025, i sostituti d’imposta possono avvalersi di questa nuova modalità operativa, che consente di trasmettere i dati in maniera diretta ed esclusiva attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate. La procedura si inserisce in un quadro di sperimentazione e riguarda specificamente quei soggetti che, al 31 dicembre dell’anno precedente, abbiano alle proprie dipendenze un numero di lavoratori non superiore a cinque.

Questa soglia, individuata dal legislatore, riflette la volontà di supportare le realtà di minori dimensioni, riducendo il carico amministrativo che spesso rappresenta un ostacolo alla loro operatività.

Nel dettaglio, la nuova disciplina prevede che, contestualmente ai versamenti mensili delle ritenute effettuati attraverso il Modello F24, i sostituti d’imposta debbano comunicare una serie di informazioni che in precedenza venivano fornite su base annuale con la presentazione del Modello 770. Tra i dati da trasmettere rientrano le ritenute e trattenute operate nel corso del periodo di riferimento, gli eventuali importi a credito utilizzabili in compensazione ai fini del versamento e altre informazioni che l’Agenzia delle Entrate ha specificato nel provvedimento di attuazione.

La comunicazione di questi dati è equiparata, sotto il profilo normativo e giuridico, all’inserimento delle stesse informazioni nel Modello 770.

Di conseguenza, l’adesione a questa nuova modalità implica un vincolo per l’intero anno fiscale, con la necessità di adottare questo sistema in maniera continuativa senza la possibilità di tornare alla dichiarazione annuale tradizionale per il medesimo esercizio.

L’ambito di applicazione della procedura semplificata riguarda esclusivamente i sostituti d’imposta che erogano compensi qualificabili come redditi di lavoro dipendente o assimilati, nonché redditi di lavoro autonomo.

Questi soggetti, inoltre, devono essere obbligati per legge ad applicare ritenute alla fonte e devono effettuare il versamento delle suddette ritenute esclusivamente attraverso i canali telematici dell’Agenzia delle Entrate, ovvero i sistemi Fisconline ed Entratel. Non è consentito l’invio del Modello F24 attraverso il sistema bancario, come il remote banking o l’home banking, a conferma della necessità di un maggiore controllo e di una standardizzazione della trasmissione dei dati.

L’invio dei dati, che accompagna il versamento mensile delle ritenute, deve contenere diverse informazioni specifiche. Tra queste, il codice tributo corrispondente alla ritenuta o trattenuta operata, che viene indicato nel Modello F24 per consentire l’identificazione del tributo versato. Per le trattenute relative alle addizionali regionale e comunale dell’IRPEF, occorre specificare il codice della Regione o del Comune destinatario dell’imposta.

Un altro elemento essenziale è il periodo di riferimento, che deve essere espresso nel formato mese-anno e che, salvo eccezioni, coincide con il mese in cui è maturato l’obbligo di effettuare la trattenuta o ritenuta. Questo criterio si applica anche nel caso in cui il versamento sia eseguito tramite il ravvedimento operoso.

In alcune situazioni particolari, come nel caso di versamenti effettuati oltre la scadenza o in sede di conguaglio annuale, devono essere utilizzati specifici codici convenzionali per identificare correttamente il periodo di competenza.

Oltre a questi dati, devono essere riportati gli importi delle ritenute e trattenute operate, includendo anche eventuali somme trattenute a titolo di rateazione a carico del contribuente beneficiario dell’assistenza fiscale. Devono inoltre essere indicati gli interessi eventualmente applicati, sia in caso di incapienza della retribuzione sia in caso di correzione di errori di calcolo. Infine, è necessario specificare se il versamento è avvenuto tramite il ravvedimento operoso, barrando l’apposita casella nel modulo telematico.

L’invio del Modello F24 e della relativa comunicazione dei dati aggiuntivi deve avvenire secondo precise scadenze, con decorrenza dal 6 febbraio 2025. Il sostituto d’imposta può procedere direttamente oppure avvalersi di un intermediario abilitato ai sensi del DPR n. 322/1998. In ogni caso, l’invio deve avvenire utilizzando esclusivamente i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate e seguendo le specifiche tecniche previste dal provvedimento attuativo.

Per le ritenute operate nei mesi di gennaio e febbraio 2025, l’invio dei dati aggiuntivi può essere effettuato entro il 30 aprile 2025.

Il calendario delle scadenze stabilisce che i dati relativi a ciascun mese devono essere trasmessi entro il giorno 16 del mese successivo, salvo alcune eccezioni per i mesi estivi e per il periodo di fine anno. Ad esempio, per le ritenute operate nel mese di luglio, il termine di trasmissione è fissato al 20 agosto, mentre per quelle relative a dicembre la scadenza è posticipata al 16 gennaio dell’anno successivo.

Un elemento innovativo di questa semplificazione è l’introduzione del nuovo modello denominato “Prospetto delle ritenute/trattenute operate”, che deve essere compilato insieme al modello F24. Se per qualsiasi motivo il modello F24 venisse scartato, la comunicazione rimarrebbe comunque valida, ma il versamento dovrà essere eseguito con il modello F24 ordinario, eventualmente ricorrendo al ravvedimento operoso in caso di ritardi.

Nonostante questa innovazione, restano invariati tutti gli altri obblighi a carico dei sostituti d’imposta, comprese le scadenze ordinarie per il versamento delle ritenute e trattenute operate.

Coloro che scelgono di non avvalersi della nuova procedura dovranno continuare a presentare il modello 770 nella sua forma completa per l’intero anno di riferimento. Inoltre, la presentazione del modello 770 tradizionale è considerata una rinuncia implicita alla possibilità di utilizzare il nuovo metodo semplificato.

Sul sito dell’Agenzia delle Entrate sono stati resi disponibili il modello di comunicazione e i relativi allegati, oltre alle specifiche tecniche per la trasmissione del flusso telematico.

Il nuovo prospetto delle ritenute e trattenute richiama la struttura dei quadri ST e SV del modello 770, ma in una versione più essenziale. Oltre a contenere il periodo di riferimento, il codice tributo e eventuali annotazioni, riporta l’importo delle ritenute e trattenute operate e quelle ancora da versare, inclusi gli interessi dovuti per il ravvedimento operoso.

Questa semplificazione consente di integrare in un unico flusso sia gli importi delle ritenute operate sia quelli già versati, facilitando la riconciliazione mensile dei debiti del sostituto d’imposta con i relativi pagamenti.

Nella pratica, si prevede che il modello F24 venga arricchito con i dati riportati nel prospetto delle ritenute, corrispondenti al nuovo record N del flusso telematico. In questo modo, l’amministrazione finanziaria potrà verificare in modo più efficiente la corrispondenza tra le ritenute dichiarate e quelle effettivamente versate.

Dato che le istruzioni operative sono state pubblicate successivamente all’inizio dell’anno d’imposta, le comunicazioni relative alle ritenute operate nei mesi di gennaio e febbraio 2025 potranno essere trasmesse fino al 30 aprile dello stesso anno, senza pregiudicare le scadenze ordinarie previste per i versamenti mediante il modello F24.

Questa nuova modalità rappresenta un importante passo avanti nella semplificazione degli adempimenti fiscali per i datori di lavoro con strutture di piccole dimensioni, riducendo il carico amministrativo e garantendo al tempo stesso la corretta gestione delle ritenute.

Se applicata correttamente, permetterà una maggiore efficienza nel processo di dichiarazione e pagamento delle imposte, migliorando la trasparenza e facilitando i controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Nel caso in cui un Modello F24 o una comunicazione contenente dati aggiuntivi venga scartato dal sistema telematico, la comunicazione dei dati stessi resta comunque valida e il sostituto d’imposta dovrà procedere con un nuovo versamento utilizzando un separato Modello F24 ordinario, con possibilità di ricorrere al ravvedimento operoso se necessario.

Un aspetto di particolare importanza riguarda la possibilità di correggere eventuali errori tramite la sostituzione o l’annullamento di una comunicazione già inviata. Se il sostituto d’imposta si accorge di un errore, può annullare completamente la comunicazione trasmessa e il relativo Modello F24, purché quest’ultimo non sia già stato elaborato in via definitiva.

In alternativa, se il versamento effettuato è corretto ma vi sono errori nei dati trasmessi, è possibile procedere con una sostituzione, mantenendo valido il Modello F24 già inviato e correggendo solo le informazioni errate.

La nuova procedura semplificata, introdotta con l’obiettivo di rendere più agile la gestione degli adempimenti tributari per i piccoli datori di lavoro, rappresenta un importante passo avanti nella digitalizzazione dei processi fiscali.

La sua applicazione sperimentale consentirà di valutarne l’efficacia nel ridurre il carico amministrativo e migliorare la trasparenza e la precisione delle dichiarazioni fiscali.

La tabella seguente riassume le principali scadenze:

Mese di riferimento Scadenza invio dati
Gennaio e Febbraio 30/04/2025
Marzo 16/04/2025
Aprile 16/05/2025
Maggio 16/06/2025
Giugno 16/07/2025
Luglio 20/08/2025

 

L’introduzione della dichiarazione semplificata rappresenta un’importante innovazione nel panorama degli adempimenti fiscali per i piccoli datori di lavoro. Il principale vantaggio è l’eliminazione della necessità di presentare il modello 770, semplificando la gestione delle ritenute e riducendo gli oneri burocratici.

Grazie alla trasmissione mensile dei dati, il sistema tributario diventa più trasparente e permette una maggiore sincronizzazione tra i versamenti e la comunicazione delle ritenute.

Per dettagli, chiarimenti e per assistenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

FAQ – Domande Frequenti

Cosa succede se un sostituto d’imposta non rispetta i requisiti per la dichiarazione semplificata?
Dovrà continuare a presentare il modello 770 annuale secondo le modalità ordinarie.

Posso inviare il modello F24 attraverso il mio home banking?
No, il versamento deve avvenire esclusivamente tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate (Fisconline o Entratel).

Cosa fare se il modello F24 viene scartato?
In questo caso, il versamento deve essere effettuato con un nuovo modello F24 ordinario, ma la comunicazione delle ritenute rimane valida.

Cosa accade se invio dati errati?
Sarà possibile correggere o annullare la comunicazione seguendo le procedure indicate dall’Agenzia delle Entrate.

La Decontribuzione Sud rappresenta una delle misure più significative a supporto dell’occupazione nelle regioni meridionali d’Italia. Grazie alla Legge di Bilancio, questa agevolazione ha subito alcune modifiche, con un progressivo calo dell’esonero contributivo dal 30% al 15% entro il 2029. L’obiettivo è incentivare l’occupazione stabile, garantendo alle aziende uno sgravio sui contributi previdenziali per i contratti a tempo indeterminato.

L’agevolazione è strutturata in una progressiva riduzione della percentuale di esonero sui contributi previdenziali. Per l’anno 2025, le aziende potranno beneficiare di un’esenzione del 25%, con un massimo di 145 euro mensili per ciascun lavoratore assunto a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2024. Dal 2026, l’aliquota scenderà al 20%, con un massimo di 125 euro al mese per ogni dipendente assunto entro la fine del 2025. Questa percentuale sarà mantenuta anche nel 2027, mentre nel 2028 il massimo sarà di 100 euro mensili. Infine, nel 2029, il beneficio si ridurrà al 15%, con un tetto di 75 euro al mese per ogni nuovo contratto siglato entro il 31 dicembre 2028.

Questo schema graduale riflette la volontà del legislatore di mantenere attivo l’incentivo nel medio termine, riducendolo progressivamente per consentire un adattamento graduale delle imprese. L’iniziativa mira ad aumentare il numero di assunzioni stabili nel Sud Italia, dove storicamente la disoccupazione è più elevata rispetto al resto del paese.

Non tutte le aziende possono accedere alla Decontribuzione Sud. In particolare, l’incentivo non si applica ai contratti di apprendistato, agli enti pubblici economici e a una serie di istituzioni che hanno subito trasformazioni giuridiche. Tra queste, troviamo gli istituti autonomi case popolari trasformati in enti pubblici economici, gli enti privatizzati con capitale interamente pubblico e le ex istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza che non soddisfano i requisiti per la trasformazione in aziende di servizi alla persona.

Altri soggetti esclusi comprendono le aziende speciali costituite in consorzio, i consorzi di bonifica e industriali, gli enti morali e gli enti ecclesiastici. Questa serie di limitazioni punta a circoscrivere il beneficio a realtà aziendali private con un impatto diretto sull’occupazione stabile.

 

Per le imprese con meno di 250 dipendenti, l’esonero viene concesso nel rispetto del regime “de minimis” previsto dal Regolamento UE 2023/2831. Questo significa che l’agevolazione non può superare un determinato ammontare complessivo di aiuti pubblici ricevuti dall’azienda in un triennio.

Le aziende con oltre 250 dipendenti, invece, sono soggette a una regolamentazione più stringente: la decontribuzione è vincolata all’autorizzazione della Commissione europea. In attesa della decisione dell’UE, l’agevolazione resta sospesa e viene concessa solo se il datore di lavoro dimostra un incremento nel numero di contratti a tempo indeterminato rispetto all’anno precedente, entro il 31 dicembre.

La Decontribuzione Sud si conferma un importante strumento di incentivazione per il mercato del lavoro nel Mezzogiorno, sebbene con una progressiva riduzione dei benefici nel corso degli anni. Le aziende che intendono sfruttare questa opportunità devono prestare attenzione alle condizioni richieste, specialmente in relazione alla dimensione aziendale e alla tipologia di contratti stipulati.

Per ulteriori approfondimenti e per una consulenza personalizzata lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione.

 

FAQ

 

  1. Chi può beneficiare della Decontribuzione Sud?
    Le aziende private con sede nel Sud Italia che assumono lavoratori a tempo indeterminato, rispettando le condizioni previste dalla legge.
  1. Quali sono le aliquote di riduzione contributiva previste nei prossimi anni?
    Dal 2025 al 2029, l’esonero contributivo scenderà progressivamente dal 25% al 15%.
  2. Ci sono limiti per le aziende di grandi dimensioni?
    Sì, per le aziende con oltre 250 dipendenti, l’agevolazione è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea.
  3. Il beneficio si applica ai contratti di apprendistato?
    No, la decontribuzione non è applicabile ai contratti di apprendistato e ad alcune categorie specifiche di enti pubblici ed ecclesiastici.
  4. Cosa succede se un’azienda supera il limite previsto dal regime “de minimis”?
    In questo caso, l’azienda potrebbe non ricevere l’agevolazione o dover restituire gli importi percepiti in eccesso.

L’Agenzia delle Entrate ha recentemente pubblicato un aggiornamento delle specifiche tecniche per la fatturazione elettronica, introducendo significative novità normative. A partire dal 1° aprile 2025, entrerà in vigore la nuova versione del sistema, che prevede l’adozione del codice “TD29” per la comunicazione delle fatture omesse o irregolari. Questa misura si inserisce in un contesto più ampio di riforme che mirano a rendere il processo di fatturazione più trasparente ed efficiente, riducendo il rischio di evasione fiscale e semplificando le procedure per i contribuenti. Fino ad oggi, la mancata emissione di una fattura doveva essere comunicata attraverso strumenti meno strutturati, lasciando margini di incertezza interpretativa.

Con l’introduzione del codice TD29, il processo di regolarizzazione sarà standardizzato, eliminando eventuali ambiguità e facilitando il rispetto degli obblighi fiscali da parte delle aziende. Questo aggiornamento si allinea alle recenti modifiche normative apportate dal D.Lgs. n. 87/2024, che disciplina le sanzioni relative alle violazioni fiscali. La nuova disciplina prevede che il cessionario o committente debba comunicare l’omissione entro 90 giorni dalla scadenza dell’emissione della fattura, pena l’applicazione di sanzioni pecuniarie più severe. Il codice TD29 rappresenta quindi un importante strumento per assicurare la corretta gestione delle fatture elettroniche, fornendo un canale ufficiale per la regolarizzazione delle omissioni.

Il codice TD29 è stato introdotto con l’obiettivo di regolamentare in maniera chiara la gestione delle fatture non emesse o irregolari. A differenza dei codici precedentemente utilizzati, il TD29 sarà specificamente destinato alla comunicazione di omissioni, consentendo un controllo più efficace da parte dell’Agenzia delle Entrate. Il suo utilizzo obbligatorio dal 1° aprile 2025 impone alle aziende una revisione delle procedure interne per garantire la tempestiva segnalazione di eventuali irregolarità. La principale differenza rispetto al codice TD20 risiede nella funzione principale: mentre il TD20 era destinato anche ad altre finalità, il TD29 si concentra esclusivamente sulla comunicazione dell’omessa fatturazione. Questo consente di uniformare le procedure e ridurre la probabilità di errori nella gestione dei documenti fiscali. La normativa stabilisce che il cessionario o committente debba predisporre un file XML contenente il codice TD29 e trasmetterlo tramite il Sistema di Interscambio (SdI). Il file deve includere i dati identificativi del cedente o prestatore per garantire la corretta attribuzione dell’irregolarità. L’adozione di questo sistema consente di eliminare l’obbligo di versare l’imposta da parte del cessionario, come precedentemente previsto, e semplifica il processo di regolarizzazione. L’introduzione del codice TD29 risponde quindi alla necessità di migliorare la gestione delle fatture elettroniche e rafforzare il controllo sulle operazioni commerciali, garantendo maggiore chiarezza e tracciabilità.

Per regolarizzare un’omessa fattura tramite il nuovo codice TD29, il cessionario o committente dovrà seguire una procedura ben definita. Innanzitutto, entro 90 giorni dalla scadenza dell’emissione della fattura, dovrà predisporre un file XML conforme alle specifiche tecniche pubblicate dall’Agenzia delle Entrate. Questo file dovrà contenere le informazioni essenziali, inclusi i dati identificativi del cedente o prestatore. La trasmissione avverrà attraverso il Sistema di Interscambio (SdI), che fungerà da canale ufficiale per la comunicazione dell’irregolarità. Un elemento fondamentale da considerare è che il file XML non potrà contenere dati che coincidano con quelli del cessionario, altrimenti verrà scartato dal sistema.

Nonostante l’introduzione del codice TD29, il codice TD20 non verrà completamente dismesso. Esso resterà utilizzabile per particolari casistiche, come le operazioni soggette a inversione contabile e alcuni acquisti intracomunitari. Il TD20 continuerà ad essere valido nei casi previsti dall’art. 46 comma 5 del DL 331/93, per la regolarizzazione di fatture non ricevute entro il termine di due mesi dall’operazione. Inoltre, sarà applicabile nei casi in cui il documento ricevuto riporti un importo inferiore a quello reale. Questa distinzione tra TD20 e TD29 consente di mantenere separate le diverse tipologie di regolarizzazione, garantendo maggiore precisione nei processi di fatturazione.

Fino al 1° aprile 2025, non vi sono indicazioni ufficiali su come comportarsi per regolarizzare un’omessa fattura. Potrebbe essere possibile continuare a utilizzare il codice TD20, ma solo per finalità di comunicazione e non di versamento dell’imposta. Tuttavia, senza una conferma esplicita da parte dell’Agenzia delle Entrate, il rischio di errori interpretativi rimane elevato.

La mancata comunicazione dell’omessa fattura entro i termini previsti comporta una sanzione pari al 70% dell’imposta, con un minimo di 250 euro. Con la nuova regolamentazione, la responsabilità del cessionario si limita alla segnalazione dell’irregolarità, senza dover versare l’imposta.

Per maggiori chiarimenti e per assistenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

FAQ

Quando entrerà in vigore il codice TD29? Dal 1° aprile 2025.

Qual è la differenza tra il codice TD29 e TD20? Il TD29 è specifico per l’omissione della fattura, mentre il TD20 resta utilizzabile per altre irregolarità.

Cosa succede se non si comunica l’omessa fattura? Si applica una sanzione del 70% dell’imposta.

Quali dati devono essere inseriti nel file XML? Informazioni sul cedente o prestatore e dettagli dell’operazione.

Il codice TD20 verrà eliminato? No, continuerà ad essere valido per determinate operazioni.

Congedo parentale e agevolazioni per la genitorialità

SPECIALE LEGGE DI BILANCIO 2025

 

Negli ultimi anni, il legislatore ha introdotto diverse misure a sostegno della genitorialità, con particolare attenzione al congedo parentale e agli incentivi per le lavoratrici madri. L’evoluzione normativa ha risposto alla necessità di garantire un migliore equilibrio tra vita lavorativa e familiare, favorendo la partecipazione attiva dei genitori alla crescita dei figli. La più recente manovra finanziaria, in vigore dal 2025, prevede un ulteriore ampliamento, portando a tre i mesi di congedo indennizzati all’80%.

Parallelamente, il Governo ha introdotto misure fiscali per le lavoratrici madri, includendo un esonero contributivo destinato alle donne con almeno due figli. La finalità di queste politiche è duplice: incentivare la natalità e promuovere una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro. Tuttavia, le agevolazioni presentano specifici requisiti e condizioni di accesso, che ne determinano l’applicabilità a diverse categorie di lavoratori. L’adozione di queste misure si inserisce in un quadro più ampio di riforme volte a garantire un sistema di welfare più inclusivo e sostenibile.

Le riforme introdotte  vogliono incentivare la fruizione del congedo anche da parte dei padri, contrastando il fenomeno del carico di cura sbilanciato sulle madri. Inoltre, l’adeguamento delle misure italiane alle direttive europee ha portato a una maggiore tutela dei lavoratori genitori, garantendo strumenti più flessibili per la conciliazione tra vita privata e professionale.

Il congedo parentale non deve essere confuso con il congedo di maternità o di paternità obbligatorio, ma si configura come un diritto aggiuntivo volto a prolungare il periodo di assistenza al minore nei primi anni di vita.

Il sistema normativo italiano distingue tra diverse forme di congedo riconosciute ai genitori lavoratori, ciascuna con finalità e modalità di fruizione specifiche. Il congedo di maternità è obbligatorio e spetta alle lavoratrici nei cinque mesi a cavallo del parto, con un’indennità pari all’80% della retribuzione, che in alcuni casi può essere integrata dal datore di lavoro fino al 100%. L’obiettivo è garantire alla madre un adeguato periodo di riposo prima e dopo la nascita del bambino, tutelando al contempo la salute della lavoratrice e del neonato.

Il congedo di paternità obbligatorio, introdotto per promuovere un maggiore coinvolgimento dei padri nella cura dei figli, prevede 10 giorni di astensione dal lavoro retribuiti al 100%, da usufruire entro i primi cinque mesi di vita del bambino. Esiste inoltre un congedo di paternità alternativo, applicabile nei casi in cui la madre sia impossibilitata a prendersi cura del neonato, ad esempio per gravi motivi di salute.

Il congedo parentale, invece, è una misura più flessibile, fruibile da entrambi i genitori fino al compimento del dodicesimo anno di età del bambino. Può essere richiesto per un massimo di sei mesi per ciascun genitore, fino a un totale complessivo di dieci mesi. Con la recente riforma, una parte di questo congedo viene retribuita all’80% nei primi tre mesi, mentre la restante quota resta indennizzata al 30%, garantendo così un maggiore equilibrio tra esigenze familiari e impegni professionali.

 

 

Con l’entrata in vigore delle nuove disposizioni, l’indennità INPS per il congedo parentale ha subito un rilevante incremento, passando dal 30% all’80% della retribuzione per un periodo di tre mesi. Questa modifica è stata introdotta con l’obiettivo di fornire un maggiore sostegno economico ai genitori nei primi anni di vita del bambino, facilitando così la conciliazione tra lavoro e famiglia.

Questa misura è riservata ai lavoratori dipendenti, sia del settore pubblico che privato, e non è trasferibile tra i genitori: ciascuno ha diritto al proprio periodo di congedo con l’indennità maggiorata, senza possibilità di cessione. Per i mesi successivi ai primi tre, l’indennità resta fissata al 30%, secondo la disciplina vigente. L’INPS sarà l’ente incaricato di gestire l’applicazione della norma, fornendo chiarimenti operativi sulle modalità di richiesta e sui requisiti specifici da soddisfare per accedere al beneficio.

Esonero contributivo per le madri lavoratrici

Parallelamente alle misure di sostegno al congedo parentale, il Governo ha introdotto un esonero contributivo rivolto alle lavoratrici madri, con l’obiettivo di incentivare la partecipazione femminile al mercato del lavoro. Questa misura si applica alle donne con almeno due figli e prevede una riduzione dei contributi previdenziali a loro carico.

L’agevolazione è stata estesa non solo alle lavoratrici dipendenti ma anche alle lavoratrici autonome che percepiscono redditi derivanti da lavoro autonomo, impresa in contabilità ordinaria o semplificata, o partecipazioni societarie, purché non abbiano aderito al regime forfettario. L’obiettivo principale è quello di ridurre il costo del lavoro per le donne con figli, favorendo così la loro permanenza e crescita professionale.

L’esonero è riconosciuto fino al mese in cui il figlio più piccolo compie 10 anni, mentre dal 2027 sarà riservato esclusivamente alle madri con almeno tre figli e potrà essere fruito fino al compimento del 18° anno di età del più giovane. Tuttavia, la misura non si applica alle lavoratrici che già beneficiano di altri sgravi contributivi previsti dalla Legge di Bilancio 2024 per gli anni 2025 e 2026.

FAQ
Chi può beneficiare del congedo parentale indennizzato all’80%?

L’indennità all’80% per il congedo parentale è riconosciuta ai lavoratori dipendenti, sia del settore pubblico che privato, che terminano il congedo di maternità o paternità obbligatorio dopo il 31 dicembre 2024. Ogni genitore può usufruire individualmente di tre mesi indennizzati all’80%, senza possibilità di cessione all’altro. Il beneficio è applicabile fino al sesto anno di vita del bambino, mentre il restante periodo di congedo parentale continua a essere indennizzato al 30%.

Quali sono le differenze tra congedo di maternità, paternità e parentale?

Il congedo di maternità è obbligatorio e garantisce cinque mesi di astensione dal lavoro per le madri prima e dopo il parto, con un’indennità pari all’80% della retribuzione. Il congedo di paternità obbligatorio dura invece 10 giorni, retribuiti al 100%, ed è fruibile nei primi cinque mesi di vita del bambino. Il congedo parentale è una misura più flessibile, disponibile per entrambi i genitori fino al dodicesimo anno di età del figlio, con una durata massima di sei mesi per ciascun genitore e un’indennità variabile in base alla normativa vigente.

Quali lavoratrici possono usufruire dell’esonero contributivo?

L’agevolazione contributiva è riservata alle lavoratrici madri con almeno due figli. Il beneficio si applica alle lavoratrici dipendenti e, con la nuova normativa, anche alle autonome che percepiscono redditi da lavoro autonomo, d’impresa in contabilità ordinaria o semplificata, o da partecipazioni societarie, purché non abbiano optato per il regime forfettario.

Esistono limiti di reddito per accedere alle agevolazioni?

Sì, la normativa prevede un tetto massimo di reddito pari a 40.000 euro annui per poter beneficiare dell’esonero contributivo. Questo limite si applica sia alle lavoratrici dipendenti che a quelle autonome e sarà oggetto di verifiche da parte dell’INPS e dell’Agenzia delle Entrate per accertarne il rispetto.

Cosa succede se il decreto attuativo del Ministero del Lavoro tarda a essere emanato?

In caso di ritardi nell’emanazione del decreto attuativo, l’applicazione dell’esonero contributivo potrebbe subire uno slittamento, impedendo alle lavoratrici di beneficiare immediatamente della misura. In passato, ritardi simili hanno comportato l’erogazione degli incentivi in via retroattiva, ma l’incertezza potrebbe generare difficoltà operative sia per le aziende che per le lavoratrici. Sarà quindi fondamentale monitorare gli aggiornamenti ufficiali per comprendere i tempi e le modalità di accesso al beneficio.

Per maggiori chiarimenti e per assistenza personalizzata il nostro team è a vostra disposizione.

Il regime forfetario è un regime fiscale agevolato riservato alle persone fisiche che esercitano attività d’impresa, arti o professioni. Per accedervi, è necessario rispettare determinati requisiti, tra cui limiti di reddito e condizioni specifiche relative alla struttura dell’attività. Inoltre, alcune fattispecie impediscono l’accesso o la permanenza nel regime. L’aggiornamento normativo al 2025 introduce nuove soglie e chiarimenti per alcune cause ostative.

L’accesso al regime forfetario è consentito alle persone fisiche che esercitano attività d’impresa, arti o professioni e che rispettano i limiti previsti dalla normativa vigente.

Limite di ricavi e compensi

Per poter applicare il regime forfetario nel 2025, è necessario che nell’anno precedente siano stati rispettati i seguenti limiti:

Criterio Limite previsto
Ricavi o compensi percepiti Non superiori a 85.000 euro (ragguagliati ad anno)
Spese per lavoro dipendente e collaborazioni Non superiori a 20.000 euro (senza ragguaglio ad anno)

Il calcolo dei ricavi e compensi deve avvenire in base al regime contabile adottato nell’anno precedente, generalmente secondo il principio di cassa o, in alcuni casi, secondo il criterio della competenza di registrazione.

Alcuni aspetti specifici devono essere considerati per determinare correttamente il rispetto del limite di accesso:

  • In caso di più attività, si deve considerare la somma dei ricavi e compensi delle diverse attività svolte.
  • Sono rilevanti i proventi derivanti dall’autoconsumo.
  • Per le attività avviate nel corso dell’anno, i ricavi devono essere ragguagliati all’anno solare.
  • Non rilevano i ricavi derivanti dall’adeguamento agli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA).

Il requisito relativo al costo dei beni strumentali è stato eliminato a partire dal 2019, in quanto considerato non coerente con il nuovo limite di ricavi e compensi.

L’accesso al regime forfetario è precluso a coloro che rientrano in determinate categorie o che esercitano particolari attività.

Soggetti esclusi dal regime forfetario

Sono esclusi dal regime i contribuenti che:

  • Si avvalgono di regimi speciali IVA, tra cui agricoltura, pesca, editoria, gestione di servizi di telefonia pubblica, commercio di fiammiferi, rivendita di documenti di trasporto pubblico e di sosta, intrattenimenti e giochi, agenzie di viaggi e turismo.
  • Non sono residenti in Italia, salvo il caso in cui siano residenti in uno Stato dell’Unione Europea o in un Paese aderente allo Spazio Economico Europeo e producano almeno il 75% del loro reddito in Italia.
  • Effettuano in via prevalente cessioni di immobili o di mezzi di trasporto nuovi.
  • Sono soci di società di persone, collaboratori in imprese familiari o associati in associazioni professionali.
  • Detengono il controllo, diretto o indiretto, di una società a responsabilità limitata che svolge un’attività riconducibile a quella del soggetto forfetario.

Un’importante causa ostativa riguarda coloro che esercitano un’attività in regime forfetario prevalentemente nei confronti del proprio ex datore di lavoro o di un soggetto per cui abbiano lavorato nei due anni precedenti. Questa disposizione non si applica ai professionisti iscritti ad albi o registri che siano dipendenti con contratto part-time presso datori di lavoro con almeno 250 dipendenti.

Limite di reddito da lavoro dipendente

Dal 2025, è prevista una soglia più elevata per il reddito da lavoro dipendente o assimilato che impedisce l’accesso al regime forfetario. Il limite è così definito:

Anno di riferimento Limite di reddito per accesso al regime
2024 35.000 euro
Anni precedenti 30.000 euro

Tuttavia, il superamento di questa soglia non è rilevante se il rapporto di lavoro dipendente è cessato nell’anno precedente a quello di applicazione del regime forfetario.

Partecipazione in società e regime forfetario

Partecipazione in società di persone

Il possesso di partecipazioni in società di persone costituisce una causa ostativa all’applicazione del regime forfetario. Tuttavia, se la partecipazione è acquisita per successione e viene ceduta entro la fine dell’anno, il soggetto può mantenere il regime agevolato.

Partecipazione in SRL (società a responsabilità limitata)

La normativa prevede condizioni più articolate per chi possiede partecipazioni in SRL. Il regime forfetario non è applicabile quando sussistono entrambe le seguenti condizioni:

 

  1. Controllo della società:
    • Il soggetto possiede direttamente o indirettamente più del 50% della società.
    • Il controllo può essere esercitato anche con una partecipazione pari al 50% o tramite il coniuge e i familiari fino al terzo grado.
  2. Riconducibilità delle attività:
    • Il regime forfetario è precluso se la SRL e il contribuente svolgono attività economiche appartenenti alla stessa sezione della tabella ATECO 2007.
    • Se le attività rientrano in sezioni differenti della tabella ATECO, il soggetto può accedere al regime forfetario.

La verifica del rispetto di queste condizioni avviene al termine dell’anno di riferimento, poiché solo in quel momento è possibile accertare l’effettivo svolgimento delle attività economiche.

FAQ

Chi può accedere al regime forfetario nel 2025?
Possono accedere le persone fisiche che esercitano attività d’impresa, arti o professioni e che rispettano i limiti di ricavi e compensi, non superando gli 85.000 euro nell’anno precedente.

Quali sono le principali cause di esclusione?
Sono esclusi i soggetti che applicano regimi speciali IVA, i non residenti (salvo eccezioni), chi effettua cessioni prevalenti di immobili o mezzi di trasporto nuovi, i soci di società di persone e chi ha un’attività riconducibile a una SRL controllata.

Se percepisco redditi da lavoro dipendente, posso aderire al regime forfetario?
Sì, a condizione che nell’anno precedente tali redditi non abbiano superato i 35.000 euro per il 2024. Se il rapporto di lavoro è cessato, il limite non si applica.

Posso accedere al regime se lavoro per il mio ex datore di lavoro?
No, se l’attività è svolta prevalentemente nei confronti dell’ex datore di lavoro o di un soggetto per cui si è lavorato nei due anni precedenti.

Il possesso di una partecipazione in SRL è un ostacolo?
Sì, se si detiene il controllo della società e le attività sono riconducibili alla stessa sezione ATECO. In caso contrario, il regime forfetario è applicabile.

Per chiarimenti e assistenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

Con la nota n. 579 del 22 gennaio 2025, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha fornito indicazioni operative in merito alla procedura di dimissioni per fatti concludenti, disciplinate dall’articolo 26, comma 7-bis, del D.Lgs. n. 151/2015, introdotto dall’articolo 19 della Legge n. 203/2024 (cd. Collegato Lavoro). Tale nota fornisce un quadro operativo e un modello standard di comunicazione, rivolgendosi principalmente a datori di lavoro e consulenti del lavoro, al fine di uniformare la gestione di tali situazioni.

L’articolo 26, comma 7-bis, del D.Lgs. n. 151/2015, come introdotto dalla Legge n. 203/2024, disciplina le dimissioni per fatti concludenti. Questa normativa interviene nei casi di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre un determinato periodo.

La procedura di dimissioni per fatti concludenti si applica in presenza di assenza ingiustificata del lavoratore che superi i termini previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) applicato al rapporto. In assenza di specifica previsione contrattuale, il termine di riferimento è fissato a 15 giorni. Il superamento di tale limite temporale costituisce il presupposto per l’avvio della procedura da parte del datore di lavoro.

Procedura Prevista

La procedura delineata dalla normativa e specificata dalla nota INL n. 579/2025 prevede i seguenti passaggi:

  1. Comunicazione all’INL: Il datore di lavoro è tenuto a comunicare l’assenza ingiustificata alla sede territoriale competente dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (ITL). La comunicazione deve essere trasmessa preferibilmente tramite Posta Elettronica Certificata (PEC).
  2. Contenuto della Comunicazione: La comunicazione all’INL deve contenere le seguenti informazioni:
    • Dati anagrafici del lavoratore (nome, cognome, data e luogo di nascita, codice fiscale).
    • Recapiti del lavoratore (indirizzo di residenza, numero di telefono, indirizzo email, se disponibili).
    • Data di inizio dell’assenza ingiustificata.
    • Eventuale riferimento al CCNL applicato e alle relative disposizioni in materia di assenza.
    • Ogni altra informazione ritenuta utile alla valutazione del caso.
  3. Verifica da parte dell’INL: L’Ispettorato, una volta ricevuta la comunicazione, ha la facoltà di avviare accertamenti entro 30 giorni dalla ricezione della segnalazione. Tali accertamenti sono finalizzati a verificare l’effettiva sussistenza dell’assenza e l’eventuale presenza di giustificazioni da parte del lavoratore. Le verifiche possono consistere in:
    • Contatto diretto con il lavoratore per acquisire informazioni sulle motivazioni dell’assenza.
    • Intervista ad altro personale impiegato presso la stessa azienda.
    • Acquisizione di documentazione o informazioni da altri soggetti che possano fornire elementi utili all’accertamento.
  4. Esito della Verifica e Risoluzione del Rapporto:
    • Assenza Ingiustificata: Qualora l’INL accerti l’assenza ingiustificata e il lavoratore non fornisca alcuna giustificazione o non dimostri l’impossibilità di comunicare le ragioni dell’assenza, il rapporto di lavoro si considera risolto per volontà del lavoratore. In questa circostanza, non sono necessarie ulteriori formalità o comunicazioni da parte del datore di lavoro.
    • Giustificazione dell’Assenza: Se, al contrario, il lavoratore fornisce adeguate giustificazioni all’INL, ad esempio presentando certificazione medica per ricovero ospedaliero o documentazione relativa a fatti imputabili al datore di lavoro, la procedura di dimissioni per fatti concludenti non avrà effetto. In tali casi, l’INL può disporre la ricostituzione del rapporto di lavoro, ripristinando la situazione antecedente all’assenza.

Ruolo dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL)

La procedura introdotta dalla Legge n. 203/2024 e specificata dalla nota INL n. 579/2025 attribuisce un ruolo centrale all’ITL. Il datore di lavoro non può autonomamente dichiarare la risoluzione del rapporto di lavoro a seguito di assenza ingiustificata, ma è tenuto a comunicare preventivamente la situazione all’ITL. Tale obbligo di comunicazione preventiva introduce un elemento di garanzia e trasparenza, volto a tutelare entrambe le parti coinvolte.

L’ITL svolge una funzione di verifica e controllo, accertando la reale natura dell’assenza segnalata dal datore di lavoro. Questa attività di controllo previene possibili abusi o licenziamenti arbitrari, assicurando che la procedura si svolga nel rispetto della normativa vigente. L’intervento dell’ITL si configura quindi come una garanzia di equilibrio e correttezza nel processo.

La nota n. 579/2025 introduce un modello standard di comunicazione che i datori di lavoro possono utilizzare per notificare le assenze ingiustificate all’ITL. L’adozione di un modello standardizzato ha l’obiettivo di uniformare le comunicazioni a livello nazionale, semplificando l’adempimento per i datori di lavoro e facilitando l’attività di controllo da parte dell’Ispettorato. Il modello standardizzato dovrebbe contenere i campi informativi precedentemente elencati relativi al lavoratore e all’assenza.

La nuova procedura per le dimissioni per fatti concludenti, con l’intervento dell’INL, mira a fornire un quadro normativo più chiaro e a tutelare i diritti di entrambe le parti del rapporto di lavoro. Per i datori di lavoro, è fondamentale seguire scrupolosamente la procedura descritta, prestando particolare attenzione alla comunicazione all’ITL e alla corretta compilazione del modello standard. La mancata osservanza della procedura potrebbe inficiare la validità della risoluzione del rapporto di lavoro.

Per i lavoratori, la procedura offre una garanzia di tutela contro possibili abusi, assicurando che la risoluzione del rapporto avvenga solo in presenza di effettiva assenza ingiustificata e dopo le opportune verifiche da parte dell’ITL.

La nota n. 579/2025 dell’INL fornisce importanti chiarimenti operativi in merito alla procedura di dimissioni per fatti concludenti, delineando un percorso preciso che coinvolge attivamente l’Ispettorato Territoriale del Lavoro. L’introduzione di un modello standard di comunicazione rappresenta un ulteriore passo verso la semplificazione e l’uniformità nella gestione di queste situazioni. L’osservanza delle indicazioni fornite dalla nota è fondamentale per garantire la correttezza e la validità della procedura, tutelando i diritti di entrambe le parti del rapporto di lavoro.
Per maggiori chiarimenti o per assistenza personalizzata il nostro studio è a vostra disposizione.

error: