L’incentivo per l’assunzione di giovani under 35

Con la pubblicazione, in data 9 maggio 2025, sul sito del Ministero del Lavoro del Decreto Interministeriale 66/2025, prende finalmente forma attuativa l’esonero contributivo noto come “Bonus Giovani”, istituito dall’art. 22 del D.L. 60/2024 (c.d. Decreto Coesione) e convertito, con modificazioni, nella Legge 95/2024. Il provvedimento dà concreta attuazione a una misura che si colloca nel quadro strategico delineato dall’Accordo di Partenariato 2021–2027 e dal Programma nazionale giovani, donne e lavoro, con l’obiettivo di promuovere in modo strutturato l’occupazione stabile giovanile nel settore privato. In particolare, l’incentivo è destinato ai datori di lavoro privati che procedono all’assunzione o alla trasformazione a tempo indeterminato di lavoratori under 35, a condizione che questi ultimi non risultino già titolari di un contratto a tempo indeterminato al momento dell’accesso al beneficio.

Periodo di applicazione e struttura territoriale dell’incentivo

Il decreto specifica che l’arco temporale di riferimento è compreso tra il 1° settembre 2024 e il 31 dicembre 2025. Si tratta, dunque, di una finestra ben definita all’interno della quale i rapporti di lavoro stipulati o trasformati potranno beneficiare dell’esonero contributivo. Il beneficio è riservato al solo personale non dirigente, e presenta una struttura modulare a seconda dell’area territoriale di riferimento: se l’assunzione ha luogo nel territorio nazionale, l’importo massimo mensile dell’esonero è fissato in 500 euro per ciascun lavoratore. Tuttavia, qualora il rapporto venga instaurato con sede effettiva di lavoro in una delle regioni incluse nella cosiddetta Zona Economica Speciale unica del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna), il beneficio è maggiorato e può raggiungere i 650 euro mensili. In tale ultimo caso, però, l’incentivo assume natura di aiuto di Stato e, in quanto tale, è stato sottoposto all’autorizzazione della Commissione Europea, concessa in data 31 gennaio 2025.

Prenotazione preventiva nelle ZES e termini perentori

È importante osservare che, proprio per il carattere selettivo dell’intervento ZES, la fruizione del beneficio maggiorato richiede la presentazione della domanda all’INPS in via preventiva rispetto all’instaurazione del rapporto di lavoro. Il meccanismo prevede che, una volta inoltrata l’istanza tramite procedura telematica, l’Istituto assegni una riserva finanziaria pari all’importo teoricamente spettante e che il datore di lavoro proceda all’assunzione entro il termine perentorio di dieci giorni. Decorso inutilmente tale termine, la prenotazione delle risorse decade, senza possibilità di proroga. Di contro, per i rapporti di lavoro in ambito nazionale – non rientranti nella disciplina ZES – è ammessa la fruizione dell’incentivo anche per contratti già instaurati, a condizione che siano rispettate tutte le condizioni previste.

Requisiti soggettivi e fattispecie escluse

L’ambito soggettivo dell’incentivo è definito con altrettanta chiarezza. Possono accedervi i datori di lavoro privati che assumano lavoratori che, alla data di assunzione, non abbiano mai avuto un contratto a tempo indeterminato. È tuttavia ammessa l’applicazione del beneficio anche nei confronti di soggetti già assunti con contratto di apprendistato non proseguito in ordinario rapporto a tempo indeterminato, così come nei confronti di lavoratori per i quali un altro datore di lavoro abbia già beneficiato del medesimo incentivo ma solo in parte. Restano invece esclusi dal campo di applicazione i rapporti di apprendistato ancora in corso e, in modo categorico, il lavoro domestico. Per quanto concerne la versione ZES, ulteriori limiti derivano dal diritto europeo: non possono accedere al beneficio le imprese che si trovano in stato di difficoltà ai sensi dell’art. 2, punto 18, del Regolamento UE n. 651/2014, né quelle che risultino inadempienti a ordini di recupero di aiuti di Stato già disposti dalla Commissione.

Misura economica, durata e limiti comunitari

La misura dell’incentivo è corrispondente a un esonero del 100% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con l’esclusione dei premi INAIL, fino a un massimo mensile – come detto – di 500 o 650 euro, a seconda dell’area territoriale.

La durata dell’esonero è pari a 24 mesi per ciascun lavoratore agevolato e il suo valore non può superare, in ogni caso, il 50% del costo salariale complessivo del lavoratore. Si tratta, dunque, di una misura importante, ma sottoposta a un preciso bilanciamento tra l’effetto di incentivo e la disciplina in materia di aiuti.

Compatibilità e rapporti con altri benefici

Ulteriori condizioni riguardano la cumulabilità. L’esonero non è cumulabile con altri benefici contributivi o riduzioni delle aliquote di finanziamento eventualmente previste da altre norme vigenti. Tuttavia, non vi è alcuna incidenza sulla possibilità di cumulare l’incentivo con la maggiorazione del costo deducibile prevista dall’art. 4 del D.Lgs. 216/2023, in caso di nuove assunzioni: tale possibilità resta pienamente fruibile, trattandosi di due misure fiscalmente autonome.

Condizioni di regolarità e clausole ostative

Per quanto concerne le condizioni di legittima fruizione, il datore di lavoro dovrà risultare in regola con gli obblighi di contribuzione previdenziale, nonché con l’applicazione dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali di riferimento. Viene inoltre richiesto il rispetto dei principi generali in materia di incentivi contenuti nell’art. 31 del D.Lgs. 150/2015, a partire dall’assenza di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o collettivi nei sei mesi precedenti l’assunzione, riferiti alla medesima unità produttiva. Inoltre, è previsto che eventuali licenziamenti effettuati nei sei mesi successivi all’assunzione, con le medesime caratteristiche, comportino la revoca del beneficio con recupero integrale degli importi già fruiti.

Schema di sintesi

Procedura operativa: istruzioni INPS

L’INPS ha reso operativo l’incentivo con la circolare 12 maggio 2025, n. 90, che fornisce indicazioni dettagliate sui requisiti e sulle procedure.

Presentazione della domanda: modulo telematico dal 16 maggio 2025

Dal 16 maggio 2025, i datori di lavoro interessati possono trasmettere esclusivamente online la domanda di accesso al Bonus Giovani tramite il “Portale delle Agevolazioni (ex DiResCo)”. Il modulo sarà disponibile nella sezione.

Accesso alla procedura telematica

La domanda può essere presentata esclusivamente online, tramite il sito ufficiale dell’INPS www.inps.it, accedendo al:

“Portale delle Agevolazioni (ex DiResCo)”

Sezione: “Incentivi Decreto Coesione – Articolo 22 – Giovani”

L’autenticazione al portale richiede l’utilizzo di credenziali SPID, CIE o CNS da parte del datore di lavoro o del consulente delegato.

Contenuto del modulo di istanza

All’interno del modulo telematico, devono essere compilate con attenzione le seguenti sezioni:

– Dati identificativi del datore di lavoro (ragione sociale, CF, matricola INPS);

– Dati del lavoratore già assunto/trasformato o da assumere/trasformare;

– Tipologia contrattuale (tempo pieno / part-time e relativa percentuale);

– Retribuzione mensile media prevista, inclusi i ratei di 13ª e 14ª mensilità;

– Aliquota contributiva datoriale applicabile;

– Luogo effettivo di lavoro (Regione e Provincia, specificando sede operativa o unità locale).

Modalità e limiti di presentazione

  • Bonus nazionale

– Riconosciuto anche per rapporti già in essere (assunzioni o trasformazioni pregresse);

– Esonero massimo: 500 euro mensili per 24 mesi;

– Possibile anche per part-time.

  • Bonus ZES

– Ammesso esclusivamente per rapporti da instaurare;

– Esonero massimo: 650 euro mensili, in quanto costituisce aiuto di Stato territoriale;

– È necessario che il rapporto venga instaurato entro 10 giorni dalla prenotazione effettuata da INPS, pena la perdita del beneficio.

Verifica della domanda da parte dell’INPS

Una volta inoltrata l’istanza:

  • Se riferita a un’assunzione già avvenuta, l’INPS verifica la comunicazione obbligatoria (C.O.) e comunica esito e importo riconosciuto direttamente nel portale.
  • Se si tratta di un’assunzione futura, l’INPS:

o Calcola e prenota le risorse;

o Invia comunicazione via PEC e MyINPS con invito a completare l’assunzione entro 10 giorni;

o Verificato l’invio della C.O., conferma l’accoglimento della domanda.

L’importo comunicato costituisce il tetto massimo dell’esonero fruibile in sede contributiva.

Aspetti critici e responsabilità del datore di lavoro

  • I dati presenti nel modulo devono essere perfettamente coerenti con quelli delle comunicazioni Unilav/Unisomm;
  • Ogni variazione oraria del rapporto (es. passaggio da part-time a full-time o viceversa) comporta l’obbligo di rivalutazione manuale dell’importo da parte del datore;
  • In caso di cumulabilità non ammessa con altri incentivi (es. Decontribuzione Sud, GECO), è necessario restituire eventuali importi già fruiti.

L’incentivo per l’assunzione di donne

Con la pubblicazione della circolare 12 maggio 2025, n. 91, l’INPS ha definito il quadro applicativo e procedurale per la fruizione dell’esonero contributivo introdotto dall’art. 23 del D.L. 7 maggio 2024, n. 60, convertito con modificazioni dalla legge 4 luglio 2024, n. 95, comunemente noto come “Bonus Donne Decreto Coesione”. Tale misura, articolata e profondamente influenzata dalla cornice normativa unionale, fa seguito al ritiro del primo decreto attuativo, sostituito da un nuovo provvedimento ministeriale che ha riformulato i criteri di accesso e ridefinito la platea delle potenziali beneficiarie.

Tre categorie di lavoratrici ammissibili

Il nuovo decreto attuativo identifica con precisione tre distinte categorie di donne svantaggiate, per le quali l’assunzione a tempo indeterminato dà diritto all’esonero contributivo:

  1. Donne ovunque residenti, prive di impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi;
  2. Donne prive di impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi, residenti nelle Regioni comprese nella Zona Economica Speciale unica (ZES) per il Mezzogiorno;
  3. Donne impiegate in professioni o in settori a elevata disparità occupazionale di genere, come individuati dal Decreto interministeriale del 30 dicembre 2024.

Tale classificazione è fondamentale, poiché determina non solo i presupposti soggettivi per accedere al beneficio, ma anche i tempi, la durata e le modalità operative per la presentazione della domanda e per la successiva esposizione del beneficio nei flussi contributivi.

COSA SIGNIFICA ESSERE DONNA PRIVA DI IMPIEGO REGOLARMENTE RETRIBUITO?

In riferimento alla nozione di “impiego regolarmente retribuito”, per verificare il rispetto della condizione è necessario fare riferimento al D.M. 17.10.2017, secondo cui sono da considerarsi tali

“coloro che negli ultimi sei mesi non hanno prestato attività lavorativa riconducibile a un rapporto di lavoro subordinato della durata di almeno sei mesi nonché coloro che negli ultimi sei mesi hanno svolto attività lavorativa in forma autonoma o parasubordinata dalla quale derivi un reddito che corrisponde a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.

Tempistiche di validità e durata degli esoneri

L’Istituto, nell’illustrare il campo di applicazione del beneficio, distingue le fattispecie sulla base della categoria di appartenenza:

  • Per le donne prive di occupazione regolarmente retribuita da almeno 24 mesi o per le lavoratrici in settori a forte disparità di genere, l’agevolazione è riconosciuta per le assunzioni effettuate tra il 1° settembre 2024 e il 31 dicembre 2025, per una durata massima di 24 mesi (12 mesi in caso di donne “svantaggiate” ma non “molto svantaggiate”, secondo la classificazione europea).
  • Per le donne residenti nelle Regioni ZES e prive di occupazione regolarmente retribuita da almeno 6 mesi, la finestra temporale decorre dalla data di autorizzazione della Commissione Europea (31 gennaio 2025). Tuttavia, l’effettiva fruizione è subordinata alla presentazione preventiva della domanda all’INPS, che deve avvenire prima dell’instaurazione del rapporto. Pertanto, la data di decorrenza effettiva varia in funzione del momento di trasmissione dell’istanza. Anche in questo caso, la durata dell’agevolazione è di 24 mesi.

Condizione dell’incremento occupazionale netto

Elemento essenziale e condizionante per l’accesso al beneficio è il rispetto del requisito dell’incremento netto della base occupazionale, calcolato mensilmente in unità di lavoro annuo (U.L.A.). La nuova assunzione deve infatti comportare un effettivo aumento del numero di lavoratori impiegati rispetto alla media degli occupati nei dodici mesi precedenti. Tale incremento deve essere mantenuto nel tempo: la sua assenza determina la perdita del beneficio per il singolo mese, mentre il suo ripristino ne riattiva la fruizione, senza possibilità di recuperare le mensilità perse.

Procedura operative: istruzioni INPS

Con l’operatività della circolare INPS 12 maggio 2025, n. 91, è stato ufficialmente attivato il canale per la fruizione dell’esonero contributivo previsto dall’art. 23 del D.L. 7 maggio 2024, n. 60 (cd. “Decreto Coesione”), convertito con modificazioni dalla L. 4 luglio 2024, n. 95. L’agevolazione, nota come Bonus Donne, si configura quale incentivo strutturale a favore dell’occupazione femminile in condizioni di svantaggio, mediante la riduzione dell’onere contributivo a carico del datore di lavoro.

Requisiti oggettivi e soggettivi

L’esonero è destinato alle assunzioni a tempo indeterminato di lavoratrici che versino in almeno una delle seguenti condizioni:

  1. Prive di impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi, ovunque residenti;
  2. Prive di impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi, se residenti nelle Regioni ricomprese nella ZES unica per il Mezzogiorno;
  3. Operanti in professioni o settori a elevata disparità occupazionale di genere, come individuati annualmente con apposito decreto interministeriale.

Tali condizioni devono sussistere al momento dell’assunzione ovvero al momento della presentazione della domanda per i rapporti non ancora instaurati.

Procedura telematica: accesso e compilazione

  1. Accesso al “Portale delle Agevolazioni” INPS

A partire dal 16 maggio 2025, i datori di lavoro possono accedere all’apposito modulo tramite il sito ufficiale INPS, seguendo il percorso:

www.inps.it → Portale delle Agevolazioni (ex DiResCo) → Incentivi Decreto Coesione – Articolo 23 – Donne

L’accesso avviene tramite le credenziali SPID, CNS o CIE del legale rappresentante o di soggetto delegato.

  1. Compilazione del modulo online

Il modulo telematico, suddiviso in sezioni, richiede l’inserimento obbligatorio delle seguenti informazioni:

  1. Dati identificativi del datore di lavoro
  • Ragione sociale;
  • Codice fiscale e matricola INPS;
  • Sede legale e unità operativa di riferimento;
  • Referente per la pratica (con recapiti).
  1. Dati anagrafici della lavoratrice
  • Nome, cognome e codice fiscale;
  • Data e luogo di nascita;
  • Residenza anagrafica (verifica fondamentale per accedere al requisito della ZES);
  • Stato occupazionale (da autodichiarazione o verificabile tramite modello C2 storico).
  1. Caratteristiche del rapporto di lavoro
  • Tipologia contrattuale: tempo pieno o part-time; non sono ammesse richieste per rapporti di lavoro precedentemente instuarati a termine e trasformati a tempo indeterminato.
  • Percentuale oraria, se applicabile.
  • Data di assunzione (effettuata o programmata).
  • Settore di inquadramento e qualifica professionale.
  • Retribuzione media mensile prevista, comprensiva di ratei di 13ª e 14ª mensilità.
  1. Dati contributivi
  • Aliquota contributiva datoriale applicabile;
  • Eventuali riduzioni già in godimento (che escluderebbero la cumulabilità).
  1. Dichiarazione sostitutiva ai sensi del D.P.R. 445/2000

Il datore di lavoro è tenuto a rendere una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà attestante:

  • La veridicità dei dati inseriti;
  • L’assenza di cumuli con altri esoneri per la medesima lavoratrice;
  • Il rispetto delle condizioni di legittimità dell’assunzione ai fini dell’agevolazione.

Tempistiche e doppia modalità di riconoscimento

La Circolare distingue due ipotesi operative:

  1. Rapporti di lavoro già instaurati

In caso di rapporto attivo alla data della domanda, il datore:

  • Indica nel modulo la data di assunzione;
  • Allega gli estremi della comunicazione obbligatoria (Unilav);
  • Riceve contestualmente nel sistema telematico l’esito e l’importo dell’esonero concesso.

Attenzione: i dati inseriti devono coincidere con quanto riportato nella comunicazione obbligatoria d’assunzione.

  1. Rapporti non ancora avviati

Se l’assunzione è solo programmata:

  • Il datore riceve da INPS una comunicazione con prenotazione dell’importo e l’invito a procedere entro 10 giorni;
  • Entro tale termine va effettuata l’assunzione e inviata la C.O.;
  • Solo dopo l’avvenuto adempimento, INPS procede a formalizzare l’autorizzazione.

Termini perentori

Il mancato rispetto del termine decennale per l’invio della C.O. determina la decadenza della prenotazione. In tal caso, sarà necessaria una nuova istanza, salva la disponibilità dei fondi.

Elementi vincolanti e controlli formali

L’INPS sottolinea che:

  • L’importo autorizzato rappresenta il tetto massimo fruibile in sede di denuncia contributiva.
  • Le informazioni riportate nella domanda devono coincidere perfettamente con quelle presenti nella C.O. e nei flussi Uniemens.
  • In caso di variazioni orarie (es. passaggio part-time/full-time), non è possibile incrementare l’importo autorizzato.
  • In caso di riduzioni di orario, il datore dovrà autonomamente rimodulare proporzionalmente l’incentivo, riducendo l’importo inizialmente concesso.

Per maggiori chiarimenti e assistenza personalizzata il nostro Studio è a vostra completa disposizione.

La gestione degli infortuni sul lavoro rappresenta uno degli aspetti centrali del sistema di tutela dei lavoratori italiani. Nel 2025, l’INAIL introduce una novità significativa che si colloca all’interno di un processo di modernizzazione e rafforzamento degli strumenti per la prevenzione e la sicurezza nei luoghi di lavoro: dal 16 maggio entra in vigore una nuova versione degli applicativi per la comunicazione e la denuncia di infortunio. Contemporaneamente, si afferma con maggiore forza l’importanza della patente a crediti, diventata obbligatoria dal 1° ottobre 2024 per lavorare nei cantieri edili. Queste due novità si intrecciano, delineando un panorama più rigoroso e tracciabile.

La denuncia di infortunio è un obbligo previsto dalla legge per ogni datore di lavoro che riceva un certificato medico attestante un evento lesivo occorso al proprio dipendente. L’obbligo scatta quando la prognosi supera i tre giorni. In questi casi, il datore ha due giorni di tempo dalla ricezione del certificato per inoltrare la denuncia all’INAIL, pena l’applicazione di sanzioni amministrative che vanno da un minimo di 1.290 euro fino a un massimo di 7.745 euro. È quindi un adempimento che non solo tutela il lavoratore, ma protegge anche il datore di lavoro da gravi conseguenze giuridiche.

La nuova versione degli applicativi INAIL per la comunicazione e denuncia di infortunio introduce un campo obbligatorio che rappresenta una svolta: “Attività svolta in cantiere”. Questa innovazione mira a rilevare con maggiore accuratezza se l’infortunio si è verificato in un cantiere temporaneo o mobile, condizione particolarmente rilevante alla luce della prossima introduzione della patente a crediti. Questo nuovo campo ha quindi una duplice funzione: integrare il flusso informativo in modo più dettagliato e permettere un controllo più efficace e puntuale da parte degli organi di vigilanza.

Gli aggiornamenti saranno disponibili dal 16 maggio 2025 sul portale ufficiale INAIL, ma le aziende che utilizzano sistemi di trasmissione in modalità offline o in cooperazione applicativa dovranno adeguare i propri software entro il 15 maggio. La documentazione tecnica è già stata resa disponibile nella sezione “Atti e documenti” del sito INAIL, suddivisa tra le aree dedicate alla denuncia di infortunio e alla prevenzione. Per facilitare l’adeguamento, l’Istituto ha inoltre comunicato direttamente le modifiche alle aziende interessate, fornendo loro tutto il supporto tecnico necessario.

Nel nuovo scenario normativo si inserisce la patente a crediti, un sistema che assegna un punteggio alle imprese e ai lavoratori autonomi in base alla loro condotta in materia di sicurezza sul lavoro. L’obiettivo è promuovere un comportamento virtuoso attraverso un meccanismo premiale e al contempo sanzionatorio.

Il nuovo campo “Attività svolta in cantiere”, introdotto nel modello INAIL di denuncia, è strettamente collegato alla patente a crediti. Infatti, l’inserimento di questa informazione sarà utile anche per determinare il comportamento e il punteggio delle imprese coinvolte. L’INAIL e gli organi di controllo potranno verificare con maggiore efficacia la coerenza tra le attività dichiarate e la realtà operativa in cantiere, avendo a disposizione un quadro informativo più completo.

L’INAIL ha predisposto sul proprio sito sezioni dedicate all’assistenza per imprese che operano in modalità cooperazione applicativa, pubblicando anche la cronologia delle versioni e i dettagli tecnici degli aggiornamenti.

La riforma, oltre ad aumentare gli obblighi, promette importanti vantaggi. Una tracciabilità più accurata degli incidenti in cantiere permetterà di intervenire in maniera mirata, prevenendo il ripetersi di situazioni pericolose. Inoltre, le aziende virtuose potranno distinguersi attraverso il punteggio della patente a crediti, creando un ecosistema competitivo che premia la sicurezza e la conformità normativa.

L’introduzione del nuovo modello di denuncia di infortunio e l’obbligatorietà della patente a crediti rappresentano due pilastri del nuovo approccio alla sicurezza sul lavoro. Da una parte si digitalizza e si raffina il flusso informativo, dall’altra si responsabilizzano gli attori del sistema produttivo. Il risultato atteso è una cultura della prevenzione più radicata e una maggiore tutela per i lavoratori, in particolare nei contesti più a rischio come i cantieri edili.

Per domande, chiarimenti e consulenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

FAQ

Quando entra in vigore il nuovo modello per la denuncia di infortunio?
Il nuovo modello sarà disponibile sul sito INAIL a partire dal 16 maggio 2025.

Cosa cambia nel nuovo modello INAIL?
Viene introdotto un campo obbligatorio denominato “Attività svolta in cantiere”, utile per la gestione della patente a crediti.

Chi è obbligato a possedere la patente a crediti?
Dal 1° ottobre 2024, tutte le imprese e i lavoratori autonomi che lavorano nei cantieri edili devono  essere in possesso della patente a crediti.

Quali sono le sanzioni per mancata denuncia?
Se il datore di lavoro non trasmette la denuncia entro due giorni dalla ricezione del certificato medico, può essere sanzionato con importi da 1.290 a 7.745 euro.

Dove si può richiedere la patente a crediti?
La richiesta si effettua online presso l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con presentazione di attestazioni certificate.

Il Bando ISI INAIL 2024-2025 rappresenta una delle iniziative pubbliche più significative per promuovere investimenti in materia di sicurezza sul lavoro. Con un fondo complessivo di 600 milioni di euro, l’obiettivo del bando è incentivare le imprese italiane, comprese le micro, piccole e medie imprese, a migliorare le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori attraverso l’acquisto di attrezzature innovative, l’adozione di modelli organizzativi avanzati e la bonifica dell’amianto. Il contributo previsto è a fondo perduto fino al 65% delle spese ammissibili, con un massimale di 130.000 euro per progetto.

Questo strumento, giunto ormai a una consolidata tradizione, viene aggiornato ogni anno dall’INAIL con modifiche sostanziali che rispondono alle esigenze emergenti del mondo del lavoro.

Per l’edizione 2024-2025, sono previste novità importanti, sia in termini di criteri di accesso che di modalità di partecipazione.

Il processo di candidatura è gestito tramite uno sportello telematico e si articola in diverse fasi, culminando nel cosiddetto “click day”, durante il quale le imprese dovranno essere pronte a inviare tempestivamente la propria richiesta per accedere al contributo.

Tra i beneficiari del bando figurano tutte le imprese iscritte alla Camera di Commercio, inclusi gli enti del terzo settore per alcuni interventi specifici. Sono tuttavia escluse le imprese che hanno già beneficiato dei bandi ISI 2021, 2022 o 2023, ad eccezione dei casi legati all’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale.

Un altro requisito fondamentale riguarda l’assenza di condanne per omicidio colposo o lesioni personali colpose connesse alla violazione delle normative sulla sicurezza del lavoro.

Il Bando INAIL suddivide le risorse economiche su base regionale e per assi di finanziamento. Ogni impresa può presentare una sola domanda per una sola tipologia di progetto riferito a una singola unità produttiva e in una sola Regione o Provincia Autonoma.

Le principali categorie di intervento ammissibili comprendono progetti di riduzione dei rischi infortunistici e tecnopatici, l’adozione di modelli organizzativi certificati, interventi per la bonifica da amianto, e investimenti per imprese del settore agricolo. Quest’ultimo gode di un trattamento specifico, con una maggiorazione del contributo fino all’80% per i giovani agricoltori.

Per quanto riguarda le spese ammissibili, queste includono i costi direttamente necessari alla realizzazione del progetto, comprese le spese tecniche e accessorie strettamente funzionali e indispensabili. Non sono invece finanziabili le spese per acquisti tramite leasing, l’acquisto di beni usati e altre voci espressamente escluse dal bando. I progetti devono essere nuovi e non ancora avviati alla data di chiusura dello sportello informatico.

Una volta approvato, il progetto deve essere realizzato entro un anno.

Un’ulteriore opportunità è data dalla possibilità di richiedere un’anticipazione fino al 50% del contributo nel caso l’importo superi i 30.000 euro, previa presentazione di una fidejussione. Per le micro e piccole imprese, l’anticipazione può arrivare fino al 70% per alcune linee di finanziamento (assi 4 e 5).

Dal punto di vista procedurale, la modalità di assegnazione è competitiva e basata su una prenotazione telematica. Solo le imprese che superano la soglia minima di 130 punti potranno accedere al click day e inviare la domanda definitiva. Una volta chiusa questa fase, l’INAIL pubblicherà gli elenchi cronologici provvisori e successivamente quelli definitivi degli ammessi.

Dal punto di vista normativo, il contributo è concesso in regime de minimis, il che significa che può essere cumulato con altri finanziamenti pubblici, purché vengano rispettati i limiti previsti dalla normativa europea e nazionale sugli aiuti di Stato.

Questo aspetto è particolarmente rilevante per le imprese che intendano integrare più misure agevolative per massimizzare l’efficacia dell’investimento.

Le scadenze ufficiali hanno visto l’apertura dello sportello informatico il 14 aprile 2025 e la chiusura per la compilazione delle domande il 30 maggio 2025. Le successive fasi tecniche, tra cui la pubblicazione dei codici identificativi e le regole per il click day, sono ancora in via di definizione.

Un aspetto interessante dell’edizione 2024-2025 è l’introduzione di linee di intervento dedicate a specifici codici ATECO, come quelli legati a pesca e acquacoltura, industrie tessili, lavorazione del vetro artistico, fabbricazione di strumenti musicali e dispositivi di protezione.

Per ricevere assistenza e consulenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra completa disposizione.

Dettaglio
Fondo complessivo 600 milioni di euro
Contributo Fino al 65% a fondo perduto (80% per agricoltura)
Importo massimo 130.000 euro
Beneficiari Imprese iscritte alla CCIAA, enti del terzo settore
Spese ammissibili Macchinari, bonifica amianto, modelli organizzativi, costi tecnici
Spese escluse Leasing, beni usati, spese non documentate
Anticipazione Fino al 50% (70% per micro e piccole imprese con fidejussione)
Modalità Click Day con soglia di 130 punti
Regime De minimis
Scadenze Apertura 14 aprile 2025, chiusura 30 maggio 2025

 

FAQ:

Cos’è il Bando ISI INAIL? È un’iniziativa pubblica dell’INAIL per finanziare interventi che migliorano la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Chi può partecipare? Tutte le imprese iscritte alla Camera di Commercio e alcuni enti del terzo settore.

Quali sono i progetti finanziabili? Adozione di modelli organizzativi, bonifica amianto, acquisto di macchinari innovativi, interventi in agricoltura.

Quali sono i requisiti principali? Progetti non ancora realizzati, assenza di condanne gravi, raggiungimento di almeno 130 punti.

Il contributo è cumulabile? Sì, con altri aiuti pubblici nel rispetto dei limiti del regime de minimis.

Anticipo del TFR in busta paga: i chiarimenti dell’INL per il 2025

Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) rappresenta una componente essenziale della retribuzione differita, pensata per offrire un supporto economico al lavoratore alla conclusione del rapporto di lavoro. Negli anni, sono emerse pratiche che prevedono l’erogazione anticipata del TFR, talvolta direttamente nella busta paga mensile.

Nel 2025, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha emesso nuovi chiarimenti, sottolineando l’importanza di attenersi rigorosamente alla normativa vigente.
Con la nota prot. 616/2025, l’INL ha ribadito i limiti e le condizioni per l’anticipo del TFR nella retribuzione mensile. Salvo il periodo sperimentale disciplinato dalla Legge n. 190/2014 (1 marzo 2015 – 30 giugno 2018), l’erogazione mensile è consentita solo nei casi previsti dall’articolo 2120 del Codice Civile.
In tutti gli altri casi, l’inserimento sistematico del TFR in busta paga costituisce un’integrazione retributiva illegittima, con conseguenti sanzioni sia per il datore di lavoro sia per quanto riguarda la regolarità contributiva.

Durante il triennio 2015-2018, la Legge 190/2014 ha consentito, in via sperimentale, l’anticipo del TFR su base mensile. Terminato quel periodo, è tornata in vigore la disciplina ordinaria dell’articolo 2120 c.c.

Il Codice Civile stabilisce che il lavoratore può richiedere l’anticipo del TFR solo in presenza di eventi particolari, come l’acquisto della prima casa o spese sanitarie rilevanti. In assenza di tali condizioni, qualsiasi erogazione periodica anticipata è considerata irregolare.

Lanticipo del TFR è consentito solo:

  • Dopo otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro;
  • Per spese sanitarie documentate;
  • Per l’acquisto della prima casa;
  • In altri casi eccezionali previsti dai contratti collettivi.

Fuori da questi casi, l’erogazione anticipata è vietata.

Durante il regime sperimentale 2015-2018, i lavoratori potevano scegliere di ricevere il TFR in busta paga mensilmente. Tuttavia, questa modalità aveva carattere temporaneo ed è decaduta.

Oggi, le richieste di anticipo del TFR devono essere motivate e documentate, e riguardare esclusivamente situazioni straordinarie, secondo quanto previsto dal Codice Civile e dalla contrattazione collettiva. Il trasferimento automatico del TFR in busta paga, senza motivazioni valide, configura un’integrazione retributiva soggetta a contributi e imposte, con seri rischi economici per l’azienda.

LINL precisa che la contrattazione collettiva o individuale può disciplinare l’anticipo del TFR, purché rispetti la normativa generale. Non è ammesso l’automatico trasferimento mensile delle quote maturate.  Attraverso la contrattazione si possono prevedere condizioni più favorevoli per ottenere lanticipo del TFR, sempre senza derogare alla legge. Consentire il trasferimento automatico del TFR mensile viola la natura stessa del TFR, trasformandolo in una componente ordinaria della retribuzione. Se l’anticipo del TFR non rispetta la normativa, assume natura di retribuzione imponibile, alterando la base di calcolo degli oneri previdenziali e generando nuovi obblighi contributivi.

Quando opera il Fondo Tesoreria INPS le somme conferite sono indisponibili, salvo per gli anticipi legittimi. Se viene accertato un anticipo irregolare, il datore di lavoro è obbligato a reintegrare le somme nel Fondo o nella posizione individuale del lavoratore.

LINL richiede l’adozione di provvedimenti correttivi ai sensi dell’articolo 14 del Decreto Legislativo n. 124/2004. Le ispezioni possono portare all’obbligo di regolarizzare la posizione contributiva e al pagamento di sanzioni amministrative.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro sottolinea l’importanza di distinguere tra anticipi legittimi e illegittimi per tutelare sia i lavoratori sia le aziende.

Per maggiori chiarimenti e per assistenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

Con l’inasprimento delle politiche commerciali statunitensi e con l’introduzione dei dazi, le imprese esportatrici verso gli Stati Uniti si trovano oggi di fronte a una sfida importante: contenere i costi senza compromettere la competitività. Esistono diversi strumenti legali e strategie efficaci che permettono alle aziende di ridurre l’impatto delle tariffe doganali.

Una delle soluzioni più efficaci è quella di spostare il “cuore” del prodotto. Non è necessario delocalizzare l’intera produzione per beneficiare di dazi più favorevoli, ma basta dimostrare che la componente essenziale del bene viene realizzata in un Paese con regimi doganali più vantaggiosi. Questa scelta tattica consente alle aziende di accedere a un canale legale che permette di ottenere una classificazione più favorevole per il prodotto, riducendo sensibilmente l’aliquota applicata.
Un altro approccio utile è abbassare legalmente il valore del bene, sfruttando le deducibilità fiscali riconosciute per alcuni costi accessori. Molte spese che concorrono a determinare il prezzo in fattura, ma che non costituiscono realmente il costo del bene, possono essere escluse dalla base imponibile. In pratica, se un prodotto viene venduto a 100 dollari negli USA, grazie a queste deduzioni è possibile ridurre il valore dichiarato in dogana a 80 dollari o anche meno. A quel punto, anche applicando un dazio del 20%, il prezzo finale torna a essere competitivo, riportando semplicemente il costo totale intorno ai 100 dollari iniziali.

La riduzione del valore della fattura può avvenire anche mediante l’ottimizzazione dei contratti di compravendita. In particolare, l’inserimento di una terza parte nella catena produttiva può offrire vantaggi significativi. Se, ad esempio, il contratto di vendita prevede che un intermediario riceva un compenso specifico per la sua attività, questo importo può essere dedotto dal valore complessivo della fattura. In tal modo, si riesce a ridurre ulteriormente l’importo soggetto a tassazione.
Un’opportunità spesso sottovalutata ma molto efficace è rappresentata dai magazzini doganali. Queste strutture si trovano fisicamente all’interno del territorio degli Stati Uniti, ma fiscalmente sono trattate come zone duty free. Finché la merce rimane in deposito in questi magazzini, non viene considerata importata a tutti gli effetti e non è soggetta al pagamento dei dazi. Il versamento delle tariffe doganali avviene solo nel momento in cui la merce viene effettivamente venduta nel mercato americano. Questo consente alle imprese di posticipare l’esborso economico e di gestire meglio la liquidità, evitando di anticipare costi su beni che potrebbero non essere subito immessi sul mercato.

Infine, per quanto più complesse e meno immediate, ci sono anche le vie legali. L’amministrazione Trump ha sfruttato una nuova cornice giuridica che consente di introdurre dazi anche in risposta a emergenze nazionali, come nel caso della crisi degli oppioidi (con riferimento al Fentanyl) o del disavanzo commerciale.
Questo ha permesso di estendere i dazi in modo uniforme a tutti i Paesi, superando i vecchi vincoli che li limitavano solo a determinati Stati o settori. Pur trattandosi di percorsi giuridici intricati e con esiti non garantiti, questa strada resta percorribile per le aziende che vogliono impugnare o negoziare le tariffe imposte, magari all’interno di un contenzioso internazionale o tramite accordi bilaterali.

Per approfondimenti e chiarimenti su questo tema e per assistenza personalizzata il nostro studio è a vostra completa disposizione.

Lo smart working rappresenta una delle trasformazioni più significative del mondo del lavoro degli ultimi anni, ridefinendo non solo le modalità organizzative delle imprese ma anche gli obblighi normativi a carico dei datori di lavoro.

L’ordinamento italiano ha progressivamente regolato questo istituto, culminando recentemente con importanti novità introdotte dalla Legge 203/2024, meglio nota come Collegato Lavoro. Tra i principali aggiornamenti, spiccano gli obblighi di comunicazione al Ministero del Lavoro relativi all’attivazione, variazione e cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile. Queste disposizioni, entrate pienamente in vigore nel 2025, comportano una serie di adempimenti precisi, sia in termini di contenuto che di tempistiche, che le imprese devono rispettare per evitare sanzioni e garantire la conformità normativa.

L’articolo 14 della Legge 203/2024 ribadisce l’obbligo per le aziende di comunicare per via telematica al Ministero del Lavoro l’avvio o la cessazione delle prestazioni in modalità agile. Tuttavia, il punto di svolta risiede nella definizione del momento da cui decorrono i termini per effettuare tale comunicazione: non più dalla stipula dell’accordo tra le parti, bensì dalla variazione effettiva della prestazione lavorativa. Questa precisazione assume un valore operativo molto importante, perché impatta direttamente sui processi interni di gestione del personale e sulle responsabilità degli uffici competenti.

In base alla normativa vigente, i datori di lavoro devono trasmettere le informazioni relative ai lavoratori coinvolti, indicando con precisione la data di inizio e quella di cessazione del lavoro agile. La comunicazione va inoltrata attraverso i canali telematici messi a disposizione dal Ministero, entro e non oltre cinque giorni dalla decorrenza dell’evento oggetto della segnalazione. Questo vale sia per l’avvio iniziale dello smart working, sia per eventuali modifiche contrattuali, proroghe o cessazioni anticipate della prestazione.

Questo intervallo temporale si conta a partire dal momento in cui inizia la prestazione in smart working, non dalla data in cui è stato siglato l’accordo tra datore di lavoro e dipendente. Lo stesso principio si applica alle variazioni successive, come proroghe o cessazioni anticipate: la comunicazione deve avvenire entro cinque giorni dall’effettiva variazione della prestazione.

Tale distinzione tra data dell’accordo e data della variazione rappresenta un cambio di prospettiva non trascurabile per le aziende. Mentre in passato la tendenza era quella di associare la comunicazione alla firma dell’intesa, oggi diventa imprescindibile monitorare con attenzione l’inizio effettivo della prestazione agile.

Per meglio comprendere l’impatto operativo di queste disposizioni, è utile esaminare alcuni esempi concreti. Nella pratica immaginiamo che un accordo per l’attivazione dello smart working venga stipulato il 15 gennaio 2025, ma preveda l’effettiva partenza della modalità agile a partire dal primo febbraio dello stesso anno. In questo caso, la comunicazione al Ministero dovrà essere effettuata entro il 6 febbraio 2025, e non nei cinque giorni successivi alla firma dell’accordo. Se, successivamente, le parti decidono di prorogare la prestazione in smart working, ad esempio il 28 giugno, sarà necessario inviare una nuova comunicazione entro il 3 luglio. Infine, se lo smart working termina in anticipo rispetto a quanto previsto, ad esempio il 15 maggio, l’obbligo di comunicazione scatterà dal momento in cui avviene la cessazione, e dovrà essere adempiuto entro il 20 maggio.

Per ulteriori chiarimenti e per assistenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra completa disposizione.

La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una rilevante agevolazione fiscale destinata ai lavoratori neoassunti a tempo indeterminato. Si tratta del bonus affitto per trasferimento, pensato per incentivare la mobilità lavorativa e sostenere economicamente i lavoratori che, per esigenze professionali, si trovano a cambiare città e affrontare i costi di una nuova abitazione. Questa misura si inserisce nel più ampio contesto delle politiche di stabilizzazione occupazionale e di promozione di un mercato del lavoro dinamico ed efficiente.

Il bonus affitto previsto dalla Legge n. 207/2024 si concretizza in un’esenzione fiscale fino a 5.000 euro annui, per un massimo di due anni, sulle somme che il datore di lavoro eroga o rimborsa al dipendente per coprire i costi di affitto o di manutenzione ordinaria dell’immobile locato.

Questa agevolazione si distingue dai classici fringe benefit per la sua natura mirata e per la possibilità di cumulo con le soglie ordinarie previste per il 2025, fissate a 1.000 euro per i lavoratori senza figli e a 2.000 euro per quelli con figli a carico.

A differenza delle misure generaliste, questo bonus si configura come un’opportunità specificamente pensata per chi inizia un nuovo percorso lavorativo in un luogo diverso da quello di residenza, andando incontro in maniera concreta alle difficoltà logistiche ed economiche legate al trasferimento.

Per poter accedere al beneficio, è necessario rispettare precisi requisiti. Il lavoratore deve essere stato assunto nel corso del 2025 con un contratto a tempo indeterminato e deve aver trasferito la propria residenza in un Comune situato ad almeno 100 km di distanza da quello precedente. Inoltre, nel 2024 deve aver percepito un reddito da lavoro dipendente non superiore a 35.000 euro.

È fondamentale che il dipendente fornisca al datore di lavoro una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante il cambio di residenza e il rispetto del requisito reddituale. Il bonus non è automatico, bensì facoltativo: spetta al datore di lavoro decidere se riconoscerlo ai dipendenti, eventualmente stabilendo criteri di selezione attraverso un regolamento aziendale o piani di welfare dedicati.

Dal punto di vista operativo, il bonus può essere erogato sotto forma di rimborso dietro presentazione di documentazione oppure come contributo anticipato, sempre che sia giustificato da spese reali legate alla locazione dell’immobile o alla sua manutenzione ordinaria.

I documenti necessari includono il contratto di affitto, le ricevute dei pagamenti e la dichiarazione sostitutiva. Tutti questi elementi dovranno essere riportati correttamente nella Certificazione Unica.

Dal punto di vista fiscale, l’agevolazione rappresenta un’ottima opportunità sia per il dipendente che per il datore di lavoro. Le somme erogate non concorrono alla formazione del reddito imponibile IRPEF e non sono soggette a contribuzione previdenziale o IRAP. Tuttavia, influiscono sul calcolo dell’ISEE, potenzialmente condizionando l’accesso ad altre prestazioni o agevolazioni pubbliche.

Per garantire una gestione corretta e trasparente del bonus, le imprese dovrebbero dotarsi di procedure interne chiare, definendo modalità di richiesta, tempistiche, documentazione richiesta e criteri di assegnazione. La tracciabilità e la conformità alla normativa fiscale sono aspetti cruciali per evitare contestazioni future da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Analizzando un caso pratico, si può pensare a un giovane lavoratore assunto a tempo indeterminato in una grande città, come Milano, che si trasferisce da una località distante oltre 100 km. Grazie al bonus, il dipendente potrà ricevere fino a 5.000 euro annui per coprire l’affitto, alleggerendo l’impatto economico del trasferimento e migliorando il proprio potere d’acquisto.

Al momento non è prevista una piattaforma dedicata né una modulistica ufficiale, ma è probabile che nei prossimi mesi l’Agenzia delle Entrate fornisca istruzioni più dettagliate, comprese FAQ e circolari attuative. Particolare attenzione è posta in merito alla compatibilità del bonus con situazioni di smart working, alla gestione in caso di interruzione anticipata del contratto e alla documentazione probatoria da conservare.

Per maggiori chiarimenti o per assistenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra completa disposizione.

FAQ

  1. Il bonus affitto 2025 è automatico per tutti i lavoratori neoassunti?

No, il bonus non è automatico. È una misura facoltativa che il datore di lavoro può decidere se applicare, a condizione che il lavoratore soddisfi i requisiti previsti.

  1. È possibile beneficiare del bonus se si lavora in smart working?

Al momento non è stata fornita una risposta ufficiale. Si attendono chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate sull’applicabilità del bonus in caso di lavoro da remoto.

  1. Le spese per trasloco o deposito mobili rientrano nel bonus?

No, il bonus copre solo le spese per affitto e manutenzione ordinaria dell’immobile. Le spese accessorie come traslochi o depositi non sono incluse.

  1. Il bonus affitto influisce sul calcolo dell’ISEE?

Sì, anche se le somme sono esenti da IRPEF, concorrono al calcolo dell’ISEE e potrebbero influenzare l’accesso ad altre agevolazioni.

  1. Cosa succede se il contratto di lavoro viene interrotto prima dei due anni?

In caso di interruzione anticipata del contratto, è possibile che il bonus venga ricalcolato. È necessario attendere indicazioni ufficiali per conoscere le modalità di gestione in questi casi.

 

A partire dal 1° aprile 2025 entreranno in vigore nuove specifiche tecniche per le fatture elettroniche, che apporteranno significative modifiche per imprese e professionisti. Tra le principali novità, emerge l’introduzione del codice TD29, che sarà obbligatorio per la comunicazione all’Agenzia delle Entrate in caso di mancata o irregolare ricezione di una fattura tramite il Sistema di Interscambio. Si tratta di un importante aggiornamento per garantire maggiore trasparenza ed efficienza nel sistema di regolarizzazione delle operazioni IVA.

Le nuove specifiche, annunciate dall’Agenzia delle Entrate il 31 gennaio 2025, rispondono alla necessità di allineare i processi digitali alle recenti disposizioni fiscali e, in particolare, alla riforma delle sanzioni introdotta con il Decreto Legislativo n. 87/2024. Quest’ultimo ha modificato profondamente il regime sanzionatorio, sia dal punto di vista amministrativo che penale, costringendo le autorità fiscali a rivedere anche gli strumenti operativi legati alla fatturazione elettronica.

Secondo la nuova versione dell’articolo 6, comma 8 del Decreto Legislativo n. 471/1997, i soggetti passivi che acquistano beni o servizi senza ricevere una fattura nei termini di legge o ricevono una fattura non conforme sono soggetti a una sanzione pari al 70% dell’imposta, con un minimo di 250 euro. Tuttavia, è possibile evitare la sanzione se l’omissione o l’irregolarità viene comunicata all’Agenzia delle Entrate entro novanta giorni.

La vera novità riguarda però il modo in cui tale comunicazione deve avvenire. La riforma menziona l’utilizzo degli “strumenti messi a disposizione” dall’Agenzia, lasciando inizialmente spazio a diverse interpretazioni. Questo passaggio è stato oggetto di confronto tra operatori e professionisti, che hanno espresso dubbi su quale fosse lo strumento corretto da utilizzare per adempiere all’obbligo senza incorrere in sanzioni.

Con l’aggiornamento del 31 gennaio 2025, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito questo aspetto attraverso l’introduzione del codice TD29, specificamente destinato alla comunicazione di irregolarità o omissioni in fase di fatturazione. Questo codice rappresenta dunque il nuovo standard per adempiere in modo conforme all’obbligo di comunicazione previsto dalla normativa riformata.

Il codice TD29 è stato inserito nel tracciato XSD della fattura elettronica ordinaria e semplificata, ampliando la gamma dei codici documento già esistenti. Si tratta di un’autofattura-denuncia che consente al cessionario o committente di segnalare l’anomalia direttamente attraverso il Sistema di Interscambio, in modo tracciabile e automatizzato.

Questo aggiornamento segna un importante cambiamento rispetto alla normativa precedente, in vigore fino al 31 agosto 2024, che prevedeva modalità diverse per evitare la sanzione.

In passato, infatti, era necessario presentare un documento in duplice esemplare all’ufficio competente, previa effettuazione del versamento dell’imposta dovuta. L’attuale meccanismo digitalizzato semplifica notevolmente le procedure, rendendole più aderenti all’ecosistema della fatturazione elettronica.

Un aspetto ancora oggetto di confronto riguarda il periodo transitorio. In attesa dell’entrata in vigore del codice TD29, ci si è chiesti se sia legittimo continuare ad utilizzare il codice TD20, utilizzato in precedenza per la regolarizzazione delle fatture nelle operazioni soggette a inversione contabile. L’Agenzia delle Entrate non ha fornito al momento ulteriori indicazioni ufficiali in merito; pertanto, il codice TD20 sembra rimanere l’unico riferimento valido per i casi di regolarizzazione fino al 31 marzo 2025.

Va sottolineato che anche il codice TD20 è stato oggetto di aggiornamento. La sua descrizione ora fa esplicito riferimento all’articolo 6, comma 9-bis del Decreto Legislativo n. 471/97 e all’articolo 46, comma 5 del Decreto Legge n. 331/93, chiarendo il contesto normativo a cui si applica.

L’introduzione del TD29 non è l’unica novità contenuta nell’aggiornamento delle specifiche tecniche del 31 gennaio. Sono stati apportati numerosi altri cambiamenti al tracciato della fatturazione elettronica, che avranno ripercussioni significative su più fronti. Tra questi spicca la variazione dello schema XSD per includere il nuovo regime transfrontaliero di franchigia IVA RF20, derivante dalla direttiva UE n. 2020/285.

Questo aggiornamento consente di gestire correttamente in fattura le operazioni transfrontaliere in regime di esenzione fino al limite consentito.

Inoltre, sono stati aggiornati i codici valore relativi alle fatture per la vendita di gasolio e carburanti, in conformità con la nuova codifica introdotta dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nella tabella TA13. Questo cambiamento vuole garantire coerenza e correttezza nell’identificazione dei prodotti energetici soggetti a particolari regimi di accisa o IVA.

Altri aggiornamenti tecnici hanno riguardato la descrizione di alcuni codici di errore. In particolare, si sono rese necessarie modifiche alle diciture relative agli errori 00471, 00473 e 00475, al fine di migliorare la comprensione delle anomalie da parte degli operatori. Anche i controlli sui codici 00404 e 00409 sono stati rivisti, ridefinendo i criteri di verifica per una maggiore precisione.

Infine, una modifica rilevante riguarda il codice di controllo 00460, con l’eliminazione del limite massimo di 400 euro per l’importo totale delle fatture semplificate emesse in regime forfettario o in regime transfrontaliero di franchigia. Questa misura allinea la normativa interna alle direttive europee, eliminando una soglia che rappresentava un vincolo per molti operatori di piccole dimensioni.

Per ricevere supporto e consulenza personalizzata, il nostro  team di esperti è a vostra disposizione.

Tabella riepilogativa delle principali novità introdotte

 

Elemento Descrizione
Codice TD29 Nuovo codice obbligatorio dal 1° aprile 2025 per segnalare omissioni o irregolarità di fatturazione
Riforma sanzioni (D.Lgs. 87/2024) Entra in vigore il 1° settembre 2024, prevede sanzione del 70% con minimo 250€
Comunicazione entro 90 giorni Necessaria per evitare sanzioni, tramite strumenti dell’Agenzia, incluso TD29
Codice TD20 (transitorio) Utilizzabile fino al 31 marzo 2025 in mancanza di indicazioni diverse
Aggiornamento descrizione TD20 Include riferimenti normativi art. 6, c. 9-bis D.Lgs. 471/97 e art. 46, c.5 D.L. 331/93
Regime RF20 Introdotto per operazioni transfrontaliere esenti, conforme alla direttiva UE 2020/285
Aggiornamenti su carburanti (TA13) Nuovi codici valore per gasolio e carburante secondo Agenzia delle Dogane
Codici di errore aggiornati Modificate le descrizioni di 00471, 00473, 00475
Controlli su errori 00404 e 00409 Revisionati i criteri di verifica
Codice di controllo 00460 Rimosso limite di 400 euro per fatture semplificate in alcuni regimi

FAQ

  1. Cosa significa codice TD29 nelle fatture elettroniche? Il codice TD29 identifica un nuovo tipo di documento introdotto per segnalare all’Agenzia delle Entrate l’omessa o irregolare ricezione di una fattura, in sostituzione delle vecchie modalità cartacee.
  2. Quando entra in vigore il codice TD29? Il codice TD29 sarà obbligatorio dal 1° aprile 2025, come stabilito dalle nuove specifiche tecniche pubblicate dall’Agenzia delle Entrate.
  3. Si può usare ancora il codice TD20 per regolarizzare le fatture? Fino al 31 marzo 2025, in assenza di indicazioni contrarie, è possibile utilizzare il codice TD20 per la regolarizzazione delle fatture non ricevute o ricevute in modo irregolare.
  4. Come si evitano le sanzioni per mancata fattura? È necessario comunicare l’omissione o l’irregolarità entro 90 giorni all’Agenzia delle Entrate, utilizzando i nuovi strumenti messi a disposizione, tra cui il documento TD29.
  5. Quali altri aggiornamenti sono stati introdotti con le nuove specifiche? Le modifiche includono l’introduzione del regime RF20, aggiornamenti ai codici valore per carburanti, revisione di codici di errore e rimozione del limite di 400 euro per le fatture semplificate in determinati regimi.

 

 

L’obbligo di registrare la PEC degli amministratori nel Registro delle imprese si applica anche alle società costituite prima del 1° gennaio 2025, data di entrata in vigore della Legge n. 207/2024. Riguarda tutti gli amministratori e prevede l’iscrizione di un indirizzo PEC personale per ciascuno di loro.

Queste sono le indicazioni principali fornite dal MIMIT il 12 marzo tramite la nota n. 43836, in merito all’obbligo di registrazione nel Registro delle imprese del domicilio digitale (PEC) degli amministratori delle società, previsto dall’art. 1, comma 860, della Legge n. 207/2024. La norma modifica l’art. 5, comma 1, del DL 179/2012 (convertito in legge), estendendo l’obbligo di comunicazione al Registro delle imprese non solo all’indirizzo PEC della società, ma anche a quello dei singoli amministratori.

Questo obbligo riguarda anche le società costituite prima del 1° gennaio 2025, che avranno tempo fino al 30 giugno 2025 per comunicare gli indirizzi PEC dei propri amministratori.

L’obiettivo di questa nuova disposizione è rafforzare la trasparenza e la tracciabilità delle comunicazioni legali e formali tra le imprese e l’amministrazione pubblica, ma anche tra soggetti privati che hanno legittimo interesse a interagire direttamente con i singoli amministratori. Non si tratta di un semplice aggiornamento tecnico, ma di un intervento strutturale che coinvolge tutte le forme societarie – sia di persone che di capitali – a eccezione della società semplice e delle società di mutuo soccorso. Fanno eccezione le società semplici che esercitano attività agricola, le quali, per la natura commerciale dell’attività, rientrano anch’esse nell’ambito applicativo della norma.

Il cambiamento normativo non si applica solo alle nuove società costituite a partire dal 2025, ma coinvolge anche tutte le imprese già esistenti prima di tale data. Queste ultime avranno tempo fino al 30 giugno 2025 per regolarizzare la propria posizione, comunicando al Registro delle Imprese un indirizzo PEC personale per ciascun amministratore in carica. Si sottolinea che l’obbligo riguarda le persone fisiche che esercitano il ruolo di amministratore e non l’organo collegiale in quanto tale, per cui, nel caso di amministrazione pluripersonale, ogni singolo soggetto dovrà avere e comunicare un proprio indirizzo digitale.

Questa impostazione individuale dell’obbligo risponde alla finalità della norma, che è quella di garantire un canale di comunicazione formale, diretto e univoco con ogni amministratore. Non sarà più accettabile, come in passato, utilizzare l’indirizzo PEC della società in sostituzione di quello personale dell’amministratore, nemmeno se quest’ultimo svolge l’incarico per più imprese. In tali casi, infatti, sarà comunque possibile utilizzare un’unica PEC, ma essa dovrà essere intestata all’amministratore stesso, e non alla singola società, e dovrà essere indicata distintamente per ogni realtà societaria nella quale egli ricopre l’incarico.

L’estensione dell’obbligo è ampia e tocca anche i liquidatori di società, siano essi nominati dai soci o designati dal giudice. Non solo: la norma coinvolge anche le reti di imprese dotate di fondo comune e che svolgano attività commerciale rivolta a terzi, le quali, acquisendo soggettività giuridica mediante l’iscrizione al Registro delle Imprese, rientrano nel campo di applicazione della disposizione. Restano invece escluse dal nuovo obbligo i consorzi, anche se dotati di attività esterna, e le società consortili.

Un aspetto di rilievo riguarda il regime fiscale e amministrativo collegato all’iscrizione della PEC degli amministratori. Sebbene la norma parli espressamente di esenzione dall’imposta di bollo e dai diritti di segreteria solo per l’iscrizione dell’indirizzo PEC della società, il MIMIT ritiene applicabile tale esenzione anche alle comunicazioni o variazioni degli indirizzi PEC personali degli amministratori. Si tratta di una precisazione importante che alleggerisce il peso amministrativo ed economico dell’adempimento, incentivando le imprese a rispettare i termini previsti.

Dal punto di vista operativo, la mancata comunicazione dell’indirizzo PEC personale dell’amministratore rappresenta un ostacolo alla positiva conclusione dell’iter di iscrizione o aggiornamento presso il Registro delle Imprese. In caso di omissione, la Camera di Commercio competente dovrà sospendere l’istruttoria, assegnando all’impresa un termine perentorio non superiore a trenta giorni per integrare la documentazione.

Se l’impresa non ottempererà entro il termine stabilito, l’istanza sarà rigettata. Questa procedura ha lo scopo di garantire che tutte le posizioni iscritte siano complete e aggiornate, assicurando l’effettività del nuovo obbligo normativo e la funzionalità del sistema informativo del Registro delle Imprese.

Un ulteriore elemento di rilievo è rappresentato dal quadro sanzionatorio previsto in caso di mancato adempimento. La nuova disciplina, come precisato dallo stesso MIMIT, non introduce sanzioni specifiche né consente l’applicazione analogica di altre norme sanzionatorie previste per fattispecie similari. Tuttavia, resta applicabile l’articolo 2630 del Codice Civile, che prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 103 a 1.032 euro per chi, essendo tenuto per legge a comunicazioni o adempimenti verso il Registro delle Imprese, omette di effettuarli nei termini stabiliti. Tale importo può essere ridotto a un terzo se la comunicazione viene comunque effettuata entro i trenta giorni successivi alla scadenza.

Dal punto di vista tecnico, l’amministratore potrà utilizzare un unico indirizzo PEC per più società, a condizione che la casella sia effettivamente personale e non intestata a una delle società stesse.

Questa possibilità semplifica parzialmente l’adempimento per chi ricopre cariche in più imprese, ma richiede comunque una gestione organizzata e conforme delle comunicazioni con ciascun Registro delle Imprese competente.

Non sarà ammessa, invece, l’indicazione di un indirizzo generico o comune alla società, come accadeva in passato, perché ciò contrasterebbe con la ratio della norma, volta a rendere ogni amministratore direttamente raggiungibile.

Lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione per chiarimenti e assistenza personalizzata.

L’entrata in vigore della Legge n. 213/2023 ha introdotto una importante novità per le imprese, introducendo la stipula di contratti assicurativi a copertura dei danni derivanti da calamità naturali ed eventi catastrofali.

Con il successivo Decreto Milleproroghe (DL n. 202/2024), il termine iniziale per l’adempimento, fissato al 31 dicembre 2024, è stato prorogato al 31 marzo 2025, mentre per le imprese della pesca e dell’acquacoltura il termine ultimo è stato esteso fino al 31 dicembre 2025. Il Decreto n. 18/2025, pubblicato il 27 febbraio 2025, ha disciplinato le modalità attuative e operative delle polizze assicurative, definendo i criteri e i parametri specifici per l’adempimento dell’obbligo.

Dal 14 marzo 2025, tutte le imprese tenute all’iscrizione nel Registro delle Imprese sono obbligate a stipulare una copertura assicurativa contro i rischi catastrofali, con l’eccezione delle aziende agricole.

L’assicurazione deve garantire la copertura dei danni alle immobilizzazioni materiali, come previsto dall’art. 2424 del Codice Civile, includendo in particolare terreni, fabbricati, impianti, macchinari e attrezzature industriali e commerciali. Rientrano nell’obbligo non solo le imprese proprietarie di tali beni, ma anche quelle che li detengono tramite leasing, locazione o comodato.

Sono invece esclusi dall’obbligo gli immobili abusivi o privi delle necessarie autorizzazioni edilizie, così come i beni mobili non strettamente riconducibili alle immobilizzazioni materiali, tra cui mobili, arredi, macchine d’ufficio e automezzi. Le materie prime, i prodotti finiti e il magazzino non rientrano nella copertura obbligatoria, sebbene le imprese possano estendere la polizza per includere questi elementi.

Le polizze devono coprire specifici eventi calamitosi e catastrofali, quali terremoti, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni. Sono considerati parte dello stesso evento calamitoso le successive manifestazioni che avvengono entro 72 ore dalla prima occorrenza. In particolare, per i sismi, il riconoscimento dell’evento è subordinato alla localizzazione da parte della Rete Sismica Nazionale dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).

La polizza assicurativa è strutturata secondo criteri ben definiti, con obblighi di copertura proporzionati alla dimensione dell’impresa e alla tipologia di beni da assicurare. Le principali caratteristiche della copertura includono:

  • Premio assicurativo: il costo della polizza dipende dal livello di rischio dell’area geografica in cui si trovano i beni e dalla loro vulnerabilità.
  • Franchigia e scoperto: la polizza può prevedere una franchigia o uno scoperto massimo del 15% del danno indennizzabile, tranne per le grandi imprese, dove le condizioni sono oggetto di negoziazione.
  • Massimali e limiti di indennizzo: per importi fino a un milione di euro, il limite di indennizzo è pari alla somma assicurata, mentre per importi superiori a un milione e fino a trenta milioni di euro il limite di indennizzo non può essere inferiore al 70% della somma assicurata. Per importi superiori, il massimale è negoziabile tra le parti.

Le polizze devono inoltre essere proporzionali al rischio, tenendo conto della posizione geografica dell’impresa e delle misure di prevenzione adottate.

Il mancato rispetto dell’obbligo assicurativo comporta serie ripercussioni per le imprese, in particolare per quanto riguarda l’accesso a contributi, sovvenzioni o agevolazioni pubbliche. Le imprese prive di copertura assicurativa non potranno beneficiare di fondi pubblici, compresi quelli destinati agli aiuti in caso di calamità naturali.

Dal 14 marzo 2025 le disposizioni sono entrate ufficialmente in vigore. I contratti assicurativi già in essere devono essere adeguati entro il primo rinnovo utile.

Per maggiori informazioni, chiarimenti ed assistenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

 

Tabella riassuntiva

Aspetto Dettagli
Normativa di riferimento Legge n. 213/2023, DL n. 202/2024 (Milleproroghe), Decreto n. 18/2025
Obbligo assicurativo Copertura assicurativa obbligatoria per danni da calamità naturali ed eventi catastrofali
Soggetti obbligati Imprese iscritte al Registro delle Imprese (escluse quelle agricole)
Soggetti esclusi Aziende agricole, immobili abusivi o privi di autorizzazioni edilizie
Beni coperti Terreni, fabbricati, impianti, macchinari, attrezzature industriali e commerciali
Eventi coperti Terremoti, alluvioni, frane, inondazioni, esondazioni
Decorrenza obbligo Dal 14 marzo 2025, adeguamento entro il primo rinnovo utile
Franchigia e scoperto Massimo 15% del danno indennizzabile (negoziabile per grandi imprese)
Massimali e limiti di indennizzo Fino a 1 milione di euro: pari alla somma assicurata; Da 1 a 30 milioni: min. 70% della somma assicurata; Oltre 30 milioni: negoziabile
Sanzioni per inadempienza Esclusione da contributi, sovvenzioni e agevolazioni pubbliche

 

FAQ

  1. Quali imprese sono obbligate a stipulare la polizza assicurativa?
    Tutte le imprese iscritte al Registro delle Imprese, ad eccezione di quelle agricole, devono stipulare una polizza per coprire i danni da calamità naturali ed eventi catastrofali.
  2. Quali beni devono essere coperti dalla polizza?
    L’obbligo riguarda terreni, fabbricati, impianti, macchinari e attrezzature industriali e commerciali utilizzati per l’attività d’impresa.
  3. Quali eventi sono coperti dalla polizza?
    Le polizze devono coprire terremoti, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni.
  4. Quando entra in vigore l’obbligo assicurativo?
    L’obbligo è entrato in vigore il 14 marzo 2025, e le polizze già in essere devono essere adeguate entro il primo rinnovo utile.
  5. Ci sono beni esclusi dall’obbligo assicurativo?
    Sì, sono esclusi gli immobili abusivi o privi di autorizzazioni edilizie, nonché mobili, arredi, macchine d’ufficio, automezzi e scorte di magazzino.
  6. Cosa succede se un’impresa non stipula la polizza?
    L’impresa inadempiente rischia l’esclusione da contributi, sovvenzioni e agevolazioni pubbliche, comprese quelle previste in caso di calamità.
  7. Come viene calcolato il premio assicurativo?
    Il costo della polizza è proporzionale al rischio, basato sulla posizione geografica, la vulnerabilità dei beni e le misure di prevenzione adottate.
  8. Sono previste franchigie o scoperti?
    Sì, la polizza può prevedere una franchigia o uno scoperto massimo del 15% del danno indennizzabile, salvo diverse condizioni per le grandi imprese.
  9. Quali sono i massimali di indennizzo?
    Per somme assicurate fino a 1 milione di euro, l’indennizzo è pari alla somma assicurata; per somme tra 1 e 30 milioni di euro, almeno il 70%; oltre i 30 milioni, il massimale è negoziabile.
  10. Le imprese possono estendere la copertura a beni non obbligatori?
    Sì, le imprese possono concordare con la compagnia assicurativa un’estensione della polizza per coprire beni non inclusi nell’obbligo normativo.

 

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