L’INPS ha reso nota, con la circolare n. 139 del 28 ottobre 2025, la disciplina del nuovo contributo denominato “Bonus mamme 2025”, previsto dall’articolo 6, comma 2, del Decreto‑legge 30 giugno 2025 n. 95 convertito con modificazioni dalla Legge 8 agosto 2025 n. 118. Si tratta di un contributo mensile pari a 40 euro destinato alle lavoratrici madri con almeno due figli, che sostituisce in via temporanea – per l’anno 2025 – l’esonero contributivo inizialmente previsto e rinviato al 2026.

Il beneficio è riservato a coloro che rispettano determinati requisiti familiari, occupazionali e reddituali. In primo luogo, in termini familiari, il bonus spetta in caso di madri con due figli se il figlio più giovane non ha compiuto 10 anni, oppure in caso di madri con tre o più figli se il figlio più giovane non ha compiuto 18 anni. Tuttavia, nel caso di madri con tre o più figli, se sono titolari di contratto a tempo indeterminato, il beneficio non è riconosciuto perché per quelle lavoratrici è previsto l’esonero contributivo per la quota a loro carico già disciplinato dalla Legge di Bilancio 2024.

Sul fronte del rapporto di lavoro, il contributo si rivolge alle lavoratrici dipendenti del settore pubblico o privato (escluso il lavoro domestico) e alle lavoratrici autonome iscritte alle gestioni previdenziali obbligatorie, comprese le casse professionali e la Gestione Separata. Per quanto riguarda il requisito reddituale, l’INPS precisa che il reddito annuo da lavoro non deve superare i 40.000 euro. Questo significa che la lavoratrice deve risultare attiva e avere un reddito da lavoro – sia da lavoro dipendente che autonomo – entro tale soglia per poter beneficiare del contributo.

In termini di importo e durata, il bonus ammonta a 40 euro mensili per ogni mese o frazione di mese in cui sussiste l’attività lavorativa nel corso del 2025. Il pagamento è previsto in un’unica soluzione: per le domande già istruite, l’erogazione è fissata per dicembre 2025; per le domande non liquidate entro tale data, l’INPS provvederà entro febbraio 2026. L’importo massimo spettante per anno è dunque pari a 480 euro (12 mensilità × 40 euro). La somma è esente da tassazione e non rileva ai fini dell’ISEE.

La domanda per ottenere il beneficio deve essere presentata all’INPS. Le modalità operative sono descritte dal messaggio del 31 ottobre 2025, n. 3289. Il termine ordinario per la presentazione, così come indicato, è stato prorogato al 9 dicembre 2025, poiché la scadenza originaria cadeva di domenica (7 dicembre) e l’8 dicembre è giorno festivo; per le lavoratrici che maturano il requisito successivamente (entro il 31 dicembre 2025) la domanda può essere presentata entro il 31 gennaio 2026. Le modalità di trasmissione includono il servizio online accessibile dal sito INPS (tramite SPID, CIE o CNS), oppure tramite il Contact Center o i patronati. Dopo l’invio della domanda è possibile verificare lo stato della lavorazione, consultare le ricevute e aggiornare le modalità di pagamento.

Va evidenziato che il bonus è condizionato all’effettiva attività lavorativa nel mese di riferimento: nel caso di sospensione o cessazione del rapporto, l’importo viene proporzionato ai mesi effettivi in cui il requisito è stato soddisfatto. Inoltre, la misura è temporanea e riguarda l’anno 2025: infatti, appare come sostituzione momentanea dell’esonero contributivo che entrerà in vigore nel 2026. Le lavoratrici interessate devono quindi prestare attenzione al fatto che per l’anno corrente viene applicato questo contributo e che eventuali trasformazioni del rapporto di lavoro, per esempio da tempo determinato ad indeterminato, possono incidere sul diritto al beneficio (in particolare nel caso di madri con tre o più figli).

La misura rappresenta un sostegno economico destinato alle madri lavoratrici con più figli, a condizione che rispettino i requisiti sopra indicati. Le componenti fondamentali sono dunque il numero di figli e la loro età, il tipo di rapporto di lavoro e la soglia reddituale. Il periodo di riferimento è l’anno 2025 e la domanda deve essere presentata entro i termini stabiliti per poter beneficiare dell’erogazione già nel mese di dicembre oppure al più tardi entro febbraio 2026.

Per informazioni e assistenza operativa i nostri esperti sono a vostra disposizione.

A partire dal 1° aprile 2026, entreranno in vigore nuove disposizioni fondamentali per le aziende private che intendono accedere a incentivi contributivi statali per l’assunzione di nuovi lavoratori. Tali obblighi, previsti dall’articolo 14 del Decreto Legge 159/2025, riguardano la necessità di pubblicizzare le posizioni vacanti tramite il Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa (Siisl). L’obiettivo principale della norma è garantire trasparenza, accesso equo alle opportunità occupazionali e favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Il Dl 159/25, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 31 ottobre 2025, introduce una serie di misure urgenti per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro e per la protezione civile, ma tra le sue disposizioni rientra anche un aggiornamento della normativa in materia di costituzione del rapporto di lavoro. Con questa riforma, i datori di lavoro privati che intendano beneficiare delle agevolazioni contributive saranno obbligati a registrare le offerte di lavoro sul portale Siisl, una piattaforma digitale gestita dal Ministero del Lavoro e sviluppata tecnicamente dall’Inps.

Il Siisl, già previsto da una legge del 2023, è stato concepito per facilitare l’interazione tra i datori di lavoro, i disoccupati e i beneficiari di misure di sostegno al reddito, con l’obiettivo di favorire l’inserimento lavorativo e promuovere la formazione professionale. Grazie alla pubblicazione delle posizioni vacanti, il sistema punta a rendere più accessibili le opportunità occupazionali ai candidati in cerca di lavoro e, allo stesso tempo, ad aiutare le imprese a trovare risorse qualificate nel rispetto della normativa vigente.

Una volta inserite nel Siisl le informazioni relative alla posizione lavorativa disponibile verranno rese disponibili agli utenti. I datori di lavoro potranno quindi valutare i profili professionali e procedere con l’assunzione. La trasparenza di questo processo è parte integrante del disegno normativo, che vuole  coniugare incentivi fiscali con il rispetto delle regole sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

Un’altra importante innovazione introdotta dall’articolo 14 è la possibilità di trasmettere, sempre tramite il Siisl, anche il modello Unilav, ovvero la comunicazione obbligatoria relativa all’instaurazione del rapporto di lavoro. Questa funzione sarà accessibile non solo per chi intende beneficiare delle agevolazioni, ma anche per tutte le aziende e gli intermediari abilitati che desiderano utilizzare il portale per la trasmissione dei dati, affiancandosi così all’attuale canale “CO” del Ministero del Lavoro.

Un adeguamento significativo sarà richiesto anche alle Agenzie per il lavoro, che dovranno, entro la stessa data del 1° aprile 2026, utilizzare obbligatoriamente il Siisl per pubblicare tutte le offerte di impiego che gestiscono. Queste agenzie avranno anche la possibilità di effettuare ricerche mirate tra i profili presenti nel portale, individuando i candidati idonei a ricoprire le posizioni richieste.

Dal punto di vista operativo, le modalità tecniche per l’attuazione delle nuove norme saranno dettagliate in un decreto ministeriale che dovrà essere pubblicato entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge. Questo passaggio sarà fondamentale per definire le procedure, i requisiti informatici e gli standard di interoperabilità tra i sistemi delle imprese e la piattaforma governativa.

Per maggiori dettagli e per assistenza operativa il nostro studio è a vostra disposizione.

 

La Regione Lombardia, nell’ambito delle proprie politiche di sostegno al tessuto imprenditoriale locale, ha lanciato un nuovo intervento economico dedicato alle microimprese con sede operativa nei comuni che rientrano nei criteri delle “Aree Interne”. Questa iniziativa, in linea con la strategia nazionale per la valorizzazione di territori marginali e a rischio spopolamento, si propone di rafforzare la capacità competitiva e di rilancio delle piccole realtà economiche, ritenute essenziali per la coesione sociale ed economica di queste zone.

Il bando regionale prevede l’erogazione di un contributo a fondo perduto a favore delle microimprese, con l’obiettivo di sostenere investimenti materiali e immateriali funzionali al rilancio e alla continuità dell’attività. I fondi stanziati derivano da risorse europee, nazionali e regionali, nell’ambito della Programmazione Unitaria 2021-2027, in particolare attraverso il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e il Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+).

L’iniziativa si rivolge a microimprese che esercitano la propria attività in uno dei settori economici ammessi, tra cui rientrano commercio, artigianato, turismo, servizi alla persona, cultura e attività ricreative. È necessario che le imprese abbiano una sede operativa attiva e registrata in uno dei Comuni individuati come parte delle “Aree Interne” della Lombardia. L’elenco dei Comuni ammissibili è disponibile negli allegati tecnici del bando stesso.

Per essere ammesse, le microimprese devono risultare iscritte e attive al Registro delle Imprese e non trovarsi in stato di liquidazione, fallimento o in procedura concorsuale. Devono inoltre essere in regola con gli obblighi contributivi e normativi, inclusi quelli in materia di sicurezza sul lavoro e di tracciabilità finanziaria.

Il contributo massimo erogabile per ciascuna impresa ammonta a 40.000 euro, con una copertura fino al 90% delle spese ammissibili. L’investimento minimo richiesto per partecipare al bando è pari a 5.000 euro. Le spese devono essere direttamente funzionali all’attività economica e realizzate entro un termine stabilito nel bando. Sono ammissibili, tra le altre, le spese per l’acquisto di macchinari e attrezzature, opere murarie strettamente collegate all’investimento, l’adozione di soluzioni digitali, l’efficientamento energetico e l’adeguamento dei locali.

La presentazione della domanda deve avvenire attraverso la piattaforma telematica Bandi Online di Regione Lombardia. È previsto un sistema di valutazione a sportello, il che significa che le domande saranno esaminate in ordine cronologico di presentazione, fino all’esaurimento delle risorse disponibili. Le imprese devono quindi prestare particolare attenzione alla documentazione da allegare, che include il piano d’investimento dettagliato, la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, la visura camerale aggiornata e ogni altro documento richiesto.

Il bando rientra nella più ampia strategia di sostegno alla ripresa economica post-pandemica e alla promozione dell’innovazione e digitalizzazione del tessuto imprenditoriale. Attraverso queste misure, Regione Lombardia intende contrastare il declino socio-economico delle aree più fragili e favorire il radicamento delle attività economiche sul territorio.

In particolare, il contributo ha lo scopo di sostenere la transizione digitale e la sostenibilità ambientale delle microimprese, accompagnandole nel processo di aggiornamento tecnologico e adeguamento normativo. L’incentivo può anche essere utilizzato per percorsi formativi del personale e per l’adozione di strumenti che favoriscano l’inclusione lavorativa e la conciliazione tra vita e lavoro.

Le imprese beneficiarie devono mantenere attiva la sede operativa e la destinazione d’uso degli investimenti per almeno tre anni dalla data di concessione del contributo. Qualsiasi variazione o dismissione degli asset acquistati comporta la revoca totale o parziale del contributo ricevuto.

In caso di esito positivo dell’istruttoria, l’impresa riceve una comunicazione formale di concessione con l’indicazione delle spese ammesse e delle modalità di rendicontazione. È prevista una fase finale di controllo e verifica, durante la quale possono essere richiesti documenti integrativi o sopralluoghi presso la sede dell’attività.

Per maggiori dettagli e per assistenza operativa il nostro staff è a vostra disposizione!

 

TABELLA RIEPILOGATIVA – CONTRIBUTO MICRO IMPRESE LOMBARDIA 2025

Ente erogatore Regione Lombardia
Tipologia di agevolazione Contributo a fondo perduto
Destinatari Micro imprese con sede operativa in Lombardia, iscritte al Registro Imprese e in regola con gli obblighi contributivi e fiscali
Definizione di micro impresa Meno di 10 addetti e fatturato o bilancio ≤ 2 milioni di euro
Finalità Sostenere investimenti per ammodernamento, digitalizzazione, sostenibilità e competitività delle micro imprese
Interventi ammissibili Acquisto di macchinari, impianti, attrezzature, hardware, software, arredi; opere edili funzionali; consulenze specialistiche collegate all’investimento
Spese non ammissibili Beni usati, leasing, noleggio, canoni di locazione, imposte, tasse, interessi passivi
Importo minimo del contributo 3.000 €
Importo massimo del contributo 30.000 €
Intensità dell’aiuto Fino al 50% delle spese ammissibili
Regime di aiuto “De minimis” ai sensi del Reg. UE 1407/2013
Modalità di presentazione Domanda telematica sulla piattaforma Bandi Online di Regione Lombardia
Criterio di selezione Ordine cronologico di presentazione fino ad esaurimento fondi
Documentazione richiesta Progetto di investimento, preventivi di spesa, visura camerale, dichiarazioni di conformità ai requisiti
Erogazione del contributo In due tranche: anticipo (50%) con garanzia fideiussoria e saldo finale a rendicontazione approvata
Durata massima dei progetti 12 mesi dalla data di pubblicazione del decreto di ammissione
Obblighi dei beneficiari Mantenere sede e beni per almeno 3 anni; conservare documentazione per 5 anni; accettare controlli regionali
Cause di revoca Irregolarità, false dichiarazioni, mancato rispetto dei tempi o degli obblighi di mantenimento
Dotazione finanziaria complessiva Stanziamento regionale fino ad esaurimento risorse, con possibile integrazione

A partire dalle ore 12:00 del 15 ottobre 2025, è attiva la finestra temporale per la presentazione delle domande relative al beneficio denominato Autoimpiego Centro-Nord 2025 (ACN). L’iniziativa, concepita nell’ambito delle politiche attive del lavoro, si rivolge a giovani under 35 interessati ad avviare nuove attività autonome, imprenditoriali o libero-professionali nelle regioni del Centro-Nord. Questo incentivo, finanziato con una dotazione complessiva di quasi 220 milioni di euro, è stato reso operativo grazie al combinato disposto del Decreto Ministeriale dell’11 luglio 2025 e del Decreto Direttoriale dell’8 ottobre 2025, a sua volta derivante dal Decreto Coesione (DL 60/2024).

Il provvedimento si inserisce in un più ampio contesto di sostegno alla creazione di nuova occupazione e allo sviluppo del tessuto produttivo giovanile italiano. La misura ACN si propone infatti come complementare a “Resto al Sud 2.0”, incentivo parallelo destinato alle medesime finalità ma geograficamente rivolto alle regioni del Mezzogiorno. La gestione operativa del beneficio è affidata a Invitalia S.p.A., soggetto attuatore incaricato della raccolta, valutazione e monitoraggio delle domande di agevolazione.

È importante sottolineare che la procedura di accesso al beneficio è di tipo “a sportello”, il che implica una valutazione delle domande secondo l’ordine cronologico di arrivo e fino ad esaurimento delle risorse disponibili. Di conseguenza, la tempistica nella predisposizione e nell’invio della documentazione rappresenta un elemento determinante ai fini dell’accoglimento dell’istanza. In tal senso, la pubblicazione del Decreto Direttoriale avvenuta solo pochi giorni prima dell’apertura del bando impone ai potenziali beneficiari una pianificazione tempestiva di tutti gli adempimenti previsti.

La procedura di presentazione è esclusivamente telematica ed è accessibile attraverso il portale ufficiale di Invitalia, previa autenticazione nell’area personale del sito. È essenziale che l’utente sia in possesso di una identità digitale riconosciuta (SPID, CIE o CNS) e disponga di una firma digitale e di una PEC attiva per la validazione della domanda e dei relativi allegati. Nei giorni antecedenti l’apertura dello sportello, il richiedente è tenuto a effettuare la registrazione dell’iniziativa e, se necessario, a designare un delegato tramite la sezione “Anagrafica e deleghe” disponibile sulla piattaforma.

L’intera architettura normativa e procedurale su cui si fonda l’ACN evidenzia un forte impegno delle istituzioni nell’incentivare l’autoimprenditorialità giovanile, soprattutto in contesti geografici caratterizzati da maggiori dinamiche economiche e sociali. Le regioni del Centro-Nord rappresentano infatti un’area strategica per il rilancio di settori ad alto potenziale di sviluppo, e l’inserimento di nuove realtà professionali giovanili può costituire un motore significativo di innovazione, resilienza economica e occupazione qualificata.

Per assistenza operativa il nostro studio è a vostra disposizione.

FAQ

  1. Chi può presentare domanda per il beneficio Autoimpiego Centro-Nord 2025?
    Possono accedere alla misura i giovani under 35 che intendono avviare una nuova attività autonoma, imprenditoriale o libero-professionale con sede operativa nelle regioni del Centro-Nord. È necessario rispettare i requisiti previsti dal Decreto Ministeriale dell’11 luglio 2025 e dal Decreto Direttoriale dell’8 ottobre 2025.
  2. Quali strumenti digitali sono necessari per presentare correttamente la domanda?
    Per accedere alla piattaforma Invitalia e completare la procedura di presentazione della domanda, è indispensabile disporre di uno dei seguenti strumenti di identificazione: SPID, CIE o CNS. Inoltre, è obbligatorio possedere una firma digitale e un indirizzo di Posta Elettronica Certificata (PEC) attivo.
  3. Come vengono valutate le domande e quando scadono i termini?
    Le domande vengono valutate secondo una procedura a sportello, cioè in ordine cronologico di presentazione, e fino a esaurimento delle risorse disponibili. Non è prevista una scadenza fissa, quindi è fondamentale presentare la richiesta il prima possibile, a partire dalle ore 12:00 del 15 ottobre 2025.

 

A partire dal 1° luglio 2025, è entrato ufficialmente in vigore un nuovo regime fiscale per la determinazione del fringe benefit relativo alle auto aziendali concesse in uso promiscuo ai dipendenti. Questa riforma, sancita dalla Legge di Bilancio 2025 (L. 207/2024) e dal successivo “Decreto Bollette” (D.L. 19/2025, convertito nella L. 60/2025), segna una svolta importante nel trattamento fiscale dei veicoli aziendali, con un orientamento deciso verso la mobilità sostenibile.

Fino al 30 giugno 2025 è stata attiva una clausola di salvaguardia che ha consentito di mantenere il precedente sistema di tassazione per i veicoli ordinati entro il 31 dicembre 2024 e concessi in uso promiscuo tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2025.

Durante questo periodo, la quantificazione del fringe benefit ha continuato a seguire la logica delle emissioni di CO₂. Il costo chilometrico, calcolato sulla base dei 15.000 km convenzionali annui secondo le tabelle ACI, era assoggettato a un’aliquota variabile in funzione del livello emissivo del veicolo.

Nel dettaglio, i veicoli con emissioni fino a 60 g/km venivano tassati al 25%, mentre quelli con emissioni comprese tra 61 e 160 g/km subivano un prelievo del 30%. I veicoli con emissioni più elevate, tra 161 e 190 g/km, erano soggetti a una tassazione del 50%, che saliva al 60% per quelli con emissioni superiori ai 190 g/km. Questo sistema, pur avendo introdotto un certo grado di progressività legata all’impatto ambientale, non rispecchiava pienamente le politiche europee di incentivazione alla mobilità a basse emissioni.

Con la fine del periodo transitorio, il nuovo regime fiscale previsto per il fringe benefit punta a semplificare il meccanismo di calcolo e a premiare in modo più incisivo l’utilizzo di veicoli a basso impatto ambientale, introducendo un sistema che differenzia la tassazione esclusivamente in base alla tipologia di alimentazione del veicolo.

Dal 1° luglio 2025, dunque, le nuove percentuali da applicare al costo chilometrico ACI sono state drasticamente rimodulate. Le auto elettriche saranno soggette a un’aliquota del 10%, riconoscendo così il loro contributo fondamentale alla riduzione delle emissioni di CO₂. Le ibride plug-in, veicoli che combinano un motore termico con un motore elettrico ricaricabile tramite presa esterna, saranno tassate al 20%, posizionandosi in una fascia intermedia tra l’elettrico puro e i mezzi convenzionali.

Di contro, i veicoli alimentati in modo tradizionale, ossia quelli a benzina, diesel o con altri carburanti fossili, continueranno a essere assoggettati a una tassazione del 50%.

Per maggiori chiarimenti e per assistenza operativa il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

TABELLA RIASSUNTIVA – GESTIONE FRINGE BENEFIT AUTO AZIENDALI

Decorrenza Condizione Criterio di Calcolo Percentuale ACI / Tassazione
Sino al 30/06/2020 Veicoli assegnati e immatricolati Percentuale 30% sul valore ACI (15.000 km)
Dal 01/07/2020 Assegnati dal 01/07/2020 ma immatricolati entro 30/06/2020 Valore normale Art. 9 TUIR, al netto della quota aziendale (Ris. AdE 46/2020)
01/07/2020 – 31/12/2024 Veicoli assegnati e immatricolati Emissioni CO₂ ≤60 g/km = 25% / 61–160 = 30% / 161–190 = 50% / >190 = 60%
01/01/2025 – 30/06/2025 Ordine entro 31/12/2024 e assegnazione entro 30/06/2025 Emissioni CO₂ Stesse percentuali CO₂: 25%, 30%, 50%, 60%
Dal 01/01/2025 Immatricolati entro 30/06/2020 e concessi dal 01/01/2025 Valore normale Art. 9 TUIR, al netto della quota aziendale (Ris. AdE 46/2020)
Dal 01/01/2025 Immatricolati 01/07/2020–31/12/2024, assegnati 01/01/2025–30/06/2025 Emissioni CO₂ Stesse percentuali CO₂: 25%, 30%, 50%, 60%
Dal 01/01/2025 Ordinati/immatricolati/concessi dal 01/01/2025 oppure ordinati entro 2024 ma immatricolati nel 2025 e assegnati dopo il 01/07/2025 Tipo di alimentazione Elettrico = 10% / Ibrido plug-in = 20% / Termico & ibrido non plug-in = 50%
Dal 01/01/2025 Immatricolati 01/07/2020–31/12/2024, assegnati dopo il 01/07/2025 Valore normale Art. 9 TUIR, al netto della quota aziendale (Ris. AdE 46/2020)
Dal 01/01/2025 Veicoli concessi in uso al 31/12/2024 e prorogati nel 2025 Regime precedente Si applica il criterio in essere al momento della concessione
Dal 01/01/2025 Riassegnazione a nuovi dipendenti fino al 30/06/2025 (da flotta già esistente) Emissioni CO₂ Stesse percentuali CO₂: 25%, 30%, 50%, 60%
Dal 01/01/2025 Riassegnazione a nuovi dipendenti dopo il 30/06/2025 (da flotta già esistente) Valore normale Art. 9 TUIR, al netto della quota aziendale (Ris. AdE 46/2020)

 

 

Il tema dell’insubordinazione del lavoratore rappresenta uno degli aspetti più delicati nella gestione dei rapporti di lavoro, soprattutto quando si tratta di definire se la condotta possa giustificare una sanzione conservativa o un licenziamento per giusta causa.

La questione, nel corso degli anni, è stata oggetto di numerosi interventi della giurisprudenza di legittimità, che ha contribuito a delineare confini interpretativi sempre più precisi.

Un recente intervento della Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 21103 del 24 luglio 2025, ha ribadito che un’offesa grave rivolta al superiore gerarchico può integrare giusta causa di licenziamento anche se si tratta di un episodio isolato. Tale pronuncia si inserisce all’interno della consolidata nozione di giusta causa prevista dall’articolo 2119 del Codice civile, richiamato dall’articolo 5 della legge 604/1966, secondo cui il datore di lavoro deve dimostrare una “grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro”, in particolare del vincolo fiduciario.

L’attenzione si concentra dunque sul concetto di insubordinazione, distinta in lieve e grave, come disciplinato nei vari Ccnl di categoria, e sulla rilevanza della recidiva nel valutare la legittimità di un licenziamento.

La disciplina di base trova fondamento nell’articolo 2104 del Codice civile, che impone al lavoratore di rispettare le disposizioni dell’imprenditore, e nell’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori (legge 300/1970), che stabilisce le regole generali per l’applicazione delle sanzioni disciplinari, a partire dalla necessaria contestazione preventiva dell’addebito.

All’interno dei contratti collettivi, solitamente, l’insubordinazione viene classificata in tre livelli. L’insubordinazione lieve è punita con sanzioni conservative come l’ammenda o una breve sospensione. L’insubordinazione “semplice”, che non raggiunge i livelli di gravità estrema, può comportare il licenziamento con preavviso. Infine, l’insubordinazione grave giustifica il licenziamento immediato senza preavviso, configurando una vera e propria giusta causa.

Tuttavia, la giurisprudenza ha chiarito che questa classificazione non è vincolante in senso assoluto, ma rappresenta un parametro utile nella valutazione della proporzionalità della sanzione. La Cassazione ha più volte affermato che la tipizzazione contrattuale è “esemplificativa” e non esaustiva rispetto alla nozione legale di giusta causa (sentenza n. 28492/2018).

Differenza tra insubordinazione lieve e grave

La distinzione fondamentale risiede nella modalità con cui si manifesta la condotta. L’insubordinazione lieve si concretizza in un semplice rifiuto di eseguire un ordine legittimo, senza però accompagnarsi a espressioni offensive o modalità denigratorie. Al contrario, l’insubordinazione grave non si limita al rifiuto, ma assume forme tali da compromettere irrimediabilmente il rapporto fiduciario, ad esempio attraverso insulti, minacce o una contestazione pubblica dell’autorità datoriale.

Un esempio significativo è dato dall’ordinanza n. 6398/2025 della Cassazione, che ha chiarito come il comportamento diventi grave quando si associa a modalità idonee a ledere irreparabilmente il rapporto di fiducia tra datore e lavoratore.

Un altro elemento di rilievo è la recidiva nelle mancanze. Spesso i contratti collettivi individuano la recidiva come causa autonoma di licenziamento, soprattutto se riferita a comportamenti specifici. Tuttavia, la Cassazione ha più volte chiarito che anche in presenza di recidiva spetta al giudice valutare la reale gravità della condotta e la proporzionalità del provvedimento espulsivo.

In particolare, le sentenze n. 28417/2017 e n. 15566/2019 hanno sottolineato che la recidiva non elimina il dovere del giudice di procedere a una valutazione concreta degli addebiti. Essa può costituire un “indice accentuativo” della gravità, come ribadito anche dalla sentenza n. 26770/2024, ma non produce automaticamente la legittimità del licenziamento senza preavviso. È necessario che la reiterazione abbia aggravato in maniera significativa il pregiudizio al vincolo fiduciario.

L’ordinanza n. 21103/2025 ha introdotto un approccio strutturato per l’analisi dei casi di insubordinazione, attraverso un test in due fasi.

La prima fase, definita di sussunzione, richiede di verificare se la condotta del lavoratore rientri nella tipologia di insubordinazione lieve o grave prevista dal contratto collettivo. Un rifiuto espresso in termini formali e senza ulteriori eccessi può collocarsi nell’ambito dell’insubordinazione lieve, mentre un rifiuto accompagnato da insulti o da una contestazione pubblica del potere direttivo rientra nell’insubordinazione grave.

La seconda fase è quella della valutazione di gravità e proporzionalità. Qui il giudice è chiamato a stabilire se l’episodio, pur rientrando nella categoria contrattuale, possieda i requisiti di gravità tali da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro. Questa valutazione prende in considerazione diversi fattori, come la natura del rapporto, il grado di fiducia richiesto, l’intensità dell’intento soggettivo e le circostanze specifiche in cui la condotta è avvenuta.

Tale approccio, già riconosciuto in precedenti pronunce come la sentenza n. 12789/2022, garantisce un esame concreto e non meramente formale delle condotte contestate.

L’impostazione adottata dalla Corte ha lo scopo di bilanciare due esigenze: da un lato il rispetto delle previsioni della disciplina collettiva, dall’altro la necessità di applicare correttamente la clausola generale di giusta causa di cui all’articolo 2119 del Codice civile.

La discrezionalità del giudice di merito rimane dunque centrale. Egli è chiamato a valutare, caso per caso, se la condotta contestata al lavoratore sia tale da compromettere irrimediabilmente il rapporto fiduciario. La recidiva, pur avendo valore rafforzativo, non sostituisce questo giudizio, ma lo integra, fungendo da parametro utile per misurare la gravità dell’insieme dei comportamenti.

In questo modo, il sistema riesce a contemperare le esigenze di certezza del diritto, garantite dalle previsioni contrattuali, con quelle di giustizia sostanziale, affidate al vaglio del giudice.

Il nostro team di esperti è a vostra disposizione per fornire chiarimenti e assistenza personalizzata.

FAQ

Qual è la differenza principale tra insubordinazione lieve e grave?
L’insubordinazione lieve consiste in un semplice rifiuto di eseguire un ordine legittimo senza modalità offensive, mentre l’insubordinazione grave implica comportamenti denigratori o minacciosi che compromettono il vincolo fiduciario e possono giustificare il licenziamento immediato.

La recidiva comporta sempre il licenziamento?
No. La recidiva non determina automaticamente la risoluzione del rapporto. Può rafforzare la gravità della condotta, ma spetta al giudice verificare se la reiterazione abbia effettivamente leso la fiducia necessaria al rapporto di lavoro.

Come si valuta la proporzionalità della sanzione?
La proporzionalità viene valutata attraverso un test in due fasi: prima si stabilisce se la condotta rientra nella tipologia di insubordinazione lieve o grave; successivamente si esamina se le circostanze concrete rendano la condotta così grave da impedire la prosecuzione del rapporto di lavoro.

 

 

L’entrata in vigore della patente a crediti nei cantieri, introdotta dal D.M. n. 132/2024, ha sancito un nuovo sistema di qualificazione per imprese e lavoratori autonomi. Tale strumento attribuisce un punteggio iniziale di 30 crediti, prevedendo però la possibilità di un incremento fino a un massimo di 100 crediti, a condizione che vengano soddisfatti alcuni requisiti aggiuntivi.

Per chiarire le modalità applicative del sistema e le condizioni per ottenere tali crediti, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha emanato la Nota n. 288 del 15 luglio 2025, contenente dettagliate indicazioni operative rivolte a imprese e lavoratori autonomi .

Secondo il D.M. 132/2024, la patente è dotata di un punteggio iniziale di 30 crediti, ma è previsto l’incremento fino alla soglia massima di 100 crediti, in virtù del possesso di particolari requisiti indicati nella tabella allegata al decreto .

La Nota INL n. 288/2025 offre un’analisi puntuale dei criteri per beneficiare dei crediti aggiuntivi, in accordo con l’articolo 5, comma 7 del D.M. 132/2024, introducendo chiare linee operative sulle modalità di riconoscimento.

Per quanto riguarda l’anzianità di iscrizione alla CCIAA, si stabilisce che l’anzianità dà diritto a un riconoscimento massimo di 10 crediti. I crediti sono incrementali e non cumulabili: appartenere a una fascia di anzianità più elevata attribuisce il credito corrispondente alla fascia superiore. A titolo esemplificativo, un’impresa iscritta da 10 anni ottiene 3 crediti, che passano a 5 crediti al compimento dell’undicesimo anno.

Il sistema operativo prevede che, per le imprese (incluse le imprese individuali) e i lavoratori autonomi iscritti alla CCIAA, il dato sia acquisito automaticamente dalle banche dati. Per i soggetti esteri o non iscritti, è prevista una autodichiarazione a cura del legale rappresentante secondo quanto precisato dalla Nota.

Riferendosi ai requisiti legati al tema della salute e sicurezza sul lavoro, la Nota distingue due ambiti distinti. In primo luogo, il possesso di un Sistema di Gestione della Salute e Sicurezza (SGSL) conforme alla norma UNI EN ISO 45001, vale 5 crediti, a condizione che la certificazione sia rilasciata da un organismo accreditato presso ACCREDIA e che il legale rappresentante o suo delegato alleggi la certificazione con data di inizio e fine validità (tipicamente triennale), aggiornandola sul portale anche un mese prima della scadenza.

In secondo luogo, la Nota prevede 4 crediti in caso di adozione di un Modello di Organizzazione e Gestione (MOG) ex articolo 30 del D.Lgs. 81/2008, asseverato da un organismo paritetico iscritto al repertorio nazionale. Anche in questo caso, il rappresentante legale o suo delegato deve allegare l’asseverazione comprensiva di date di validità e potrà aggiornarla un mese prima della scadenza.

L’INL chiarisce anche le modalità operative previste per i casi non inclusi nelle fasce precedenti. In particolare, il possesso di una certificazione SOA di classifica I attribuisce 1 credito, mentre una certificazione di classifica II attribuisce 2 crediti. Il rappresentante legale o delegato deve allegare l’attestazione indipendentemente dalla categoria, indicando la validità e potendo aggiornare il dato in prossimità della scadenza.

È previsto anche il riconoscimento di 2 crediti per attività di consulenza e monitoraggio svolte da organismi paritetici, con rilascio di un’attestazione positiva. In tal caso, come per gli altri requisiti, l’attestazione va allegata con date di validità e potrà essere aggiornata un mese prima della scadenza.

La Nota INL dedica attenzione anche agli aspetti gestionali dei crediti aggiuntivi. In caso di sospensione o perdita di validità di un requisito (come SGSL certificato, MOG asseverato o SOA), tocca all’impresa, tramite il legale rappresentante o delegato, contattare tempestivamente un Ufficio territoriale dell’INL per comunicare la perdita di validità e allegare i documenti giustificativi, al fine di procedere alla sottrazione del punteggio corrispondente.

La Nota chiarisce altresì che, in sede di ispezione, qualora emerga l’assenza reale di uno dei requisiti, l’ispettore può proporre l’invalidazione tramite l’applicativo “Verifica Patente a Crediti”, la quale sarà successivamente convalidata da un dirigente dell’Ufficio competente e comunicata formalmente al rappresentante legale.

Per quanto concerne le rettifiche dei dati inseriti erroneamente, queste possono essere effettuate autonomamente dal legale rappresentante o suo delegato prima dell’aggiornamento del punteggio, che avviene normalmente tra le ore 00:00 e 03:00. Se l’errore viene rilevato dopo questo momento, la rettifica deve essere richiesta all’Ufficio territoriale dell’INL, anche tramite PEC, allegando motivazione e codice fiscale dell’impresa.

La Nota INL dedica poi un ampio spazio alle indicazioni rivolte ai soggetti non italiani o privi di identità digitale. In questi casi, ossia cittadini comunitari privi di identità eIDAS o extracomunitari, occorre contattare un Ufficio territoriale dell’INL per essere identificati di persona, via PEC o tramite servizi MS Teams. Anche i professionisti che operano nei cantieri e non sono iscritti alla Camera di Commercio (come ad esempio archeologi) devono attivarsi presso l’Ufficio territoriale per ottenere l’attestazione d’ufficio, necessaria per il riconoscimento dell’anzianità o del possesso della patente stessa.

Infine, la Nota è strettamente collegata al funzionamento del Portale dei Servizi dell’INL, reso disponibile a partire dal 10 luglio, che include funzionalità dedicate alla gestione della patente a crediti e alla richiesta dei relativi crediti aggiuntivi.

Ecco una tabella riassuntiva dei criteri per l’attribuzione dei crediti aggiuntivi previsti dalla patente a crediti, come chiarito dalla Nota INL n. 288/2025:

Requisito Crediti assegnati Modalità di verifica Validità / Aggiornamento
Anzianità iscrizione CCIAA Fino a 10 crediti (incrementali e non cumulabili) Autodichiarazione o verifica da banche dati Valido secondo anzianità (es. 10 anni = 3 crediti)
Certificazione SGSL UNI EN ISO 45001 5 crediti Certificato accreditato ACCREDIA allegato dal legale rappresentante 3 anni, aggiornabile un mese prima della scadenza
Modello Organizzativo ex art. 30 D.Lgs. 81/2008 asseverato 4 crediti Asseverazione allegata da organismo paritetico Validità secondo attestazione, aggiornabile
Certificazione SOA Classifica I = 1 credito
Classifica II = 2 crediti
Attestazione allegata con periodo di validità Rinnovabile alla scadenza, aggiornabile
Consulenza periodica da organismo paritetico 2 crediti Attestazione positiva dell’organismo Validità annuale, allegare e aggiornare attestazione
Perdita di requisiti Sottrazione dei crediti corrispondenti Comunicazione all’INL con documentazione Obbligo di segnalazione entro breve termine
Rettifiche dati errati Prima dell’aggiornamento notturno (00:00–03:00) via portale o PEC Specificare motivazione e codice fiscale
Soggetti esteri o non iscritti CCIAA Variabile Richiesta manuale presso INL (in persona, PEC o Teams) Necessaria per accesso al sistema

Per ulteriori dettagli e chiarimenti il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

 

Il tema del licenziamento individuale nel diritto del lavoro italiano ha attraversato nel tempo una significativa trasformazione, evolvendo da una disciplina priva di vincoli stringenti a un sistema articolato di tutele che riflette la necessità di bilanciare l’interesse economico delle imprese con quello della protezione del lavoratore.

Uno dei momenti più significativi di questo percorso normativo è rappresentato dall’introduzione del Jobs Act, con il decreto legislativo 23/2015, che ha previsto un nuovo regime sanzionatorio per i licenziamenti dei lavoratori assunti a partire dal 7 marzo 2015. Tuttavia, recenti pronunce della Corte Costituzionale, come le sentenze n. 111 e n. 118 del 2025, hanno evidenziato profili di illegittimità costituzionale di alcune di queste disposizioni, confermando una tendenza ormai consolidata della giurisprudenza costituzionale ad intervenire nel settore.

Il Jobs Act ha segnato un punto di svolta, introducendo il contratto a tutele crescenti e stabilendo un regime sanzionatorio basato sull’anzianità di servizio, applicabile solo ai nuovi assunti. Questo meccanismo, ritenuto più favorevole per le aziende, ha sollevato critiche fin dall’inizio per la sua rigidità e per l’impatto limitato delle tutele previste in caso di licenziamento illegittimo.

Proprio su questo aspetto si sono concentrate le recenti censure della Corte Costituzionale, che ha dichiarato incostituzionali alcune previsioni del d.lgs. 23/2015, in particolare per la mancata discrezionalità riconosciuta al giudice nella determinazione dell’indennità.

Il successivo Decreto Dignità ha cercato di riequilibrare la disciplina aumentando i limiti minimi e massimi delle indennità risarcitorie. Tuttavia, il sistema resta oggi estremamente articolato e dipendente da tre fattori: i vizi del licenziamento, le dimensioni aziendali e la data di assunzione del lavoratore.

I vizi del licenziamento includono, tra gli altri, l’assenza di giusta causa o giustificato motivo, la violazione delle procedure previste dalla legge (come quella disciplinare ex articolo 7 dello Statuto dei lavoratori), la mancata motivazione nella lettera di licenziamento e le ipotesi più gravi come i licenziamenti discriminatori o ritorsivi. Particolare attenzione è rivolta alla tutela della maternità e della paternità, per cui vige un esplicito divieto di licenziamento in specifici periodi temporali.

Quanto alle dimensioni aziendali, queste incidono direttamente sul tipo di sanzione applicabile. Le imprese con più di 15 dipendenti (o 5 in ambito agricolo) sono soggette a regole più stringenti, mentre le piccole aziende continuano ad usufruire di una disciplina più flessibile. Il calcolo del numero di dipendenti, ai fini dell’applicazione delle tutele, deve considerare l’occupazione media degli ultimi sei mesi, includendo i lavoratori a tempo indeterminato, part-time, a termine e intermittenti, ma escludendo gli apprendisti, i somministrati e i sostituti.

Un ulteriore criterio determinante è rappresentato dalla data di assunzione: i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 godono della tutela reale piena prevista dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori o, nelle piccole aziende, della disciplina prevista dall’articolo 8 della legge 604/1966. Per i lavoratori assunti successivamente, trovano invece applicazione le norme del d.lgs. 23/2015, modificate dal Decreto Dignità. Ciò comporta una distinzione normativa che la giurisprudenza ha spesso ritenuto in contrasto con il principio di eguaglianza.

Le pronunce della Corte Costituzionale hanno avuto un impatto determinante su questo assetto. Le sentenze n. 111 e 118 del 2025 si inseriscono in un filone giurisprudenziale avviato già nel 2018, che mette in discussione l’efficacia del sistema sanzionatorio del Jobs Act. I giudici hanno evidenziato come l’automatismo nella determinazione dell’indennità sulla base della sola anzianità di servizio sia lesivo del principio di proporzionalità, oltre che inadatto a garantire una tutela effettiva al lavoratore. Questa posizione conferma l’indirizzo della Corte volto a garantire una maggiore discrezionalità al giudice e un sistema di tutele coerente con i principi costituzionali.

Anche sul piano procedurale si riscontrano profonde differenze tra le varie tipologie di licenziamento. Il giustificato motivo soggettivo si riferisce a condotte imputabili al lavoratore e, pur non raggiungendo la soglia della giusta causa, rendono necessario il recesso. Il giustificato motivo oggettivo invece riguarda l’organizzazione aziendale e impone il rispetto di procedure specifiche, come l’obbligo di repechage e, per i lavoratori assunti prima del Jobs Act, il ricorso alla procedura presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro.

Infine, il regime sanzionatorio prevede diverse tipologie di tutela reale o indennitaria, a seconda del tipo di vizio riscontrato. Le aziende sopra i 15 dipendenti possono essere soggette alla reintegrazione del lavoratore, con pagamento delle retribuzioni arretrate e contributi previdenziali, oppure al pagamento di un’indennità compresa tra 6 e 24 mensilità, a seconda della gravità della violazione. Per le piccole aziende, invece, la sanzione consiste spesso in un’indennità ridotta, tra 2,5 e 6 mensilità.

Per maggiori chiarimenti su questo tema e per una consulenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

Tabella riassuntiva del regime sanzionatorio per licenziamenti illegittimi

Azienda Data di assunzione Fattispecie di licenziamento illegittimo Sanzione applicata
Fino a 15 dipendenti Prima del 07/03/2015 Licenziamento nullo o orale Tutela reale piena (reintegra + risarcimento minimo 5 mensilità)
Fino a 15 dipendenti Prima del 07/03/2015 Difetto di giusta causa o giustificato motivo, vizi procedurali Tutela obbligatoria (riassunzione o indennità 2,5-6 mensilità)
Oltre 15 dipendenti Prima del 07/03/2015 Licenziamento nullo o orale Tutela reale piena (reintegra + risarcimento minimo 5 mensilità + contributi)
Oltre 15 dipendenti Prima del 07/03/2015 Insussistenza del fatto o vizio grave Tutela reale attenuata (reintegra + risarcimento max 12 mensilità)
Oltre 15 dipendenti Prima del 07/03/2015 Altri vizi non gravi Tutela obbligatoria forte (indennità tra 12 e 24 mensilità)
Oltre 15 dipendenti Prima del 07/03/2015 Vizi formali/procedurali Tutela obbligatoria debole (indennità tra 6 e 12 mensilità)
Fino a 15 dipendenti Dopo il 07/03/2015 Qualsiasi vizio di legittimità Tutele crescenti (indennità tra 6 e 36 mensilità, secondo anzianità)
Oltre 15 dipendenti Dopo il 07/03/2015 Idem come sopra Tutele crescenti (con limiti di indennità raddoppiati dal Decreto Dignità)

 

La maxi deduzione costo del lavoro rappresenta una misura di grande rilievo prevista a partire dal 2025, inserita nel quadro della riforma fiscale delineata dalla Legge n. 111/2023. Il principio guida di questa nuova disciplina consiste nel rafforzare il ruolo dei costi per lavoro dipendente ai fini della determinazione del reddito d’impresa e del reddito di lavoro autonomo.

La disposizione mira a incentivare l’occupazione, in particolare quella stabile e giovanile, attraverso una deduzione potenziata rispetto al trattamento attualmente in vigore.

L’obiettivo della nuova deduzione è quello di favorire l’incremento occupazionale mediante una leva fiscale specifica e differenziata. La misura consente di dedurre dal reddito una quota maggiorata del costo del lavoro, in base alla tipologia di lavoratore assunto e alla forma contrattuale.

La logica di fondo è quella di rendere più competitivo il costo del lavoro stabile, premiando soprattutto l’assunzione di giovani under 30 e la contrattualizzazione a tempo indeterminato.

La decorrenza della maxi deduzione è fissata a partire dal 2025, con effetti applicabili già nel 2026 in sede di dichiarazione dei redditi relativa all’anno precedente. Tuttavia, la misura assume carattere strutturale, in quanto prevista come modifica permanente all’impianto normativo esistente.

La nuova disciplina prevede diverse forme di deduzione, differenziate in base alla tipologia di lavoratori e alla natura del contratto. È prevista una deduzione base applicabile a tutto il costo del lavoro dipendente, e deduzioni incrementali per le assunzioni a tempo indeterminato e per i lavoratori sotto i trent’anni di età.

I soggetti beneficiari della maxi deduzione costo del lavoro sono tutti i titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo che impiegano lavoratori dipendenti. La misura riguarda quindi tanto le imprese individuali quanto le società, senza esclusione di forma giuridica. È inclusa anche la platea dei professionisti, purché si avvalgano di personale dipendente nella propria attività.

Una delle principali novità normative consiste nell’estensione della maxi deduzione anche ai soggetti che aderiscono al concordato preventivo biennale.

In pratica, l’ammontare dedotto in base alla nuova disciplina viene considerato rilevante ai fini del calcolo del reddito concordato, contribuendo a una maggiore aderenza alla capacità contributiva reale del contribuente.

Nel contesto del concordato preventivo biennale, il reddito stimato tiene conto anche delle deduzioni legate al costo del lavoro secondo il nuovo meccanismo. Questo significa che il beneficio fiscale derivante dall’assunzione di lavoratori rientra pienamente nel sistema di determinazione automatica del reddito.

I valori rilevanti per il calcolo della maxi deduzione includono l’intero ammontare del costo del lavoro sostenuto, al netto di eventuali contributi o agevolazioni già ottenute. L’importo deducibile è poi modulato secondo le percentuali stabilite in base alla categoria di lavoratore e alla durata del contratto. Questi valori sono automaticamente incorporati nella base dati dell’Agenzia delle Entrate, garantendo trasparenza e coerenza nell’attribuzione del beneficio.

Dal punto di vista contabile, la maxi deduzione costo del lavoro comporta una differenziazione tra reddito effettivo e reddito concordato. Nei modelli dichiarativi, dovranno essere evidenziate separatamente le componenti reddituali assoggettate alla deduzione potenziata, al fine di rendere tracciabile l’operazione ai fini del controllo fiscale.

I modelli dichiarativi verranno adeguati per recepire le nuove regole in materia di deducibilità del costo del lavoro. Saranno introdotti specifici quadri o sezioni per l’indicazione dell’importo dedotto e delle relative motivazioni. In questo modo sarà possibile monitorare l’utilizzo effettivo della misura, anche ai fini delle analisi statistiche dell’amministrazione finanziaria.

La normativa precedente prevedeva una deduzione standardizzata dei costi per lavoro dipendente, senza una specifica premialità in base alla natura dell’assunzione. Con la nuova maxi deduzione costo del lavoro, si introduce un principio di selettività che premia l’occupazione stabile e giovanile, superando l’uniformità del passato.

La misura si colloca in una cornice più ampia di politiche per il lavoro e di incentivi fiscali. Essa può essere integrata con altri strumenti già previsti, come esoneri contributivi, crediti d’imposta per assunzioni e agevolazioni per zone svantaggiate. L’integrazione tra strumenti diversi deve però essere gestita con attenzione, evitando il rischio di cumulo non compatibile.

Per accedere alla maxi deduzione, le imprese devono rispettare specifici obblighi documentali, tra cui la conservazione delle copie dei contratti, delle buste paga e della documentazione attestante la tipologia di lavoratore. Questi documenti saranno soggetti a eventuali verifiche da parte dell’Agenzia delle Entrate, in un’ottica di contrasto all’evasione fiscale e di verifica dell’effettività dell’assunzione.

L’attuazione della maxi deduzione costo del lavoro sarà supportata da strumenti digitali messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate. Le procedure saranno automatizzate, con calcolo precompilato e accesso alle informazioni attraverso i canali telematici.

In base alle previsioni normative, l’introduzione della maxi deduzione costo del lavoro dovrebbe generare un effetto positivo sulla creazione di posti di lavoro, soprattutto tra i giovani e nelle aree ad alto tasso di disoccupazione. Il meccanismo fiscale è progettato per ridurre il costo netto del lavoro per il datore, rendendo più sostenibile l’assunzione a lungo termine.

Il legislatore ha previsto strumenti di monitoraggio dell’impatto della nuova misura, mediante l’analisi dei dati dichiarativi e l’evoluzione dell’occupazione. Tali attività saranno coordinate dall’Agenzia delle Entrate in collaborazione con il Ministero del Lavoro, con l’obiettivo di verificare l’efficacia della leva fiscale utilizzata.

Per maggiori chiarimenti e per consulenze personalizzate il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

FAQ

Che cos’è la maxi deduzione costo del lavoro?
È una misura fiscale che consente di dedurre in misura maggiorata il costo del lavoro dipendente, a partire dal 2025.

Chi può beneficiare della maxi deduzione?
Tutti i titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo che impiegano lavoratori dipendenti.

È applicabile anche nel regime di concordato preventivo biennale?
Sì, la deduzione rileva anche ai fini della determinazione del reddito concordato.

Quali lavoratori danno diritto alla deduzione potenziata?
Lavoratori assunti a tempo indeterminato e lavoratori con meno di 30 anni di età.

Come viene calcolata la deduzione?
In base al costo effettivo del lavoro sostenuto, modulato per tipologia contrattuale e anagrafica.

Sono previsti obblighi documentali?
Sì, è necessario conservare contratti, documentazione retributiva e attestazioni relative ai lavoratori.

Il panorama legislativo italiano si arricchisce di un’importante novità con l’approvazione, da parte del Senato, del disegno di legge 1430.

Questa misura, denominata “Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche, anche rare”, segna un passo significativo verso una maggiore tutela e supporto per una categoria di lavoratori particolarmente vulnerabile.

La nuova legge ha lo scopo di fornire strumenti più adeguati per gestire le esigenze legate alla salute senza compromettere la stabilità lavorativa, offrendo un quadro normativo più solido e attento alle specifiche necessità di chi convive con patologie gravi.

Il fulcro di questa iniziativa legislativa risiede nell’introduzione di specifiche previsioni che modulano l’accesso a congedi e permessi, oltre a semplificare alcune procedure burocratiche. Queste disposizioni sono state pensate per alleggerire il carico sui lavoratori e sulle loro famiglie, permettendo una gestione più serena e sostenibile delle cure e dei controlli medici. La discussione e l’approvazione in Senato sottolineano l’importanza attribuita a temi come l’inclusione lavorativa e il diritto alla salute, elementi cardine di una società che si impegna a tutelare i suoi cittadini più fragili.

Una delle innovazioni più rilevanti introdotte dal DDL 1430 riguarda il congedo non retribuito. I lavoratori e le lavoratrici, sia nel settore pubblico che in quello privato, con una percentuale di invalidità pari o superiore al 74%, avranno la possibilità di richiedere un periodo di congedo non retribuito che potrà estendersi fino a 24 mesi. Questa durata, ben superiore ai precedenti 180 giorni previsti dal periodo di comporto, può essere fruita in maniera continuativa o frazionata, offrendo così una maggiore flessibilità. L’obiettivo primario di questa misura è garantire la conservazione del posto di lavoro per il dipendente, fornendo una rete di sicurezza in momenti di particolare necessità legati alla gestione della malattia.

È importante sottolineare che, durante tale periodo di congedo, non è prevista alcuna retribuzione e al lavoratore è fatto divieto di svolgere altre attività lavorative. Inoltre, il congedo in questione non concorre al computo dell’anzianità o ai fini pensionistici, sebbene sia offerta la possibilità di riscattarlo mediante il versamento di contributi volontari. Questa previsione rappresenta un bilanciamento tra la necessità di tutelare il posto di lavoro e il mantenimento di un equilibrio nel sistema previdenziale.

Altro aspetto innovativo e di grande impatto sociale è il diritto di precedenza per l’accesso allo smart working. Una volta terminato il periodo di congedo, i lavoratori e le lavoratrici rientranti nella categoria dei beneficiari del DDL 1430 avranno la priorità nell’ottenere l’accesso a modalità di lavoro agile, purché tale modalità sia compatibile con le mansioni richieste dalla loro posizione lavorativa. Questa disposizione riflette una crescente consapevolezza del ruolo che il lavoro flessibile può giocare nel supportare la continuità lavorativa per persone con esigenze di salute particolari, promuovendo un ambiente lavorativo più inclusivo e adattabile alle diverse condizioni personali.

Il riconoscimento di questa priorità si inserisce in un contesto normativo in evoluzione che vede lo smart working non solo come strumento di ottimizzazione delle risorse, ma anche come leva per il benessere dei lavoratori.

Per quel che concerne i lavoratori autonomi è stata confermata e inquadrata la possibilità di sospendere l’attività per un periodo massimo di 300 giorni all’anno. Questa previsione, già in parte contemplata dalla legge 81/2017 per chi svolge incarichi continuativi, viene qui rafforzata e resa più specifica per i casi legati a malattie oncologiche, invalidanti e croniche. La capacità di interrompere temporaneamente l’attività senza perdere la propria posizione è fondamentale per chi non gode delle stesse tutele dei lavoratori dipendenti, garantendo una maggiore flessibilità nella gestione delle proprie condizioni di salute e della propria attività professionale.

Un’ulteriore agevolazione riguarda i permessi retribuiti per esami, terapie e visite mediche. Le attuali 8 ore di permessi retribuiti disponibili per queste finalità vengono incrementate di ulteriori 10 ore. Questo significa che i lavoratori e le lavoratrici interessati avranno a disposizione un monte ore maggiore per adempiere alle necessità mediche, riducendo lo stress e le difficoltà logistiche legate alla gestione degli appuntamenti sanitari. L’aumento dei permessi retribuiti è una misura concreta che incide direttamente sulla qualità della vita dei lavoratori, permettendo loro di affrontare le cure necessarie senza dover sacrificare la retribuzione o accumulare assenze ingiustificate.

Infine, il DDL 1430 introduce una semplificazione delle procedure di certificazione delle condizioni cliniche. La documentazione delle patologie e delle necessità mediche potrà essere presentata non solo attraverso i certificati rilasciati dai medici specialisti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), ma anche tramite quelli emessi dal medico di base. La validità di tali certificazioni potrà essere verificata anche attraverso l’utilizzo della tessera sanitaria e del fascicolo sanitario elettronico.

Per maggiori dettagli, chiarimenti e per consulenza il nostro team di professionisti è a vostra disposizione.

FAQ
Chi sono i principali beneficiari delle nuove disposizioni del DDL 1430? I principali beneficiari sono i lavoratori e le lavoratrici affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche, comprese quelle rare.

Quanto dura il congedo non retribuito e quali sono le condizioni principali per accedervi? Il congedo non retribuito può durare fino a 24 mesi (continuativi o frazionati) per dipendenti (pubblici o privati) con invalidità pari o superiore al 74%. Non è retribuito e non permette altre attività lavorative, ma garantisce la conservazione del posto di lavoro.

È prevista una priorità per lo smart working al termine del congedo? Sì, i beneficiari del DDL 1430 hanno diritto di precedenza nell’accesso allo smart working una volta terminato il congedo, purché sia compatibile con le loro mansioni.

Quante ore aggiuntive di permessi retribuiti sono state introdotte per le cure mediche? Sono state aggiunte ulteriori 10 ore ai permessi retribuiti già previsti per esami, terapie e visite mediche.

Come viene semplificata la certificazione delle condizioni cliniche per accedere ai benefici? Le condizioni cliniche possono essere documentate con certificati del medico di base o di specialisti del SSN, e la validità può essere verificata anche tramite tessera sanitaria e fascicolo sanitario elettronico.

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