Il trattamento fiscale delle spese per alberghi e ristoranti rappresenta un argomento di grande importanza per le aziende e i professionisti, vista la frequenza con cui queste spese vengono sostenute nell’ambito delle attività lavorative.

Innanzitutto, la detraibilità dell’IVA collegata alle spese per prestazioni alberghiere e somministrazioni di alimenti e bevande è subordinata a specifiche condizioni. Queste spese devono essere strettamente inerenti all’attività esercitata e devono essere documentate tramite regolare fattura richiesta all’albergatore o al ristoratore. Tuttavia, esistono casi in cui tale IVA non può essere detratta. Ad esempio, quando queste spese configurano costi di rappresentanza, come nel caso di un rinfresco per l’inaugurazione di una sede aziendale, l’IVA relativa non è detraibile. È importante inoltre precisare che, qualora le prestazioni siano usufruite da un soggetto differente dal titolare della partita IVA, come un dipendente, la fattura deve comunque essere intestata al datore di lavoro, riportando i dati del beneficiario in fattura o in un documento allegato.

Per quanto riguarda la deducibilità dei costi, la normativa vigente stabilisce che le spese relative ad alberghi e ristoranti sono generalmente deducibili solo parzialmente, nella misura del 75%, sia per i redditi d’impresa che per quelli derivanti da lavoro autonomo. L’Agenzia delle Entrate chiarisce inoltre specifiche casistiche di deducibilità. La limitazione al 75% si applica ad esempio quando le spese per alberghi e ristoranti rappresentano spese di rappresentanza; in questo caso, per le imprese, la quota del 75% va sommata alle altre spese di rappresentanza e il totale deducibile è limitato ad una specifica percentuale dei ricavi caratteristici, variabile a seconda del volume dei ricavi stessi.

Una particolare attenzione va posta alle spese sostenute per trasferte dei soci non amministratori e alle trasferte all’interno del comune della sede aziendale: anche in questi casi la deducibilità è limitata al 75%. Al contrario, non si applica tale limitazione per le spese sostenute per trasferte di dipendenti, collaboratori e amministratori co.co.co. effettuate fuori dal territorio comunale, purché venga rispettato il limite giornaliero stabilito dalla normativa, pari a €180,76 per trasferte nazionali e €258,23 per quelle estere.

Per i lavoratori autonomi, la deducibilità delle spese alberghiere e di ristorazione è parzialmente limitata: infatti, solo il 75% di tali costi è deducibile nel limite del 2% dei compensi percepiti. Tale limite si riduce ulteriormente all’1% nel caso in cui le spese siano classificate come spese di rappresentanza.

Un caso specifico riguarda i servizi sostitutivi della mensa, come i buoni pasto o le convenzioni con pubblici esercizi: per queste spese non è prevista alcuna limitazione, risultando quindi interamente deducibili.

Dal 2025 sono state introdotte ulteriori restrizioni per quanto riguarda le spese sostenute dai lavoratori autonomi, specialmente se queste vengono riaddebitate analiticamente ai committenti. In linea generale, tali spese risultano indeducibili, in quanto il relativo rimborso non concorre alla formazione del reddito imponibile. Tuttavia, esistono specifiche eccezioni: se le spese non vengono rimborsate entro un anno dalla fatturazione e se l’importo complessivo, comprensivo del compenso, è inferiore o uguale a € 2.500, esse diventano deducibili.

Un altro elemento fondamentale riguarda la tracciabilità delle spese, diventata obbligatoria dal 2025 secondo quanto previsto dagli articoli 54-ter e 95 del TUIR. Infatti, per poter dedurre fiscalmente tali costi, è obbligatorio che i pagamenti siano effettuati tramite strumenti tracciabili.

La deducibilità ai fini reddituali dell’IVA non detratta è un altro aspetto rilevante. Quando si sceglie di non esercitare la detrazione dell’IVA, oppure quando viene richiesto un documento commerciale invece della fattura, la deducibilità si differenzia: nel caso del documento commerciale, l’importo deducibile va dal 75% al 100%, includendo l’IVA non detratta. Diversamente, se si è richiesta la fattura ma non è stata detratta l’IVA per scelta, la deducibilità riguarda esclusivamente l’imponibile, con esclusione della quota IVA non detratta.

Per maggiori dettagli e per consulenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

FAQ

Per rendere più chiari questi concetti, si propongono qui alcune FAQ che approfondiscono le principali domande relative al trattamento fiscale di queste spese:

  1. È sempre necessario richiedere la fattura per detrarre l’IVA relativa alle spese alberghiere e di ristorazione? Sì, la fattura è indispensabile per la detrazione IVA. Se viene richiesto un documento commerciale, l’IVA non sarà detraibile.
  2. Le spese di alberghi e ristoranti per trasferte fuori comune dei dipendenti sono interamente deducibili? Sì, in questo caso le spese sono deducibili al 100%.
  3. Cosa succede se le spese vengono effettuate all’interno del comune aziendale? La deducibilità si riduce al 75% del costo sostenuto.
  4. Sono previste limitazioni per i buoni pasto? No, i buoni pasto e le convenzioni con pubblici esercizi non hanno limitazioni e risultano deducibili integralmente.
  5. Le spese di albergo e ristorazione dei lavoratori autonomi sono completamente deducibili? No, sono deducibili al 75%, entro il limite del 2% dei compensi annui percepiti.

Di seguito una tabella riassuntiva delle principali casistiche e della relativa deducibilità:

Tipologia spesa Detraibilità IVA Deducibilità costo Obbligo tracciabilità
Dipendente trasferta fuori comune (fattura) 100%
Dipendente trasferta nel comune (fattura) 75% No (consigliata)
Titolare o socio 75% No
Lavoratore autonomo 75% (entro 2% compensi) No
Spese mensa/buoni pasto 100% No

 

Congedo parentale e agevolazioni per la genitorialità

SPECIALE LEGGE DI BILANCIO 2025

 

Negli ultimi anni, il legislatore ha introdotto diverse misure a sostegno della genitorialità, con particolare attenzione al congedo parentale e agli incentivi per le lavoratrici madri. L’evoluzione normativa ha risposto alla necessità di garantire un migliore equilibrio tra vita lavorativa e familiare, favorendo la partecipazione attiva dei genitori alla crescita dei figli. La più recente manovra finanziaria, in vigore dal 2025, prevede un ulteriore ampliamento, portando a tre i mesi di congedo indennizzati all’80%.

Parallelamente, il Governo ha introdotto misure fiscali per le lavoratrici madri, includendo un esonero contributivo destinato alle donne con almeno due figli. La finalità di queste politiche è duplice: incentivare la natalità e promuovere una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro. Tuttavia, le agevolazioni presentano specifici requisiti e condizioni di accesso, che ne determinano l’applicabilità a diverse categorie di lavoratori. L’adozione di queste misure si inserisce in un quadro più ampio di riforme volte a garantire un sistema di welfare più inclusivo e sostenibile.

Le riforme introdotte  vogliono incentivare la fruizione del congedo anche da parte dei padri, contrastando il fenomeno del carico di cura sbilanciato sulle madri. Inoltre, l’adeguamento delle misure italiane alle direttive europee ha portato a una maggiore tutela dei lavoratori genitori, garantendo strumenti più flessibili per la conciliazione tra vita privata e professionale.

Il congedo parentale non deve essere confuso con il congedo di maternità o di paternità obbligatorio, ma si configura come un diritto aggiuntivo volto a prolungare il periodo di assistenza al minore nei primi anni di vita.

Il sistema normativo italiano distingue tra diverse forme di congedo riconosciute ai genitori lavoratori, ciascuna con finalità e modalità di fruizione specifiche. Il congedo di maternità è obbligatorio e spetta alle lavoratrici nei cinque mesi a cavallo del parto, con un’indennità pari all’80% della retribuzione, che in alcuni casi può essere integrata dal datore di lavoro fino al 100%. L’obiettivo è garantire alla madre un adeguato periodo di riposo prima e dopo la nascita del bambino, tutelando al contempo la salute della lavoratrice e del neonato.

Il congedo di paternità obbligatorio, introdotto per promuovere un maggiore coinvolgimento dei padri nella cura dei figli, prevede 10 giorni di astensione dal lavoro retribuiti al 100%, da usufruire entro i primi cinque mesi di vita del bambino. Esiste inoltre un congedo di paternità alternativo, applicabile nei casi in cui la madre sia impossibilitata a prendersi cura del neonato, ad esempio per gravi motivi di salute.

Il congedo parentale, invece, è una misura più flessibile, fruibile da entrambi i genitori fino al compimento del dodicesimo anno di età del bambino. Può essere richiesto per un massimo di sei mesi per ciascun genitore, fino a un totale complessivo di dieci mesi. Con la recente riforma, una parte di questo congedo viene retribuita all’80% nei primi tre mesi, mentre la restante quota resta indennizzata al 30%, garantendo così un maggiore equilibrio tra esigenze familiari e impegni professionali.

 

 

Con l’entrata in vigore delle nuove disposizioni, l’indennità INPS per il congedo parentale ha subito un rilevante incremento, passando dal 30% all’80% della retribuzione per un periodo di tre mesi. Questa modifica è stata introdotta con l’obiettivo di fornire un maggiore sostegno economico ai genitori nei primi anni di vita del bambino, facilitando così la conciliazione tra lavoro e famiglia.

Questa misura è riservata ai lavoratori dipendenti, sia del settore pubblico che privato, e non è trasferibile tra i genitori: ciascuno ha diritto al proprio periodo di congedo con l’indennità maggiorata, senza possibilità di cessione. Per i mesi successivi ai primi tre, l’indennità resta fissata al 30%, secondo la disciplina vigente. L’INPS sarà l’ente incaricato di gestire l’applicazione della norma, fornendo chiarimenti operativi sulle modalità di richiesta e sui requisiti specifici da soddisfare per accedere al beneficio.

Esonero contributivo per le madri lavoratrici

Parallelamente alle misure di sostegno al congedo parentale, il Governo ha introdotto un esonero contributivo rivolto alle lavoratrici madri, con l’obiettivo di incentivare la partecipazione femminile al mercato del lavoro. Questa misura si applica alle donne con almeno due figli e prevede una riduzione dei contributi previdenziali a loro carico.

L’agevolazione è stata estesa non solo alle lavoratrici dipendenti ma anche alle lavoratrici autonome che percepiscono redditi derivanti da lavoro autonomo, impresa in contabilità ordinaria o semplificata, o partecipazioni societarie, purché non abbiano aderito al regime forfettario. L’obiettivo principale è quello di ridurre il costo del lavoro per le donne con figli, favorendo così la loro permanenza e crescita professionale.

L’esonero è riconosciuto fino al mese in cui il figlio più piccolo compie 10 anni, mentre dal 2027 sarà riservato esclusivamente alle madri con almeno tre figli e potrà essere fruito fino al compimento del 18° anno di età del più giovane. Tuttavia, la misura non si applica alle lavoratrici che già beneficiano di altri sgravi contributivi previsti dalla Legge di Bilancio 2024 per gli anni 2025 e 2026.

FAQ
Chi può beneficiare del congedo parentale indennizzato all’80%?

L’indennità all’80% per il congedo parentale è riconosciuta ai lavoratori dipendenti, sia del settore pubblico che privato, che terminano il congedo di maternità o paternità obbligatorio dopo il 31 dicembre 2024. Ogni genitore può usufruire individualmente di tre mesi indennizzati all’80%, senza possibilità di cessione all’altro. Il beneficio è applicabile fino al sesto anno di vita del bambino, mentre il restante periodo di congedo parentale continua a essere indennizzato al 30%.

Quali sono le differenze tra congedo di maternità, paternità e parentale?

Il congedo di maternità è obbligatorio e garantisce cinque mesi di astensione dal lavoro per le madri prima e dopo il parto, con un’indennità pari all’80% della retribuzione. Il congedo di paternità obbligatorio dura invece 10 giorni, retribuiti al 100%, ed è fruibile nei primi cinque mesi di vita del bambino. Il congedo parentale è una misura più flessibile, disponibile per entrambi i genitori fino al dodicesimo anno di età del figlio, con una durata massima di sei mesi per ciascun genitore e un’indennità variabile in base alla normativa vigente.

Quali lavoratrici possono usufruire dell’esonero contributivo?

L’agevolazione contributiva è riservata alle lavoratrici madri con almeno due figli. Il beneficio si applica alle lavoratrici dipendenti e, con la nuova normativa, anche alle autonome che percepiscono redditi da lavoro autonomo, d’impresa in contabilità ordinaria o semplificata, o da partecipazioni societarie, purché non abbiano optato per il regime forfettario.

Esistono limiti di reddito per accedere alle agevolazioni?

Sì, la normativa prevede un tetto massimo di reddito pari a 40.000 euro annui per poter beneficiare dell’esonero contributivo. Questo limite si applica sia alle lavoratrici dipendenti che a quelle autonome e sarà oggetto di verifiche da parte dell’INPS e dell’Agenzia delle Entrate per accertarne il rispetto.

Cosa succede se il decreto attuativo del Ministero del Lavoro tarda a essere emanato?

In caso di ritardi nell’emanazione del decreto attuativo, l’applicazione dell’esonero contributivo potrebbe subire uno slittamento, impedendo alle lavoratrici di beneficiare immediatamente della misura. In passato, ritardi simili hanno comportato l’erogazione degli incentivi in via retroattiva, ma l’incertezza potrebbe generare difficoltà operative sia per le aziende che per le lavoratrici. Sarà quindi fondamentale monitorare gli aggiornamenti ufficiali per comprendere i tempi e le modalità di accesso al beneficio.

Per maggiori chiarimenti e per assistenza personalizzata il nostro team è a vostra disposizione.

Con la nota n. 579 del 22 gennaio 2025, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha fornito indicazioni operative in merito alla procedura di dimissioni per fatti concludenti, disciplinate dall’articolo 26, comma 7-bis, del D.Lgs. n. 151/2015, introdotto dall’articolo 19 della Legge n. 203/2024 (cd. Collegato Lavoro). Tale nota fornisce un quadro operativo e un modello standard di comunicazione, rivolgendosi principalmente a datori di lavoro e consulenti del lavoro, al fine di uniformare la gestione di tali situazioni.

L’articolo 26, comma 7-bis, del D.Lgs. n. 151/2015, come introdotto dalla Legge n. 203/2024, disciplina le dimissioni per fatti concludenti. Questa normativa interviene nei casi di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre un determinato periodo.

La procedura di dimissioni per fatti concludenti si applica in presenza di assenza ingiustificata del lavoratore che superi i termini previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) applicato al rapporto. In assenza di specifica previsione contrattuale, il termine di riferimento è fissato a 15 giorni. Il superamento di tale limite temporale costituisce il presupposto per l’avvio della procedura da parte del datore di lavoro.

Procedura Prevista

La procedura delineata dalla normativa e specificata dalla nota INL n. 579/2025 prevede i seguenti passaggi:

  1. Comunicazione all’INL: Il datore di lavoro è tenuto a comunicare l’assenza ingiustificata alla sede territoriale competente dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (ITL). La comunicazione deve essere trasmessa preferibilmente tramite Posta Elettronica Certificata (PEC).
  2. Contenuto della Comunicazione: La comunicazione all’INL deve contenere le seguenti informazioni:
    • Dati anagrafici del lavoratore (nome, cognome, data e luogo di nascita, codice fiscale).
    • Recapiti del lavoratore (indirizzo di residenza, numero di telefono, indirizzo email, se disponibili).
    • Data di inizio dell’assenza ingiustificata.
    • Eventuale riferimento al CCNL applicato e alle relative disposizioni in materia di assenza.
    • Ogni altra informazione ritenuta utile alla valutazione del caso.
  3. Verifica da parte dell’INL: L’Ispettorato, una volta ricevuta la comunicazione, ha la facoltà di avviare accertamenti entro 30 giorni dalla ricezione della segnalazione. Tali accertamenti sono finalizzati a verificare l’effettiva sussistenza dell’assenza e l’eventuale presenza di giustificazioni da parte del lavoratore. Le verifiche possono consistere in:
    • Contatto diretto con il lavoratore per acquisire informazioni sulle motivazioni dell’assenza.
    • Intervista ad altro personale impiegato presso la stessa azienda.
    • Acquisizione di documentazione o informazioni da altri soggetti che possano fornire elementi utili all’accertamento.
  4. Esito della Verifica e Risoluzione del Rapporto:
    • Assenza Ingiustificata: Qualora l’INL accerti l’assenza ingiustificata e il lavoratore non fornisca alcuna giustificazione o non dimostri l’impossibilità di comunicare le ragioni dell’assenza, il rapporto di lavoro si considera risolto per volontà del lavoratore. In questa circostanza, non sono necessarie ulteriori formalità o comunicazioni da parte del datore di lavoro.
    • Giustificazione dell’Assenza: Se, al contrario, il lavoratore fornisce adeguate giustificazioni all’INL, ad esempio presentando certificazione medica per ricovero ospedaliero o documentazione relativa a fatti imputabili al datore di lavoro, la procedura di dimissioni per fatti concludenti non avrà effetto. In tali casi, l’INL può disporre la ricostituzione del rapporto di lavoro, ripristinando la situazione antecedente all’assenza.

Ruolo dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL)

La procedura introdotta dalla Legge n. 203/2024 e specificata dalla nota INL n. 579/2025 attribuisce un ruolo centrale all’ITL. Il datore di lavoro non può autonomamente dichiarare la risoluzione del rapporto di lavoro a seguito di assenza ingiustificata, ma è tenuto a comunicare preventivamente la situazione all’ITL. Tale obbligo di comunicazione preventiva introduce un elemento di garanzia e trasparenza, volto a tutelare entrambe le parti coinvolte.

L’ITL svolge una funzione di verifica e controllo, accertando la reale natura dell’assenza segnalata dal datore di lavoro. Questa attività di controllo previene possibili abusi o licenziamenti arbitrari, assicurando che la procedura si svolga nel rispetto della normativa vigente. L’intervento dell’ITL si configura quindi come una garanzia di equilibrio e correttezza nel processo.

La nota n. 579/2025 introduce un modello standard di comunicazione che i datori di lavoro possono utilizzare per notificare le assenze ingiustificate all’ITL. L’adozione di un modello standardizzato ha l’obiettivo di uniformare le comunicazioni a livello nazionale, semplificando l’adempimento per i datori di lavoro e facilitando l’attività di controllo da parte dell’Ispettorato. Il modello standardizzato dovrebbe contenere i campi informativi precedentemente elencati relativi al lavoratore e all’assenza.

La nuova procedura per le dimissioni per fatti concludenti, con l’intervento dell’INL, mira a fornire un quadro normativo più chiaro e a tutelare i diritti di entrambe le parti del rapporto di lavoro. Per i datori di lavoro, è fondamentale seguire scrupolosamente la procedura descritta, prestando particolare attenzione alla comunicazione all’ITL e alla corretta compilazione del modello standard. La mancata osservanza della procedura potrebbe inficiare la validità della risoluzione del rapporto di lavoro.

Per i lavoratori, la procedura offre una garanzia di tutela contro possibili abusi, assicurando che la risoluzione del rapporto avvenga solo in presenza di effettiva assenza ingiustificata e dopo le opportune verifiche da parte dell’ITL.

La nota n. 579/2025 dell’INL fornisce importanti chiarimenti operativi in merito alla procedura di dimissioni per fatti concludenti, delineando un percorso preciso che coinvolge attivamente l’Ispettorato Territoriale del Lavoro. L’introduzione di un modello standard di comunicazione rappresenta un ulteriore passo verso la semplificazione e l’uniformità nella gestione di queste situazioni. L’osservanza delle indicazioni fornite dalla nota è fondamentale per garantire la correttezza e la validità della procedura, tutelando i diritti di entrambe le parti del rapporto di lavoro.
Per maggiori chiarimenti o per assistenza personalizzata il nostro studio è a vostra disposizione.

Il sistema di tassazione dei veicoli concessi in uso promiscuo ha subito una revisione con l’intento di promuovere l’acquisto di auto elettriche e plug-in. Fino al 2024, il valore dei veicoli immatricolati e concessi a partire dal 1° luglio 2020 era determinato in base alle emissioni di CO2.

La Legge di Bilancio introduce un cambiamento significativo, passando da un sistema basato sulle emissioni di CO2 a uno fondato sulla tipologia di alimentazione. Questa nuova modalità si applica esclusivamente ai veicoli assegnati a partire dal 2025.

Nonostante l’introduzione del nuovo sistema, rimane invariato il riferimento alle tabelle ACI, le quali determinano il valore in base a una percorrenza convenzionale di 15.000 km. A tale valore, tuttavia, si applicano percentuali differenti a seconda della tipologia di alimentazione del veicolo:

  • 10% per i veicoli a trazione esclusivamente elettrica;
  • 20% per i veicoli ibridi plug-in;
  • 50% per i veicoli con alimentazione tradizionale termica o ibrida non plug-in.

È importante sottolineare che il nuovo sistema di calcolo si applica unicamente ai contratti stipulati a partire dal 1° gennaio 2025. Di conseguenza, è presumibile che per i veicoli concessi entro il 31 dicembre 2024 continuerà a essere applicato il regime precedente.

Fino al 2024, il valore in fringe benefit dell’auto aziendale concessa in uso promiscuo era calcolato in base alle emissioni di anidride carbonica (CO2) del veicolo. Questo sistema, introdotto con la Legge di Bilancio 2020, prevedeva diverse percentuali di tassazione, applicate al costo chilometrico stabilito dalle tabelle ACI, moltiplicato per una percorrenza convenzionale di 15.000 km annui. Le percentuali variavano in base alle seguenti fasce di emissioni di CO2:

  • 25% per i veicoli con emissioni di CO2 inferiori a 60 g/km;
  • 30% per i veicoli con emissioni di CO2 comprese tra 60 e 160 g/km;
  • 50% per i veicoli con emissioni di CO2 superiori a 160 g/km;
  • 60% per i veicoli con emissioni di CO2 superiori a 190 g/km (percentuale introdotta successivamente).

Questo sistema mirava a incentivare l’utilizzo di veicoli a basse emissioni, offrendo una tassazione inferiore per le auto meno inquinanti.

A partire dal 1° gennaio 2025, come anticipato, il criterio di calcolo del fringe benefit legato all’uso promiscuo dell’auto aziendale è cambiato radicalmente. Il focus si sposta dalle emissioni di CO2 alla tipologia di alimentazione del veicolo. Il valore di riferimento rimane quello determinato dalle tabelle ACI, basato su una percorrenza convenzionale di 15.000 km annui, ma le percentuali applicate a tale valore sono le seguenti:

  • 10% per i veicoli a trazione esclusivamente elettrica: questa percentuale ridotta mira a promuovere l’adozione di veicoli elettrici, considerati a zero emissioni dirette.
  • 20% per i veicoli ibridi plug-in: questa categoria comprende i veicoli dotati di motore termico e motore elettrico, con la possibilità di ricaricare la batteria da una fonte esterna. La percentuale del 20% rappresenta un incentivo all’utilizzo di questa tecnologia, considerata una fase di transizione verso la mobilità completamente elettrica.
  • 50% per i veicoli ad alimentazione tradizionale termica o ibrida non plug-in: questa categoria include i veicoli con motore a combustione interna (benzina, diesel, GPL, metano) e i veicoli ibridi che non possono essere ricaricati tramite una fonte esterna. La percentuale del 50% rappresenta la tassazione standard per i veicoli con tecnologie meno recenti.

Riepilogo delle Differenze Tra i Due Regimi

Per maggiore chiarezza, si riporta una tabella riassuntiva delle principali differenze tra il regime di calcolo del fringe benefit in vigore fino al 2024 e quello entrato in vigore dal 2025:

Caratteristica Fino al 2024 Dal 2025
Criterio di calcolo Emissioni di CO2 Tipologia di alimentazione
Percentuali di tassazione 25%, 30%, 50%, 60% (in base alle emissioni) 10% (elettrici), 20% (ibridi plug-in), 50% (altri)
Riferimento base Tabelle ACI (15.000 km) Tabelle ACI (15.000 km)
Applicazione temporale Veicoli immatricolati e concessi dal 1° luglio 2020 Contratti stipulati dal 1° gennaio 2025

 

Le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio rappresentano un passo verso la promozione di una mobilità più sostenibile ed il passaggio a un sistema basato sulla tipologia di alimentazione; con le percentuali di tassazione ridotte per i veicoli elettrici e ibridi plug-in si mira a incentivare le aziende ad adottare tecnologie più rispettose dell’ambiente.

Per meglio comprendere queste nuove dinamiche o per chiarimenti il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

 

Con l’art. 18 del Collegato lavoro (legge n. 203/2024, entrata in vigore il 12 gennaio), si apre una nuova opportunità per i giovani che desiderano approfondire la loro formazione e ottenere qualificazioni professionali.

Cosa prevede l’art. 18 del Collegato lavoro

La legge n. 203/2024 rappresenta un passo importante per l’evoluzione della regolamentazione sul lavoro. Entrata in vigore il 12 gennaio 2024, questa normativa permette a un giovane di intraprendere un secondo percorso di apprendistato dopo aver completato il primo. Tale disposizione risponde alla necessità di offrire una maggiore flessibilità formativa e contrattuale, allineandosi alle esigenze di un mercato del lavoro in costante evoluzione.

Il secondo apprendistato è un’opportunità pensata per coloro che hanno già completato un apprendistato di primo livello. Dopo aver conseguito una qualifica o un diploma professionale, i giovani possono accedere a una nuova tipologia di contratto, che permette loro di acquisire ulteriori competenze tecniche e professionali.

La normativa distingue tre principali tipologie di apprendistato, ognuna delle quali risponde a specifiche esigenze formative e professionali.

Apprendistato di primo livello

L’apprendistato di primo livello è finalizzato al conseguimento di qualifiche professionali. Si rivolge principalmente a giovani che vogliono combinare formazione e lavoro per ottenere diplomi di istruzione secondaria superiore o certificati di specializzazione tecnica superiore.

Apprendistato professionalizzante

Questa seconda tipologia è pensata per chi desidera ottenere una qualificazione professionale ai fini contrattuali. Il contratto può essere attivato solo dopo un aggiornamento del piano formativo individuale, per assicurare una formazione mirata alle esigenze aziendali e personali del lavoratore.

Apprendistato di alta formazione e ricerca

L’apprendistato di alta formazione e ricerca, regolamentato dalle regioni e province autonome, è destinato a chi vuole intraprendere percorsi altamente specializzati. Questa forma contrattuale si basa su requisiti specifici, legati ai titoli di studio necessari per accedere ai percorsi formativi.

La possibilità di accedere a un secondo apprendistato è riservata a giovani che soddisfano precisi requisiti anagrafici e formativi. Devono aver completato il primo percorso formativo e conseguito un titolo come qualifica professionale, diploma d’istruzione secondaria superiore o certificato di specializzazione tecnica superiore.

La normativa stabilisce che la durata complessiva dei due apprendistati non può superare il limite massimo fissato dalla contrattazione collettiva. Questo garantisce un equilibrio tra le esigenze di formazione e quelle del mercato del lavoro, evitando periodi eccessivamente lunghi che potrebbero ostacolare la stabilità contrattuale.

Per passare dal primo al secondo apprendistato è fondamentale aggiornare il piano formativo individuale. Questo documento definisce gli obiettivi e le modalità di formazione del lavoratore, assicurando una transizione efficace tra i due contratti.

Vantaggi del secondo apprendistato per i giovani lavoratori

Il secondo apprendistato offre numerosi vantaggi per i giovani, tra cui:

  • La possibilità di acquisire competenze specifiche richieste dal mercato del lavoro.
  • Un’integrazione immediata nel mondo del lavoro attraverso contratti mirati.
  • Un riconoscimento formale delle qualificazioni ottenute, utile per la crescita professionale.

Benefici per le imprese che assumono apprendisti

Anche le imprese traggono vantaggio dall’introduzione del secondo apprendistato. In particolare:

  • Possono beneficiare di incentivi economici e contributivi.
  • Hanno l’opportunità di formare lavoratori in base alle proprie esigenze specifiche, migliorando così la competitività aziendale.

Apprendistato di Primo Tipo

Tipologia di Azienda Datori di Lavoro Lavoratori
Aziende fino a 9 dipendenti – Primo anno di apprendistato: 1,5% + Cig (2/3) 5,84% + Cig (1/3)
– Secondo anno: 3% + Cig (2/3)
– Dal terzo anno: 5% + Cig (2/3)
Aziende oltre i 9 dipendenti – Qualunque anno: 11,61% + Cig (2/3) 5,84% + Cig (1/3)

 

Apprendistato di Secondo e Terzo Tipo

Tipologia di Azienda Datori di Lavoro Lavoratori
Aziende fino a 9 dipendenti – Primo anno di apprendistato: 3,11% + Cig (2/3) 5,84% + Cig (1/3)
– Secondo anno: 4,61% + Cig (2/3)
– Dal terzo anno: 11,61% + Cig (2/3)
Aziende oltre i 9 dipendenti – Qualunque anno: 11,61% + Cig (2/3) 5,84% + Cig (1/3)

 

A partire dal 1° gennaio 2022, è previsto il versamento del contributo per finanziare i trattamenti di cassa integrazione salariale, calcolato in base al settore di attività e alla dimensione aziendale del datore di lavoro. Di tale contributo, il 2/3 è a carico del datore di lavoro, mentre il restante 1/3 è a carico dell’apprendista.

I benefici legati alla contribuzione sono riconosciuti per un anno nel caso in cui il rapporto di lavoro venga mantenuto al termine del periodo di apprendistato. Tali agevolazioni non prevedono limiti d’età, a condizione che il datore di lavoro assegni all’apprendista mansioni mirate a una qualificazione o riqualificazione professionale. Gli stessi benefici possono essere applicati anche nei casi di mobilità o disoccupazione connessa a trattamenti di integrazione salariale.

Le regioni e le province autonome svolgono un ruolo importante nella gestione dell’apprendistato di alta formazione e ricerca. Sono responsabili della definizione della durata e delle finalità dei percorsi, oltre a stabilire i requisiti d’accesso. Questa autonomia garantisce che i percorsi formativi siano adattati alle specificità del territorio.

La contrattazione collettiva gioca un ruolo fondamentale nel definire le modalità di applicazione del secondo apprendistato. Essa stabilisce i limiti di durata, i livelli retributivi e le specificità dei percorsi formativi, garantendo un equilibrio tra le esigenze delle imprese e quelle dei lavoratori.

Il secondo apprendistato rappresenta un’importante opportunità per ridurre la disoccupazione giovanile e favorire l’inserimento professionale.

FAQ

Qual è l’età massima per accedere al secondo apprendistato?
Generalmente, l’età massima è definita dalla normativa regionale e dalla contrattazione collettiva, ma di solito non supera i 29 anni.

È possibile combinare il secondo apprendistato con altri contratti di lavoro?
Sì, a patto che non ci sia sovrapposizione tra i periodi contrattuali e che siano rispettate le normative vigenti.

Quali settori offrono maggiori opportunità per il secondo apprendistato?
I settori più attivi includono tecnologia, sanità e artigianato.

Quali sono i requisiti per accedere all’apprendistato di alta formazione e ricerca?
Occorre possedere titoli di studio specifici, come diplomi universitari o certificazioni tecniche avanzate.

Cosa succede se il piano formativo individuale non viene aggiornato?
In questo caso, non sarà possibile procedere con la transizione al secondo apprendistato, e il contratto potrebbe essere considerato nullo.

 

Il nostro team di esperti è pronto a offrirvi chiarimenti e consulenze personalizzate.

Nel 2025, il sistema dei fringe benefit subirà alcune importanti modifiche introdotte dal Disegno di Legge di Bilancio. Questo articolo affronterà i cambiamenti più rilevanti, con particolare attenzione al tetto di non tassabilità per lavoratori dipendenti e genitori, e gli incentivi per i nuovi assunti che trasferiscono la residenza.

Cosa Sono i Fringe Benefit?

I fringe benefit sono compensi in natura che un datore di lavoro offre ai dipendenti sotto forma di beni o servizi, aggiuntivi rispetto allo stipendio. Sono una componente della retribuzione che, entro determinati limiti stabiliti dalla normativa, non concorre a formare il reddito imponibile del lavoratore, risultando quindi esenti da tassazione.

Tetto di Non Tassabilità

Tradizionalmente, la soglia di non tassabilità per i fringe benefit è fissata a 258,23 euro. Tuttavia, per il 2024, questo limite è stato incrementato a:

  • 1.000 euro per la generalità dei lavoratori dipendenti;
  • 2.000 euro per i lavoratori con figli a carico.

Il Disegno di Legge di Bilancio 2025 prevede la proroga di questi limiti per il triennio 2025-2027.

Novità per i Lavoratori Fuori Sede

Un’importante novità riguarda i nuovi assunti che trasferiscono la propria residenza di oltre 100 chilometri per motivi lavorativi. Per questi lavoratori, la soglia di non tassabilità potrebbe essere ulteriormente aumentata. Si tratta di un incentivo rivolto a incoraggiare la mobilità lavorativa, offrendo un vantaggio fiscale significativo a coloro che accettano di trasferirsi.

Vantaggi per Dipendenti e Datori di Lavoro

I fringe benefit non solo sono vantaggiosi per i dipendenti, che ricevono un compenso aggiuntivo esente da imposte, ma offrono anche benefici fiscali per il datore di lavoro, in quanto le somme sono deducibili dal reddito d’impresa. Vi sono tuttavia delle eccezioni per alcune tipologie di benefit, come le auto aziendali e i prestiti ai dipendenti, che sono regolati da criteri specifici.

Fringe Benefit e Famiglie

Un altro aspetto da considerare riguarda i fringe benefit per i genitori. Secondo le recenti disposizioni dell’Agenzia delle Entrate, possono beneficiare dell’agevolazione anche i lavoratori dipendenti con figli a carico, inclusi i figli adottivi e quelli nati fuori dal matrimonio. I genitori possono usufruire del bonus fino a 2.000 euro, purché il reddito dei figli non superi determinate soglie:

  • 2.840,51 euro per i figli sopra i 24 anni;
  • 4.000 euro per i figli fino a 24 anni.

Auto Aziendali e Altri Benefit

I fringe benefit includono una vasta gamma di servizi, tra cui le auto aziendali. Le regole variano a seconda della data di stipula del contratto. Per i contratti stipulati dopo il 1° luglio 2020, la tassazione dipende dalle emissioni di CO2 del veicolo, secondo la seguente scala:

  • 25% se le emissioni sono inferiori o uguali a 60 g/km;
  • 30% se le emissioni sono comprese tra 60 e 160 g/km;
  • 50% per emissioni tra 160 e 190 g/km;
  • 60% per emissioni superiori a 190 g/km.

Anche i buoni pasto, le polizze sanitarie e i fabbricati concessi ai dipendenti rientrano tra i fringe benefit.

Come Richiedere i Fringe Benefit

Per ottenere il bonus, il lavoratore deve presentare una dichiarazione all’azienda in cui attesti la presenza di figli a carico, includendo il codice fiscale dei figli. È importante che la documentazione sia accurata e conservata per eventuali controlli futuri.

Tabella Riassuntiva: Limiti e Agevolazioni Fringe Benefit

Anno Limite Generale Limite per Genitori con Figli Incentivi per Lavoratori Fuori Sede
2023 258,23 euro 3.000 euro Nessuno
2024 1.000 euro 2.000 euro Previsto innalzamento per residenza oltre 100 km
2025-2027 1.000 euro 2.000 euro Maggiorazione per trasferimenti oltre 100 km

FAQ

  1. Cosa sono i fringe benefit?
    I fringe benefit sono compensi in natura concessi dal datore di lavoro sotto forma di beni o servizi, esenti da imposte entro specifici limiti.
  2. Quali sono i limiti di non tassabilità per il 2024?
    Il limite è di 1.000 euro per i lavoratori dipendenti e 2.000 euro per i genitori con figli a carico.
  3. Chi può beneficiare dell’aumento per trasferimenti di residenza?
    I nuovi assunti che trasferiscono la propria residenza di oltre 100 chilometri possono beneficiare di un ulteriore innalzamento del tetto di non tassabilità.
  4. Come si richiedono i fringe benefit per i figli a carico?
    Il lavoratore deve presentare una dichiarazione al datore di lavoro, includendo il codice fiscale dei figli a carico.
  5. Quali fringe benefit sono inclusi oltre alle somme in denaro?
    Oltre alle somme, rientrano auto aziendali, buoni pasto, polizze sanitarie, e bollette per acqua, luce e gas.

Per una consulenza personalizzata e un’assistenza completa nella gestione dei fringe benefit e delle agevolazioni fiscali il nostro team di esperti è a tua disposizione per offrirti soluzioni su misura.

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta n. 79 del 30 aprile 2024, ha approvato il decreto legge n° 60 del 07/05/2024 ( pubblicato in Gazzetta ufficiale n: 105 del 07/05/2024 ), che introduce ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, c.d. decreto COESIONE LAVORO.

Il decreto interviene anche con misure per rafforzare l’occupazione delle categorie di lavoratori più svantaggiate e in generale nel Mezzogiorno ed introduce il bonus giovani, un bonus donne in favore delle lavoratrici svantaggiate, il bonus ZES per il sostenere lo sviluppo occupazionale nella ZES unica del Mezzogiorno.

Tutte le misure presentano alcune caratteristiche comuni:

  1. Non sono nuove nel nostro ordinamento in quanto sembrano (almeno quelle che riguardano i giovani e le donne svantaggiate) essere quasi la “fotocopia” di quelle scadute il 31 dicembre 2023, mentre quelle relative alla occupazione degli “over 35” nelle Regioni del Meridione richiamano l’analogo provvedimento, a tempo, già inserito nella legge n. 205/2017;
  2. Non sono strutturali, ma a tempo, in quanto riguardano i rapporti a tempo indeterminato instaurati tra il 1° luglio 2024 ed il 31 dicembre 2025;
  3. La piena operatività delle disposizioni è subordinata al parere positivo della Commissione Europea ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato dell’Unione.

 

Assunzione dei giovani “under 35”

Si riconosce per tutte le assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori (con esclusione di quelli con qualifica dirigenziale) che sono al primo rapporto a tempo indeterminato (anche a tempo parziale) e che non hanno compiuto i 35 anni (ossia, fino a 34 anni e 364 giorni), realizzate nel periodo compreso tra il prossimo 1° luglio  ed il 31 dicembre 2025, uno sgravio contributivo per un massimo di 24 mesi e consiste in un abbattimento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro nella misura del 100% con un tetto massimo mensile di 500 euro, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

Il beneficio non si applica ai contratti di lavoro domestico (per la particolarità del rapporto) ed all’apprendistato che è un contratto a tempo indeterminato che gode di una propria specifica regolamentazione sotto l’aspetto contributivo.

Nella c.d. Zona economica speciale” che comprende le Regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, lo sgravio contributivo a favore dei datori di lavoro sulla quota a loro carico (art. 22, comma 3), presenta un tetto massimo di 650 euro mensili.

Il comma 8 dell’art. 22, parla di non cumulabilità con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente: l’unica eccezione riguarda, senza alcuna deduzione, la compatibilità con la maggiorazione del costo ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni (dall’art. 4 del D.L.vo 30 dicembre 2023, n. 216, attraverso il quale si dispone, per il 2025, un abbattimento dell’IRPEF e dell’IRES, pari al 120% o al 130% per le categorie svantaggiate indicate in un D.M. “concertato” tra Lavoro ed Economia, ove viene preso in considerazione il costo del lavoro in aumento rispetto all’anno precedente in virtù delle nuove assunzioni ).

 

Assunzione di donne svantaggiate

Sgravio contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato di donne svantaggiate.

Esso presenta alcune caratteristiche che lo differenziano da quello previsto dalla legge del 2012:

  1. Non è strutturale, ma a tempo;
  2. Il beneficio, non è cumulabile con altri incentivi, ad eccezione di quello previsto dall’art. 4 del D.L.vo n. 213/2023;
  3. L’assunzione deve essere a tempo indeterminato (si parla di occupazione stabile), mentre la legge n. 92/2912 prevede incentivi anche in caso di assunzione a tempo determinato fino a 12 mesi;
  4. La piena operatività della norma è subordinata al parere positivo della Commissione Europea ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato dell’Unione.

 

Lo sgravio contributivo previsto, per le assunzioni effettuate nel periodo compreso tra il 1°luglio 2024 ed il 31 dicembre 2025, sulla quota a carico dei datori di lavoro è pari al 100% con un tetto mensile massimo fissato a 650 euro su base mensile, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche. Il periodo massimo di riconoscimento dell’agevolazione è di 24 mesi. Lo sgravio comprende anche i premi ed i contributi assicurativi INAIL.

Lo sgravio riguarda:

  1. Donne svantaggiate di qualsiasi età, prive di un lavoro regolarmente retribuito da almeno 6 mesi, residenti nella Regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna, Abruzzo e Molise, ammissibili ai finanziamenti dei fondi strutturali;
  2. Donne di qualsiasi età destinate a svolgere professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi. Ogni anno i settori e le professioni sono definiti da un Decreto Ministro del Lavoro di concerto con quello dell’Economia: l’ultimo emanato è il n. 365 del 20 novembre 2023.
  3. Donne di qualsiasi età, ovunque residenti, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi. In questo caso va verificato se nei 2 anni antecedenti l’assunzione la lavoratrice non abbia svolto un’attività di lavoro subordinato legata ad un contratto di almeno 6 mesi o un’attività di collaborazione coordinata e continuativa la cui remunerazione annua sia superiore a 8.000 euro o un’attività di lavoro autonomo tale da produrre un reddito annuo superiore a 4.800 euro.

 

Le misure per il lavoro autonomo

Il decreto contiene anche incentivi per l’autoimpiego attraverso il finanziamento delle attività imprenditoriali e libero-professionali nel Nord e Centro Italia, e un programma specifico per il Sud e le aree sismiche del Centro.

Nello specifico, all’art 16 si prevede un decreto del ministro del lavoro che definirà in dettaglio due   specifiche azioni di sostegno ad attività imprenditoriali e libero-professionali, finanziate a valere sul Programma nazionale Giovani   denominate, rispettivamente,

  1. Autoimpiego centro-nord Italia e
  2. Investire al Sud – Resto al Sud 2.0.

In entrambi i casi saranno destinatari dell’intervento:

  1. a) persone giovani di età inferiore ai trentacinque anni;
  2. b) persone disoccupate da almeno dodici mesi;
  3. c) persone in condizioni di marginalità, vulnerabilità sociale e discriminazione, come

definiti dal Piano nazionale giovani, donne e lavoro;

  1. d) persone inattive, come definite dal Piano nazionale giovani, donne e lavoro;
  2. e) donne inoccupate, inattive e disoccupate;
  3. f) disoccupati beneficiari di ammortizzatori sociali destinatari delle misure del programma di politica attiva Garanzia di occupabilità dei lavoratori GOL.

e saranno ammissibili a finanziamento, le seguenti iniziative:

  1. erogazione di servizi di formazione e di accompagnamento alla progettazione preliminare per l’avvio delle attività definita su base territoriale e di concerto con le Regioni interessate, in coerenza con il Programma Giovani, Donne e Lavoro e con il programma GOL;
  2. tutoraggio, finalizzato all’incremento delle competenze e al supporto dei soggetti di cui sopra nello svolgimento delle attività
  3. interventi di sostegno consistenti nella concessione di incentivi in favore dei soggetti destinatari degli interventi

 

Redditi da lavoro dipendente

Si ampliano le componenti escluse dalla formazione del reddito di lavoro dipendente. In particolare, sono esclusi i contributi e premi versati dal datore di lavoro per i familiari a carico dei dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie.

 

Inoltre, nelle more dell’introduzione di un regime fiscale sostitutivo per la tredicesima mensilità, si prevede l’erogazione, nel mese di gennaio 2025, di un’indennità di 100 euro ai lavoratori dipendenti per i quali, nell’anno 2024, ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni, cd. Bonus Befana:

  • reddito complessivo non superiore a 28.000 euro;
  • coniuge non separato e almeno un figlio, entrambi a carico, oppure almeno un figlio a carico, ove l’altro genitore manchi o non abbia riconosciuto il figlio e il contribuente non sia coniugato o, se coniugato, si sia successivamente separato, o se vi siano figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non sia coniugato o, se coniugato, si sia successivamente separato;
  • imposta lorda determinata sui redditi da lavoro dipendente (con esclusione di pensioni e di assegni a esse equiparati), percepiti dal lavoratore, d’importo superiore a quello delle detrazioni spettanti.

Il bonus sarà riconosciuto al lavoratore dipendente nella busta paga di gennaio, ma a condizione che il lavoratore ne faccia espressa richiesta attestando per iscritto di averne diritto indicando il codice fiscale del coniuge e dei figli, o del solo figlio laddove il nucleo familiare sia composto da un solo genitore.

Il sostituto di imposta dovrà verificare all’atto del conguaglio la sussistenza delle condizioni che danno diritto al bonus ed eventualmente, in mancanza dei già menzionati requisiti, effettuare il recupero del beneficio precedentemente fruito. I datori di lavoro potranno poi recuperare in compensazione il credito d’imposta maturato con l’erogazione del bonus.

 

Redditi da lavoro autonomo

Si introduce, quale criterio generale di determinazione del reddito da lavoro autonomo, il principio di onnicomprensività (in analogia ai lavoratori dipendenti): il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni sarà costituito dalla differenza tra tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta in relazione all’attività artistica o professionale e l’ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività. Inoltre, si prevede che siano escluse dalla formazione del reddito, oltre ai contributi assistenziali e previdenziali, anche: le somme percepite a titolo di rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione di un incarico e addebitate al committente e il riaddebito ad altri soggetti delle spese sostenute per l’uso comune degli immobili utilizzati, anche promiscuamente, per l’esercizio di tali attività e per i servizi ad essi connessi.

Si conferma il principio di cassa quale criterio di imputazione temporale dei componenti di reddito al periodo di imposta (pertanto i compensi rilevano al momento della percezione e i costi sono deducibili nell’esercizio di effettivo sostenimento della spesa), sono salve le deroghe previste (es. per ammortamenti, canoni di leasing e quote di TFR).

Si estende il regime della tassazione separata alle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in associazioni, società ed enti, comunque riferibili all’attività artistica professionale.

Si prevede un’apposita disciplina relativa alla deducibilità delle spese relative a beni ed elementi immateriali sostenute nell’esercizio di arti e professioni.

Si introduce il principio di neutralità fiscale (non realizzando quindi plusvalenze o minusvalenze) con riferimento a: operazioni straordinarie concernenti i conferimenti, trasformazioni, fusioni e scissioni relativi a società tra professionisti; apporti in associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni o in società semplici; apporti delle posizioni partecipative nelle associazioni professionali o società semplici in altre associazioni o società costituite per l’esercizio in forma associata di arti e professioni o in società tra professionisti.

In merito al regime temporale di applicazione delle nuove misure:

  • in materia di redditi da lavoro autonomo, l’applicazione è prevista a partire dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto;
  • in relazione alle spese sostenute per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente, si istituisce un regime transitorio in base al quale fino al 31 dicembre 2024 continuano ad applicarsi le disposizioni in vigore anteriormente alle modifiche apportate dal decreto, riguardanti la deducibilità delle spese e la concorrenza alla formazione del reddito delle relative somme percepite a titolo di rimborso delle medesime;
  • in materia d’imputazione temporale dei compensi assoggettati a ritenuta, le nuove disposizione hanno effetto anche per i periodi di imposta antecedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto, se le relative dichiarazioni, validamente presentate, risultano conformi alla nuova disciplina. Restano comunque fermi gli accertamenti e le liquidazioni di imposta divenuti definitivi.Per una consulenza e assistenza personalizzata lo Studio Pallino Commercialisti mette a disposizione la propria competenza ed esperienza professionale.

L’esonero contributivo per i dipendenti rappresenta un importante vantaggio fiscale per il 2024, consentendo una riduzione parziale dei contributi previdenziali mensili. Tuttavia, la gestione di questa misura richiede una comprensione approfondita delle regole e delle eccezioni che la circondano. In questo post, esploreremo gli esempi e i casi particolari che i datori di lavoro devono considerare per una corretta gestione in busta paga.

Limiti e Condizioni dell’Esonero

Secondo quanto stabilito dalla legge di Bilancio 2024, l’esonero contributivo può essere applicato mensilmente ai dipendenti, a condizione che siano rispettati i limiti di importo massimo in base alla retribuzione imponibile. Questi limiti variano a seconda del livello di retribuzione e vengono definiti come segue:

– 7%: Se la retribuzione imponibile mensile non supera i 1.923 euro.

– 6%: Se la retribuzione imponibile mensile è compresa tra 1.923 euro e 2.692 euro.

Questi parametri forniscono una guida chiara per determinare l’applicabilità dell’esonero in base alla retribuzione dei dipendenti.

Aliquote Contributive e Distinzioni

Nell’applicazione dell’esonero, è fondamentale distinguere tra le diverse aliquote contributive soggette a sgravio. L’esonero si applica esclusivamente alla contribuzione IVS a carico del lavoratore e non all’aliquota di contribuzione alla CIG (0,30%). Tuttavia, è necessario fare attenzione agli apprendisti, il cui regime contributivo presenta caratteristiche particolari che possono influenzare l’applicabilità dell’esonero.

Esclusioni e Eccezioni

L’esonero contributivo non si applica ai ratei di mensilità aggiuntiva né alle tredicesime e quattordicesime mensilità. È importante tenere presente queste eccezioni nella gestione della busta paga per evitare errori e violazioni normative.

Fringe Benefit e Implicazioni sull’Imponibile

I fringe benefit rappresentano un’importante componente della retribuzione dei dipendenti. Tuttavia, se erogati in misura superiore al limite annuo che li rende esenti, possono influenzare il calcolo dell’imponibile contributivo. È fondamentale monitorare attentamente questi benefici per garantire il rispetto dei limiti di esenzione e l’applicazione corretta dell’esonero.

Variazioni del Rapporto di Lavoro e Continuità

Nel corso dell’anno, possono verificarsi variazioni nel rapporto di lavoro dei dipendenti che richiedono una valutazione attenta dell’esonero contributivo. Ad esempio, nel caso di variazioni da tempo parziale a tempo pieno o viceversa, il massimale mensile di retribuzione imponibile deve essere valutato in base alla complessiva retribuzione imponibile del rapporto di lavoro.

Gestione dei Rapporti Multipli e Denunce Contributive

Quando un dipendente lavora per più datori o ha più rapporti di lavoro presso lo stesso datore, è necessario valutare autonomamente il massimale mensile di retribuzione imponibile per ciascun rapporto. Questa distinzione è fondamentale per garantire un’applicazione corretta dell’esonero contributivo.

La complessità delle regole e delle eccezioni relative all’esonero contributivo richiede una consulenza esperta per assicurare una corretta applicazione e massimizzare i vantaggi per l’azienda e i suoi dipendenti. Lo Studio Pallino Commercialisti è pronto a offrire consulenze e assistenza personalizzata su questo e altri argomenti contabili e fiscali.

A partire dal 1° gennaio 2017, l’obbligo di assumere lavoratori disabili, come previsto dall’articolo 3 della legge 68/1999, non è più legato al superamento della soglia minima di 15 dipendenti computabili, ma scatta contestualmente al raggiungimento di tale limite.

I datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere lavoratori appartenenti a categorie protette, stabilite dall’articolo 1 della legge 68. La quantità obbligatoria varia in base al numero di dipendenti, prevedendo un lavoratore se l’organico va da 15 a 35 dipendenti, due lavoratori se va da 36 a 50 dipendenti, e il 7% dei lavoratori se sono più di 50 (oltre all’1% riservato a vedove, orfani o profughi).

L’obbligo di assunzione tramite collocamento mirato richiede un’attenta valutazione, considerando non solo le dimensioni dell’organico aziendale ma anche le modalità di computo e le specifiche esclusioni di alcuni rapporti di lavoro. Nel caso in cui tutti i 15 lavoratori siano computabili, il datore di lavoro deve presentare la richiesta di assunzione al Centro per l’Impiego entro 60 giorni dall’obbligo, ossia dal momento in cui viene assunto il quindicesimo lavoratore.
Dal punto di vista operativo, i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici adempiono all’obbligo assumendo i lavoratori mediante richiesta nominativa o convenzioni. La richiesta nominativa può essere preceduta dall’istanza di preselezione delle persone con disabilità in base alle qualifiche concordate. In caso di mancata assunzione entro il termine previsto, il Centro per l’Impiego avvia i lavoratori secondo l’ordine di graduatoria.

L’invio del prospetto informativo, entro il 31 gennaio di ogni anno, è obbligatorio per i datori di lavoro soggetti al collocamento obbligatorio. Le informazioni devono riflettere la situazione aziendale al 31 dicembre dell’anno precedente e vanno inviate solo se ci sono cambiamenti rispetto all’ultimo invio.

Per calcolare la base di computo e determinare il numero di soggetti disabili da assumere, vanno considerati tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, inclusi quelli in smart working. Alcune figure, come dirigenti e apprendisti, sono escluse dal computo.Alcuni settori, come il trasporto aereo, marittimo, terrestre, edilizia e autotrasporto, sono esclusi dall’obbligo di assunzione di lavoratori disabili.

Gli esoneri totali e parziali sono previsti per alcune aziende, a condizione che versino i contributi previsti. Gli esoneri devono essere autocertificati telematicamente tramite la banca dati del collocamento mirato.
I datori di lavoro non soggetti all’obbligo possono stipulare convenzioni con gli uffici competenti per pianificare l’inserimento graduale e programmato di soggetti disabili nell’azienda.

Queste convenzioni stabiliscono tempi e modalità di assunzione, inclusi tirocini, contratti a termine e periodi di prova estesi.

Lo studio Pallino rimane a disposizione per maggiori informazioni e per una consulenza specifica.

L’utilizzo di un’auto aziendale anche per scopi personali comporta delle implicazioni fiscali. Infatti, il valore
dell’utilizzo dell’auto è considerato un reddito in natura, o fringe benefit, che va tassato secondo le regole
previste dalla legge.

Il fringe benefit per le auto aziendali è il valore economico attribuito all’utilizzo dell’auto da parte del
dipendente o del dirigente per scopi diversi da quelli lavoravi. Si tratta di un reddito in natura che va
aggiunto al reddito imponibile del lavoratore e che va tassato secondo le aliquote Irpef.

Il valore del fringe benefit dipende da diversi fattori, tra cui:
• il costo di acquisto o di noleggio dell’auto
• la potenza del motore
• il tipo di alimentazione
• il chilometraggio annuo
• la percentuale di utilizzo personale

Per calcolare il valore del fringe benefit, si può seguire il metodo forfetario o il metodo analitico.

Il metodo forfettario prevede di applicare una percentuale fissa al costo dell’auto, che varia in base alla
potenza del motore e al tipo di alimentazione. Per il 2024, le percentuali sono le seguenti:
• 30% per le auto con potenza fino a 100 kW
• 40% per le auto con potenza superiore a 100 kW
• 15% per le auto elettriche o ibride
• 5% per le auto a idrogeno

Il metodo analitico prevede invece di tenere conto dei cos effettivi sostenuto per l’auto, come il carburante,
l’assicurazione, la manutenzione, il pedaggio, ecc. In questo caso, il valore del fringe benefit è dato dalla
differenza tra i cos totali e quelli relativi all’uso lavoravo.

Per determinare la quota di uso lavoravo, si può usare un criterio presuntivo o un criterio effettivo.
Il criterio presuntivo prevede di considerare come uso lavoravo il 70% del chilometraggio annuo, salvo
prova contraria.
Il criterio effettivo prevede invece di documentare con apposi registri di bordo i chilometri percorsi per
motivi lavoravi e quelli percorsi per motivi personali.

Qual è il metodo più conveniente?
Dipende dalla situazione specifica di ogni lavoratore.
In generale, il metodo forfetario è più semplice e veloce, ma può portare a una sovrastima del valore del
fringe benefit.
Il metodo analitico è più complesso e richiede una maggiore documentazione, ma può permettere di
ridurre il valore del fringe benefit se si dimostra un uso prevalente dell’auto per scopi lavoravi.

Quali sono le novità introdotte dalla legge di bilancio?
Il comunicato dell’Agenzia delle Entrate pubblicato recentemente sulla Gazzetta Ufficiale n. 298 del 22
dicembre 2023 contiene l’aggiornamento delle tabelle dei costi chilometrici di esercizio di autovetture e
motocicli elaborate dall’ACI per il periodo d’imposta 2024, introducendo cambiamenti significavi nel calcolo
del fringe benefit per le auto aziendali:
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/12/22/23A06840/sg;
Le tabelle in esame sono disponibili sul sito internet: www.aci.it nella sezione Servizi/Servizi online/Fringe
benefit;

Le auto aziendali, compresi motocicli, ciclomotori e autocaravan, concesse in uso promiscuo ai dipendenti,
costituiscono un’importante componente della retribuzione ‘in natura’. Questa forma di retribuzione ‘in
natura’ destinata ai dipendenti ha subito variazioni nelle percentuali in base alle emissioni di CO2 dei veicoli.

La tassazione del fringe benefit è ora determinata non solo dalle tabelle ACI, ma anche da percentuali
variabili in base alle emissioni di CO2 del veicolo. Questo cambiamento mira ad incentivare l’acquisto di
veicoli a basso impatto ambientale da parte delle aziende.

In base alle nuove disposizioni, le percentuali di fringe benefit per il 2024 sono le seguenti:
• 25% per veicoli con emissioni di CO2 fino a 60 g/km;
• 30% per veicoli con emissioni di CO2 da 61 g/km a 160 g/km;
• 50% per veicoli con emissioni di CO2 da 161 g/km a 190 g/km;
• 60% per veicoli con emissioni di CO2 superiori a 190

Per maggiori informazioni sul Fringe Benefit, chiarimenti o assistenza personalizzata il nostro Studio è a
vostra disposizione.

error: