A partire dal 1° gennaio del secondo anno successivo alla presentazione della dichiarazione annuale IVA, l’omesso versamento dell’IVA per un importo superiore a 250.000 euro assume rilevanza penale.
La riforma fiscale ha introdotto un significativo prolungamento del termine per la configurazione del reato, consentendo così ai contribuenti maggiori possibilità di regolarizzazione. La nuova disposizione, infatti, stabilisce che è punito con la reclusione da sei mesi a due anni chi, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, non versa l’imposta sul valore aggiunto risultante dalla stessa, superando la soglia sopra indicata, sempre che il debito non sia oggetto di rateazione ai sensi dell’art. 3-bis del D.Lgs. n. 462/1997.
Una delle novità fondamentali riguarda l’irrilevanza penale nei casi in cui il contribuente avvii il pagamento rateale derivante da avviso bonario. Il legislatore ha, infatti, riconosciuto che l’avvio della rateazione entro il termine del 31 dicembre successivo alla dichiarazione, anche mediante il versamento della sola prima rata, evita il configurarsi del reato, a prescindere dall’importo residuo ancora da versare.
Le condizioni essenziali per la configurazione del reato sono due. La prima è che l’omesso versamento si protragga oltre il 31 dicembre dell’anno successivo alla presentazione della dichiarazione IVA. La seconda è che l’IVA dovuta, non versata entro tale termine, superi i 250.000 euro per ciascun periodo d’imposta. Tuttavia, se il contribuente effettua versamenti parziali che riducono il saldo non versato sotto tale soglia, la sanzione penale può essere evitata.
Accanto alla responsabilità penale, permane comunque la sanzione amministrativa, pari al 25% dell’imposta non versata (ridotta dal 30% vigente fino al saldo IVA 2023), qualora il ritardo superi i 90 giorni.
Con riferimento agli avvisi bonari, la riforma ha stabilito che l’Agenzia delle Entrate debba emettere tali comunicazioni entro il 30 settembre dell’anno successivo alla dichiarazione. Questo consente al contribuente di iniziare il pagamento rateale entro il 31 dicembre, rispettando così il nuovo termine utile a evitare conseguenze penali. Anche in assenza di avviso bonario, è possibile procedere al pagamento spontaneo rateale dell’imposta dovuta, versando almeno un ventesimo per trimestre solare. In tal caso, l’importo da rateizzare deve riferirsi alla sola imposta, escludendo sanzioni e interessi, che saranno eventualmente aggiunti una volta ricevuto l’avviso.
Se però il contribuente decade dalla rateazione, la rilevanza penale riemerge solo se il debito residuo supera i 75.000 euro.
Un esempio pratico chiarisce la dinamica: un contribuente che non ha versato l’IVA 2023, pari a 300.000 euro, e riceve un avviso bonario il 30 settembre 2025 con richiesta di 340.000 euro (inclusi sanzioni e interessi), può evitare il reato pagando la prima rata da 17.000 euro entro il 31 dicembre 2025. La rateazione in corso esclude, in questo caso, la configurazione del reato, anche se l’importo residuo resta superiore a 250.000 euro.
Per determinare se si supera la soglia di punibilità penale, occorre fare riferimento alla sezione II del quadro VL, rigo VL38 del modello IVA, denominato “Totale IVA dovuta”, considerando anche l’importo indicato a rigo VL30, colonna 3, relativo all’IVA periodica versata. È importante che tali dati riflettano la reale situazione contabile, poiché, in passato, la Corte di Cassazione ha espresso posizioni differenti in merito. In una sentenza del 2014 (n. 31178), il reato fu ritenuto sussistente anche se la soglia era apparentemente sotto i 250.000 euro, perché l’IVA dovuta deve basarsi sulla realtà fiscale e non su dati erroneamente riportati nella dichiarazione. In un caso del 2021 (n. 31367), invece, la Corte ha escluso il reato proprio perché il rigo VL38 indicava correttamente un importo inferiore alla soglia.
Le modifiche introdotte dalla riforma fiscale sono entrate in vigore il 29 giugno 2024, e, trattandosi di norme penali, si applica il principio del favor rei. Questo significa che le disposizioni più favorevoli si estendono anche alle violazioni antecedenti, a meno che non sia già intervenuta una sentenza definitiva di condanna.
Infine, la norma prevede che la regolarizzazione degli importi dovuti, comprensivi di debito, sanzioni e interessi, attraverso ravvedimento operoso, adesione all’accertamento o procedure conciliative, purché intervenute prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, costituisca causa di non punibilità.
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Reato | Omesso versamento IVA |
Riferimento normativo | Art. 10-ter, D.Lgs. n. 74/2000 |
Soglia penale | IVA non versata > € 250.000 per anno d’imposta |
Termine per versamento | 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione |
Sanzione penale | Reclusione da 6 mesi a 2 anni |
Sanzione amministrativa | 25% dell’IVA non versata (oltre 90 giorni di ritardo) |
Avviso bonario | Deve essere inviato entro il 30 settembre dell’anno successivo |
Evitabilità del reato | Con pagamento della prima rata dell’avviso bonario entro il 31 dicembre |
Importo prima rata | Minimo 1/20 dell’importo dovuto |
Decadenza da rateazione | Reato riemerge solo se il debito residuo > € 75.000 |
Applicazione retroattiva (favor rei) | Sì, se più favorevole e senza condanna definitiva |
Esclusione punibilità | Ravvedimento, adesione o conciliazione prima del dibattimento di primo grado |