In un contesto economico caratterizzato da incertezze e da una crescita rallentata, la Banca Centrale Europea ha deciso di intervenire nuovamente sulla politica monetaria dell’Eurozona.

Durante la riunione di settembre, l’istituto guidato da Christine Lagarde ha annunciato un taglio dei tassi di interesse e l’introduzione di un nuovo “quadro operativo”. Queste misure rappresentano un tentativo di stimolare l’economia, mantenendo al contempo l’inflazione sotto controllo e garantendo la stabilità finanziaria.

La decisione della BCE arriva in un momento cruciale per l’economia europea, che sta affrontando sfide significative sia a livello interno che globale. L’inflazione, pur essendo sotto controllo, mostra segnali di volatilità, mentre la crescita economica continua a rallentare. In questo scenario, le azioni della BCE assumono un’importanza ancora maggiore, influenzando non solo i mercati finanziari ma anche le decisioni di imprese e consumatori.

La BCE ha deciso, all’unanimità, di ridurre il tasso sui depositi di 25 punti base, portandolo dal 3,75% al 3,50%.

Questa mossa è stata accompagnata da una modifica dello spread fisso del tasso sui rifinanziamenti, ora fissato a 15 punti base al di sopra di quello dei depositi, rispetto ai precedenti 25 punti base. Di conseguenza, il tasso repo è sceso dal 4,25% al 3,65%, mentre il tasso di emergenza è calato dal 4,50% al 3,90%. Entrambi hanno subito un taglio di 60 punti base.

Queste modifiche rappresentano un cambiamento significativo nella strategia monetaria della BCE. Riducendo il costo del denaro, l’istituto spera di incentivare prestiti e investimenti, stimolando così l’attività economica. La decisione di modificare lo spread fisso indica inoltre un tentativo di rendere più efficaci gli strumenti di politica monetaria, adattandoli alle attuali condizioni di mercato.

Il taglio dei tassi è stato reso possibile grazie al comportamento dell’inflazione, che continua a seguire il percorso previsto dalla BCE nelle sue proiezioni di giugno. Le stime di settembre confermano che l’inflazione media si attesterà al 2,5% per l’anno in corso, scendendo al 2,2% nel 2025 e all’1,9% nel 2026. La cosiddetta “core inflation” è prevista passare dal 2,9% nel 2024 al 2,3% l’anno successivo, raggiungendo il 2% nel 2026.

Secondo la BCE, l’inflazione potrebbe aumentare nei prossimi mesi a causa di effetti aritmetici, per poi tornare a calare e raggiungere l’obiettivo nella seconda metà del prossimo anno. Christine Lagarde, in conferenza stampa, ha sottolineato che un eventuale dato molto basso dell’inflazione a settembre non influenzerà le future decisioni di politica monetaria, essendo anch’esso legato a effetti di base.

La BCE ha inoltre evidenziato come l’inflazione domestica rimanga elevata, principalmente a causa della crescita sostenuta dei salari. Tuttavia, le pressioni derivanti dal costo del lavoro stanno rallentando, mentre i profitti aziendali stanno in parte assorbendo l’impatto dei salari più alti sull’inflazione. Questo indica che, nonostante le pressioni inflazionistiche, ci sono segnali di stabilizzazione che permettono alla BCE di adottare una politica monetaria più espansiva.

Nonostante le nuove misure, le condizioni di finanziamento nell’Eurozona rimangono restrittive. Questo significa che, pur con tassi di interesse più bassi, l’accesso al credito per imprese e famiglie potrebbe non migliorare immediatamente.

La restrizione nelle condizioni di finanziamento è dovuta a vari fattori, tra cui una maggiore prudenza da parte degli istituti bancari e un aumento della percezione del rischio. Le banche, infatti, potrebbero essere riluttanti a concedere prestiti in un contesto economico incerto, nonostante i costi di finanziamento più bassi. Ciò potrebbe limitare l’efficacia delle misure della BCE nel breve termine.

Le nuove previsioni della BCE indicano un ulteriore rallentamento della crescita economica nell’Eurozona. Il Prodotto Interno Lordo (PIL) è previsto crescere dello 0,8% nel 2023, leggermente inferiore allo 0,9% previsto a giugno. Per il 2025, la crescita stimata rimane all’1,3%, mentre per il 2026 è stata leggermente rivista al ribasso, dall’1,6% all’1,5%.

Questo rallentamento è attribuito a una domanda domestica più debole nei prossimi trimestri. Le famiglie potrebbero ridurre i consumi a causa dell’incertezza economica e dell’erosione del potere d’acquisto, mentre le imprese potrebbero posticipare investimenti in attesa di condizioni più favorevoli.

Christine Lagarde ha sottolineato l’importanza di implementare riforme strutturali a livello europeo per rafforzare la competitività e sostenere la crescita a lungo termine. Ha citato il rapporto Letta sul mercato unico e il rapporto Draghi sulla competitività, definendo quest’ultimo “formidabile”. Queste riforme potrebbero includere misure per migliorare l’efficienza dei mercati, promuovere l’innovazione e incentivare gli investimenti in settori strategici.

L’enfasi sulle riforme strutturali indica che la BCE riconosce i limiti della politica monetaria nel promuovere la crescita economica. Politiche fiscali e strutturali coordinate potrebbero essere necessarie per affrontare le sfide attuali e future dell’Eurozona.

Tuttavia, l’efficacia di queste misure dipenderà da vari fattori, tra cui la reazione dei mercati finanziari, il comportamento di banche, imprese e consumatori, e l’implementazione di politiche complementari da parte dei governi nazionali.

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