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Le recenti modifiche legislative in Italia hanno introdotto importanti novità nella tassazione delle successioni, donazioni e trust. Il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri ha come obiettivi principali la semplificazione, la certezza del diritto e la razionalizzazione delle imposte indirette, escludendo l’IVA. Una delle innovazioni più significative è l’introduzione della dichiarazione di successione precompilata, che mira a semplificare gli adempimenti per eredi e professionisti, obbligando la presentazione telematica della dichiarazione. Questo cambiamento elimina la necessità di fornire alcuni dati precedentemente richiesti, come gli estratti catastali per gli immobili e il certificato dei pubblici registri per navi e aeromobili.

In termini di aliquote e franchigie, il decreto stabilisce un’imposta variabile tra il 4% e l’8%, con franchigie che vanno da 100.000 euro a 1,5 milioni di euro. Questo sistema di tassazione sembra favorire le famiglie tradizionali rispetto alle unioni civili, una scelta che ha suscitato discussioni e potrebbe richiedere ulteriori approfondimenti per comprendere appieno le implicazioni. Per quanto riguarda gli immobili, questi sono inclusi nel calcolo dell’imponibile, il che potrebbe avere un impatto significativo sulle passività fiscali in caso di successione o donazione.

Il decreto legislativo introduce anche regole specifiche per la territorialità dei trasferimenti derivanti da trust e altri vincoli di destinazione. Se il disponente del trust è residente in Italia al momento della separazione patrimoniale, l’imposta sarà dovuta su tutti i beni e diritti trasferiti ai beneficiari. Invece, se il disponente non è residente in Italia, l’imposta sarà applicata solo sui beni e diritti presenti nel territorio italiano.

Per i trust testamentari, è prevista la possibilità di versare il tributo in modo volontario e anticipato, sia al momento del conferimento dei beni sia all’apertura della successione. Questo permette una maggiore flessibilità e pianificazione fiscale per i disponenti. Inoltre, il decreto prevede la liquidazione e il versamento dell’imposta direttamente dal contribuente, senza attendere l’azione dell’Agenzia delle Entrate.

Le aliquote dell’imposta di successione ora variano in base al grado di parentela: per i parenti in linea diretta, come figli e coniugi, l’aliquota è del 4%, mentre per i fratelli e le sorelle è del 6%. Per gli altri parenti fino al quarto grado, l’aliquota applicata è dell’8%, e per i soggetti estranei alla parentela, l’aliquota è del 10%. Le franchigie sono state adeguate a 1 milione di euro per i discendenti diretti e i coniugi, 200.000 euro per fratelli e sorelle, e 100.000 euro per gli altri parenti fino al quarto grado. Per i soggetti non imparentati, non sono previste franchigie.

Per quanto riguarda l’imposta catastale e ipotecaria, queste sono state fissate al 2% per l’imposta ipotecaria e all’1% per l’imposta catastale, indipendentemente dal grado di parentela. Tuttavia, per la “prima casa” non locata e non adibita ad attività commerciali, le imposte sono ridotte a un importo fisso di 200 euro ciascuna.

Queste novità rappresentano un cambiamento significativo nel panorama fiscale italiano, con l’obiettivo di semplificare e razionalizzare il sistema tributario.
È importante sottolineare che, nonostante la presentazione delle informazioni relative alle nuove aliquote e franchigie dell’imposta di successione e delle tasse accessorie, queste rappresentano solo una sintesi delle normative attuali.

Lo Studio Pallino Commercialisti  è a disposizione per una comprensione approfondita e personalizzata delle dinamiche in materia di tassazione sulle successioni e per fornirvi una consulenza dettagliata, tenendo conto delle specificità del caso individuale e delle ultime disposizioni legislative. Questo passaggio è fondamentale per assicurarsi di adempiere  tutti gli obblighi legali, evitando possibili sanzioni o complicazioni future!

L’utilizzo di un’auto aziendale anche per scopi personali comporta delle implicazioni fiscali. Infatti, il valore
dell’utilizzo dell’auto è considerato un reddito in natura, o fringe benefit, che va tassato secondo le regole
previste dalla legge.

Il fringe benefit per le auto aziendali è il valore economico attribuito all’utilizzo dell’auto da parte del
dipendente o del dirigente per scopi diversi da quelli lavoravi. Si tratta di un reddito in natura che va
aggiunto al reddito imponibile del lavoratore e che va tassato secondo le aliquote Irpef.

Il valore del fringe benefit dipende da diversi fattori, tra cui:
• il costo di acquisto o di noleggio dell’auto
• la potenza del motore
• il tipo di alimentazione
• il chilometraggio annuo
• la percentuale di utilizzo personale

Per calcolare il valore del fringe benefit, si può seguire il metodo forfetario o il metodo analitico.

Il metodo forfettario prevede di applicare una percentuale fissa al costo dell’auto, che varia in base alla
potenza del motore e al tipo di alimentazione. Per il 2024, le percentuali sono le seguenti:
• 30% per le auto con potenza fino a 100 kW
• 40% per le auto con potenza superiore a 100 kW
• 15% per le auto elettriche o ibride
• 5% per le auto a idrogeno

Il metodo analitico prevede invece di tenere conto dei cos effettivi sostenuto per l’auto, come il carburante,
l’assicurazione, la manutenzione, il pedaggio, ecc. In questo caso, il valore del fringe benefit è dato dalla
differenza tra i cos totali e quelli relativi all’uso lavoravo.

Per determinare la quota di uso lavoravo, si può usare un criterio presuntivo o un criterio effettivo.
Il criterio presuntivo prevede di considerare come uso lavoravo il 70% del chilometraggio annuo, salvo
prova contraria.
Il criterio effettivo prevede invece di documentare con apposi registri di bordo i chilometri percorsi per
motivi lavoravi e quelli percorsi per motivi personali.

Qual è il metodo più conveniente?
Dipende dalla situazione specifica di ogni lavoratore.
In generale, il metodo forfetario è più semplice e veloce, ma può portare a una sovrastima del valore del
fringe benefit.
Il metodo analitico è più complesso e richiede una maggiore documentazione, ma può permettere di
ridurre il valore del fringe benefit se si dimostra un uso prevalente dell’auto per scopi lavoravi.

Quali sono le novità introdotte dalla legge di bilancio?
Il comunicato dell’Agenzia delle Entrate pubblicato recentemente sulla Gazzetta Ufficiale n. 298 del 22
dicembre 2023 contiene l’aggiornamento delle tabelle dei costi chilometrici di esercizio di autovetture e
motocicli elaborate dall’ACI per il periodo d’imposta 2024, introducendo cambiamenti significavi nel calcolo
del fringe benefit per le auto aziendali:
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/12/22/23A06840/sg;
Le tabelle in esame sono disponibili sul sito internet: www.aci.it nella sezione Servizi/Servizi online/Fringe
benefit;

Le auto aziendali, compresi motocicli, ciclomotori e autocaravan, concesse in uso promiscuo ai dipendenti,
costituiscono un’importante componente della retribuzione ‘in natura’. Questa forma di retribuzione ‘in
natura’ destinata ai dipendenti ha subito variazioni nelle percentuali in base alle emissioni di CO2 dei veicoli.

La tassazione del fringe benefit è ora determinata non solo dalle tabelle ACI, ma anche da percentuali
variabili in base alle emissioni di CO2 del veicolo. Questo cambiamento mira ad incentivare l’acquisto di
veicoli a basso impatto ambientale da parte delle aziende.

In base alle nuove disposizioni, le percentuali di fringe benefit per il 2024 sono le seguenti:
• 25% per veicoli con emissioni di CO2 fino a 60 g/km;
• 30% per veicoli con emissioni di CO2 da 61 g/km a 160 g/km;
• 50% per veicoli con emissioni di CO2 da 161 g/km a 190 g/km;
• 60% per veicoli con emissioni di CO2 superiori a 190

Per maggiori informazioni sul Fringe Benefit, chiarimenti o assistenza personalizzata il nostro Studio è a
vostra disposizione.

Nel contesto fiscale italiano, i sostituti d’imposta, responsabili di corrispondere provvigioni per servizi di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio e procacciamento di affari, sono tenuti, in conformità all’articolo 25-bis del D.P.R. 600/1973, a effettuare una ritenuta a titolo di acconto dell’IRPEF o dell’IRES dovuta dai percipienti. Questa ritenuta deve avvenire al momento del pagamento della provvigione, con l’obbligo di rivalsa.

Un cambiamento significativo è stato introdotto dagli articoli 5, comma 2-bis, e 2-ter del D.L. 193/2016, riguardante lo scomputo delle ritenute a titolo d’acconto per redditi tassati per competenza. Tale modifica si applica anche alle provvigioni relative ai rapporti di agenzia e rappresentanza, come indicato negli articoli 22, comma 1, lett. c) del Tuir e 25-bis, comma 3 del D.P.R. 600/1973. Secondo queste disposizioni, il percipiente può scegliere tra diverse modalità di gestione delle ritenute subite per gli anni successivi a quello di competenza dei redditi.

Una novità introdotta dal D.L. 193/2016 è la possibilità di scomputare le ritenute subite nella dichiarazione dell’anno successivo in cui sono state operate (principio di cassa). Prima di questa modifica, questa facoltà era ammessa solo interpretativamente dalla prassi dell’Agenzia delle entrate.

In pratica, per le provvigioni di competenza del periodo d’imposta 2023, le ritenute sulle provvigioni pagate nel 2023 possono essere scomputate dalle imposte sui redditi dell’esercizio 2023 (modello Redditi 2024). Le ritenute sulle provvigioni erogate nel 2024 possono essere scomputate dalle imposte dell’anno 2023 (modello Redditi 2024) o dell’anno 2024 (modello Redditi 2025), a seconda della data di erogazione. Le ritenute sulle provvigioni versate nel 2024, dopo la trasmissione della dichiarazione dei redditi dell’anno 2023, possono essere scomputate dalle imposte dell’anno 2024 (modello Redditi 2025).

È importante sottolineare che questo principio si applica anche alle ritenute su provvigioni relative ai rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio e di procacciamento d’affari, a seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 5, comma 2-bis e 2-ter, del D.L. 193/2016 all’articolo 25-bis, comma 3, del D.P.R. 600/1973.

Per quanto riguarda gli adempimenti del sostituto di imposta, colui che opera ritenute su provvigioni deve versarle utilizzando il modello F24 entro il giorno 16 del mese successivo al pagamento. Inoltre, deve riepilogare i versamenti e le compensazioni nel modello 770.

Le modifiche apportate dal D.L. 193/2016 non hanno risolto completamente il problema del disallineamento temporale tra la certificazione della ritenuta da parte del sostituto di imposta e la presentazione della dichiarazione dei redditi del soggetto sostituito.

Di conseguenza, il soggetto sostituito (agente, procacciatore, mediatore, ecc.) è responsabile di conservare la documentazione che dimostri di aver subito effettivamente la ritenuta e di tenerne conto nella presentazione della dichiarazione dei redditi, indipendentemente dall’imputazione per competenza o per cassa della ritenuta stessa.

Per quanto riguarda la ritenuta d’acconto, l’aliquota generalmente applicata è del 23%, ma può essere ridotta al 4,6% in determinate condizioni. La riduzione è subordinata alla presentazione di una dichiarazione che attesti il soddisfacimento dei requisiti richiesti. La dichiarazione ha validità fino a revoca o perdita dei requisiti, secondo quanto disposto dall’articolo 27 del D.Lgs. 175/2014, notando che prima delle modifiche apportate da questo decreto, la validità era annuale. Se durante l’anno si verificano variazioni delle condizioni che consentono l’applicazione della ritenuta ridotta, queste devono essere comunicate al committente entro 15 giorni dall’evento. Infine, se un intermediario inizia l’attività durante l’anno, deve richiedere l’applicazione della ritenuta ridotta entro 15 giorni dalla stipula del contratto o dell’accordo corrispondente.

Per maggiori informazioni su questo argomento o per una consulenza personalizzata lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione.

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