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Con la legge finanziaria per il 2024, approvata il 30 dicembre 2023 (Legge n. 213), viene confermata la possibilità di affrancare le plusvalenze relative alle partecipazioni societarie con un’imposta sostitutiva del 16%. Questa aliquota, introdotta nel 2023, rimane quindi invariata per l’anno corrente. In passato, l’aliquota ha subito diverse modifiche: nel 2022 era del 14%, nel 2011 e 2020 dell’11%, e nel periodo 2015-2018 variava tra il 2% e l’8%.

Le nuove disposizioni consentono di affrancare fino al 30 giugno 2024:

  1. Partecipazioni non quotate: Per le partecipazioni societarie non negoziate in mercati regolamentati, possedute al 1° gennaio 2024, l’imposta sostitutiva del 16% si applica sul valore determinato tramite una perizia. La perizia deve essere completata entro il 30 giugno 2024. Le partecipazioni qualificate sono quelle che rappresentano più del 20% dei diritti di voto in assemblea o più del 25% del capitale sociale. Le partecipazioni non qualificate sono quelle al di sotto di queste soglie.
  2. Partecipazioni quotate: Per le partecipazioni negoziate in mercati regolamentati, l’imposta del 16% si applica sul valore normale determinato dalla media aritmetica dei prezzi di dicembre 2023. Questo significa che non è necessaria una perizia per determinare il valore di tali partecipazioni; basta fare riferimento ai prezzi di mercato del mese precedente.

L’imposta sostitutiva può essere versata in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2024 o rateizzata in tre rate annuali di pari importo, con scadenza il 30 giugno 2024, 2025 e 2026. Le rate successive alla prima sono soggette a un interesse annuo del 3%. La rideterminazione dei valori e la conseguente obbligazione tributaria si considerano perfezionate con il versamento dell’intero importo dell’imposta sostitutiva o, in caso di pagamento rateale, con il versamento della prima rata.

La rideterminazione del valore delle partecipazioni è accessibile a:

  • Persone fisiche: che possiedono le partecipazioni non in regime di impresa.
  • Società semplici: comprese le società ed associazioni fiscalmente equiparate ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 – T.U.I.R.
  • Enti non commerciali: con riferimento ad operazioni effettuate al di fuori delle attività commerciali eventualmente effettuate.
  • Soggetti non residenti: le cui plusvalenze sono imponibili in Italia.

È possibile compensare l’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rideterminazione con quanto già versato in passato per la stessa finalità. Ad esempio, se nel 2023 si è già pagata un’imposta sostitutiva del 16% per una precedente rideterminazione, tale importo può essere detratto dalla nuova imposta dovuta. In alternativa, è possibile chiedere il rimborso dell’imposta pagata precedentemente, entro un termine di decadenza di 48 mesi dalla duplicazione del versamento.

Le partecipazioni rivalutate, se donate, mantengono il valore rideterminato. Il donatario subentra nella posizione fiscale del donante, potendo quindi beneficiare del valore rivalutato in caso di cessione futura. In caso di successione, l’erede non subentra nella posizione fiscale del defunto; il costo fiscalmente riconosciuto sarà quello dichiarato nella dichiarazione di successione.

  • In caso di donazione: Il donatario eredita il valore rivalutato dal donante e può utilizzare questo valore per determinare eventuali plusvalenze in caso di futura vendita.
  • In caso di successione: L’erede non può utilizzare il valore rivalutato dal defunto, ma deve fare riferimento al valore dichiarato nella successione.

Se un contribuente avvia la procedura di rivalutazione e poi decide di rinunciarvi non pagando le rate successive, non ha diritto al rimborso della prima rata pagata. La giurisprudenza ha espresso opinioni contrastanti in merito, ma la Cassazione ha stabilito che l’opzione per l’imposta sostitutiva è irrevocabile. Questo significa che, una volta iniziata la procedura, il contribuente è obbligato a completare i pagamenti delle rate.

È possibile vendere una partecipazione a un prezzo inferiore a quello della perizia senza necessità di una nuova rideterminazione. La cessione non genererà plusvalenza tassabile se il prezzo di vendita è inferiore al valore fiscalmente riconosciuto. Questa possibilità offre un’opzione flessibile per i venditori che desiderano liquidare le proprie partecipazioni senza incorrere in ulteriori imposte.

Procedure e Scadenze

Per avvalersi della rideterminazione del valore delle partecipazioni, è necessario seguire precise procedure e rispettare le scadenze indicate:

  1. Redazione della perizia: Per le partecipazioni non quotate, la perizia deve essere redatta e giurata entro il 30 giugno 2024.
  2. Pagamento dell’imposta: L’imposta sostitutiva deve essere pagata entro il 30 giugno 2024, oppure può essere rateizzata in tre rate annuali con scadenze il 30 giugno 2024, 2025 e 2026.
  3. Dichiarazione fiscale: I dati relativi alla rideterminazione del valore delle partecipazioni devono essere indicati nel modello di dichiarazione UNICO, compilando l’apposita sezione del quadro RT. Anche i contribuenti che utilizzano il modello 730 devono presentare i suddetti quadri di UNICO ed il relativo frontespizio entro i termini di presentazione di quest’ultimo modello.

È importante valutare attentamente la convenienza della rideterminazione del valore delle partecipazioni. In alcuni casi, potrebbe essere meno onerosa la tassazione ordinaria sulla plusvalenza realizzata, specialmente quando la precedente rideterminazione è stata effettuata con aliquote inferiori. Ad esempio, una rivalutazione al 2% o al 4% potrebbe risultare più vantaggiosa rispetto all’aliquota del 16% attualmente in vigore.

Inoltre, la possibilità di compensare l’imposta sostitutiva con quanto già versato in passato offre una significativa flessibilità fiscale. Per chi non ha mai utilizzato questa opzione, come i possessori di titoli negoziati nei mercati regolamentati, rappresenta una nuova opportunità di ottimizzazione fiscale.

Per eventuali chiarimenti o assistenza sulla procedura di affrancamento delle plusvalenze, lo Studio Pallino è a vostra disposizione. Non esitate a contattarci per ricevere supporto personalizzato e assicurare una corretta applicazione delle disposizioni fiscali.

La Corte di Cassazione ha recentemente stabilito che un locatore privato può optare per l’applicazione della cedolare secca anche per i contratti di locazione di immobili abitativi stipulati con imprese o lavoratori autonomi, a condizione che l’immobile mantenga la destinazione d’uso abitativo. Questa decisione rappresenta una svolta significativa rispetto all’interpretazione tradizionale dell’Agenzia delle Entrate e ha importanti implicazioni per il mercato delle locazioni immobiliari in Italia.

Il Quadro Normativo della Cedolare Secca

La cedolare secca è un regime fiscale alternativo alla tassazione ordinaria dei redditi da locazione, regolamentato dall’art. 3 del D.Lgs n. 23/2011. Tale regime consente ai locatori di tassare i canoni di locazione con un’aliquota fissa, sostituendo l’IRPEF e le relative addizionali, nonché le imposte di registro e di bollo sui contratti di locazione.

Il testo normativo specifica che la cedolare secca si applica ai canoni derivanti dalla locazione di immobili ad uso abitativo e delle relative pertinenze locate congiuntamente. Tuttavia, esclude esplicitamente le locazioni effettuate “nell’esercizio di un’attività d’impresa, o di arti e professioni”.

La Posizione dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate, nella Circolare 26/E del 2011, ha interpretato questa esclusione in modo restrittivo, sostenendo che la cedolare secca non possa essere applicata se il conduttore è un’impresa o un professionista, indipendentemente dall’uso abitativo dell’immobile. Questa posizione è stata ribadita nella Risoluzione 50/E del 2019, creando un’interpretazione che limitava significativamente le possibilità di applicazione della cedolare secca.

La Giurisprudenza di Merito
L’interpretazione restrittiva dell’Agenzia delle Entrate è stata contestata in diverse sentenze. Alcune Commissioni Tributarie hanno sostenuto che la qualificazione del conduttore non fosse rilevante per l’applicazione della cedolare secca, purché l’uso dell’immobile fosse abitativo. Tra le pronunce favorevoli alla non rilevanza della qualifica del conduttore vi sono:

– CTP Reggio Emilia (4 novembre 2014, n. 470/3/14): Ha ritenuto applicabile la cedolare secca anche per la locazione a un’impresa che concede l’uso dell’immobile ai propri dipendenti.

– CTP Milano (17 aprile 2015, n. 3529/25/15): Ha stabilito che la norma richiede solo che il locatore sia una persona fisica e non prevede restrizioni relative al conduttore.

– CTR Lazio (12 aprile 2022, n. 1723/10/22): Ha chiarito che l’esclusione dell’applicazione della cedolare secca riguarda il locatore e non il conduttore.

Tuttavia, altre sentenze hanno sostenuto l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, tra cui:

– CTR Toscana (21 aprile 2022, n. 590/6/22): Ha escluso la cedolare secca per contratti stipulati con imprese che utilizzano l’immobile per i propri dipendenti.

– CGT II Lazio (8 marzo 2023, n. 1223/14/23): Ha confermato l’esclusione della cedolare secca per qualsiasi locazione effettuata nell’esercizio di un’attività di impresa o professionale.

Nel corso degli anni, la giurisprudenza ha offerto interpretazioni contrastanti sulla questione. Alcune sentenze, come quelle della CTP di Reggio Emilia (n. 470/3/14) e della CTR Lazio (n. 1723/10/22), hanno sostenuto che la qualifica del conduttore fosse irrilevante per l’applicazione della cedolare secca, concentrandosi esclusivamente sulla figura del locatore e sull’uso abitativo dell’immobile.

Altre decisioni, invece, come quella della CTR Toscana (n. 590/6/22) e della CGT II Lazio (n. 1223/14/23), hanno confermato l’interpretazione restrittiva dell’Agenzia delle Entrate, escludendo l’applicazione della cedolare secca in caso di conduttori che agiscono nell’esercizio di un’attività d’impresa o professionale.

La Sentenza della Corte di Cassazione

Con la sentenza del 7 maggio 2024, n. 12395, la Corte di Cassazione ha chiarito definitivamente la questione, stabilendo che l’esclusione dalla cedolare secca deve essere riferita unicamente al locatore e non al conduttore. I giudici hanno affermato che la norma mira a facilitare il reperimento di immobili ad uso abitativo, un’esigenza che può sorgere anche nell’ambito delle attività imprenditoriali o professionali.

La Corte ha così accolto il ricorso di un locatore privato contro l’Agenzia delle Entrate, che aveva contestato l’opzione per la cedolare secca su un contratto di locazione stipulato con una società per l’alloggio dei propri dipendenti. La sentenza ribadisce che, finché l’uso dell’immobile resta abitativo, la condizione soggettiva del conduttore è irrilevante.

Applicazione Pratica

Per i contratti di locazione in essere, la cedolare secca può essere applicata per le annualità successive, esercitando l’opzione entro il termine previsto per il versamento dell’imposta di registro annuale. Per i nuovi contratti, l’opzione può essere inserita nel contratto stesso o comunicata al conduttore tramite raccomandata A/R.

Tuttavia, l’applicativo RLI dell’Agenzia delle Entrate non consente attualmente di applicare la cedolare secca in questi casi. Pertanto, è auspicabile un intervento dell’Agenzia per aggiornare il software e allineare la pratica amministrativa alla recente giurisprudenza.

Le Implicazioni della Sentenza

Questa sentenza apre nuove opportunità per i locatori privati, che ora possono applicare la cedolare secca anche nei contratti di locazione con imprese o lavoratori autonomi, a patto che l’immobile sia destinato ad uso abitativo. Tuttavia, rimane necessaria un’azione da parte dell’Agenzia delle Entrate per aggiornare il software di gestione RLI e allineare la prassi amministrativa alla nuova interpretazione giurisprudenziale.

La decisione della Corte di Cassazione rappresenta una svolta significativa nel panorama delle locazioni immobiliari, ampliando l’applicabilità della cedolare secca e potenzialmente incentivando una maggiore offerta di immobili ad uso abitativo. Questo cambiamento richiede un adeguamento delle procedure da parte dell’Agenzia delle Entrate per garantire una corretta e agevole applicazione del regime fiscale semplificato.

In un contesto normativo in continua evoluzione, è fondamentale avere al proprio fianco professionisti competenti che possano offrire assistenza qualificata e risposte chiare a quesiti complessi.

Per chiunque necessiti di chiarimenti o desideri assistenza personalizzata riguardo all’applicazione della cedolare secca per immobili locati ad imprese, così come per altre tematiche fiscali e contabili, lo Studio Pallino è a disposizione con la sua esperienza e professionalità. Il nostro team di esperti è pronto a supportarvi, offrendo consulenze su misura per soddisfare ogni esigenza specifica e garantire la massima conformità e ottimizzazione fiscale.

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