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Il recente Decreto Legislativo di revisione di Irpef e Ires ha introdotto una nuova e interessante opportunità per le imprese: l’affrancamento, con pagamento rateale, delle riserve in sospensione d’imposta.
Era dalla L. 311/2004, art. 1 commi 473-478, che non si presentava una simile opportunità, che dovrebbe interessare indistintamente tutti i saldi di rivalutazione, riserve e fondi in sospensione d’imposta (non è richiamata alcuna disciplina specifica) esistenti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023, che residuano al termine dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024.

Questa misura, che riprende e amplia quanto già previsto dalla Legge 311/2004, offre notevoli vantaggi ai contribuenti, semplificando la gestione contabile e permettendo di regolarizzare la propria posizione fiscale in modo dilazionato e conveniente!

Cosa prevede la norma
La norma riguarda le imprese che, al 31 dicembre 2023 o al 31 dicembre 2024, presentano nel proprio bilancio saldi attivi di rivalutazione non affrancati e riserve in sospensione d’imposta. L’affrancamento avviene mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva del 10% calcolata sull’importo netto delle riserve come risultante dal bilancio.

L’Agenzia delle Entrate, recependo il consolidato indirizzo della Corte di Cassazione (a partire dall’ordinanza 18 aprile 2018 n. 9509) ha convenuto che l’imposta sostitutiva sull’affrancamento della riserva debba essere calcolata sull’importo netto della stessa, come risultante dal bilancio (circ. 1° marzo 2022 n. 6, Parte I,§ 4.7).

Tale imposta può essere versata in quattro rate annuali di pari importo, a partire dalla scadenza del termine di versamento a saldo delle imposte relative all’esercizio in corso al 31 dicembre 2024.

Vantaggi per i contribuenti
Il pagamento rateizzato senza interessi consente alle imprese di dilazionare il versamento dell’imposta sostitutiva senza sostenere interessi e dovrà essere effettuato “obbligatoriamente” in quattro rate di pari importo, scadenti entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi dell’esercizio con riferimento al quale è effettuato l’affrancamento e dei tre successivi (ma presumibilmente, come in passato in una situazione analoga è stato affermato dalla circ. 13 febbraio 2006 n. 6 § 6.3, il pagamento potrà essere anticipato).

La dilazione potrebbe essere un incentivo determinante per i contribuenti ai fini della scelta dell’affrancamento, considerando che nella maggior parte dei casi l’opportunità di eliminare il regime di sospensione con il pagamento di un imposta sostitutiva del 10% si era già presentata. L’affrancamento elimina, inoltre, le riserve in sospensione d’imposta dal bilancio, semplificando la gestione contabile e la redazione della dichiarazione dei redditi.

L’aliquota agevolata del 10% può risultare conveniente rispetto all’imposizione ordinaria che sarebbe applicata in caso di distribuzione delle riserve.

Come funziona l’affrancamento
L’affrancamento si perfeziona con la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio in corso al 31 dicembre 2024, che deve contenere i dati e gli elementi necessari per la determinazione dell’imposta sostitutiva.

Il pagamento delle rate dell’imposta sostitutiva deve avvenire entro le scadenze ordinarie previste per il versamento delle imposte sui redditi. Le disposizioni attuative relative all’affrancamento saranno definite con un decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della norma.

L’introduzione dell’affrancamento delle riserve in sospensione d’imposta rappresenta un’importante novità per le imprese, offrendo loro la possibilità di regolarizzare la propria posizione fiscale in modo agevolato e dilazionato nel tempo.

È importante sottolineare che la norma è ancora in fase di definizione e potrebbe subire modifiche nel corso dell’iter di approvazione.
Per una consulenza e assistenza personalizzata sulla convenienza dell’affrancamento per la propria specifica situazione, lo Studio Pallino Commercialisti mette a disposizione la propria competenza ed esperienza professionale.

Le recenti modifiche legislative in Italia hanno introdotto importanti novità nella tassazione delle successioni, donazioni e trust. Il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri ha come obiettivi principali la semplificazione, la certezza del diritto e la razionalizzazione delle imposte indirette, escludendo l’IVA. Una delle innovazioni più significative è l’introduzione della dichiarazione di successione precompilata, che mira a semplificare gli adempimenti per eredi e professionisti, obbligando la presentazione telematica della dichiarazione. Questo cambiamento elimina la necessità di fornire alcuni dati precedentemente richiesti, come gli estratti catastali per gli immobili e il certificato dei pubblici registri per navi e aeromobili.

In termini di aliquote e franchigie, il decreto stabilisce un’imposta variabile tra il 4% e l’8%, con franchigie che vanno da 100.000 euro a 1,5 milioni di euro. Questo sistema di tassazione sembra favorire le famiglie tradizionali rispetto alle unioni civili, una scelta che ha suscitato discussioni e potrebbe richiedere ulteriori approfondimenti per comprendere appieno le implicazioni. Per quanto riguarda gli immobili, questi sono inclusi nel calcolo dell’imponibile, il che potrebbe avere un impatto significativo sulle passività fiscali in caso di successione o donazione.

Il decreto legislativo introduce anche regole specifiche per la territorialità dei trasferimenti derivanti da trust e altri vincoli di destinazione. Se il disponente del trust è residente in Italia al momento della separazione patrimoniale, l’imposta sarà dovuta su tutti i beni e diritti trasferiti ai beneficiari. Invece, se il disponente non è residente in Italia, l’imposta sarà applicata solo sui beni e diritti presenti nel territorio italiano.

Per i trust testamentari, è prevista la possibilità di versare il tributo in modo volontario e anticipato, sia al momento del conferimento dei beni sia all’apertura della successione. Questo permette una maggiore flessibilità e pianificazione fiscale per i disponenti. Inoltre, il decreto prevede la liquidazione e il versamento dell’imposta direttamente dal contribuente, senza attendere l’azione dell’Agenzia delle Entrate.

Le aliquote dell’imposta di successione ora variano in base al grado di parentela: per i parenti in linea diretta, come figli e coniugi, l’aliquota è del 4%, mentre per i fratelli e le sorelle è del 6%. Per gli altri parenti fino al quarto grado, l’aliquota applicata è dell’8%, e per i soggetti estranei alla parentela, l’aliquota è del 10%. Le franchigie sono state adeguate a 1 milione di euro per i discendenti diretti e i coniugi, 200.000 euro per fratelli e sorelle, e 100.000 euro per gli altri parenti fino al quarto grado. Per i soggetti non imparentati, non sono previste franchigie.

Per quanto riguarda l’imposta catastale e ipotecaria, queste sono state fissate al 2% per l’imposta ipotecaria e all’1% per l’imposta catastale, indipendentemente dal grado di parentela. Tuttavia, per la “prima casa” non locata e non adibita ad attività commerciali, le imposte sono ridotte a un importo fisso di 200 euro ciascuna.

Queste novità rappresentano un cambiamento significativo nel panorama fiscale italiano, con l’obiettivo di semplificare e razionalizzare il sistema tributario.
È importante sottolineare che, nonostante la presentazione delle informazioni relative alle nuove aliquote e franchigie dell’imposta di successione e delle tasse accessorie, queste rappresentano solo una sintesi delle normative attuali.

Lo Studio Pallino Commercialisti  è a disposizione per una comprensione approfondita e personalizzata delle dinamiche in materia di tassazione sulle successioni e per fornirvi una consulenza dettagliata, tenendo conto delle specificità del caso individuale e delle ultime disposizioni legislative. Questo passaggio è fondamentale per assicurarsi di adempiere  tutti gli obblighi legali, evitando possibili sanzioni o complicazioni future!

La recente introduzione dell’Entità Patrimoniale di Gruppo (EPG) nel panorama normativo italiano rappresenta un significativo passo avanti nella regolamentazione delle transazioni intercorrenti tra società collegate. Tale disposizione, inserita nell’ambito dell’articolo 13 del Codice Tributario (CT), mira a fornire un quadro normativo chiaro e definito per regolare le operazioni commerciali tra imprese appartenenti allo stesso gruppo economico.

L’EPG può essere definita come un’entità dotata di una propria autonomia decisionale, pur facendo parte di un contesto più ampio, ovvero il Gruppo Economico. Questa figura riveste un ruolo cruciale nella gestione e nell’ottimizzazione delle risorse finanziarie all’interno del gruppo, consentendo una più efficace pianificazione fiscale e finanziaria.

Le principali caratteristiche dell’EPG possono essere riassunte nei seguenti punti:

Ammontare dell’Entità Patrimoniale di Gruppo: L’EPG deve possedere un ammontare compreso tra 220.000 e 300.000 euro. Questa soglia mira a garantire che l’entità abbia un peso significativo all’interno del bilancio di gruppo e che le operazioni intercorrenti siano rilevanti dal punto di vista economico.

Oneri per i ricavi intra-gruppo: Le operazioni intragruppo, come vendite, prestiti, forniture di servizi, devono essere documentate e valutate secondo criteri di mercato. In particolare, i ricavi non possono superare i 60.000 euro al fine di non configurare una rilevante sproporzione economica.

ETSImprese e sgravio fiscale: L’EPG può godere del regime fiscale agevolato denominato “ETS Imprese”, che prevede agevolazioni fiscali per le imprese che investono in ricerca e sviluppo o in formazione del personale. Tale agevolazione è estesa anche alle società controllanti o collegate.

Riserve patrimoniali e accantonamenti: È prevista la possibilità di costituire riserve patrimoniali o accantonamenti in forma di fondo comune di investimento o patrimonio destinato.

Esclusione dall’imposizione: L’EPG è esclusa dall’imposizione dei redditi e dei contributi previdenziali, in quanto non configurabile come impresa autonoma ai fini fiscali.

Partecipazioni detenute e regimi speciali: L’EPG è tenuta a comunicare le partecipazioni detenute e aderire al regime speciale dell’imposta sul reddito delle società (IRS) o alla disciplina dei fondi comuni di investimento immobiliare (FCI).

Esclusione dall’IVA: L’EPG è esclusa dall’applicazione dell’IVA, in quanto considerata un soggetto non imprenditoriale.

Soggetti passivi IVA: L’EPG è soggetto passivo IVA solo se svolge in modo abituale attività di impresa o di lavoro autonomo.

Esclusione dall’obbligo di registrazione: L’EPG è esclusa dall’obbligo di registrazione al Registro delle Imprese e non è tenuta a compilare il bilancio consolidato.

Altre disposizioni: Altre disposizioni normative riguardano l’obbligo di dichiarazione e comunicazione delle operazioni con soggetti non residenti, l’adozione di procedure di controllo interno e la conservazione della documentazione contabile.

In conclusione, l’introduzione dell’Entità Patrimoniale di Gruppo rappresenta un importante strumento per le imprese italiane, consentendo una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse finanziarie e una migliore pianificazione fiscale. Tuttavia, è fondamentale che le imprese adottino una corretta governance e rispettino scrupolosamente le disposizioni normative per evitare possibili controversie con l’Agenzia delle Entrate e massimizzare i benefici derivanti da questa innovativa figura giuridica.

Per ulteriori informazioni e assistenza personalizzata sulla gestione delle Entità Patrimoniali di Gruppo, lo Studio Pallino Commercialisti è a disposizione per consulenze e supporto professionale.

L’Agenzia delle Entrate ha recentemente emesso una risposta a interpello (n. 69/2024) che ha sollevato importanti questioni riguardo alla riduzione dei termini di accertamento per le imprese facenti parte del Gruppo IVA. Secondo quanto affermato, la disciplina di favore relativa alla riduzione dei termini di accertamento, concessa ai soggetti che tracciano tutti gli incassi e i pagamenti superiori a 500 euro, non si applica al Gruppo IVA.

Questa decisione ha sollevato una serie di interrogativi e ha portato a una riflessione più approfondita sulle implicazioni fiscali per le imprese coinvolte. In particolare, l’art. 3 del DLgs. 127/2015 prevede la riduzione di due anni dei termini di decadenza dell’azione accertativa a favore di coloro che garantiscono la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati di importo superiore a 500 euro. Tuttavia, questa riduzione dei termini di accertamento è limitata all’IVA e ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo.

Secondo il DM 4 agosto 2016, affinché un’impresa possa beneficiare della riduzione dei termini di accertamento, è necessario che il possesso dei relativi requisiti sia indicato nella dichiarazione dei redditi riferita al periodo d’imposta per il quale si intende fruire del beneficio. Inoltre, un ulteriore requisito è che le operazioni siano state certificate mediante emissione di fattura elettronica via SdI e/o memorizzazione e invio telematico dei corrispettivi.

Nel contesto della risposta a interpello, una società appartenente a un Gruppo IVA ha chiesto conferma sulla possibilità di beneficiare della riduzione dei termini prevista dall’art. 3 del DLgs. 127/2015, avendo nel periodo d’imposta 2022 utilizzato esclusivamente mezzi di pagamento tracciabili e documentato le operazioni mediante e-fattura via SdI. Tuttavia, la società ha anche chiesto chiarimenti sulla rilevanza, ai fini dell’agevolazione, delle operazioni con controparti non stabilite in Italia che non sono state certificate mediante fattura elettronica via SdI.

L’Agenzia delle Entrate ha risposto escludendo il beneficio della riduzione dei termini di accertamento per tutte le società aderenti a un Gruppo IVA. La motivazione fornita si basa su due principali argomentazioni. In primo luogo, si evidenzia che i membri di un Gruppo IVA non posseggono la qualifica di soggetti passivi d’imposta, essendo tale status assunto dal Gruppo stesso, e questa condizione risulterebbe essenziale per l’agevolazione di cui trattasi.

In secondo luogo, l’Agenzia osserva che il Gruppo IVA non ha rilevanza ai fini delle imposte sui redditi, elemento che risulterebbe in contrasto con la riduzione dei termini di accertamento prevista dall’art. 3 del DLgs. 127/2015 anche ai fini reddituali.

Questa decisione solleva importanti questioni riguardo alla gestione fiscale delle imprese facenti parte del Gruppo IVA e sottolinea l’importanza di una rigorosa conformità alle normative fiscali vigenti. Le imprese coinvolte dovranno adattarsi a questa nuova realtà e prendere le misure necessarie per garantire la piena conformità alle disposizioni fiscali vigenti.

La necessità di un’attenta gestione fiscale e di una rigorosa conformità alle normative diventa ancora più rilevante per le imprese operanti all’interno del Gruppo IVA, alla luce di questa decisione dell’Agenzia delle Entrate e pone l’accento sull’importanza della trasparenza e della correttezza nelle attività fiscali delle imprese, sottolineando il valore di una stretta collaborazione e comunicazione con le autorità fiscali al fine di garantire il pieno rispetto delle disposizioni normative.

Per approfondimenti e assistenza personalizzata su questo argomento lo staff dello Studio Pallino è a vostra disposizione.

Il panorama delle pratiche fiscali sta per subire un’altra svolta significativa, poiché l’Agenzia delle Entrate ha recentemente annunciato modifiche sostanziali  riguardanti l’emissione e la ricezione delle fatture elettroniche. Con il provvedimento dell’8 marzo 2024, Prot. n. 105669, reso pubblico sull’11 marzo 2024, l’Agenzia ha introdotto innovazioni che influenzeranno il modo in cui aziende e individui gestiscono le loro operazioni finanziarie.

Una delle modifiche più rilevanti entra in vigore a partire dal 20 marzo 2024, riguarda le condizioni di utilizzo del servizio di consultazione delle fatture elettroniche.

In particolare, ci sono alcuni punti chiave da tenere presente:

Adesione all’Accordo di Servizio: Non più Obbligatoria

Prima di questa modifica, l’adesione all’accordo di servizio era un passaggio necessario per poter consultare le proprie fatture elettroniche. Tuttavia, con il cambiamento introdotto, tutti i contribuenti, inclusi operatori economici, persone fisiche e soggetti non titolari di partita IVA, potranno usufruire del servizio di consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche senza dover sottoscrivere alcun accordo di servizio.

Tempistiche di Disponibilità delle Fatture

Le fatture elettroniche emesse tramite il Sistema di Interscambio (SdI) saranno disponibili nell’area riservata fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di ricezione da parte del SdI. Inoltre, sia per gli operatori economici che per i consumatori finali, i “dati fattura” saranno consultabili fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento.

Estensione del Servizio di Registrazione dell’Indirizzo Telematico

Infine, il servizio di registrazione dell’indirizzo telematico di consegna delle fatture elettroniche, originariamente riservato ai soggetti IVA, verrà esteso anche ai soggetti diversi da persona fisica e non titolari di partita IVA. Questo ampliamento mira a rendere più accessibili e efficienti le procedure di gestione delle fatture elettroniche per una gamma più ampia di soggetti.

In caso di dubbi o necessità di approfondimenti riguardo alle nuove disposizioni in materia di fatturazione elettronica, lo Studio Pallino è a vostra disposizione per fornire assistenza personalizzata.

In allegato il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate
provvedimento-n105669-2024

Con l’inizio del nuovo anno, è arrivato il momento per le imprese e i professionisti autonomi di affrontare la presentazione della Dichiarazione IVA 2024, riguardante l’anno fiscale 2023.

La dichiarazione Iva annuale, in cui è possibile chiedere il rimborso annuale, va presentata tra il 1° febbraio e il 30 aprile di ciascun anno. L’Agenzia delle Entrate ha reso disponibili tutte le informazioni necessarie per completare questo processo in conformità alle normative vigenti.

Un aspetto cruciale della Dichiarazione IVA 2024 è il quadro VQ, progettato per gestire i versamenti periodici omessi. Questo strumento è stato introdotto per permettere il calcolo del credito accumulato a seguito di versamenti di IVA periodica non effettuati spontaneamente o ripresi dopo una sospensione dovuta a eventi eccezionali, relativi agli anni fiscali precedenti a quello oggetto della dichiarazione.

 

Dettagli del Quadro VQ e Utilizzo Pratico

Il quadro VQ è organizzato in diverse colonne, ognuna richiedente specifiche informazioni:

  1. Anno Fiscale:
    indica l’anno d’imposta a cui si riferisce l’IVA periodica non versata.
  2. Differenza tra IVA Dovuta e Versata
    esprime la variazione, se positiva, tra l’IVA periodica dovuta e quella effettivamente versata.
  3. Credito Potenziale:
    rappresenta la differenza, se positiva, tra il credito che si sarebbe generato con il versamento completo dell’IVA periodica e il credito effettivamente liquidato nella dichiarazione annuale.
  4. Versamenti Effettuati a Seguito di Comunicazioni d’Irregolarità o Notifica di Cartelle di Pagamento:
    indica l’importo dell’IVA periodica versata dopo la ricezione di comunicazioni d’irregolarità o notifiche di cartelle di pagamento.
  5. Versamenti Effettuati dopo la Presentazione della Dichiarazione dell’Anno Precedente:
    rappresenta l’importo dell’IVA periodica versata dopo la presentazione della dichiarazione dell’anno fiscale precedente.
  6. Versamenti Effettuati dopo la Notifica di Cartelle di Pagamento:
    indica l’importo dell’IVA periodica versata dopo la notifica di cartelle di pagamento.
  7. Versamenti Effettuati dopo la Ripresa dei Versamenti:
    rappresenta l’importo dell’IVA periodica versata dopo la ripresa dei versamenti successivamente a una sospensione per eventi eccezionali.
  8. Credito Maturato per Effetto dei Versamenti:
    esprime l’ammontare del credito accumulato a seguito dei versamenti indicati nelle colonne precedenti.
  9. Codice Fiscale del Beneficiario dei Versamenti:
    indica il codice fiscale del soggetto a cui si riferiscono i versamenti, se diverso dal dichiarante.
  10. Numero Identificativo del Modulo:
    specifica il numero del primo modulo riferito al soggetto che ha effettuato i versamenti, in caso di più moduli a seguito di trasformazioni sostanziali soggettive.
  11. Indicazione della Società Controllante in Caso di Liquidazione dell’IVA di Gruppo:
    va barrato dalla società controllante in presenza di versamenti relativi alla stessa procedura di liquidazione dell’IVA di gruppo.

 

Chiarezza su Omessi Versamenti e Rateazioni

È fondamentale comprendere che, secondo le recenti direttive dell’Agenzia delle Entrate, nel caso di mancati versamenti dell’IVA a debito, il quadro VL della dichiarazione IVA non tiene conto dei versamenti periodici omessi, ma considera solo l’IVA periodica versata, anche dopo il ricevimento delle comunicazioni degli esiti del controllo automatizzato.

In caso di versamenti rateali, è essenziale indicare la parte dell’imposta corrisposta fino alla data di presentazione della dichiarazione, rispettando il termine ordinario previsto per la presentazione stessa.

La presentazione della Dichiarazione IVA 2024 richiede una comprensione dettagliata delle normative e una gestione accurata delle informazioni contabili. Utilizzando il quadro VQ e le sue specifiche colonne, è possibile fornire all’Agenzia delle Entrate i dati necessari per il calcolo corretto del credito accumulato a seguito di versamenti omessi o ritardati.

Per garantire la conformità alle normative, una gestione efficace delle imposte, per fornire consulenza e supporto professionale lo Studio Pallino è a vostra disposizione.

L’Agenzia delle Entrate ha recentemente aggiornato le specifiche tecniche per la fatturazione elettronica, introducendo alcune novità entrate in vigore dal 1° febbraio 2024.

La prima novità riguarda i produttori agricoli che applicano il regime speciale IVA, ovvero quelli che non sono tenuti a versare l’imposta sul valore aggiunto, ma solo a calcolarla e a comunicarla all’Agenzia delle Entrate. Questi soggetti dovranno indicare, nel blocco “Altri Dati Gestionali” della fattura elettronica, una nuova codifica che permetterà all’Agenzia delle Entrate di predisporre in modo automatico le liquidazioni IVA periodiche, semplificando così gli adempimenti fiscali dei produttori agricoli.

La seconda novità riguarda le fatture non imponibili IVA emesse a favore di un esportatore abituale, ovvero un soggetto che effettua esportazioni di beni o servizi per almeno il 10% del proprio fatturato annuo.

Queste fatture sono esenti da IVA a condizione che siano collegate ad una dichiarazione d’intento, ovvero un documento con cui il cliente si impegna ad esportare i beni o i servizi acquistati. L’Agenzia delle Entrate ha introdotto un nuovo controllo per verificare la validità delle dichiarazioni d’intento e scartare le fatture che risultano collegate ad una dichiarazione d’intento invalidata, ad esempio perché revocata, scaduta o falsa.

La terza novità riguarda l’ampliamento dei casi di utilizzo del tipo documento TD28, ovvero il documento commerciale che può essere utilizzato al posto della fattura elettronica per alcune operazioni particolari, come le cessioni di beni usati, le vendite all’esportazione o le prestazioni di servizi turistici.

L’Agenzia delle Entrate ha previsto che il tipo documento TD28 possa essere utilizzato anche per le operazioni effettuate da soggetti non residenti in Italia che non hanno una stabile organizzazione nel nostro Paese, a condizione che siano identificati ai fini IVA in Italia e che emettano il documento commerciale in formato elettronico.

Infine è stata Introdotta la verifica della validità del numero di partita IVA del cessionario/committente.

Nel caso di partita IVA italiana non presente in Anagrafe Tributaria, il file viene scartato con codice errore 00305.

Queste sono le principali novità introdotte dalle specifiche tecniche versione 1.8 per la fatturazione elettronica. Per approfondire gli aspetti tecnici e operativi delle modifiche, per chiarimenti e assistenza personalizzata lo Studio Pallino  è a vostra disposizione.

L’utilizzo di un’auto aziendale anche per scopi personali comporta delle implicazioni fiscali. Infatti, il valore
dell’utilizzo dell’auto è considerato un reddito in natura, o fringe benefit, che va tassato secondo le regole
previste dalla legge.

Il fringe benefit per le auto aziendali è il valore economico attribuito all’utilizzo dell’auto da parte del
dipendente o del dirigente per scopi diversi da quelli lavoravi. Si tratta di un reddito in natura che va
aggiunto al reddito imponibile del lavoratore e che va tassato secondo le aliquote Irpef.

Il valore del fringe benefit dipende da diversi fattori, tra cui:
• il costo di acquisto o di noleggio dell’auto
• la potenza del motore
• il tipo di alimentazione
• il chilometraggio annuo
• la percentuale di utilizzo personale

Per calcolare il valore del fringe benefit, si può seguire il metodo forfetario o il metodo analitico.

Il metodo forfettario prevede di applicare una percentuale fissa al costo dell’auto, che varia in base alla
potenza del motore e al tipo di alimentazione. Per il 2024, le percentuali sono le seguenti:
• 30% per le auto con potenza fino a 100 kW
• 40% per le auto con potenza superiore a 100 kW
• 15% per le auto elettriche o ibride
• 5% per le auto a idrogeno

Il metodo analitico prevede invece di tenere conto dei cos effettivi sostenuto per l’auto, come il carburante,
l’assicurazione, la manutenzione, il pedaggio, ecc. In questo caso, il valore del fringe benefit è dato dalla
differenza tra i cos totali e quelli relativi all’uso lavoravo.

Per determinare la quota di uso lavoravo, si può usare un criterio presuntivo o un criterio effettivo.
Il criterio presuntivo prevede di considerare come uso lavoravo il 70% del chilometraggio annuo, salvo
prova contraria.
Il criterio effettivo prevede invece di documentare con apposi registri di bordo i chilometri percorsi per
motivi lavoravi e quelli percorsi per motivi personali.

Qual è il metodo più conveniente?
Dipende dalla situazione specifica di ogni lavoratore.
In generale, il metodo forfetario è più semplice e veloce, ma può portare a una sovrastima del valore del
fringe benefit.
Il metodo analitico è più complesso e richiede una maggiore documentazione, ma può permettere di
ridurre il valore del fringe benefit se si dimostra un uso prevalente dell’auto per scopi lavoravi.

Quali sono le novità introdotte dalla legge di bilancio?
Il comunicato dell’Agenzia delle Entrate pubblicato recentemente sulla Gazzetta Ufficiale n. 298 del 22
dicembre 2023 contiene l’aggiornamento delle tabelle dei costi chilometrici di esercizio di autovetture e
motocicli elaborate dall’ACI per il periodo d’imposta 2024, introducendo cambiamenti significavi nel calcolo
del fringe benefit per le auto aziendali:
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/12/22/23A06840/sg;
Le tabelle in esame sono disponibili sul sito internet: www.aci.it nella sezione Servizi/Servizi online/Fringe
benefit;

Le auto aziendali, compresi motocicli, ciclomotori e autocaravan, concesse in uso promiscuo ai dipendenti,
costituiscono un’importante componente della retribuzione ‘in natura’. Questa forma di retribuzione ‘in
natura’ destinata ai dipendenti ha subito variazioni nelle percentuali in base alle emissioni di CO2 dei veicoli.

La tassazione del fringe benefit è ora determinata non solo dalle tabelle ACI, ma anche da percentuali
variabili in base alle emissioni di CO2 del veicolo. Questo cambiamento mira ad incentivare l’acquisto di
veicoli a basso impatto ambientale da parte delle aziende.

In base alle nuove disposizioni, le percentuali di fringe benefit per il 2024 sono le seguenti:
• 25% per veicoli con emissioni di CO2 fino a 60 g/km;
• 30% per veicoli con emissioni di CO2 da 61 g/km a 160 g/km;
• 50% per veicoli con emissioni di CO2 da 161 g/km a 190 g/km;
• 60% per veicoli con emissioni di CO2 superiori a 190

Per maggiori informazioni sul Fringe Benefit, chiarimenti o assistenza personalizzata il nostro Studio è a
vostra disposizione.

Risolvere le Liti Fiscali: una Nuova Sanatoria per il 2024

Attraverso il decreto attuativo della delega fiscale, il governo si propone di agevolare la soluzione di tutte le controversie fiscali in sospeso. Nel dettaglio, il Governo ha annunciato l’intenzione di introdurre una nuova sanatoria fiscale per il 2024, come parte del suddetto decreto attuativo presentato al Consiglio dei Ministri. Questa proposta mira a facilitare la definizione delle dispute pendenti con il fisco da parte dei contribuenti.

Con l’avvicinarsi della fine dell’anno, il governo cerca spesso nuove fonti di entrate, e una strategia comune è concedere agevolazioni a coloro che hanno debiti fiscali in sospeso, allo scopo di incoraggiarli a saldare. Le precedenti iniziative di questo tipo includono varie forme di rottamazione, tra cui l’ultima rottamazione quater in vigore da quest’anno, e la remissione delle cartelle esattoriali.

Il decreto attuativo, già presentato al Consiglio dei ministri, include la proposta di una nuova sanatoria fiscale per il 2024. Tuttavia, per diventare operativa, la proposta deve passare attraverso il processo legislativo e ottenere l’approvazione finale del Parlamento.

La sanatoria proposta prevede oltre alla definizione agevolata e la risoluzione delle dispute fiscali pendenti, consentendo ai contribuenti di saldare i debiti con il fisco a condizioni più vantaggiose, inclusa una significativa riduzione delle somme dovute e delle sanzioni, anche la modernizzazione e digitalizzazione del processo tributario, con l’obiettivo di accelerare i tempi e migliorare la trasparenza attraverso l’uso di udienze da remoto e la posta elettronica certificata (P.E.C.).

La sanatoria proposta prevede anche l’eliminazione della mediazione con le autorità fiscali per le dispute fino a 50.000 euro, sostituendola con una forma di conciliazione preventiva.

Queste misure, secondo le stime, dovrebbero portare alla risoluzione di circa 100.000 dispute pendenti, per un totale di 40 miliardi di euro.

Per maggiori informazioni su questo argomento o per una consulenza personalizzata lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione.

Contratti di Locazione ‘A Scaletta’: La Complessità delle Operazioni Permutative tra Conduttore e Locatore

Nel contesto delle locazioni immobiliari, talvolta si fa ricorso a contratti che prevedono canoni chiamati “a scaletta” o comunque di importo variabile. Questo approccio è adottato per tener conto di elementi come, ad esempio, i lavori eseguiti dal conduttore per rendere l’immobile adatto all’attività commerciale prevista. Lo scopo è rimborsare, almeno in parte, al conduttore le spese sostenute per questi lavori di ristrutturazione e/o adeguamento dell’immobile.

Secondo questi contratti, da un lato, il conduttore si impegna a effettuare i lavori di ristrutturazione/adeguamento a sue spese e, dall’altro, ottiene dal locatore il diritto di utilizzare l’immobile per la sua attività economica pagando un canone “ridotto” per un determinato periodo di tempo.

Dal punto di vista dell’IVA e delle imposte indirette, queste prestazioni “incrociate”, che hanno un effetto “compensativo”, sono considerate operazioni permutative ai sensi dell’articolo 11, D.P.R. 633/1972. Questo articolo stabilisce che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, o per estinguere obbligazioni precedenti, sono soggette all’imposta separatamente da quelle per le quali sono effettuate.

L’Agenzia delle Entrate ha confermato questa interpretazione nella risposta ad un interpello (n. 424/2022). In sostanza, se il conduttore sostiene spese per i lavori di ristrutturazione/adeguamento, la riduzione del canone per i primi tre anni rappresenta il corrispettivo per questi lavori. Il conduttore deve emettere una fattura per questa prestazione nei confronti del locatore, quantificando il vantaggio rappresentato dalla riduzione dei canoni di locazione.

Per quanto riguarda il trattamento fiscale, il momento impositivo per entrambe le prestazioni coincide con l’esecuzione della seconda prestazione, ovvero l’ultimazione dei lavori di ristrutturazione. Il conduttore deve emettere la fattura al locatore al momento del ricevimento della fattura per il canone di locazione originariamente pattuito.

Nel caso specifico di questi contratti, è importante considerare attentamente la natura delle spese sostenute dal conduttore. Se queste spese incrementano il valore dell’immobile, dovrebbero essere capitalizzate al valore del bene immobile, contribuendo alla formazione del reddito nei limiti delle quote di ammortamento deducibili, come previsto dall’articolo 102 del TUIR e dai coefficienti del D.M. 31/12/1988.

In sintesi, questi contratti comportano una complessa interazione tra le parti e richiedono una valutazione attenta sia per quanto riguarda l’IVA che le imposte sui redditi.

Per maggiori informazioni su questo argomento o per una consulenza personalizzata  lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione.

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