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Con la risposta n. 5/2025, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito un aspetto fondamentale relativo alla gestione dei fringe benefit attraverso carte di debito nominative. Questa interpretazione normativa si inserisce nel più ampio quadro della disciplina dei benefit aziendali, regolata dall’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), offrendo nuove opportunità di ottimizzazione fiscale per datori di lavoro e dipendenti.

Il piano di welfare aziendale rappresenta uno strumento sempre più utilizzato dalle imprese per migliorare il benessere dei dipendenti, fornendo loro beni e servizi senza dover corrispondere direttamente somme di denaro. In questo contesto, una società ha presentato un’istanza per introdurre un sistema basato sull’utilizzo di carte di debito nominative, vincolate a specifici fornitori e non monetizzabili. Questa soluzione, offerta da un provider specializzato, garantisce che i fringe benefit siano utilizzati esclusivamente per finalità legate al welfare aziendale, rispettando i limiti di esenzione previsti dalla normativa.

L’articolo 51, comma 3-bis, del TUIR stabilisce che i fringe benefit assegnati sotto forma di documenti di legittimazione, come voucher cartacei o elettronici, non siano soggetti a tassazione purché rispettino determinati requisiti. La carta di debito, essendo nominativa e utilizzabile solo presso fornitori predeterminati, soddisfa tali condizioni.

I Requisiti del Documento di Legittimazione

L’Agenzia delle Entrate ha esaminato la natura giuridica delle carte di debito in relazione alla disciplina dei documenti di legittimazione, richiamando il decreto del 25 marzo 2016. Secondo questo decreto, i documenti di legittimazione:

  • Non possono essere utilizzati da persone diverse dal titolare;
  • Non sono monetizzabili o cedibili a terzi;
  • Consentono l’acquisto di un solo bene o servizio per intero valore nominale, senza integrazioni da parte del titolare.

Nel caso analizzato, le carte di debito proposte rispettano pienamente queste condizioni, essendo strettamente vincolate a un budget figurativo e prive di opzioni per l’integrazione con somme personali. Inoltre, la natura nominativa delle carte garantisce che solo il dipendente beneficiario possa utilizzarle.

Un aspetto fondamentale riguarda la possibilità di controllo da parte del datore di lavoro, che può verificare in maniera trasparente e tracciabile l’utilizzo delle carte. Questa caratteristica non solo evita abusi, ma assicura anche che i benefit siano spesi in conformità con le finalità stabilite dal piano di welfare.

Limiti di Esenzione

La legge di Bilancio 2024 ha recentemente innalzato i limiti di esenzione per i fringe benefit a 1.000 o 2.000 euro, a seconda delle circostanze specifiche. Questo aumento rafforza l’attrattività dei piani di welfare aziendale, consentendo alle imprese di offrire ai dipendenti vantaggi significativi senza incidere sul reddito imponibile.

Secondo la risposta dell’Agenzia, entro questi limiti di valore, il datore di lavoro non è tenuto ad applicare la ritenuta a titolo di acconto prevista dall’articolo 23 del DPR n. 600/1973. Questo rappresenta un vantaggio sia per i datori di lavoro, che possono ottimizzare la gestione fiscale dei benefit, sia per i dipendenti, che usufruiscono interamente del valore nominale del beneficio.

Inoltre, l’innalzamento dei limiti di esenzione ha incentivato molte aziende ad ampliare la gamma di servizi offerti, includendo opzioni che spaziano dall’istruzione ai servizi sanitari, fino alle attività sportive e culturali. Queste scelte permettono una maggiore personalizzazione del welfare aziendale, rendendolo più aderente alle esigenze specifiche dei dipendenti.

Tracciabilità e Controlli Fiscali

Un ulteriore elemento di rilievo è la tracciabilità delle spese. La gestione dei fringe benefit tramite un budget figurativo associato a carte di debito garantisce un controllo rigoroso sull’utilizzo dei fondi, riducendo il rischio di abusi o utilizzi impropri. L’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che questa modalità di erogazione è conforme ai principi espressi nella circolare n. 28/E del 2016 e nella risposta n. 273 del 2019.

Tuttavia, è importante considerare che eventuali controlli successivi potrebbero portare a una diversa valutazione del profilo fiscale del piano di welfare. Pertanto, è essenziale che le imprese adottino procedure rigorose per garantire la corretta attuazione e documentazione dei benefit erogati.

In particolare, le aziende devono assicurarsi che i fornitori selezionati rispettino i criteri stabiliti dalla normativa e che i dipendenti siano adeguatamente informati sulle modalità di utilizzo delle carte. Questo approccio previene non solo potenziali irregolarità, ma consolida anche il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratori.

Questa innovazione rappresenta un passo avanti nella personalizzazione e nell’efficienza dei piani di welfare aziendale, promuovendo un approccio più sostenibile e orientato al lungo termine. Inoltre, la possibilità di monitorare e analizzare i dati relativi all’utilizzo dei benefit consente alle imprese di adattare continuamente le proprie offerte, migliorandone l’efficacia e l’impatto complessivo.

Per chiarimenti e assistenza personalizzata sui fringe benefits il nostro studio è a vostra disposizione.

La riforma fiscale introdotta nel 2024 ha portato significativi cambiamenti nel panorama normativo italiano, soprattutto in relazione alla determinazione della residenza fiscale delle società e degli enti. Con l’emanazione del Decreto Legislativo n. 209/2023, sono stati ridefiniti i criteri applicabili in materia fiscale, con l’obiettivo di armonizzare il sistema normativo italiano con le prassi internazionali e prevenire conflitti di residenza.

Questi cambiamenti si inseriscono nel quadro della Legge delega per la Riforma Fiscale (Legge n. 111/2023), che ha dato impulso a una revisione complessiva della fiscalità internazionale. La Circolare n. 20/2024 dell’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti operativi, garantendo uniformità di azione tra gli uffici fiscali e contribuendo a delineare un quadro applicativo più chiaro per le aziende.

La normativa precedente si basava su tre criteri distinti e alternativi per determinare la residenza fiscale di una società o ente: la sede legale, la sede dell’amministrazione e l’oggetto principale. Questa tripartizione consentiva una certa flessibilità, ma non garantiva un’adeguata corrispondenza con la sostanza economica delle attività svolte.

Il D.Lgs. n. 209/2023 ha introdotto un cambiamento significativo, eliminando i riferimenti all’oggetto principale e alla sede dell’amministrazione. Al loro posto sono stati introdotti i concetti di “sede di direzione effettiva” e “gestione ordinaria in via principale”. Questi nuovi criteri mirano a garantire una maggiore coerenza tra la residenza fiscale dichiarata e la reale operatività delle entità.

I nuovi criteri per la determinazione della residenza fiscale

La riforma prevede tre criteri distinti, alternativi tra loro, per determinare la residenza fiscale:

Sede legale: la presenza della sede legale in Italia continua a rappresentare un criterio formale per stabilire la residenza fiscale.

Sede di direzione effettiva: introdotta come criterio sostanziale, si riferisce al luogo in cui vengono prese le decisioni strategiche fondamentali.

Gestione ordinaria in via principale: rappresenta il luogo in cui si svolge la gestione corrente e quotidiana dell’ente o della società.

Questi criteri devono essere soddisfatti per la maggior parte del periodo d’imposta affinché la società o l’ente venga considerato fiscalmente residente in Italia.

La sede di direzione effettiva rappresenta un elemento cardine della nuova normativa. Secondo l’articolo 73, comma 3 del TUIR, essa corrisponde al luogo in cui avviene la “continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso”.

L’obiettivo è di adottare un criterio sostanziale che rifletta la reale operatività della società, evitando situazioni di residenza “fittizia”. L’Agenzia delle Entrate, nella Circolare n. 20/2024, sottolinea come la prevalenza della sostanza sulla forma rappresenti un principio fondamentale per prevenire conflitti di residenza con altri Stati.

Le tecnologie digitali svolgono un ruolo cruciale nell’individuazione della sede di direzione effettiva, permettendo di distinguere tra il luogo in cui si svolgono le attività d’impresa e quello in cui vengono prese le decisioni strategiche.

Il criterio della gestione ordinaria in via principale è stato introdotto per ampliare le possibilità di collegamento tra la società e il territorio italiano. Questa nozione, disciplinata dall’articolo 73, comma 3 del TUIR, si riferisce al “continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso”.

Secondo i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate, tale criterio si riferisce al luogo in cui si svolgono le attività operative quotidiane. I fattori da considerare includono la struttura imprenditoriale, l’attività caratteristica e l’organizzazione aziendale complessiva. Questo approccio consente di identificare la residenza fiscale basandosi su parametri sostanziali, evitando discrepanze tra la localizzazione formale e quella operativa.

Anche per le società di persone, il D.Lgs. n. 209/2023 ha apportato modifiche significative, sostituendo i criteri precedenti con quelli della sede legale, della sede di direzione effettiva e della gestione ordinaria in via principale. Secondo l’articolo 5, comma 3 del TUIR, queste società sono considerate residenti in Italia se soddisfano almeno uno di tali criteri per la maggior parte del periodo d’imposta.

Questa ridefinizione garantisce un approccio coerente con quanto previsto per le società di capitali, favorendo una maggiore uniformità normativa.

La riforma fiscale deve essere coordinata con le disposizioni delle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia. In questo contesto, la nozione di “place of effective management” assume un ruolo centrale per risolvere eventuali conflitti di residenza.

Le convenzioni prevedono che, in caso di conflitto, la residenza sia attribuita allo Stato in cui si trova il luogo di direzione effettiva. Questo approccio si allinea con il principio della sostanza sulla forma, riducendo il rischio di controversie fiscali internazionali.

 

Lo studio Pallino Commercialisti offre assistenza personalizzata per supportare le aziende nell’adeguamento alle nuove disposizioni fiscali e nella gestione delle implicazioni pratiche. Il nostro team di esperti è a vostra disposizione per una consulenza dedicata.

FAQ

Che cosa si intende per sede di direzione effettiva?

La sede di direzione effettiva è il luogo in cui vengono prese le decisioni strategiche fondamentali per la società o l’ente nel suo complesso.

Qual è la differenza tra gestione ordinaria e gestione amministrativa?

La gestione ordinaria si riferisce alle attività operative quotidiane, mentre la gestione amministrativa riguarda aspetti più formali e burocratici.

Cosa succede in caso di conflitti di residenza con paesi esteri?

In caso di conflitti, si fa riferimento al “place of effective management” per risolvere la questione.

Il Concordato Preventivo Biennale (CPB), introdotto dal Decreto Legislativo del 12 febbraio 2024 n. 13, rappresenta un nuovo strumento di collaborazione tra contribuente e Amministrazione finanziaria, volto a razionalizzare gli obblighi dichiarativi e favorire la compliance fiscale. Questo istituto permette ai contribuenti di concordare preventivamente con l’Agenzia delle Entrate il reddito d’impresa o di lavoro autonomo per un biennio, ottenendo in cambio la stabilità fiscale e la certezza di non essere soggetti a ulteriori accertamenti, salvo particolari eccezioni.

Il CPB è rivolto principalmente a due categorie di contribuenti: i soggetti che applicano gli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA) e quelli che aderiscono al regime forfettario. L’istituto si inserisce nel più ampio disegno di riforma della legge delega del 9 agosto 2023 n. 111, finalizzata a incentivare l’adempimento spontaneo e a migliorare la trasparenza del rapporto tra Fisco e contribuente.

Che Cos’è il Concordato Preventivo Biennale?

Il Concordato Preventivo Biennale (CPB) è un accordo tra contribuente e Fisco che consente di definire anticipatamente il reddito imponibile per i due anni fiscali successivi. Questo istituto ha lo scopo di garantire stabilità e certezza al contribuente, riducendo la possibilità di accertamenti futuri, sempre che vengano rispettate le condizioni previste dall’accordo.

Il CPB si prefigge di:

  • Incentivare il rispetto volontario degli obblighi tributari.
  • Ridurre la complessità degli adempimenti fiscali.
  • Fornire certezza giuridica e fiscale al contribuente per il periodo oggetto dell’accordo.
  • Favorire la trasparenza e la collaborazione tra contribuente e Amministrazione finanziaria.

Il contribuente che aderisce al CPB gode di vantaggi significativi, tra cui la stabilità fiscale per il biennio concordato e l’esonero da accertamenti fiscali sulle imposte dirette e sull’IRAP, a meno che non emergano cause di decadenza.

Condizioni per l’Accesso al Concordato Preventivo Biennale

L’accesso al Concordato Preventivo Biennale è riservato a determinate categorie di contribuenti, che devono soddisfare una serie di requisiti stringenti. La circolare n. 18/E elenca chiaramente le condizioni ostative che, se presenti, impediscono l’adesione al CPB. Queste condizioni sono suddivise in tre gruppi principali:

  1. Assenza di Debiti Tributari o Contributivi Superiori a 5.000 Euro

Una delle principali condizioni per poter accedere al CPB è che il contribuente non abbia debiti tributari o contributivi superiori a 5.000 euro. Tuttavia, se il contribuente ha debiti che superano tale soglia, può ancora accedere al CPB purché li estingua prima di accettare la proposta di concordato.

 

Non vengono inclusi nel calcolo di questa soglia i debiti per i quali sono stati concessi provvedimenti di sospensione o rateizzazione, purché il contribuente sia in regola con i pagamenti e non sia decaduto dai benefici.

 

Come Viene Calcolato il Debito?

Il debito rilevante per il CPB è quello derivante da tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, come:

  • Avvisi di accertamento.
  • Atti di contestazione e irrogazione di sanzioni.
  • Cartelle di pagamento derivanti da controlli automatizzati.

Non rilevano, invece, i debiti ancora soggetti a ricorsi o quelli per i quali siano in corso termini di impugnazione o di pagamento.

 

  1. Regolarità delle Dichiarazioni Fiscali

Un’altra condizione fondamentale per l’accesso al CPB è che il contribuente deve aver presentato la dichiarazione dei redditi per almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quello per cui si intende aderire al concordato.

Questa misura mira a escludere dal CPB i contribuenti che non abbiano rispettato l’obbligo di presentazione delle dichiarazioni fiscali per gli anni precedenti.

 

  1. Assenza di Condanne per Reati Fiscali

Per poter accedere al CPB, il contribuente non deve aver subito una condanna per reati tributari, come quelli previsti dal Decreto Legislativo n. 74/2000 (ad esempio, dichiarazione fraudolenta o emissione di fatture false), né per altri gravi reati come il riciclaggio e l’autoriciclaggio.

Nel caso di sentenze di patteggiamento (art. 444 del Codice di Procedura Penale), il contribuente può accedere al CPB solo se la pena detentiva è inferiore a due anni e non sono state applicate pene accessorie.

Ambito di Applicazione del Concordato Preventivo Biennale

Il CPB si applica esclusivamente al reddito di impresa e al reddito di lavoro autonomo. Per i contribuenti soggetti agli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA), il concordato può includere anche la base imponibile IRAP. Tuttavia, l’IVA non è inclusa nel concordato, e continua a essere regolata dalle normative ordinarie.

Differenze tra Contribuenti ISA e Forfettari

I contribuenti forfettari e quelli soggetti agli ISA hanno regole leggermente diverse per l’applicazione del CPB.

Contribuenti ISA: Per i contribuenti che applicano gli ISA, il concordato riguarda il reddito d’impresa o di lavoro autonomo e la base imponibile IRAP. Sono escluse dal calcolo del reddito le componenti straordinarie come plusvalenze, minusvalenze, redditi da partecipazioni, o corrispettivi percepiti dalla cessione di clientela.

Contribuenti Forfettari: Per i forfettari, il concordato è sperimentale e si applica solo per il 2024. A differenza dei contribuenti ISA, il calcolo del reddito per i forfettari è più semplice, in quanto non devono essere considerate plusvalenze, minusvalenze, o altre componenti straordinarie.

 

Esempio di Calcolo per i Contribuenti ISA

Per i contribuenti soggetti agli ISA, il reddito concordato si basa sul reddito derivante dall’esercizio dell’attività di impresa o di lavoro autonomo. Supponiamo che un contribuente abbia un reddito d’impresa di 50.000 euro, esclusi gli utili derivanti da partecipazioni in società o le plusvalenze derivanti dalla vendita di beni strumentali. Questo reddito sarà la base imponibile concordata per il biennio successivo, salvo l’aggiunta di eventuali variazioni per componenti straordinarie.

 

Modalità e Termini di Adesione al Concordato Preventivo Biennale

L’adesione al CPB è volontaria e avviene attraverso un processo digitale, facilitato da un software messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate. Questo programma consente al contribuente o al suo consulente di visualizzare la proposta di concordato e accettarla.

 

Termini per l’Adesione

Anno 2024: Per il primo anno di applicazione del CPB, il termine per accettare la proposta è fissato al 31 ottobre 2024.

Anni successivi: A partire dal 2025, il termine sarà il 31 luglio di ogni anno.

Benefici dell’Adesione al Concordato Preventivo Biennale

L’adesione al CPB comporta una serie di vantaggi significativi per i contribuenti:

  1. Stabilità Fiscale

Una volta accettata la proposta di concordato, il contribuente gode di una stabilità fiscale per il biennio concordato. Durante questo periodo, il Fisco non può effettuare accertamenti sulle imposte dirette e sull’IRAP, a meno che non si verifichino cause di decadenza.

  1. Benefici Premiali per i Contribuenti ISA

Per i contribuenti che applicano gli ISA, l’adesione al CPB consente di usufruire anche dei benefici premiali previsti dal regime ISA, tra cui:

  • Esonero dall’apposizione del visto di conformità per compensazioni di crediti IVA superiori a 50.000 euro.
  • Esclusione dalla disciplina delle società non operative, che prevede pesanti sanzioni per le società considerate “di comodo”.
  • Riduzione dei termini per gli accertamenti, che vengono anticipati di un anno, garantendo così un minor rischio di accertamenti a lungo termine.
  • Esclusione dagli accertamenti basati su presunzioni semplici, come quelli effettuati sulle risultanze dei conti bancari non giustificati.
  1. Riduzione degli Adempimenti Fiscali

L’adesione al CPB semplifica notevolmente la gestione amministrativa e fiscale per il contribuente, riducendo il numero di adempimenti da svolgere e offrendo maggiore serenità nella gestione fiscale.

  1. Semplificazione nel Calcolo degli Acconti

Per quanto riguarda il calcolo degli acconti, l’adesione al CPB introduce un metodo semplificato. Gli acconti sono calcolati sulla base dei redditi concordati, con una maggiorazione del 10% per l’IRPEF e del 3% per l’IRAP, evitando così complesse operazioni di stima.

Cause di Decadenza dal Concordato Preventivo Biennale

Nonostante i numerosi vantaggi, il CPB prevede anche una serie di cause di decadenza che, se si verificano, comportano la perdita dei benefici concordati. Le principali cause di decadenza sono legate a modifiche significative dell’attività economica o a violazioni gravi degli obblighi fiscali.

  1. Cessazione o Modifica dell’Attività

Se il contribuente cessa o modifica l’attività economica durante il periodo coperto dal concordato, quest’ultimo cessa di avere effetto. Tuttavia, se il contribuente inizia una nuova attività che rientra nello stesso codice attività per cui è stato emesso il concordato, quest’ultimo può continuare ad applicarsi.

Esempio Pratico

Un contribuente che esercita l’attività di commercio all’ingrosso (codice attività 46.32.20) e decide di avviare un’attività di trasporto (codice attività 49.32.10) durante il biennio concordatario vedrà cessare l’efficacia del CPB, in quanto i due codici non rientrano nello stesso settore economico. Se invece l’attività iniziale e quella successiva appartengono allo stesso gruppo di attività, il CPB continuerà ad essere valido.

  1. Dichiarazione di Ricavi o Compensi Superiori ai Limiti Previsti

Un’altra causa di decadenza dal CPB è il superamento dei limiti di ricavi o compensi concordati. Se il contribuente dichiara ricavi superiori al 50% rispetto al limite concordato, il CPB cessa di avere effetto, e il contribuente sarà soggetto a normali accertamenti fiscali.

  1. Violazioni Fiscali Gravi

Il CPB cessa di avere effetto anche in caso di violazioni fiscali gravi, come:

  • Occultamento di attività rilevanti ai fini fiscali.
  • Dichiarazioni mendaci o inesatte nei modelli ISA.
  • Omessa presentazione della dichiarazione dei redditi o omesso versamento delle imposte dovute.
  • In caso di decadenza, il contribuente perde i benefici del CPB per entrambi i periodi di imposta coperti dall’accordo.
  1. Circostanze Eccezionali

Il CPB può cessare di avere effetto anche in presenza di circostanze eccezionali che determinano una riduzione significativa dei redditi o dei ricavi concordati. Tra queste circostanze rientrano eventi come calamità naturali, danni significativi ai beni dell’impresa, o impossibilità di continuare l’attività per cause di forza maggiore.

 

Rinnovo del Concordato

Il CPB ha una durata biennale, ma può essere rinnovato alla scadenza, sempre che il contribuente continui a rispettare i requisiti di accesso. Se il contribuente decide di rinnovare il concordato, dovrà seguire le stesse modalità previste per la prima adesione.

Effetti della Decadenza dal Concordato Preventivo Biennale

In caso di decadenza, il contribuente perde tutti i benefici derivanti dall’adesione al CPB, compresi l’esonero dagli accertamenti e la semplificazione degli adempimenti. Inoltre, eventuali accertamenti fiscali possono essere effettuati retroattivamente, e il contribuente sarà tenuto a pagare le imposte sui redditi effettivamente conseguiti.

Ripercussioni Fiscali

Se il contribuente decade dal CPB, sarà obbligato a versare le imposte dovute sui redditi effettivi, nonché eventuali sanzioni e interessi per il mancato rispetto degli obblighi fiscali. Inoltre, la perdita dei benefici premiali può comportare un aumento del rischio di accertamenti futuri.

Differenze Chiave tra Contribuenti ISA e Forfettari

Esistono alcune importanti differenze tra le regole applicabili ai contribuenti ISA e ai forfettari nell’ambito del CPB. Queste differenze si riflettono principalmente nel calcolo del reddito e nella durata del concordato.

Contribuenti ISA: Il CPB si applica al reddito d’impresa o di lavoro autonomo, oltre che alla base imponibile IRAP. Il reddito concordato è calcolato escludendo le componenti straordinarie, come plusvalenze, minusvalenze e utili da partecipazioni. Per i contribuenti ISA, il CPB copre un periodo di due anni.

Contribuenti Forfettari: Il CPB si applica sperimentalmente per il solo anno 2024. Il reddito concordato per i forfettari è determinato in modo forfettario, e non vengono incluse componenti straordinarie come plusvalenze o redditi da partecipazioni.

Per chi rispetta i requisiti, il CPB offre una preziosa opportunità per migliorare la gestione del proprio carico fiscale, garantendo stabilità e semplificazione negli adempimenti futuri!

RISPOSTE A QUESITI (CIRCOLARE N. 18/E )

La circolare fornisce risposte a una serie di domande poste da professionisti e categorie economiche specializzate riguardanti l’applicazione del Concordato Preventivo Biennale (CPB). Di seguito sono riportate le principali domande e le risposte fornite.

6.1 Esercizio di più attività

Domanda: Nel caso in cui il contribuente eserciti sia un’attività d’impresa che una di lavoro autonomo, entrambe soggette agli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA), è necessario compilare due distinti modelli di CPB?

Risposta: In base all’articolo 7 del decreto CPB, l’Agenzia delle Entrate formula due distinte proposte di concordato per ciascuna tipologia di reddito (impresa e lavoro autonomo). Il contribuente può decidere se aderire ad entrambe le proposte o solo a una delle due, a seconda delle sue esigenze.

 

6.2 Cause di esclusione dalla applicazione degli ISA

Domanda: Se un contribuente accetta la proposta del CPB e successivamente si verifica una causa di esclusione dagli ISA, viene escluso anche dal CPB?

Risposta: Le cause di decadenza dal CPB sono definite specificamente dal decreto. L’insorgenza di una causa di esclusione dall’applicazione degli ISA durante il periodo concordatario non comporta automaticamente la cessazione del CPB. Pertanto, anche in caso di esclusione dagli ISA, il contribuente mantiene l’efficacia del concordato, a meno che non si verifichino altre cause di decadenza.

6.3 Cambio di regime contabile: da cassa a competenza e viceversa

Domanda: Cosa accade se un contribuente passa dal regime di contabilità ordinaria a quella semplificata, quindi da regime di competenza a quello di cassa?

Risposta: Anche in questo caso, il passaggio tra i due regimi contabili non comporta la cessazione del CPB, poiché il decreto non prevede questa specifica fattispecie come causa di decadenza. Quindi, il CPB resta in vigore nonostante il cambio di regime contabile.

6.4 Compilazione dati CPB: le componenti straordinarie

Domanda: Nella compilazione del modello CPB, devono essere prese in considerazione le componenti straordinarie (plusvalenze, minusvalenze, sopravvenienze attive e passive)?

Risposta: Le istruzioni relative ai righi P04 e P05 del modello CPB indicano che:

Nel rigo P04 va dichiarato il reddito d’impresa o di lavoro autonomo per l’esercizio 2023, escludendo componenti straordinarie come plusvalenze, sopravvenienze attive e passive, e perdite su crediti. Per il reddito di lavoro autonomo, non si considerano plusvalenze, minusvalenze o i corrispettivi percepiti dalla cessione della clientela.

Nel rigo P05 va indicato il valore della produzione netta ai fini IRAP, escludendo le componenti straordinarie già previste dal decreto CPB.

6.5 Compilazione del modello CPB e della sez. VI del quadro LM persone fisiche

Domanda: La compilazione del modello CPB ISA e della Sezione VI del quadro LM del modello Redditi PF 2024 è obbligatoria solo per coloro che aderiscono al CPB?

Risposta: Sì, la compilazione del modello CPB è obbligatoria esclusivamente per i contribuenti che intendono aderire alla proposta di concordato. Analogamente, la Sezione VI del quadro LM deve essere compilata solo dai soggetti forfettari che vogliono accedere al CPB.

6.6 Cause di esclusione: Cessione di ramo d’azienda

Domanda: La cessione di un ramo d’azienda è considerata causa di esclusione dal CPB?

Risposta: L’articolo 11 del decreto CPB prevede che operazioni straordinarie come fusioni, scissioni o conferimenti siano considerate cause di esclusione dal CPB. Per coerenza con questa previsione, anche la cessione di un ramo d’azienda è considerata una causa di esclusione dal concordato, poiché altera la capacità reddituale originaria del soggetto.

 

6.7 Accettazione del concordato: termini per l’adempimento

Domanda: Se un contribuente presenta la dichiarazione per il 2023 senza aderire al CPB, può farlo successivamente presentando una dichiarazione correttiva entro il 31 ottobre?

Risposta: Sì, per il primo anno di applicazione (2024), il termine per aderire al CPB coincide con quello per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, ovvero il 31 ottobre 2024. Il contribuente può quindi presentare una dichiarazione correttiva entro tale data per aderire al CPB.

6.8 Soglia per i contribuenti forfetari

Domanda: Un contribuente forfettario che nel 2023 ha superato la soglia di 85.000 euro può aderire alla proposta CPB per i soggetti ISA nel biennio 2024/2025?

Risposta: No, un contribuente forfettario che ha superato la soglia di 85.000 euro nel 2023 non può aderire alla proposta CPB riservata ai soggetti ISA, poiché per l’anno 2023 non ha applicato il regime ISA.

6.9 Contribuenti che presentano il modello ISA per il 2023

Domanda: Un contribuente che esercita due attività non rientranti nello stesso ISA, e che ha dichiarato ricavi superiori al 30% per l’attività non prevalente, può aderire al CPB?

Risposta: No, il contribuente che non ha applicato gli ISA nel 2023, pur avendo presentato il modello, non può aderire alla proposta CPB per i soggetti ISA nel biennio 2024/2025.

6.10 Contribuenti forfetari oltre il plafond

Domanda: Un contribuente forfettario che supera i 100.000 euro di ricavi nel 2024, ma non i 150.000 euro, può optare per l’imposizione sostitutiva sul reddito eccedente?

Risposta: Sì, il contribuente può optare per l’imposizione sostitutiva prevista dall’articolo 31 bis del decreto CPB, anche se ha superato i 100.000 euro di ricavi, purché non ecceda i 150.000 euro.

6.11 Assenza di debiti per le società interessate al CPB

Domanda: Nel caso di una società, la condizione relativa all’assenza di debiti tributari superiori a 5.000 euro deve essere rispettata anche dai soci?

Risposta: No, l’articolo 10 del decreto CPB specifica che la condizione dell’assenza di debiti deve essere rispettata solo dalla società, non dai singoli soci.

6.12 Imposta sostitutiva sul reddito eccedente

Domanda: La parte di reddito eccedente assoggettata a imposta sostitutiva è esclusa dal calcolo delle aliquote progressive per la tassazione del restante reddito ordinario?

Risposta: Sì, come già chiarito nella circolare dell’Agenzia delle Entrate del 28 giugno 2023 n. 18, il reddito eccedente assoggettato a imposta sostitutiva è escluso dalla base di calcolo per la determinazione delle aliquote progressive applicabili al reddito ordinario.

6.13 Acconto per il 2024 con metodo storico – soggetti trasparenti

Domanda: Nel caso di società trasparenti, la maggiorazione dell’acconto prevista dall’articolo 20 del decreto CPB deve essere versata pro quota dai soci?

Risposta: Sì, la maggiorazione deve essere versata pro quota dai singoli soci o associati in caso di adesione al CPB da parte di società o associazioni trasparenti.

6.14 Imposta sostitutiva di cui all’articolo 20 bis – soggetti trasparenti

Domanda: Nel caso di società trasparenti, l’imposta sostitutiva prevista dall’articolo 20-bis deve essere versata pro quota dai soci?

Risposta: Sì, l’imposta sostitutiva deve essere versata pro quota dai singoli soci o associati.

6.15 Calcolo del differenziale assoggettabile a imposta sostitutiva articolo 20-bis

Domanda: Il differenziale assoggettabile a imposta sostitutiva ai sensi dell’articolo 20-bis è calcolato come differenza tra i righi P06 e P04 del modello CPB?

Risposta: Sì, la maggiorazione può essere determinata come differenza tra gli importi dichiarati nei righi P06 (reddito concordato) e P04 (reddito 2023) del modello CPB. Questi valori sono già al netto delle poste straordinarie.

6.16 Imposta sostitutiva di cui all’articolo 20 bis – voto ISA per l’anno 2023

Domanda: Per l’applicazione dell’aliquota dell’imposta sostitutiva, il voto ISA da considerare è quello relativo al 2023?

Risposta: Sì, il punteggio ISA rilevante per l’applicazione dell’aliquota dell’imposta sostitutiva è quello determinato per il 2023.

6.17 Compensazione delle perdite – perdite di periodo

Domanda: Le perdite derivanti da partecipazioni in società trasparenti possono essere compensate con il reddito d’impresa concordato?

Risposta: Sì, le perdite d’impresa derivanti da partecipazioni in società trasparenti possono essere dedotte dal reddito concordato, a condizione che il reddito assoggettato a imposizione non sia inferiore a 2.000 euro.

6.18 Compensazione delle perdite in presenza di opzione per l’imposta sostitutiva articolo 20-bis

Domanda: La compensazione delle perdite pregresse può essere effettuata sul reddito concordato prima di applicare l’imposta sostitutiva?

Risposta: No, l’imposta sostitutiva si applica sul differenziale tra il reddito concordato e quello dichiarato nel periodo precedente. Le perdite pregresse non incidono su questo differenziale.

6.19 Acconto per il 2024 con il metodo previsionale

Domanda: Nel calcolo dell’acconto per il 2024 con il metodo previsionale, si devono considerare le aliquote ordinarie?

Risposta: Sì, nel calcolo dell’acconto con il metodo previsionale si devono utilizzare le aliquote ordinarie per la determinazione delle imposte sui redditi.

Per maggiori chiarimenti sul concordato preventivo biennale o per eventuale assistenza e consulenza il nostro studio è a vostra disposizione.

Il recente Decreto Legislativo di revisione di Irpef e Ires ha introdotto una nuova e interessante opportunità per le imprese: l’affrancamento, con pagamento rateale, delle riserve in sospensione d’imposta.
Era dalla L. 311/2004, art. 1 commi 473-478, che non si presentava una simile opportunità, che dovrebbe interessare indistintamente tutti i saldi di rivalutazione, riserve e fondi in sospensione d’imposta (non è richiamata alcuna disciplina specifica) esistenti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023, che residuano al termine dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024.

Questa misura, che riprende e amplia quanto già previsto dalla Legge 311/2004, offre notevoli vantaggi ai contribuenti, semplificando la gestione contabile e permettendo di regolarizzare la propria posizione fiscale in modo dilazionato e conveniente!

Cosa prevede la norma
La norma riguarda le imprese che, al 31 dicembre 2023 o al 31 dicembre 2024, presentano nel proprio bilancio saldi attivi di rivalutazione non affrancati e riserve in sospensione d’imposta. L’affrancamento avviene mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva del 10% calcolata sull’importo netto delle riserve come risultante dal bilancio.

L’Agenzia delle Entrate, recependo il consolidato indirizzo della Corte di Cassazione (a partire dall’ordinanza 18 aprile 2018 n. 9509) ha convenuto che l’imposta sostitutiva sull’affrancamento della riserva debba essere calcolata sull’importo netto della stessa, come risultante dal bilancio (circ. 1° marzo 2022 n. 6, Parte I,§ 4.7).

Tale imposta può essere versata in quattro rate annuali di pari importo, a partire dalla scadenza del termine di versamento a saldo delle imposte relative all’esercizio in corso al 31 dicembre 2024.

Vantaggi per i contribuenti
Il pagamento rateizzato senza interessi consente alle imprese di dilazionare il versamento dell’imposta sostitutiva senza sostenere interessi e dovrà essere effettuato “obbligatoriamente” in quattro rate di pari importo, scadenti entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi dell’esercizio con riferimento al quale è effettuato l’affrancamento e dei tre successivi (ma presumibilmente, come in passato in una situazione analoga è stato affermato dalla circ. 13 febbraio 2006 n. 6 § 6.3, il pagamento potrà essere anticipato).

La dilazione potrebbe essere un incentivo determinante per i contribuenti ai fini della scelta dell’affrancamento, considerando che nella maggior parte dei casi l’opportunità di eliminare il regime di sospensione con il pagamento di un imposta sostitutiva del 10% si era già presentata. L’affrancamento elimina, inoltre, le riserve in sospensione d’imposta dal bilancio, semplificando la gestione contabile e la redazione della dichiarazione dei redditi.

L’aliquota agevolata del 10% può risultare conveniente rispetto all’imposizione ordinaria che sarebbe applicata in caso di distribuzione delle riserve.

Come funziona l’affrancamento
L’affrancamento si perfeziona con la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio in corso al 31 dicembre 2024, che deve contenere i dati e gli elementi necessari per la determinazione dell’imposta sostitutiva.

Il pagamento delle rate dell’imposta sostitutiva deve avvenire entro le scadenze ordinarie previste per il versamento delle imposte sui redditi. Le disposizioni attuative relative all’affrancamento saranno definite con un decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della norma.

L’introduzione dell’affrancamento delle riserve in sospensione d’imposta rappresenta un’importante novità per le imprese, offrendo loro la possibilità di regolarizzare la propria posizione fiscale in modo agevolato e dilazionato nel tempo.

È importante sottolineare che la norma è ancora in fase di definizione e potrebbe subire modifiche nel corso dell’iter di approvazione.
Per una consulenza e assistenza personalizzata sulla convenienza dell’affrancamento per la propria specifica situazione, lo Studio Pallino Commercialisti mette a disposizione la propria competenza ed esperienza professionale.

Le recenti modifiche legislative in Italia hanno introdotto importanti novità nella tassazione delle successioni, donazioni e trust. Il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri ha come obiettivi principali la semplificazione, la certezza del diritto e la razionalizzazione delle imposte indirette, escludendo l’IVA. Una delle innovazioni più significative è l’introduzione della dichiarazione di successione precompilata, che mira a semplificare gli adempimenti per eredi e professionisti, obbligando la presentazione telematica della dichiarazione. Questo cambiamento elimina la necessità di fornire alcuni dati precedentemente richiesti, come gli estratti catastali per gli immobili e il certificato dei pubblici registri per navi e aeromobili.

In termini di aliquote e franchigie, il decreto stabilisce un’imposta variabile tra il 4% e l’8%, con franchigie che vanno da 100.000 euro a 1,5 milioni di euro. Questo sistema di tassazione sembra favorire le famiglie tradizionali rispetto alle unioni civili, una scelta che ha suscitato discussioni e potrebbe richiedere ulteriori approfondimenti per comprendere appieno le implicazioni. Per quanto riguarda gli immobili, questi sono inclusi nel calcolo dell’imponibile, il che potrebbe avere un impatto significativo sulle passività fiscali in caso di successione o donazione.

Il decreto legislativo introduce anche regole specifiche per la territorialità dei trasferimenti derivanti da trust e altri vincoli di destinazione. Se il disponente del trust è residente in Italia al momento della separazione patrimoniale, l’imposta sarà dovuta su tutti i beni e diritti trasferiti ai beneficiari. Invece, se il disponente non è residente in Italia, l’imposta sarà applicata solo sui beni e diritti presenti nel territorio italiano.

Per i trust testamentari, è prevista la possibilità di versare il tributo in modo volontario e anticipato, sia al momento del conferimento dei beni sia all’apertura della successione. Questo permette una maggiore flessibilità e pianificazione fiscale per i disponenti. Inoltre, il decreto prevede la liquidazione e il versamento dell’imposta direttamente dal contribuente, senza attendere l’azione dell’Agenzia delle Entrate.

Le aliquote dell’imposta di successione ora variano in base al grado di parentela: per i parenti in linea diretta, come figli e coniugi, l’aliquota è del 4%, mentre per i fratelli e le sorelle è del 6%. Per gli altri parenti fino al quarto grado, l’aliquota applicata è dell’8%, e per i soggetti estranei alla parentela, l’aliquota è del 10%. Le franchigie sono state adeguate a 1 milione di euro per i discendenti diretti e i coniugi, 200.000 euro per fratelli e sorelle, e 100.000 euro per gli altri parenti fino al quarto grado. Per i soggetti non imparentati, non sono previste franchigie.

Per quanto riguarda l’imposta catastale e ipotecaria, queste sono state fissate al 2% per l’imposta ipotecaria e all’1% per l’imposta catastale, indipendentemente dal grado di parentela. Tuttavia, per la “prima casa” non locata e non adibita ad attività commerciali, le imposte sono ridotte a un importo fisso di 200 euro ciascuna.

Queste novità rappresentano un cambiamento significativo nel panorama fiscale italiano, con l’obiettivo di semplificare e razionalizzare il sistema tributario.
È importante sottolineare che, nonostante la presentazione delle informazioni relative alle nuove aliquote e franchigie dell’imposta di successione e delle tasse accessorie, queste rappresentano solo una sintesi delle normative attuali.

Lo Studio Pallino Commercialisti  è a disposizione per una comprensione approfondita e personalizzata delle dinamiche in materia di tassazione sulle successioni e per fornirvi una consulenza dettagliata, tenendo conto delle specificità del caso individuale e delle ultime disposizioni legislative. Questo passaggio è fondamentale per assicurarsi di adempiere  tutti gli obblighi legali, evitando possibili sanzioni o complicazioni future!

La recente introduzione dell’Entità Patrimoniale di Gruppo (EPG) nel panorama normativo italiano rappresenta un significativo passo avanti nella regolamentazione delle transazioni intercorrenti tra società collegate. Tale disposizione, inserita nell’ambito dell’articolo 13 del Codice Tributario (CT), mira a fornire un quadro normativo chiaro e definito per regolare le operazioni commerciali tra imprese appartenenti allo stesso gruppo economico.

L’EPG può essere definita come un’entità dotata di una propria autonomia decisionale, pur facendo parte di un contesto più ampio, ovvero il Gruppo Economico. Questa figura riveste un ruolo cruciale nella gestione e nell’ottimizzazione delle risorse finanziarie all’interno del gruppo, consentendo una più efficace pianificazione fiscale e finanziaria.

Le principali caratteristiche dell’EPG possono essere riassunte nei seguenti punti:

Ammontare dell’Entità Patrimoniale di Gruppo: L’EPG deve possedere un ammontare compreso tra 220.000 e 300.000 euro. Questa soglia mira a garantire che l’entità abbia un peso significativo all’interno del bilancio di gruppo e che le operazioni intercorrenti siano rilevanti dal punto di vista economico.

Oneri per i ricavi intra-gruppo: Le operazioni intragruppo, come vendite, prestiti, forniture di servizi, devono essere documentate e valutate secondo criteri di mercato. In particolare, i ricavi non possono superare i 60.000 euro al fine di non configurare una rilevante sproporzione economica.

ETSImprese e sgravio fiscale: L’EPG può godere del regime fiscale agevolato denominato “ETS Imprese”, che prevede agevolazioni fiscali per le imprese che investono in ricerca e sviluppo o in formazione del personale. Tale agevolazione è estesa anche alle società controllanti o collegate.

Riserve patrimoniali e accantonamenti: È prevista la possibilità di costituire riserve patrimoniali o accantonamenti in forma di fondo comune di investimento o patrimonio destinato.

Esclusione dall’imposizione: L’EPG è esclusa dall’imposizione dei redditi e dei contributi previdenziali, in quanto non configurabile come impresa autonoma ai fini fiscali.

Partecipazioni detenute e regimi speciali: L’EPG è tenuta a comunicare le partecipazioni detenute e aderire al regime speciale dell’imposta sul reddito delle società (IRS) o alla disciplina dei fondi comuni di investimento immobiliare (FCI).

Esclusione dall’IVA: L’EPG è esclusa dall’applicazione dell’IVA, in quanto considerata un soggetto non imprenditoriale.

Soggetti passivi IVA: L’EPG è soggetto passivo IVA solo se svolge in modo abituale attività di impresa o di lavoro autonomo.

Esclusione dall’obbligo di registrazione: L’EPG è esclusa dall’obbligo di registrazione al Registro delle Imprese e non è tenuta a compilare il bilancio consolidato.

Altre disposizioni: Altre disposizioni normative riguardano l’obbligo di dichiarazione e comunicazione delle operazioni con soggetti non residenti, l’adozione di procedure di controllo interno e la conservazione della documentazione contabile.

In conclusione, l’introduzione dell’Entità Patrimoniale di Gruppo rappresenta un importante strumento per le imprese italiane, consentendo una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse finanziarie e una migliore pianificazione fiscale. Tuttavia, è fondamentale che le imprese adottino una corretta governance e rispettino scrupolosamente le disposizioni normative per evitare possibili controversie con l’Agenzia delle Entrate e massimizzare i benefici derivanti da questa innovativa figura giuridica.

Per ulteriori informazioni e assistenza personalizzata sulla gestione delle Entità Patrimoniali di Gruppo, lo Studio Pallino Commercialisti è a disposizione per consulenze e supporto professionale.

L’Agenzia delle Entrate ha recentemente emesso una risposta a interpello (n. 69/2024) che ha sollevato importanti questioni riguardo alla riduzione dei termini di accertamento per le imprese facenti parte del Gruppo IVA. Secondo quanto affermato, la disciplina di favore relativa alla riduzione dei termini di accertamento, concessa ai soggetti che tracciano tutti gli incassi e i pagamenti superiori a 500 euro, non si applica al Gruppo IVA.

Questa decisione ha sollevato una serie di interrogativi e ha portato a una riflessione più approfondita sulle implicazioni fiscali per le imprese coinvolte. In particolare, l’art. 3 del DLgs. 127/2015 prevede la riduzione di due anni dei termini di decadenza dell’azione accertativa a favore di coloro che garantiscono la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati di importo superiore a 500 euro. Tuttavia, questa riduzione dei termini di accertamento è limitata all’IVA e ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo.

Secondo il DM 4 agosto 2016, affinché un’impresa possa beneficiare della riduzione dei termini di accertamento, è necessario che il possesso dei relativi requisiti sia indicato nella dichiarazione dei redditi riferita al periodo d’imposta per il quale si intende fruire del beneficio. Inoltre, un ulteriore requisito è che le operazioni siano state certificate mediante emissione di fattura elettronica via SdI e/o memorizzazione e invio telematico dei corrispettivi.

Nel contesto della risposta a interpello, una società appartenente a un Gruppo IVA ha chiesto conferma sulla possibilità di beneficiare della riduzione dei termini prevista dall’art. 3 del DLgs. 127/2015, avendo nel periodo d’imposta 2022 utilizzato esclusivamente mezzi di pagamento tracciabili e documentato le operazioni mediante e-fattura via SdI. Tuttavia, la società ha anche chiesto chiarimenti sulla rilevanza, ai fini dell’agevolazione, delle operazioni con controparti non stabilite in Italia che non sono state certificate mediante fattura elettronica via SdI.

L’Agenzia delle Entrate ha risposto escludendo il beneficio della riduzione dei termini di accertamento per tutte le società aderenti a un Gruppo IVA. La motivazione fornita si basa su due principali argomentazioni. In primo luogo, si evidenzia che i membri di un Gruppo IVA non posseggono la qualifica di soggetti passivi d’imposta, essendo tale status assunto dal Gruppo stesso, e questa condizione risulterebbe essenziale per l’agevolazione di cui trattasi.

In secondo luogo, l’Agenzia osserva che il Gruppo IVA non ha rilevanza ai fini delle imposte sui redditi, elemento che risulterebbe in contrasto con la riduzione dei termini di accertamento prevista dall’art. 3 del DLgs. 127/2015 anche ai fini reddituali.

Questa decisione solleva importanti questioni riguardo alla gestione fiscale delle imprese facenti parte del Gruppo IVA e sottolinea l’importanza di una rigorosa conformità alle normative fiscali vigenti. Le imprese coinvolte dovranno adattarsi a questa nuova realtà e prendere le misure necessarie per garantire la piena conformità alle disposizioni fiscali vigenti.

La necessità di un’attenta gestione fiscale e di una rigorosa conformità alle normative diventa ancora più rilevante per le imprese operanti all’interno del Gruppo IVA, alla luce di questa decisione dell’Agenzia delle Entrate e pone l’accento sull’importanza della trasparenza e della correttezza nelle attività fiscali delle imprese, sottolineando il valore di una stretta collaborazione e comunicazione con le autorità fiscali al fine di garantire il pieno rispetto delle disposizioni normative.

Per approfondimenti e assistenza personalizzata su questo argomento lo staff dello Studio Pallino è a vostra disposizione.

Il panorama delle pratiche fiscali sta per subire un’altra svolta significativa, poiché l’Agenzia delle Entrate ha recentemente annunciato modifiche sostanziali  riguardanti l’emissione e la ricezione delle fatture elettroniche. Con il provvedimento dell’8 marzo 2024, Prot. n. 105669, reso pubblico sull’11 marzo 2024, l’Agenzia ha introdotto innovazioni che influenzeranno il modo in cui aziende e individui gestiscono le loro operazioni finanziarie.

Una delle modifiche più rilevanti entra in vigore a partire dal 20 marzo 2024, riguarda le condizioni di utilizzo del servizio di consultazione delle fatture elettroniche.

In particolare, ci sono alcuni punti chiave da tenere presente:

Adesione all’Accordo di Servizio: Non più Obbligatoria

Prima di questa modifica, l’adesione all’accordo di servizio era un passaggio necessario per poter consultare le proprie fatture elettroniche. Tuttavia, con il cambiamento introdotto, tutti i contribuenti, inclusi operatori economici, persone fisiche e soggetti non titolari di partita IVA, potranno usufruire del servizio di consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche senza dover sottoscrivere alcun accordo di servizio.

Tempistiche di Disponibilità delle Fatture

Le fatture elettroniche emesse tramite il Sistema di Interscambio (SdI) saranno disponibili nell’area riservata fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di ricezione da parte del SdI. Inoltre, sia per gli operatori economici che per i consumatori finali, i “dati fattura” saranno consultabili fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento.

Estensione del Servizio di Registrazione dell’Indirizzo Telematico

Infine, il servizio di registrazione dell’indirizzo telematico di consegna delle fatture elettroniche, originariamente riservato ai soggetti IVA, verrà esteso anche ai soggetti diversi da persona fisica e non titolari di partita IVA. Questo ampliamento mira a rendere più accessibili e efficienti le procedure di gestione delle fatture elettroniche per una gamma più ampia di soggetti.

In caso di dubbi o necessità di approfondimenti riguardo alle nuove disposizioni in materia di fatturazione elettronica, lo Studio Pallino è a vostra disposizione per fornire assistenza personalizzata.

In allegato il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate
provvedimento-n105669-2024

Con l’inizio del nuovo anno, è arrivato il momento per le imprese e i professionisti autonomi di affrontare la presentazione della Dichiarazione IVA 2024, riguardante l’anno fiscale 2023.

La dichiarazione Iva annuale, in cui è possibile chiedere il rimborso annuale, va presentata tra il 1° febbraio e il 30 aprile di ciascun anno. L’Agenzia delle Entrate ha reso disponibili tutte le informazioni necessarie per completare questo processo in conformità alle normative vigenti.

Un aspetto cruciale della Dichiarazione IVA 2024 è il quadro VQ, progettato per gestire i versamenti periodici omessi. Questo strumento è stato introdotto per permettere il calcolo del credito accumulato a seguito di versamenti di IVA periodica non effettuati spontaneamente o ripresi dopo una sospensione dovuta a eventi eccezionali, relativi agli anni fiscali precedenti a quello oggetto della dichiarazione.

 

Dettagli del Quadro VQ e Utilizzo Pratico

Il quadro VQ è organizzato in diverse colonne, ognuna richiedente specifiche informazioni:

  1. Anno Fiscale:
    indica l’anno d’imposta a cui si riferisce l’IVA periodica non versata.
  2. Differenza tra IVA Dovuta e Versata
    esprime la variazione, se positiva, tra l’IVA periodica dovuta e quella effettivamente versata.
  3. Credito Potenziale:
    rappresenta la differenza, se positiva, tra il credito che si sarebbe generato con il versamento completo dell’IVA periodica e il credito effettivamente liquidato nella dichiarazione annuale.
  4. Versamenti Effettuati a Seguito di Comunicazioni d’Irregolarità o Notifica di Cartelle di Pagamento:
    indica l’importo dell’IVA periodica versata dopo la ricezione di comunicazioni d’irregolarità o notifiche di cartelle di pagamento.
  5. Versamenti Effettuati dopo la Presentazione della Dichiarazione dell’Anno Precedente:
    rappresenta l’importo dell’IVA periodica versata dopo la presentazione della dichiarazione dell’anno fiscale precedente.
  6. Versamenti Effettuati dopo la Notifica di Cartelle di Pagamento:
    indica l’importo dell’IVA periodica versata dopo la notifica di cartelle di pagamento.
  7. Versamenti Effettuati dopo la Ripresa dei Versamenti:
    rappresenta l’importo dell’IVA periodica versata dopo la ripresa dei versamenti successivamente a una sospensione per eventi eccezionali.
  8. Credito Maturato per Effetto dei Versamenti:
    esprime l’ammontare del credito accumulato a seguito dei versamenti indicati nelle colonne precedenti.
  9. Codice Fiscale del Beneficiario dei Versamenti:
    indica il codice fiscale del soggetto a cui si riferiscono i versamenti, se diverso dal dichiarante.
  10. Numero Identificativo del Modulo:
    specifica il numero del primo modulo riferito al soggetto che ha effettuato i versamenti, in caso di più moduli a seguito di trasformazioni sostanziali soggettive.
  11. Indicazione della Società Controllante in Caso di Liquidazione dell’IVA di Gruppo:
    va barrato dalla società controllante in presenza di versamenti relativi alla stessa procedura di liquidazione dell’IVA di gruppo.

 

Chiarezza su Omessi Versamenti e Rateazioni

È fondamentale comprendere che, secondo le recenti direttive dell’Agenzia delle Entrate, nel caso di mancati versamenti dell’IVA a debito, il quadro VL della dichiarazione IVA non tiene conto dei versamenti periodici omessi, ma considera solo l’IVA periodica versata, anche dopo il ricevimento delle comunicazioni degli esiti del controllo automatizzato.

In caso di versamenti rateali, è essenziale indicare la parte dell’imposta corrisposta fino alla data di presentazione della dichiarazione, rispettando il termine ordinario previsto per la presentazione stessa.

La presentazione della Dichiarazione IVA 2024 richiede una comprensione dettagliata delle normative e una gestione accurata delle informazioni contabili. Utilizzando il quadro VQ e le sue specifiche colonne, è possibile fornire all’Agenzia delle Entrate i dati necessari per il calcolo corretto del credito accumulato a seguito di versamenti omessi o ritardati.

Per garantire la conformità alle normative, una gestione efficace delle imposte, per fornire consulenza e supporto professionale lo Studio Pallino è a vostra disposizione.

L’Agenzia delle Entrate ha recentemente aggiornato le specifiche tecniche per la fatturazione elettronica, introducendo alcune novità entrate in vigore dal 1° febbraio 2024.

La prima novità riguarda i produttori agricoli che applicano il regime speciale IVA, ovvero quelli che non sono tenuti a versare l’imposta sul valore aggiunto, ma solo a calcolarla e a comunicarla all’Agenzia delle Entrate. Questi soggetti dovranno indicare, nel blocco “Altri Dati Gestionali” della fattura elettronica, una nuova codifica che permetterà all’Agenzia delle Entrate di predisporre in modo automatico le liquidazioni IVA periodiche, semplificando così gli adempimenti fiscali dei produttori agricoli.

La seconda novità riguarda le fatture non imponibili IVA emesse a favore di un esportatore abituale, ovvero un soggetto che effettua esportazioni di beni o servizi per almeno il 10% del proprio fatturato annuo.

Queste fatture sono esenti da IVA a condizione che siano collegate ad una dichiarazione d’intento, ovvero un documento con cui il cliente si impegna ad esportare i beni o i servizi acquistati. L’Agenzia delle Entrate ha introdotto un nuovo controllo per verificare la validità delle dichiarazioni d’intento e scartare le fatture che risultano collegate ad una dichiarazione d’intento invalidata, ad esempio perché revocata, scaduta o falsa.

La terza novità riguarda l’ampliamento dei casi di utilizzo del tipo documento TD28, ovvero il documento commerciale che può essere utilizzato al posto della fattura elettronica per alcune operazioni particolari, come le cessioni di beni usati, le vendite all’esportazione o le prestazioni di servizi turistici.

L’Agenzia delle Entrate ha previsto che il tipo documento TD28 possa essere utilizzato anche per le operazioni effettuate da soggetti non residenti in Italia che non hanno una stabile organizzazione nel nostro Paese, a condizione che siano identificati ai fini IVA in Italia e che emettano il documento commerciale in formato elettronico.

Infine è stata Introdotta la verifica della validità del numero di partita IVA del cessionario/committente.

Nel caso di partita IVA italiana non presente in Anagrafe Tributaria, il file viene scartato con codice errore 00305.

Queste sono le principali novità introdotte dalle specifiche tecniche versione 1.8 per la fatturazione elettronica. Per approfondire gli aspetti tecnici e operativi delle modifiche, per chiarimenti e assistenza personalizzata lo Studio Pallino  è a vostra disposizione.

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