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Epidemia da Covid19 e perdita dei ricavi. Quali tutele a favore della parte contrattualmente più debole?

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Abstract: Le misure di aiuto che il Governo può attuare non possono che consistere in generalizzati sgravi fiscali e previdenziali, ma non potranno interferire sul singolo rapporto giuridico in essere e sugli interessi contrapposti. La perdita dei ricavi delle imprese, in particolare per gli esercizi aperti al pubblico, può effettivamente comportare gravi inadempimenti alle obbligazioni contratte, si pensi, in particolare ai contratti di durata. E allora quale rimedio prevede la legge nelle ipotesi di eventi straordinari e imprevedibili? La risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta prevista dall’art. 1467 cod. civ. potrebbe soccorrere la parte più debole nel rapporto contrattuale in relazione alle conseguenze dovute alla diffusione del Covid19.

Il problema

La diffusione del Coronavirus ha imposto al Governo centrale e agli amministratori locali misure altamente limitative alla circolazione delle persone; non solo, sono stati emanati una serie di provvedimenti, non da ultimo, il 12 marzo il d.p.c.m., che, per tutto il territorio nazionale, ha di fatto imposto la chiusura di ogni esercizio commerciale ad esclusione di quelli che offrono servizi essenziali alla persona, tra i quali farmacie e alimentari. Non solo, a causa del Covid19 molti paesi hanno limitato l’ingresso dei rispettivi cittadini nel nostro Paese determinando una drastica riduzione delle richieste di prenotazione e una crisi del settore turistico alberghiero; senza pensare alle cancellazioni volontarie e ai tempi necessari a ristabilire la normale attrazione che il nostro Paese ha storicamente avuto nei confronti dei cittadini stranieri.

Le iniziative del Governo a sostegno delle imprese e la loro inadeguatezza a risolvere il singolo rapporto contrattuale

Lo Stato difficilmente potrà avere la potestà di comporre, nell’ambito dei rapporti tra i privati, gli interessi contrapposti nella singola contesa contrattuale; piuttosto, potrà acconsentire a misure economiche generalizzate, quali la sospensione dei versamenti contributivi e fiscali, voucher e bonus.

E allora cosa accade, o può accadere, ai contratti di durata, a quelli in corso? Come può tutelarsi la parte obbligata a corrispondere per esempio i canoni di locazione o di affitto dinnanzi ad un azzeramento dei ricavi dovuto alla diffusione del Coronavirus, specie nei casi in cui l’attività commerciale deve per legge cessare?

I rimedi del diritto comune

Il nostro ordinamento prevede talune ipotesi in cui il contratto si scioglie in ragione di eventi assolutamente imprevedibili e straordinari successivi alla stipulazione del contratto. La legge – proprio per evitare che lo squilibrio di valore, straordinario e abnorme, tra la prestazione e la controprestazione, danneggi una delle due parti – riconosce dei rimedi alla parte la cui esecuzione del contratto è divenuta eccessivamente onerosa.

Ai sensi dell’art. 1467 «Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto».

Ecco che la sopraggiunta alterazione del rapporto di valore delle rispettive prestazioni contrattuali può essere corretta e, in caso di impossibilità, risolta con lo scioglimento del vincolo contrattuale.

Viene però consentito alla parte destinataria della richiesta di scioglimento di adeguare alla nuova situazione la prestazione attesa, diversamente il contratto si risolverà secondo l’ordinaria disciplina.

Ovviamente, sono esclusi da queste ipotesi i contratti aleatori (i.e. di assicurazione).

Dunque, può il diffondersi dell’epidemia da Covid19 rientrare tra le ipotesi previste dal legislatore di cui all’art. 1467 cod. civ.?

Si pensi, infatti, agli esercizi commerciali aperti al pubblico, ai ristoranti, ai bar, alle discoteche e agli alberghi contrattualmente obbligati a corrispondere – magari per anni ­ canoni di affitto o di locazione, in aggiunta alle retribuzioni e agli altri costi, che, anche, e non solo, in ragione delle chiusure imposte dal Governo e dagli Enti Locali si trovano, sostanzialmente, in una situazione di azzeramento dei ricavi. Non solo i luoghi pubblici e le attività turistiche, ma anche le aziende produttive sono, ormai in tutto il Paese, obbligate alla chiusura, salvo l’adozione di sistemi di sicurezza ad hoc.

Quali sono, quindi, le ipotesi che legittimano l’invocazione della risoluzione del contratto o, in alternativa, del riequilibrio delle prestazioni?

Tra i casi più emblematici abbiamo la svalutazione monetaria. Il fenomeno inflattivo, infatti, può concretizzare evento straordinario ed imprevedibile e, come tale, legittimare il ricorso ai rimedi dell’onerosità, qualora comporti un rischio che, per la sua improbabilità, non può ritenersi assunto dalle parti perché al di là della normale alea contrattuale (Gabrielli E., Tipo negoziale, prevedibilità dell’evento e qualità della parte nella distribuzione del rischio contrattuale, in GI, 1986, I, 1, 1706). Ovviamente, l’inflazione non deve già essere in corso al momento della stipulazione del contratto, rientrando, in quel caso nell’alea contrattuale prevista dal secondo comma della norma in esame.

Vi rientrano anche le guerre e gli eventi bellici, senz’altro non prevedibili in un sistema democratico e pacifico e le calamità naturali particolarmente violente e distruttive.

Infine, non possiamo non annoverare tra i casi principali le epidemie e tra queste, non possiamo escludere, quella attualmente in corso nel nostro Paese, il cui esito e le cui conseguenze sono ancora incerte. Le ultime misure prese dal Governo italiano e non solo – si pensi alla chiusura dei collegamenti con gli Stati esteri e agli ormai generalizzati divieti di ingresso imposti ai cittadini stranieri dai rispettivi Paesi –potrebbero rientrare tra le ipotesi di evento straordinario ed imprevedibile ex art. 1467 cod. civ., quantomeno per gli imprenditori del settore del turismo. Questa industria, fondamentale da un punto di vista strategico per l’economia del Paese, è tra i primi settori a subire gli effetti negativi del Coronavirus, stante le massicce cancellazioni delle prenotazioni.

Per queste ragioni, quindi, la parte contrattuale colpita dagli effetti indiretti dell’epidemia in atto dovrà, con rigore, approfondire e verificare se, effettivamente, potrà ricorrere ai rimedi previsti dall’art. 1467 cod. civ. che, lo si ripete, sono la risoluzione del contratto o una modifica equitativa delle condizioni contrattuali. Va da sé che sarà necessaria un’analisi ad hoc della singola fattispecie, con particolare riguardo al settore in cui le parti contrattuali operano, tenendo conto che al momento alcuna pronuncia è stata emanata sul tema, quindi, l’assenza di precedenti giurisprudenziali che hanno già affrontato l’istituto sotteso alla norma rispetto, appunto, al Coronavirus.

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