A partire dal 1° gennaio 2017, l’obbligo di assumere lavoratori disabili, come previsto dall’articolo 3 della legge 68/1999, non è più legato al superamento della soglia minima di 15 dipendenti computabili, ma scatta contestualmente al raggiungimento di tale limite.

I datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere lavoratori appartenenti a categorie protette, stabilite dall’articolo 1 della legge 68. La quantità obbligatoria varia in base al numero di dipendenti, prevedendo un lavoratore se l’organico va da 15 a 35 dipendenti, due lavoratori se va da 36 a 50 dipendenti, e il 7% dei lavoratori se sono più di 50 (oltre all’1% riservato a vedove, orfani o profughi).

L’obbligo di assunzione tramite collocamento mirato richiede un’attenta valutazione, considerando non solo le dimensioni dell’organico aziendale ma anche le modalità di computo e le specifiche esclusioni di alcuni rapporti di lavoro. Nel caso in cui tutti i 15 lavoratori siano computabili, il datore di lavoro deve presentare la richiesta di assunzione al Centro per l’Impiego entro 60 giorni dall’obbligo, ossia dal momento in cui viene assunto il quindicesimo lavoratore.
Dal punto di vista operativo, i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici adempiono all’obbligo assumendo i lavoratori mediante richiesta nominativa o convenzioni. La richiesta nominativa può essere preceduta dall’istanza di preselezione delle persone con disabilità in base alle qualifiche concordate. In caso di mancata assunzione entro il termine previsto, il Centro per l’Impiego avvia i lavoratori secondo l’ordine di graduatoria.

L’invio del prospetto informativo, entro il 31 gennaio di ogni anno, è obbligatorio per i datori di lavoro soggetti al collocamento obbligatorio. Le informazioni devono riflettere la situazione aziendale al 31 dicembre dell’anno precedente e vanno inviate solo se ci sono cambiamenti rispetto all’ultimo invio.

Per calcolare la base di computo e determinare il numero di soggetti disabili da assumere, vanno considerati tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, inclusi quelli in smart working. Alcune figure, come dirigenti e apprendisti, sono escluse dal computo.Alcuni settori, come il trasporto aereo, marittimo, terrestre, edilizia e autotrasporto, sono esclusi dall’obbligo di assunzione di lavoratori disabili.

Gli esoneri totali e parziali sono previsti per alcune aziende, a condizione che versino i contributi previsti. Gli esoneri devono essere autocertificati telematicamente tramite la banca dati del collocamento mirato.
I datori di lavoro non soggetti all’obbligo possono stipulare convenzioni con gli uffici competenti per pianificare l’inserimento graduale e programmato di soggetti disabili nell’azienda.

Queste convenzioni stabiliscono tempi e modalità di assunzione, inclusi tirocini, contratti a termine e periodi di prova estesi.

Lo studio Pallino rimane a disposizione per maggiori informazioni e per una consulenza specifica.

L’utilizzo di un’auto aziendale anche per scopi personali comporta delle implicazioni fiscali. Infatti, il valore
dell’utilizzo dell’auto è considerato un reddito in natura, o fringe benefit, che va tassato secondo le regole
previste dalla legge.

Il fringe benefit per le auto aziendali è il valore economico attribuito all’utilizzo dell’auto da parte del
dipendente o del dirigente per scopi diversi da quelli lavoravi. Si tratta di un reddito in natura che va
aggiunto al reddito imponibile del lavoratore e che va tassato secondo le aliquote Irpef.

Il valore del fringe benefit dipende da diversi fattori, tra cui:
• il costo di acquisto o di noleggio dell’auto
• la potenza del motore
• il tipo di alimentazione
• il chilometraggio annuo
• la percentuale di utilizzo personale

Per calcolare il valore del fringe benefit, si può seguire il metodo forfetario o il metodo analitico.

Il metodo forfettario prevede di applicare una percentuale fissa al costo dell’auto, che varia in base alla
potenza del motore e al tipo di alimentazione. Per il 2024, le percentuali sono le seguenti:
• 30% per le auto con potenza fino a 100 kW
• 40% per le auto con potenza superiore a 100 kW
• 15% per le auto elettriche o ibride
• 5% per le auto a idrogeno

Il metodo analitico prevede invece di tenere conto dei cos effettivi sostenuto per l’auto, come il carburante,
l’assicurazione, la manutenzione, il pedaggio, ecc. In questo caso, il valore del fringe benefit è dato dalla
differenza tra i cos totali e quelli relativi all’uso lavoravo.

Per determinare la quota di uso lavoravo, si può usare un criterio presuntivo o un criterio effettivo.
Il criterio presuntivo prevede di considerare come uso lavoravo il 70% del chilometraggio annuo, salvo
prova contraria.
Il criterio effettivo prevede invece di documentare con apposi registri di bordo i chilometri percorsi per
motivi lavoravi e quelli percorsi per motivi personali.

Qual è il metodo più conveniente?
Dipende dalla situazione specifica di ogni lavoratore.
In generale, il metodo forfetario è più semplice e veloce, ma può portare a una sovrastima del valore del
fringe benefit.
Il metodo analitico è più complesso e richiede una maggiore documentazione, ma può permettere di
ridurre il valore del fringe benefit se si dimostra un uso prevalente dell’auto per scopi lavoravi.

Quali sono le novità introdotte dalla legge di bilancio?
Il comunicato dell’Agenzia delle Entrate pubblicato recentemente sulla Gazzetta Ufficiale n. 298 del 22
dicembre 2023 contiene l’aggiornamento delle tabelle dei costi chilometrici di esercizio di autovetture e
motocicli elaborate dall’ACI per il periodo d’imposta 2024, introducendo cambiamenti significavi nel calcolo
del fringe benefit per le auto aziendali:
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/12/22/23A06840/sg;
Le tabelle in esame sono disponibili sul sito internet: www.aci.it nella sezione Servizi/Servizi online/Fringe
benefit;

Le auto aziendali, compresi motocicli, ciclomotori e autocaravan, concesse in uso promiscuo ai dipendenti,
costituiscono un’importante componente della retribuzione ‘in natura’. Questa forma di retribuzione ‘in
natura’ destinata ai dipendenti ha subito variazioni nelle percentuali in base alle emissioni di CO2 dei veicoli.

La tassazione del fringe benefit è ora determinata non solo dalle tabelle ACI, ma anche da percentuali
variabili in base alle emissioni di CO2 del veicolo. Questo cambiamento mira ad incentivare l’acquisto di
veicoli a basso impatto ambientale da parte delle aziende.

In base alle nuove disposizioni, le percentuali di fringe benefit per il 2024 sono le seguenti:
• 25% per veicoli con emissioni di CO2 fino a 60 g/km;
• 30% per veicoli con emissioni di CO2 da 61 g/km a 160 g/km;
• 50% per veicoli con emissioni di CO2 da 161 g/km a 190 g/km;
• 60% per veicoli con emissioni di CO2 superiori a 190

Per maggiori informazioni sul Fringe Benefit, chiarimenti o assistenza personalizzata il nostro Studio è a
vostra disposizione.

Nel contesto fiscale italiano, i sostituti d’imposta, responsabili di corrispondere provvigioni per servizi di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio e procacciamento di affari, sono tenuti, in conformità all’articolo 25-bis del D.P.R. 600/1973, a effettuare una ritenuta a titolo di acconto dell’IRPEF o dell’IRES dovuta dai percipienti. Questa ritenuta deve avvenire al momento del pagamento della provvigione, con l’obbligo di rivalsa.

Un cambiamento significativo è stato introdotto dagli articoli 5, comma 2-bis, e 2-ter del D.L. 193/2016, riguardante lo scomputo delle ritenute a titolo d’acconto per redditi tassati per competenza. Tale modifica si applica anche alle provvigioni relative ai rapporti di agenzia e rappresentanza, come indicato negli articoli 22, comma 1, lett. c) del Tuir e 25-bis, comma 3 del D.P.R. 600/1973. Secondo queste disposizioni, il percipiente può scegliere tra diverse modalità di gestione delle ritenute subite per gli anni successivi a quello di competenza dei redditi.

Una novità introdotta dal D.L. 193/2016 è la possibilità di scomputare le ritenute subite nella dichiarazione dell’anno successivo in cui sono state operate (principio di cassa). Prima di questa modifica, questa facoltà era ammessa solo interpretativamente dalla prassi dell’Agenzia delle entrate.

In pratica, per le provvigioni di competenza del periodo d’imposta 2023, le ritenute sulle provvigioni pagate nel 2023 possono essere scomputate dalle imposte sui redditi dell’esercizio 2023 (modello Redditi 2024). Le ritenute sulle provvigioni erogate nel 2024 possono essere scomputate dalle imposte dell’anno 2023 (modello Redditi 2024) o dell’anno 2024 (modello Redditi 2025), a seconda della data di erogazione. Le ritenute sulle provvigioni versate nel 2024, dopo la trasmissione della dichiarazione dei redditi dell’anno 2023, possono essere scomputate dalle imposte dell’anno 2024 (modello Redditi 2025).

È importante sottolineare che questo principio si applica anche alle ritenute su provvigioni relative ai rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio e di procacciamento d’affari, a seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 5, comma 2-bis e 2-ter, del D.L. 193/2016 all’articolo 25-bis, comma 3, del D.P.R. 600/1973.

Per quanto riguarda gli adempimenti del sostituto di imposta, colui che opera ritenute su provvigioni deve versarle utilizzando il modello F24 entro il giorno 16 del mese successivo al pagamento. Inoltre, deve riepilogare i versamenti e le compensazioni nel modello 770.

Le modifiche apportate dal D.L. 193/2016 non hanno risolto completamente il problema del disallineamento temporale tra la certificazione della ritenuta da parte del sostituto di imposta e la presentazione della dichiarazione dei redditi del soggetto sostituito.

Di conseguenza, il soggetto sostituito (agente, procacciatore, mediatore, ecc.) è responsabile di conservare la documentazione che dimostri di aver subito effettivamente la ritenuta e di tenerne conto nella presentazione della dichiarazione dei redditi, indipendentemente dall’imputazione per competenza o per cassa della ritenuta stessa.

Per quanto riguarda la ritenuta d’acconto, l’aliquota generalmente applicata è del 23%, ma può essere ridotta al 4,6% in determinate condizioni. La riduzione è subordinata alla presentazione di una dichiarazione che attesti il soddisfacimento dei requisiti richiesti. La dichiarazione ha validità fino a revoca o perdita dei requisiti, secondo quanto disposto dall’articolo 27 del D.Lgs. 175/2014, notando che prima delle modifiche apportate da questo decreto, la validità era annuale. Se durante l’anno si verificano variazioni delle condizioni che consentono l’applicazione della ritenuta ridotta, queste devono essere comunicate al committente entro 15 giorni dall’evento. Infine, se un intermediario inizia l’attività durante l’anno, deve richiedere l’applicazione della ritenuta ridotta entro 15 giorni dalla stipula del contratto o dell’accordo corrispondente.

Per maggiori informazioni su questo argomento o per una consulenza personalizzata lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione.

Operatori sanitari: Fatturazione Elettronica per le Prestazioni Sanitarie verso Privati rinviata al 31 Dicembre 2024

Una stretta burocratica coinvolge ora i professionisti operanti a regime forfettario con un reddito inferiore a 25.000 euro. Dal 1° gennaio 2024, è entrato in vigore l’obbligo di fatturazione elettronica anche per questa categoria, estendendo così quanto già previsto per gli altri contribuenti. Attualmente, oltre 2 milioni di partite IVA sono sotto il regime forfettario, e considerando che il 24,9% di esse ha un volume d’affari inferiore a 25.000 euro, si stima che circa mezzo milione di contribuenti saranno coinvolti dalla nuova normativa.

In controtendenza, medici e odontoiatri non vedranno cambiamenti: il decreto Milleproroghe ha prorogato fino al 2024 il divieto di fatturazione elettronica per le prestazioni rivolte a persone fisiche non soggette a IVA.

Esaminiamo più nel dettaglio le novità. L’obbligo della fatturazione elettronica, introdotto nel 2019 per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi tra soggetti residenti o stabiliti in Italia, ora si estenderà a tutti i contribuenti, inclusi coloro che operano sotto il regime dei vecchi minimi e gli enti del Terzo settore nel regime forfettario.

Tuttavia, il decreto Milleproroghe ha mantenuto l’eccezione per gli operatori sanitari, prorogando il divieto di emissione di fatture elettroniche per le prestazioni sanitarie per l’intero 2024, preservando così la privacy dei pazienti.

Il presidente della Federazione degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri, Filippo Anelli, aveva precedentemente sollecitato un intervento per prorogare la normativa che vietava la fatturazione elettronica da parte di medici e odontoiatri alle persone fisiche. Questa richiesta è stata accolta, dando il tempo di adeguare la normativa secondo le indicazioni del Garante per la protezione dei dati personali.

Inoltre, con l’estensione dell’obbligo della fatturazione elettronica a tutti i forfettari, a partire dall’anno d’imposta 2024, non sarà più necessario ricevere la Certificazione unica (CU). Le CU relative alle prestazioni del 2023 saranno quindi le ultime per forfettari e contribuenti a regime dei vecchi minimi.

Per maggiori informazioni su questo argomento o per una consulenza personalizzata lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione.

Ricordiamo le principali scadenze di Gennaio 2024:

2 GENNAIO
-Comunicazione ad Ag.Entrate dei dati dei soggetti per i quali sono state effettuate le trattenute per canone Rai
-Pres. Mod. INTRA 12

16 GENNAIO
-Versamento IVA e ritenute
-Versamento dell’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali

22 GENNAIO
-Regime speciale IVA MOSS: Tras. telematica dichiarazione relativa operazioni effettuate nel trimestre precedente e contestuale versamento dell’Iva dovuta

31 GENNAIO
-IRPEF: Vers. somme non trattenute dai sostituti di imposta pres. 730/2023
-Vers. Superbollo
-Presentazione INTRA 12
-IVA: Liquidazione e versamento dell’Iva mese precedente

Per qualsiasi domanda il nostro team di esperti è a vostra disposizione.
Non esitate a contattarci per ulteriori dettagli e assistenza personalizzata!

Il Whistleblowing, disciplina introdotta dal decreto legislativo numero 24 del 10 marzo 2023, è entrata in una nuova fase, con l’ultima scadenza del 17 dicembre che ha visto un ampliamento significativo della platea dei soggetti obbligati a effettuare segnalazioni. Questa evoluzione coinvolge  ora le imprese che impiegano tra 50 e 249 dipendenti.

La normativa italiana, recependo la direttiva europea numero 1937 del 2019 sulla protezione dei whistleblower che segnalano violazioni del diritto dell’Unione europea, mira a garantire una tutela adeguata per coloro che segnalano illeciti e violazioni sia negli enti pubblici che in quelli privati.

Il decreto legislativo 24 del 2023 è già in vigore dallo scorso 15 luglio per i soggetti del settore pubblico e quelli del settore privato con almeno 250 dipendenti. L’aspetto più significativo è l’estensione degli obblighi di segnalazione a un numero più ampio di soggetti. Tutti i partecipanti dovranno rafforzare i principi di trasparenza, integrità e responsabilità, svolgendo nuove funzioni di segnalazione per contrastare e prevenire violazioni e illeciti.

Whistleblowing: a chi si applica, chi è il segnalante e cosa si può segnalare

A partire dal  17 dicembre 2023, la nuova disciplina del whistleblowing è completamente attiva, con l’obbligo per le imprese di adottare canali interni di segnalazione. Questo obbligo si estenderà anche alle imprese con un numero di dipendenti compreso tra 50 e 249.

La disciplina riguarda:

  • Tutti i soggetti pubblici, tra cui amministrazioni pubbliche, autorità amministrative indipendenti, enti pubblici economici, concessionari di pubblico servizio, società a controllo pubblico e società quotate in house.
  • Soggetti privati con almeno 50 lavoratori subordinati nell’ultimo anno.
  • Soggetti in settori specifici, come servizi, prodotti e mercati finanziari, prevenzione del riciclaggio, finanziamento del terrorismo, tutela dell’ambiente e sicurezza dei trasporti, anche se nell’ultimo anno hanno impiegato meno di 50 lavoratori subordinati.
  • Soggetti privati che hanno adottato modelli di organizzazione e gestione ai sensi del decreto legislativo 231 del 2001, anche con meno di 50 lavoratori subordinati nell’ultimo anno.

Whistleblowing, 17 dicembre 2023: Chi può fare una segnalazione?

La nuova disciplina specifica chi può essere un segnalante nel whistleblowing, includendo persone che operano in enti pubblici o aziende private con diverse funzioni. Questi possono essere:

  • Dipendenti dell’ente per cui avviene la segnalazione o partner commerciali dell’ente, compresi collaboratori e non solo lavoratori subordinati.
  • Lavoratori autonomi, liberi professionisti e consulenti.
  • Volontari o tirocinanti, anche senza retribuzione.
  • Azionisti informati di illeciti o violazioni.
  • Soggetti con funzioni amministrative, direzionali, di controllo, di vigilanza o di rappresentanza.

Cosa si può segnalare?

Infine, la disciplina del whistleblowing del 24 dicembre 2023 definisce cosa può essere oggetto di segnalazione. Il legislatore prevede segnalazioni di atti, illeciti, comportamenti e omissioni che violano norme nazionali o dell’Unione europea, causando danni all’interesse pubblico o all’integrità dell’ente. Le violazioni possono riguardare norme già violate o potenziali violazioni, purché il segnalante disponga di elementi concreti o fondati sospetti.

Le segnalazioni possono includere comportamenti volti a occultare violazioni e fattispecie legate ai rapporti di lavoro, come violazioni in rapporti già terminati o intervenute durante il periodo di prova o prima dell’inizio di un rapporto di lavoro. In quest’ultimo caso, le informazioni possono essere acquisite nelle fasi di selezione o precontrattuali.

Per maggiori informazioni su questo argomento o per una consulenza personalizzata lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione.

Il 27 dicembre 2023 è la data da segnare sul calendario per i soggetti passivi IVA che devono versare l’acconto relativo all’ultimo periodo dell’anno.

L’obbligo di versamento dell’acconto IVA riguarda i contribuenti che effettuano liquidazioni e versamenti mensili, trimestrali “per natura” e trimestrali “per opzione”.Sono esonerati dal versamento dell’acconto IVA i soggetti che versano un acconto inferiore a 103,29 euro, chi ha cessato l’attività nel 2023, e altri casi specifici come chi opera in regime di esonero o applica regimi speciali.

Per determinare l’importo dell’acconto IVA, il contribuente può scegliere tra tre metodi:

  • Metodo storico: pagamento dell’88% di quanto versato a dicembre 2022 o nell’ultimo trimestre 2022.
  • Metodo previsionale: versamento dell’88% dell’IVA prevista per dicembre 2023 o l’ultimo trimestre 2023.
  • Metodo analitico: pagamento del 100% dell’IVA a debito entro il 20 dicembre 2023.

L’acconto IVA deve essere versato in un’unica soluzione entro il 27 dicembre di ogni anno, utilizzando il modello di pagamento F24.

In caso di mancato pagamento o versamento tardivo, si applica una sanzione amministrativa del 30%, ridotta al 15% se il pagamento avviene entro 90 giorni dalla scadenza. È possibile usufruire del ravvedimento operoso, purché non sia stato notificato l’avviso di accertamento.

Ecco alcune indicazioni dettagliate sul versamento, la compensazione con crediti d’imposta, e i codici tributo da utilizzare:

Versamento: l’acconto IVA deve essere versato in un’unica soluzione entro il 27 dicembre di ogni anno, utilizzando il modello di pagamento F24.

I codici tributo da utilizzare sono:

  • 6013 – Versamento acconto per Iva mensile
  • 6035 – Versamento IVA acconto

Compensazione con crediti d’imposta: è possibile compensare l’acconto IVA con crediti d’imposta, utilizzando il modello F24.

Ravvedimento operoso: in caso di mancato pagamento o versamento tardivo, è possibile usufruire del ravvedimento operoso, versando la sanzione ridotta e gli interessi legali.

Lo scomputo dell’acconto IVA avviene in base alla periodicità di liquidazione del contribuente:

Per i contribuenti mensili: l’acconto IVA versato entro il 27 dicembre 2023 è scomputato dalla liquidazione IVA di gennaio 2024.

Per i contribuenti trimestrali “per natura”: l’acconto IVA versato entro il 27 dicembre 2023 è scomputato dalla liquidazione IVA del primo trimestre 2024.

Per i contribuenti trimestrali “per opzione”: l’acconto IVA versato entro il 27 dicembre 2023 è scomputato dalla liquidazione IVA del primo trimestre 2024, se la liquidazione IVA trimestrale è stata effettuata per l’intero anno 2023. Se invece la liquidazione IVA trimestrale è stata effettuata solo per alcuni mesi del 2023, l’acconto IVA è scomputato dalla liquidazione IVA relativa ai mesi di competenza.

In conclusione, i soggetti passivi IVA devono prestare particolare attenzione alla scadenza del 27 dicembre 2023 per il versamento dell’acconto IVA.

È importante scegliere il metodo di determinazione dell’acconto IVA più favorevole e verificare la propria situazione per verificare di non rientrare tra gli esonerati.

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Proroga per la Rottamazione Quater: Nuove Scadenze e Opportunità per i Contribuenti

Grazie a un emendamento al Decreto Anticipi, presentato il 6 dicembre e approvato il 14 dicembre, i cittadini hanno ora tempo fino al 18 dicembre per effettuare il versamento senza incorrere in sanzioni o interessi di mora. Scopriamo insieme i dettagli di questa proroga e le nuove scadenze che i contribuenti dovranno affrontare.

Le prime due rate della Rottamazione Quater, originariamente scadute il 31 ottobre e il 30 novembre, sono state prorogate e potranno essere pagate senza perdere i benefici della definizione agevolata fino al 18 dicembre 2023. L’emendamento specifica che i versamenti effettuati entro questa data saranno considerati tempestivi, garantendo ai contribuenti alcuni giorni aggiuntivi per adempiere ai loro obblighi senza conseguenze negative.

La proroga è stata resa necessaria a causa del sorprendente numero di adesioni alla Rottamazione Quater, che ha coinvolto circa 3,8 milioni di contribuenti. Questa straordinaria partecipazione ha reso imperativo estendere i termini per garantire a tutti i contribuenti la possibilità di beneficiare della definizione agevolata.

Prossime Scadenze e Tolleranza:

I contribuenti dovranno effettuare il versamento della terza rata entro il 28 febbraio 2024. La buona notizia è che la norma prevede una tolleranza di 5 giorni, estendendo il termine al 4 marzo 2024 per mantenere la validità del pagamento. Le restanti rate del 2024 dovranno essere saldate entro il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre.

È fondamentale sottolineare che il mancato pagamento o il versamento oltre il termine previsto comporterà la perdita dei benefici della misura agevolativa. Inoltre, i versamenti già effettuati saranno considerati a titolo di acconto sulle cifre complessivamente dovute, mettendo in evidenza l’importanza di rispettare le nuove scadenze per evitare spiacevoli sorprese.

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Risolvere le Liti Fiscali: una Nuova Sanatoria per il 2024

Attraverso il decreto attuativo della delega fiscale, il governo si propone di agevolare la soluzione di tutte le controversie fiscali in sospeso. Nel dettaglio, il Governo ha annunciato l’intenzione di introdurre una nuova sanatoria fiscale per il 2024, come parte del suddetto decreto attuativo presentato al Consiglio dei Ministri. Questa proposta mira a facilitare la definizione delle dispute pendenti con il fisco da parte dei contribuenti.

Con l’avvicinarsi della fine dell’anno, il governo cerca spesso nuove fonti di entrate, e una strategia comune è concedere agevolazioni a coloro che hanno debiti fiscali in sospeso, allo scopo di incoraggiarli a saldare. Le precedenti iniziative di questo tipo includono varie forme di rottamazione, tra cui l’ultima rottamazione quater in vigore da quest’anno, e la remissione delle cartelle esattoriali.

Il decreto attuativo, già presentato al Consiglio dei ministri, include la proposta di una nuova sanatoria fiscale per il 2024. Tuttavia, per diventare operativa, la proposta deve passare attraverso il processo legislativo e ottenere l’approvazione finale del Parlamento.

La sanatoria proposta prevede oltre alla definizione agevolata e la risoluzione delle dispute fiscali pendenti, consentendo ai contribuenti di saldare i debiti con il fisco a condizioni più vantaggiose, inclusa una significativa riduzione delle somme dovute e delle sanzioni, anche la modernizzazione e digitalizzazione del processo tributario, con l’obiettivo di accelerare i tempi e migliorare la trasparenza attraverso l’uso di udienze da remoto e la posta elettronica certificata (P.E.C.).

La sanatoria proposta prevede anche l’eliminazione della mediazione con le autorità fiscali per le dispute fino a 50.000 euro, sostituendola con una forma di conciliazione preventiva.

Queste misure, secondo le stime, dovrebbero portare alla risoluzione di circa 100.000 dispute pendenti, per un totale di 40 miliardi di euro.

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Affrontare la Inidoneità del Dipendente: Guida per i Datori di Lavoro

Esploriamo le implicazioni della inidoneità di un dipendente alle mansioni, una situazione che può complicare le operazioni aziendali.
Il datore di lavoro, tenuto a garantire la sorveglianza sanitaria, si trova di fronte alle possibili conseguenze sulla continuazione del rapporto di lavoro. È essenziale distinguere se il giudizio è temporaneo o permanente, valutando la risoluzione dell’inidoneità e l’individuazione di alternative lavorative. Ulteriori considerazioni riguardano il diritto alla retribuzione durante la sospensione dell’attività lavorativa e le azioni che il datore di lavoro dovrebbe intraprendere.

All’interno di un contesto aziendale sempre più attento alla salute e sicurezza sul luogo di lavoro, l’art. 41 del D.Lgs. n. 81 del 2008 stabilisce l’obbligo del datore di lavoro di sottoporre i dipendenti a visite mediche per valutarne lo stato di salute e confermarne l’idoneità alla specifica mansione assegnata.

Il datore di lavoro si avvale della sorveglianza sanitaria attraverso un medico del lavoro designato in diverse fasi del rapporto di lavoro, incluse le visite “pre assuntive”, “ricorrenti” e “periodiche”. Nel caso di inidoneità sopravvenuta, non imputabile all’azienda, è cruciale considerare le alternative e le conseguenze potenziali sulla relazione tra datore di lavoro e dipendente.

In caso di giudizio di inidoneità alla mansione, il datore di lavoro è tenuto ad adottare le misure indicate dal medico competente. Se possibile, il lavoratore può essere assegnato a mansioni equivalenti o, in mancanza, a mansioni inferiori garantendo la retribuzione corrispondente.
La inidoneità permanente o temporanea richiede valutazioni attente da parte del datore di lavoro. Il dipendente ha il diritto di ricorrere a un ulteriore accertamento sanitario entro 30 giorni dalla ricezione del giudizio del medico aziendale.

La questione della retribuzione durante il periodo di sospensione dell’attività lavorativa è complessa. La giurisprudenza suggerisce che la sospensione non retribuita potrebbe essere legittima, specialmente se la inidoneità impedisce al lavoratore di svolgere la propria attività in modo oggettivo.

La decisione finale, se l’inidoneità non può essere risolta e non ci sono altre mansioni disponibili, è un passo cruciale. La recente interpretazione che collega l’inidoneità alla “disabilità” aggiunge un livello di complessità, poiché il datore di lavoro potrebbe dover considerare accomodamenti ragionevoli per integrare il dipendente in un contesto produttivo.
In conclusione, la gestione della inidoneità del dipendente richiede un approccio oculato, specialmente considerando le possibili implicazioni legali e la recente interpretazione della inidoneità come “disabilità”.

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