Con l’approvazione definitiva del Decreto Fiscale n. 155 del 19 ottobre 2024, il panorama normativo fiscale italiano si arricchisce di importanti novità. Questo intervento legislativo è stato concepito per rispondere alle esigenze economiche post-pandemiche, concentrandosi sul Concordato Preventivo Biennale (CPB) e su strumenti di supporto per imprese e lavoratori.

Il Concordato Preventivo Biennale (CPB) rappresenta un pilastro fondamentale per agevolare la gestione fiscale delle imprese italiane. In seguito agli effetti della pandemia da COVID-19, che ha messo a dura prova la stabilità economica di molti settori, il Governo ha deciso di intervenire con un correttivo, ampliando le opportunità di regolarizzazione fiscale e introducendo nuovi strumenti di supporto economico. Il Decreto Fiscale n. 155/2024 diventa così un tassello fondamentale per rafforzare la ripresa economica del Paese.

Una delle misure di maggior rilievo riguarda il cosiddetto ravvedimento speciale, applicabile agli anni dal 2018 al 2022, che consente alle imprese di regolarizzare la propria posizione fiscale con condizioni particolarmente favorevoli. Questa misura è dedicata a coloro che hanno aderito al CPB e soddisfano specifiche condizioni, come aver dichiarato cause di esclusione dall’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) a causa della pandemia o operato in condizioni di non normale svolgimento dell’attività.

Per accedere al ravvedimento, le imposte sostitutive vengono calcolate sulla base di un incremento del reddito dichiarato del 25%, applicando un’aliquota ridotta. Ad esempio:

Imposta IRPEF: aliquota del 12,5%.

Imposta IRAP: aliquota del 3,9%.

Inoltre, una riduzione del 30% sulle imposte sostitutive rende questa misura ancora più conveniente per i soggetti idonei.

 

Tipologia di Imposta Base Imponibile Aliquota Riduzione Applicabile
IRPEF Reddito incrementato del 25% 12,5% 30%
IRAP Valore della produzione incrementato 25% 3,9% 30%

 

Un punto importante del decreto è il potenziamento del credito d’imposta per le Zone Economiche Speciali (ZES), un incentivo destinato alle imprese del Sud Italia. Grazie alle nuove disposizioni, gli investimenti effettuati tra il 1° gennaio e il 15 novembre 2024 possono essere inclusi in una comunicazione integrativa, aumentando così il credito d’imposta disponibile. Questo strumento rappresenta un motore per stimolare nuovi investimenti e rafforzare la competitività del Mezzogiorno.

Un’altra misura che guarda alle necessità delle partite IVA riguarda il rinvio della scadenza della seconda rata di acconto IRPEF. Originariamente fissata al 30 novembre, la nuova scadenza è stata spostata al 16 gennaio 2025, dando così maggior respiro finanziario a lavoratori autonomi e piccole imprese con ricavi non superiori a 170.000 euro.

 

Questa proroga rappresenta un intervento mirato per migliorare la liquidità dei contribuenti, in un periodo spesso critico per le finanze delle imprese.

Il Decreto Fiscale introduce anche un rifinanziamento per l’APE Sociale, un’indennità che permette a determinate categorie di lavoratori di accedere al pensionamento anticipato a partire dai 63 anni. Le risorse aggiuntive stanziate fino al 2028 garantiscono la continuità di questa misura, con una suddivisione annuale che arriva a 50 milioni di euro nel 2027.

 

Un riepilogo delle modifiche principali

 

Misura Ambito di Applicazione Dettagli Principali
Ravvedimento speciale Annualità 2018-2022 Aliquote agevolate su redditi incrementati
Credito d’imposta ZES Zone Economiche Speciali Nuovi investimenti ammissibili
Rinvio rata di acconto IRPEF Partite IVA con ricavi < 170.000€ Scadenza prorogata al 16 gennaio 2025

 

FAQ

Cos’è il Concordato Preventivo Biennale (CPB)?

È un regime fiscale che consente alle imprese di pianificare e gestire gli obblighi fiscali su un periodo di due anni.

Chi può accedere al ravvedimento speciale?

Imprese con ricavi fino a 5,16 milioni di euro che soddisfano le condizioni legate alla pandemia.

Quali vantaggi offre il credito d’imposta ZES?

Permette di aumentare il credito fiscale per nuovi investimenti nel Sud Italia.

Chi può beneficiare del rifinanziamento dell’APE Sociale?

Lavoratori che soddisfano i requisiti per il pensionamento anticipato, in particolare quelli in condizioni di difficoltà.

Quando scade la seconda rata di acconto IRPEF?

Per il 2024, la nuova scadenza è fissata al 16 gennaio 2025.

Con le ultime disposizioni, l’Agenzia delle Entrate ha introdotto nuove regole e procedure per l’assolvimento dell’imposta, semplificando il processo e migliorando l’efficienza grazie agli strumenti digitali.

L’imposta di bollo è applicabile alle fatture elettroniche che non prevedono IVA e che superano l’importo di €77,47. Ai sensi dell’Art. 6 del D.M. 17 giugno 2014, è obbligatorio riportare una specifica annotazione normativa per identificare il pagamento dell’imposta.

Per agevolare i contribuenti, l’Agenzia delle Entrate ha predisposto due elenchi specifici, disponibili nel portale “Fatture e Corrispettivi”:

  • Elenco A (non modificabile): include le fatture che già riportano l’assolvimento dell’imposta.
  • Elenco B (modificabile): contiene fatture per le quali l’imposta risulta dovuta ma non dichiarata.

Questi elenchi permettono ai contribuenti di verificare la correttezza dell’imposta e, se necessario, apportare modifiche entro termini stabiliti.

L’Agenzia pubblica gli elenchi trimestralmente, rispettando i seguenti termini:

  • Primo trimestre: pubblicazione il 15 aprile, modifica entro il 30 aprile.
  • Secondo trimestre: pubblicazione il 15 luglio, modifica entro il 10 settembre.
  • Terzo trimestre: pubblicazione il 15 ottobre, modifica entro il 31 ottobre.
  • Quarto trimestre: pubblicazione il 15 gennaio, modifica entro il 31 gennaio.

Sulla base degli elenchi aggiornati, l’Agenzia calcola l’imposta di bollo complessivamente dovuta e la comunica al contribuente entro il 15 del secondo mese successivo alla chiusura del trimestre. Un’eccezione riguarda il secondo trimestre, per il quale la comunicazione avviene entro il 20 settembre.

Il pagamento dell’imposta di bollo è trimestrale, con le seguenti scadenze:

  • Importi inferiori a €5.000 per i primi due trimestri: pagamento entro il 30 novembre.
  • Importi superiori a €5.000 o relativi al terzo e quarto trimestre: pagamento entro 31 maggio, 30 settembre o 28 febbraio.

Il pagamento può essere effettuato tramite due modalità principali:

Addebito diretto su conto corrente, utilizzando il portale dedicato dell’Agenzia delle Entrate.

Modello F24, con codici tributo specifici istituiti dalla Risoluzione n. 42 del 9 aprile 2019.

 

Gli intermediari fiscali, inoltre, hanno obblighi specifici, tra cui:

  • Informare tempestivamente i contribuenti delle ricevute rilasciate dall’Agenzia.
  • Comunicare gli esiti di eventuali verifiche e rettifiche effettuate.

 

Tra le problematiche più frequenti figurano il ritardato o mancato versamento dell’imposta e la dichiarazione non corretta delle fatture soggette. In caso di irregolarità, l’Agenzia invia una comunicazione telematica dettagliata contenente l’importo dell’imposta, la sanzione ridotta a un terzo e gli interessi.

Il contribuente ha 30 giorni per regolarizzare la situazione, evitando l’iscrizione a ruolo delle somme dovute. Durante questo periodo, può richiedere assistenza tramite il portale CIVIS.

 

FAQ

Quali fatture sono soggette all’imposta di bollo?

Le fatture elettroniche senza IVA e di importo superiore a €77,47 sono soggette all’imposta di bollo.

Come posso verificare se una fattura è correttamente assoggettata al bollo?

Controllando gli elenchi A e B disponibili nel portale “Fatture e Corrispettivi” dell’Agenzia delle Entrate.

Quali sono le scadenze trimestrali da rispettare?

Ogni trimestre ha scadenze specifiche per la modifica degli elenchi e il pagamento dell’imposta.

Cosa fare in caso di omissione dell’imposta di bollo?

Regolarizzare entro 30 giorni tramite il portale CIVIS, evitando ulteriori sanzioni.

Come si effettua il pagamento dell’imposta di bollo?

Tramite addebito diretto sul conto corrente o con il Modello F24, utilizzando i codici tributo appropriati.

Per eventuale assistenza e consulenza personalizzata il nostro team di esperti è a vostra disposizione.

Principali Scadenze Fiscali di Dicembre 2024

Dicembre 2024 si presenta come un mese ricco di adempimenti fiscali importanti per imprese, professionisti e cittadini. Di seguito, un riepilogo delle principali scadenze da segnare in agenda, con un focus sui versamenti e obblighi dichiarativi.


Giovedì 12 Dicembre
Riapertura adesione CPB (DL approvato dal CdM il 12.11.2024)

Lunedì 16 Dicembre
Versamento IVA e ritenute – Novembre
Versamento IMU, IMI (BZ), IMIS (TN), ILIA (FVG) – saldo 2024
Versamento acconto imposta sost. rivalutazione TFR

Venerdì 20 Dicembre
Versam. Ravv. speciale (8° rata trim. di 8), Liti fiscali pendenti (7° rata trim. di max 20), Rate ist. definitori (8° rata trim. di max 20)
(Commi 174, 194 e 220, L. 197/2022)
(Ravv. speciale anno 2022 – 4° rata trim. di 4 – DL 215/23)

Venerdì 27 Dicembre
Versamento IVA – acconto 2024
Mod. INTRA – Novembre

Lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione per assistenza e consulenza personalizzata.

Nel contesto della conversione in legge del decreto-legge del 19 ottobre 2024, n. 155, il Parlamento italiano ha approvato un emendamento significativo rivolto ai titolari di partita IVA. La misura prevede la proroga del termine per il versamento del secondo acconto delle imposte sui redditi, originariamente fissato al 2 dicembre 2024, al 16 gennaio 2025.

Questa proroga si applica esclusivamente ai titolari di partita IVA che, nell’anno precedente, hanno dichiarato ricavi o compensi non superiori a 170 mila euro, e introduce una maggiore flessibilità nei pagamenti senza però alterare gli obblighi relativi ai contributi previdenziali e assistenziali, né quelli verso l’INAIL.

Le Principali Novità del Provvedimento

Il rinvio al 16 gennaio 2025 interessa unicamente il secondo acconto delle imposte sui redditi, offrendo ai contribuenti due modalità di pagamento:

  • In un’unica soluzione, da effettuare entro il 16 gennaio 2025.
  • In cinque rate mensili di pari importo, con scadenze distribuite tra gennaio e maggio 2025.

A Chi Si Rivolge la Proroga?

La misura è destinata esclusivamente ai contribuenti che rispettano i seguenti requisiti:

  • Titolari di partita IVA.
  • Ricavi o compensi dichiarati nel 2023 non superiori a 170 mila euro.

È importante sottolineare che la proroga non include:

  • Il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
  • I premi assicurativi dovuti all’INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro).

Importante: Per aderire alla proroga, è indispensabile contattare la nostra Alessandra Casciotti esclusivamente entro la giornata odierna.

Per ulteriori chiarimenti lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione.

A partire dal 1° gennaio 2024, con l’introduzione delle modifiche apportate dal Decreto Legislativo n. 209/2023, il quadro normativo è stato significativamente aggiornato per adeguarsi alle esigenze di maggiore chiarezza e uniformità. Questa riforma segue quanto previsto dalla Legge Delega n. 111/2023 e mira a migliorare la gestione dei flussi fiscali internazionali.

Le nuove regole stabiliscono criteri aggiornati per individuare la residenza fiscale delle persone fisiche, tenendo in particolare considerazione la presenza fisica, il domicilio e la residenza nel territorio italiano. Questo approccio multidimensionale consente di rafforzare il controllo sui contribuenti, garantendo una maggiore trasparenza nella tassazione, soprattutto per i soggetti coinvolti in spostamenti transnazionali.

Fino al 31 dicembre 2023, la residenza fiscale in Italia era regolata dall’articolo 2, comma 2, del TUIR, che faceva riferimento a tre criteri alternativi. Una persona fisica si considerava residente se era iscritta all’anagrafe della popolazione residente, se aveva il proprio domicilio in Italia, o se vi risiedeva abitualmente. Questi parametri, mutuati dal Codice Civile, fornivano un quadro di riferimento univoco, ma spesso generavano incertezze interpretative, specialmente nei casi di mobilità internazionale.

Il domicilio, secondo l’articolo 43 del Codice Civile, era definito come il luogo in cui una persona aveva stabilito la sede principale dei propri affari e interessi. La residenza, invece, indicava il luogo della dimora abituale. Questa distinzione, sebbene teoricamente chiara, si scontrava con situazioni pratiche complesse, come i trasferimenti temporanei o le residenze multiple.

Le nuove regole mirano a superare queste ambiguità, introducendo criteri più specifici e meno soggetti a interpretazioni. In particolare, il Decreto Legislativo n. 209/2023 modifica profondamente il concetto di domicilio, conferendogli un significato più allineato alle pratiche internazionali e introducendo nuove modalità per verificare la presenza fisica di un soggetto sul territorio italiano.

Le Novità

Con l’entrata in vigore delle nuove disposizioni, la residenza fiscale si basa ora su un approccio più articolato, che considera sia elementi oggettivi sia situazioni personali e familiari. La principale novità riguarda l’introduzione del criterio della presenza fisica nel territorio italiano, calcolata anche in base alle frazioni di giorno. Questo criterio offre un metodo più concreto per determinare la residenza fiscale, riducendo le aree di incertezza.

Il domicilio è stato ridefinito come il luogo in cui si sviluppano principalmente le relazioni personali e familiari, conferendo una maggiore importanza alla dimensione umana rispetto agli interessi economici. Questo cambiamento segna un allontanamento dalla tradizionale concezione civilistica, avvicinandosi invece a standard utilizzati in ambito internazionale e nelle convenzioni contro le doppie imposizioni.

Infine, l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente, che in precedenza aveva carattere di presunzione assoluta, assume ora una natura relativa. Ciò significa che il contribuente può fornire prove contrarie per dimostrare l’assenza di un effettivo radicamento in Italia, ampliando le possibilità di difesa in casi controversi.

 

 

I Quattro Criteri Alternativi di Residenza Fiscale

La nuova disciplina, in vigore dal 1° gennaio 2024, stabilisce che una persona fisica è considerata residente fiscalmente in Italia se soddisfa uno dei quattro criteri alternativi per la maggior parte del periodo d’imposta, ossia almeno 183 giorni (o 184 in anni bisestili). I criteri sono: residenza, domicilio, presenza fisica e iscrizione all’anagrafe della popolazione residente.

La residenza, secondo il Codice Civile, continua a indicare il luogo della dimora abituale. Questo criterio rimane essenziale, soprattutto per le persone che vivono stabilmente in Italia, ma offre una definizione più concreta rispetto al passato.

Il domicilio, ridefinito dal nuovo articolo 2, comma 2, del TUIR, privilegia il luogo in cui si sviluppano principalmente le relazioni personali e familiari del soggetto. Questa novità pone maggiore enfasi sui legami personali, allineandosi alle prassi internazionali e riducendo l’importanza degli interessi economici nel determinare la residenza.

Un aspetto significativo delle nuove regole riguarda i cittadini italiani che si trasferiscono in Stati a regime fiscale privilegiato. Il comma 2-bis dell’articolo 2, TUIR, non modificato dalla riforma, stabilisce che tali cittadini si considerano residenti in Italia salvo prova contraria. Questo principio si basa sulla presunzione relativa: il contribuente deve dimostrare di aver perso ogni significativo collegamento con l’Italia e di aver stabilito una residenza reale e duratura all’estero.

Dal 1° gennaio 2024, la Svizzera non è più considerata uno Stato a regime fiscale privilegiato, come stabilito dal Decreto MEF del 20 luglio 2023. Questo cambiamento implica che i cittadini trasferitisi in Svizzera potranno beneficiare di un trattamento diverso rispetto agli anni precedenti, purché soddisfino i requisiti di residenza del paese ospitante.

L’iscrizione all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) rimane un elemento chiave, ma non sufficiente, per dimostrare la perdita della residenza fiscale in Italia. Gli italiani all’estero devono fornire prove documentali che attestino l’assenza di rapporti significativi con il territorio italiano, come l’uso di proprietà immobiliari o conti bancari.

Esempi Pratici

Per comprendere meglio l’applicazione dei nuovi criteri, l’Agenzia delle Entrate ha fornito esempi concreti nella Circolare n. 20/2024. Un caso riguarda la presenza fisica frazionata. Una persona che, durante un anno bisestile, trascorre in Italia un totale di 184 giorni, anche non consecutivi, sarà considerata residente fiscale. Questo include soggiorni brevi per vacanze, lavoro o visite familiari.

Un altro esempio riguarda i soggetti che si trasferiscono temporaneamente all’estero ma mantengono legami significativi con l’Italia. Se una persona vive per sei mesi in un altro Stato e torna in Italia per il resto dell’anno, potrebbe comunque essere considerata residente fiscale, a seconda del criterio predominante tra domicilio, residenza o presenza fisica.

Questi esempi dimostrano la complessità delle nuove norme e l’importanza di valutare caso per caso. Il nuovo approccio richiede una documentazione accurata da parte dei contribuenti per dimostrare il soddisfacimento o meno dei criteri di residenza.

Doppie Imposizioni

Le convenzioni contro le doppie imposizioni rappresentano un pilastro fondamentale nel coordinamento della normativa italiana con quella degli altri Stati. Questi accordi internazionali, ispirati al Modello OCSE, prevedono criteri specifici per risolvere conflitti di residenza fiscale. In caso di controversia, le “tie breaker rules” stabiliscono quale Stato abbia diritto a considerare un soggetto residente.

Queste regole seguono un ordine gerarchico: si parte dal criterio dell’abitazione permanente, seguito dal centro degli interessi vitali, dal soggiorno abituale e, infine, dalla nazionalità. Ad esempio, un lavoratore che vive in due Stati diversi durante l’anno sarà considerato residente nel paese in cui ha un’abitazione permanente o dove si concentrano i suoi legami personali e professionali.

In alcune convenzioni, come quelle con Germania, Svizzera e Panama, si applica la clausola dello “split year”, che consente di dividere il periodo d’imposta tra due Stati. Questo approccio è utile per chi trasferisce il domicilio da un paese all’altro durante l’anno fiscale, evitando la doppia tassazione.

 

Smart Working e Residenza Fiscale

L’aumento del lavoro da remoto ha posto nuove sfide nella determinazione della residenza fiscale. Secondo le nuove regole, i lavoratori in smart working che trascorrono la maggior parte dell’anno (183 giorni o più) in Italia sono considerati fiscalmente residenti, indipendentemente dal luogo in cui si trova il datore di lavoro o la sede aziendale.

Questo criterio, basato sulla presenza fisica, risulta particolarmente stringente. Ad esempio, un lavoratore che opera per una società estera ma svolge le sue mansioni da casa in Italia è soggetto alla tassazione sui redditi prodotti a livello globale.

Tuttavia, per i lavoratori che svolgono smart working dall’estero per aziende italiane, la residenza fiscale in Italia potrebbe essere mantenuta se soddisfano uno degli altri criteri, come il domicilio o l’iscrizione all’anagrafe.

 

Regimi Agevolativi per i Trasferimenti in Italia

Il sistema tributario italiano offre diversi regimi agevolativi per incentivare il trasferimento della residenza fiscale nel Paese. Tra questi figurano l’opzione per l’imposta sostitutiva sui redditi esteri (articolo 24-bis del TUIR) e il regime per i pensionati che si stabiliscono nel Mezzogiorno (articolo 24-ter del TUIR).

Una novità introdotta dal D.Lgs. n. 209/2023 è il regime agevolativo per i lavoratori impatriati. Questo incentivo mira ad attrarre professionisti dall’estero, offrendo una tassazione ridotta sui redditi prodotti in Italia. Per accedere a questi benefici, il contribuente deve dimostrare di non essere stato fiscalmente residente in Italia nei tre anni precedenti il trasferimento.

Dal 2024, l’idoneità per questi regimi sarà valutata secondo i nuovi criteri di residenza fiscale. Per i periodi d’imposta antecedenti, invece, si applicheranno le vecchie regole, basate su domicilio e residenza civilistica.

 

Differenze con il Sistema Precedente

Le modifiche introdotte segnano un’importante evoluzione rispetto alla disciplina precedente. La definizione di domicilio si è spostata dal campo economico a quello personale, ponendo maggiore attenzione alle relazioni familiari e sociali. Questo cambiamento allinea il sistema italiano alle best practice internazionali, riducendo il rischio di contenziosi.

Un’altra differenza cruciale riguarda la presunzione di residenza derivante dall’iscrizione all’anagrafe. Se in passato questo criterio era assoluto, ora è relativo, permettendo al contribuente di fornire prove contrarie per dimostrare l’assenza di un radicamento effettivo.

Infine, il nuovo criterio della presenza fisica offre un parametro oggettivo, rendendo più difficile per i contribuenti eludere la residenza fiscale mediante spostamenti frequenti o temporanei.

 

Strumenti per la Risoluzione dei Conflitti di Residenza

I conflitti di residenza tra Stati possono essere risolti mediante le convenzioni internazionali, che offrono una guida chiara per attribuire la residenza fiscale a uno dei due Paesi. Le tie breaker rules rappresentano uno strumento efficace per evitare la doppia tassazione e garantire un trattamento equo.

Ad esempio, un contribuente con legami personali in Italia e lavorativi in un altro Stato può risolvere il conflitto stabilendo quale dei due paesi rappresenta il centro principale dei suoi interessi vitali. In caso di parità, si utilizzerà il criterio della presenza fisica o, in ultima istanza, quello della nazionalità.

La clausola dello split year offre un ulteriore strumento per i soggetti che trasferiscono il domicilio durante l’anno fiscale. Questa regola, applicata in alcune convenzioni, consente di frazionare il periodo d’imposta, attribuendo i redditi ai rispettivi Stati di residenza.

 

FAQ

  1. Quali sono i criteri principali per determinare la residenza fiscale in Italia dal 2024?
    I quattro criteri sono: residenza, domicilio, presenza fisica e iscrizione all’anagrafe della popolazione residente.
  2. Come si dimostra di non essere residenti fiscali in Italia?
    Occorre fornire documenti che attestino l’assenza di legami significativi con l’Italia, come l’iscrizione all’AIRE e la presenza stabile in un altro Stato.
  3. Quali sono i benefici fiscali per chi trasferisce la residenza in Italia?
    Tra i benefici figurano il regime agevolato per i lavoratori impatriati e l’imposta sostitutiva per i redditi esteri.
  4. Cosa cambia per i lavoratori frontalieri con la nuova normativa?
    La presenza fisica frazionata in Italia potrebbe farli rientrare nei criteri di residenza fiscale italiana, richiedendo l’applicazione delle tie breaker rules.
  5. Le Convenzioni contro le doppie imposizioni come influenzano la residenza fiscale?
    Questi accordi risolvono i conflitti di residenza, attribuendo la tassazione al Paese di prevalenza in base a criteri come il centro degli interessi vitali.

Per chiarimenti, assistenza e consulenza personalizzata lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione.

 

L’imposta sostitutiva sulla rivalutazione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) è un obbligo fiscale che ogni anno coinvolge i datori di lavoro italiani. Con la scadenza per il versamento dell’acconto fissata al 16 dicembre 2024, è importante comprendere tutti gli aspetti normativi e operativi legati a questa imposta.

Il TFR rappresenta una forma di risparmio obbligatorio accumulato dai datori di lavoro per i dipendenti, da corrispondere al termine del rapporto di lavoro. La rivalutazione del TFR avviene annualmente per adeguare il suo valore all’inflazione. Su questa rivalutazione si applica un’imposta sostitutiva pari al 17%, gestita direttamente dal datore di lavoro.

Questa imposta si riferisce esclusivamente alla quota finanziaria rivalutata del TFR, non alla quota capitale. Quest’ultima, infatti, viene tassata solo al momento della liquidazione finale o in caso di anticipi concessi per esigenze specifiche, come l’acquisto della prima casa.

 

Rivalutazione TFR: Metodo e Calcolo

La rivalutazione del TFR è determinata secondo una formula che combina un tasso fisso dell’1,5% con il 75% della variazione dell’indice ISTAT FOI relativo ai prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati. Questo calcolo consente di mantenere il valore del TFR allineato al costo della vita.

Un elemento chiave è che la rivalutazione non si applica alla quota di TFR maturata nell’anno corrente, ma solo al fondo accumulato al 31 dicembre dell’anno precedente. In caso di deflazione, la variazione ISTAT viene considerata pari a zero.

L’imposta sostitutiva viene versata in due momenti distinti:

Acconto: entro il 16 dicembre dell’anno in corso.

Saldo: entro il 16 febbraio dell’anno successivo.

Il pagamento avviene tramite il modello F24, utilizzando i codici tributo specifici:

  • 1712 per l’acconto.
  • 1713 per il saldo.

I datori di lavoro possono inoltre compensare eventuali crediti fiscali maturati per altre imposte o contributi.

Metodo Storico vs Metodo Previsionale

Per il calcolo dell’acconto, i datori di lavoro possono scegliere tra due metodi:

Metodo storico: si basa sulle rivalutazioni maturate nell’anno precedente. È una soluzione stabile e meno rischiosa, ideale in contesti economici prevedibili.

Metodo previsionale: consente di stimare le rivalutazioni dell’anno in corso. Questo approccio offre maggiore flessibilità, ma richiede un’analisi economica accurata per evitare errori che potrebbero portare a sanzioni.

La scelta del metodo più adatto dipende dalle competenze interne e dalla variabilità del contesto economico.

La gestione del TFR varia in base alla dimensione aziendale:

Aziende con almeno 50 dipendenti: il TFR viene trasferito all’INPS, che si occupa della rivalutazione e della gestione.

Aziende con meno di 50 dipendenti: la gestione resta a carico del datore di lavoro, che può decidere se accantonare il TFR internamente o trasferirlo a un fondo pensionistico complementare.

Questa seconda opzione può offrire vantaggi finanziari a breve termine, ma comporta rischi significativi in termini di liquidità.

Novità Normative

Un’importante novità introdotta dall’Agenzia delle Entrate riguarda l’opzione di calcolo dell’acconto basata sull’incremento presuntivo dell’indice ISTAT di dicembre. Questo approccio offre maggiore flessibilità, consentendo alle aziende di stimare l’acconto in modo più aderente alle condizioni economiche attuali.

Focus sull’Acconto del 16 dicembre 2024

L’acconto rappresenta il 90% dell’imposta sostitutiva totale sulle rivalutazioni maturate. Il metodo previsionale può essere particolarmente utile in periodi di forte volatilità economica, mentre il metodo storico è indicato per contesti più stabili.

Il saldo, da versare entro il 16 febbraio 2025, corrisponde alla differenza tra l’imposta dovuta e l’acconto già versato. In caso di saldo negativo, l’importo può essere utilizzato come credito in compensazione.

Ravvedimento Operoso e Sanzioni

Il mancato rispetto delle scadenze comporta una sanzione del 30% sull’importo dovuto, ma il ravvedimento operoso consente di ridurre significativamente queste penalità. Questo strumento è particolarmente utile per regolarizzare eventuali errori senza conseguenze gravi.

Lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione per  consulenza e assistenza personalizzata.

Dopo un’attenta analisi della Circolare n. 20/2024 dell’Agenzia delle Dogane e dell’articolo 27, comma 2, del DLgs n. 141/2024, emergono alcune importanti considerazioni:

L’imposta sul valore aggiunto (IVA) è stata esplicitamente inclusa tra i diritti di confine. Questo aggiornamento, chiarito ulteriormente all’articolo 28, comma 2, del DLgs n. 141/2024, specifica che, anche per l’IVA applicata alle operazioni di importazione, valgono le norme unionali in materia di individuazione del debitore e di estinzione dell’obbligazione doganale.

In buona sostanza il Legislatore ha trasformato la natura dell’IVA all’importazione, qualificandola non più come “tributo interno”, ma come “diritto di confine”.

Questa modifica comporta rilevanti implicazioni per il rappresentante doganale indiretto, ossia l’intermediario che opera in nome proprio ma per conto dell’importatore, con il compito di presentare dichiarazioni doganali e rappresentare il cliente presso le autorità doganali.

In passato, quando l’IVA all’importazione era considerata un “tributo interno”, il rappresentante doganale indiretto era responsabile unicamente per l’obbligazione doganale, non anche per l’IVA. Essendo privo del diritto alla detrazione dell’IVA, riservato esclusivamente al proprietario delle merci, il rappresentante doganale non poteva essere considerato corresponsabile in solido con l’importatore per il pagamento dell’imposta non versata. Pertanto, la solidarietà passiva non trovava applicazione nell’accertamento e nella riscossione dell’IVA.

Con la nuova qualificazione dell’IVA all’importazione come “diritto di confine”, i soggetti obbligati al pagamento dei relativi diritti includeranno non solo i dichiaranti, ma anche i rappresentanti doganali che operano in regime di rappresentanza indiretta.

La Circolare chiarisce inoltre che l’IVA non assume la natura di diritto di confine nei seguenti casi:

  • Immissione in libera pratica di merci senza il pagamento dell’IVA, quando le merci sono destinate alla successiva immissione in consumo in un altro Stato membro dell’Unione Europea (regime 42).
  • Immissione in libera pratica di merci senza il pagamento dell’IVA, con successivo vincolo delle merci a un regime di deposito diverso dal deposito doganale, come nel caso delle merci introdotte in un deposito IVA (regime 45).

In conclusione, l’IVA sarà considerata un diritto di confine esclusivamente nei casi di irregolare introduzione in consumo in Italia, quando non venga dimostrata l’immissione in consumo in un altro Stato membro, non risultino prove dell’uscita dal territorio italiano, o le merci non siano correttamente registrate nella contabilità di un deposito IVA.

Aumenti delle soglie per la redazione del bilancio: cosa cambia?

Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 125/2024, il panorama della redazione dei bilanci aziendali in Italia subisce importanti modifiche. Questo decreto, emanato in attuazione della Direttiva 2022/2464/UE nota come Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), aggiorna le soglie patrimoniali e di ricavi per il bilancio abbreviato, il bilancio micro-imprese e il bilancio consolidato. L’obiettivo principale è rendere la normativa più aderente all’attuale contesto economico, facilitando le imprese di minori dimensioni e riducendo gli oneri amministrativi.

Il Decreto Legislativo 125/2024 si applica ai bilanci chiusi dal 31 dicembre 2024 in poi, rappresentando un adeguamento alle linee guida europee. Tra i cambiamenti principali figurano l’aumento dei limiti patrimoniali e di ricavi per le società che desiderano adottare una forma di bilancio semplificata. Le nuove disposizioni mirano a offrire maggiore flessibilità alle imprese, preservando al contempo la trasparenza e l’affidabilità delle informazioni finanziarie.

Bilancio abbreviato

Il bilancio abbreviato, regolato dall’articolo 2435-bis del Codice Civile, consente alle società di redigere un documento semplificato, purché non superino determinati limiti dimensionali. Con il Decreto 125/2024, questi limiti sono stati aggiornati:

  • Attivo dello Stato patrimoniale: da 4.400.000 a 5.500.000 euro.
  • Ricavi da vendite e prestazioni: da 8.800.000 a 11.000.000 euro.
  • Dipendenti medi annui: invariato a 50 unità.
Parametro Vecchi Limiti Nuovi Limiti Incremento %
Totale dell’attivo patrimoniale € 4.400.000 € 5.500.000 +25%
Ricavi delle vendite/prestazioni € 8.800.000 € 11.000.000 +25%
Dipendenti medi durante l’anno 50 unità 50 unità Invariato

Queste modifiche ampliano la platea delle imprese che possono adottare questa forma di bilancio, riducendo al contempo gli obblighi di reportistica. Tuttavia, permane l’obbligo di redigere un bilancio ordinario qualora i limiti vengano superati per due esercizi consecutivi.

Micro-imprese

Le micro-imprese beneficiano di limiti dimensionali rivisti, che ne aumentano la possibilità di accedere a semplificazioni contabili. Secondo l’articolo 2435-ter del Codice Civile, i nuovi parametri sono:

  • Attivo dello Stato patrimoniale: da 175.000 a 220.000 euro.
  • Ricavi da vendite e prestazioni: da 350.000 a 440.000 euro.
  • Dipendenti medi annui: invariato a 5 unità

 

Parametro Vecchi Limiti Nuovi Limiti Incremento %
Totale dell’attivo patrimoniale € 175.000 € 220.000 +25%
Ricavi delle vendite/prestazioni € 350.000 € 440.000 +25%
Dipendenti medi durante l’anno 5 unità 5 unità Invariato

 

Le micro-imprese possono evitare di redigere il rendiconto finanziario e, in alcuni casi, anche la nota integrativa e la relazione sulla gestione, semplificando così le operazioni di chiusura dell’esercizio.

Bilancio consolidato

Le modifiche riguardano anche il bilancio consolidato, che interessa le società controllanti e le loro controllate. I nuovi limiti fissati dall’articolo 27 del Decreto Legislativo 127/91 sono:

  • Attivo dello Stato patrimoniale: da 20.000.000 a 25.000.000 euro.
  • Ricavi da vendite e prestazioni: da 40.000.000 a 50.000.000 euro.
  • Dipendenti medi annui: invariato a 250 unità.
Parametro Vecchi Limiti Nuovi Limiti Incremento %
Totale dell’attivo patrimoniale € 20.000.000 € 25.000.000 +25%
Ricavi delle vendite/prestazioni € 40.000.000 € 50.000.000 +25%
Dipendenti medi durante l’anno 250 unità 250 unità Invariato

 

In caso di utilizzo del criterio di verifica su base aggregata, i limiti sono maggiorati del 20%, portando i nuovi valori a 30.000.000 per l’attivo e 60.000.000 per i ricavi.

Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD)

La CSRD introduce l’obbligo per le imprese di rendicontare l’impatto delle loro attività su questioni di sostenibilità. Questo cambiamento integra la redazione del bilancio con informazioni non finanziarie, promuovendo una maggiore trasparenza e responsabilità sociale. L’obbligo di conformità riguarda le imprese di maggiori dimensioni, ma potrebbe estendersi progressivamente.

Le nuove soglie rappresentano un’opportunità per molte imprese, che potranno accedere a regimi di reportistica meno onerosi. Le micro-imprese e le PMI beneficiano di una riduzione degli obblighi, con un impatto positivo sui costi di gestione e sul tempo dedicato alle attività amministrative.
La redazione di bilanci semplificati, come il bilancio abbreviato e quello delle micro-imprese, richiede comunque l’osservanza di criteri contabili specifici. Differenze rilevanti si riscontrano rispetto ai bilanci ordinari, in particolare nella struttura dello Stato patrimoniale e nella compilazione della nota integrativa.
Le imprese sono chiamate a conformarsi alle nuove disposizioni, pena possibili sanzioni. La normativa italiana si allinea così alle direttive europee, rafforzando il quadro normativo in tema di trasparenza e gestione finanziaria. Le soglie stabilite dal Decreto 125/2024 potrebbero essere soggette a ulteriori modifiche, in linea con l’evoluzione delle direttive europee e delle condizioni economiche.

Per consulenza e assistenza personalizzata lo Studio Pallino Commercialisti è a vostra disposizione.

Il Governo italiano ha approvato un nuovo decreto che estende il Bonus Natale da 100 euro a un numero più ampio di lavoratori. Destinato a fornire un sostegno economico ai nuclei familiari che rispettano determinati requisiti, questo incentivo si aggiunge alla tredicesima e mira a offrire un sollievo finanziario durante il periodo natalizio. A seguito dell’approvazione del provvedimento, il numero di beneficiari dovrebbe raddoppiare, includendo nuove categorie di famiglie precedentemente escluse.

Il Bonus Natale è un contributo economico pensato per i lavoratori dipendenti, erogato come integrazione alla tredicesima mensilità. Nasce con l’obiettivo di sostenere i redditi più bassi, soprattutto per quei nuclei familiari che si trovano in situazioni di maggiore vulnerabilità. L’attuale estensione della platea di beneficiari è stata attuata attraverso il cosiddetto Decreto Omnibus, convertito in legge il 7 ottobre 2024. Questo provvedimento ha ampliato il numero di famiglie aventi diritto, estendendo l’incentivo anche ad alcuni gruppi precedentemente esclusi.

Cosa cambia con il nuovo decreto approvato l’11 novembre 2024

Il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 novembre 2024 prevede un significativo ampliamento del Bonus Natale. In particolare, il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha annunciato che il Governo ha trovato le risorse per raddoppiare la platea dei beneficiari, includendo famiglie monogenitoriali e altre categorie di lavoratori che precedentemente non potevano accedere al beneficio. La misura è stata approvata anche su proposta dell’opposizione, che chiedeva un’estensione del sostegno economico a favore delle famiglie in difficoltà.

Una delle novità più rilevanti introdotte dal decreto riguarda l’inclusione di nuove categorie di nuclei familiari. Tra queste figurano le famiglie monogenitoriali, che secondo la normativa comprendono quei lavoratori che risultano essere l’unico genitore per motivi specifici, come il decesso del coniuge o l’assenza di riconoscimento del figlio da parte dell’altro genitore. Altre categorie di lavoratori precedentemente escluse potrebbero includere genitori single, anche se con ex-coniuge, purché il reddito complessivo rientri nei parametri stabiliti.

Per poter richiedere il Bonus Natale, i lavoratori devono rispettare alcuni requisiti economici. In particolare, il reddito complessivo annuo non deve superare i 28.000 euro. Il decreto include anche i redditi percepiti attraverso cedolare secca e regime forfettario, ampliando così la possibilità di accesso al bonus a categorie con diverse tipologie di reddito. Inoltre, il bonus è disponibile solo per quei lavoratori il cui reddito imponibile permette di essere “capienti”, ossia con un’imposta lorda superiore alle detrazioni fiscali.

Per accedere al Bonus, i lavoratori devono soddisfare alcune condizioni familiari. È necessario che abbiano un coniuge e almeno un figlio fiscalmente a carico. Il termine “a carico” si riferisce a quei familiari con reddito inferiore a una determinata soglia annuale, pari a 2.840,51 euro, aumentato a 4.000 euro per figli sotto i 24 anni. I lavoratori con nucleo monogenitoriale sono considerati idonei, purché l’altro genitore sia assente per specifiche cause legali, come il decesso o la mancata dichiarazione del figlio.

La richiesta per il Bonus Natale può essere effettuata direttamente dai lavoratori, tramite il proprio datore di lavoro. I dipendenti pubblici devono inoltrare la richiesta tramite la piattaforma NoiPA entro il 22 novembre 2024, seguendo le istruzioni previste nel portale per completare la procedura self-service. La modalità di richiesta varia leggermente a seconda del settore di impiego, ma il bonus sarà accreditato insieme alla tredicesima per tutti coloro che risulteranno idonei.

L’importo del Bonus Natale è fissato a 100 euro e non è soggetto a tassazione IRPEF, il che permette ai lavoratori di ricevere l’intero importo senza decurtazioni fiscali. L’erogazione del bonus avverrà in concomitanza con la tredicesima mensilità, offrendo così un supporto aggiuntivo in vista delle festività natalizie. Questo contributo è disponibile anche per coloro che lavorano part-time, senza riduzioni in base all’orario di lavoro.

Il nuovo decreto stabilisce anche che i lavoratori della scuola, inclusi i supplenti brevi e saltuari, possano accedere al Bonus Natale. La misura è prevista per i lavoratori a tempo determinato che rispondano ai requisiti di reddito e familiari indicati.

Successivamente all’erogazione del Bonus, il sostituto d’imposta effettuerà le verifiche necessarie per confermare l’idoneità del beneficiario. In caso di erogazione non spettante, l’importo verrà recuperato tramite conguaglio. Nel caso in cui il lavoratore abbia ricevuto il bonus in modo indebito, dovrà restituirlo in sede di dichiarazione dei redditi per il 2024, che verrà presentata nel 2025.

Se emergono errori nella determinazione dell’importo del Bonus, è prevista la possibilità di ricalcolo. I lavoratori che non hanno ricevuto il bonus, pur avendone diritto, potranno richiederlo nella dichiarazione dei redditi. Eventuali importi non spettanti dovranno essere restituiti tramite lo stesso conguaglio fiscale. Questa procedura permette di garantire che solo i lavoratori idonei ricevano l’incentivo.

Per assicurare il corretto utilizzo delle risorse, il Governo ha previsto una serie di controlli fiscali sul Bonus. I datori di lavoro, in qualità di sostituti d’imposta, avranno il compito di verificare l’idoneità dei beneficiari prima di effettuare l’erogazione. I lavoratori devono inoltre dichiarare la propria situazione familiare ed economica per ricevere l’incentivo.

Nei prossimi giorni sono attesi ulteriori chiarimenti sul Bonus, in particolare per quanto riguarda i requisiti specifici delle nuove categorie incluse. Il testo definitivo del decreto potrebbe contenere informazioni aggiuntive e dettagli sulle modalità di accesso per i lavoratori dipendenti. Il Governo ha già indicato che saranno prese in considerazione eventuali correzioni e ampliamenti per i futuri decreti relativi al 2025.

Lo Studio Pallino è a vostra completa disposizione per consulenza ed assistenza personalizzata.

 

Nel recente decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri sono state introdotte importanti modifiche che interessano il concordato preventivo biennale. Questo aggiornamento normativo prevede una riapertura dei termini per l’adesione al concordato fino al 12 dicembre 2024, rivolto ai contribuenti che hanno già presentato la dichiarazione dei redditi entro il 31 ottobre ma non sono ancora in regola con l’opzione di adesione per il biennio fiscale 2024-2025. Insieme a questa riapertura, il decreto include alcune correzioni tecniche e l’allargamento dei beneficiari di specifiche misure di supporto, tra cui il cosiddetto “bonus Natale.”

Il concordato preventivo biennale, inizialmente previsto con scadenza al 31 ottobre, viene ora esteso fino al 12 dicembre per consentire a un numero maggiore di contribuenti di aderire. Tale riapertura è particolarmente rilevante per quei contribuenti che, pur avendo già dichiarato i redditi entro la scadenza di ottobre, non avevano ancora completato l’opzione per l’adesione al concordato per i prossimi due anni. Il decreto mira quindi a offrire una maggiore flessibilità temporale, facilitando l’accesso al regime per chi è in possesso dei requisiti richiesti.

Emendamenti al Decreto Legge Fiscale: Correzioni sulle Procedure del Concordato Biennale

Contestualmente alla riapertura dei termini, sono stati proposti emendamenti correttivi dai relatori del decreto fiscale – Paola Ambrogio, Dario Damiani ed Elena Testor – con l’obiettivo di migliorare alcuni aspetti tecnici e operativi del concordato preventivo biennale. Gli emendamenti si concentrano su due aree principali:

Uno dei punti chiave degli emendamenti riguarda la compagine sociale, che è oggetto di revisione per facilitare l’adesione al concordato preventivo biennale da parte delle aziende, soprattutto di quelle con strutture societarie articolate. Questa misura permette una gestione semplificata delle adesioni per le società che rispondono a specifici requisiti, garantendo al contempo il rispetto dei criteri fiscali imposti dal regime concordato.

Introduzione della Sanatoria per le Annualità Pregresse

Il secondo emendamento prevede una sanatoria speciale per le annualità pregresse rivolta ai contribuenti che decidono di aderire al concordato preventivo biennale. Tale sanatoria, denominata “ravvedimento super speciale,” consente di regolarizzare eventuali discrepanze fiscali relative agli anni precedenti, evitando il rischio di contenziosi e semplificando la posizione fiscale di coloro che scelgono di aderire al concordato. Questo provvedimento contribuisce a garantire la conformità alle norme in vigore per tutti i contribuenti interessati.

Il concordato preventivo biennale è uno strumento di pianificazione fiscale che permette ai contribuenti di calcolare anticipatamente le imposte per il biennio 2024-2025. Questo approccio consente di ridurre l’incertezza fiscale e di pianificare con precisione gli obblighi contributivi, rappresentando un vantaggio sia per i contribuenti privati che per le imprese. La possibilità di accedere al concordato offre quindi un’opportunità per chi è interessato a programmare il proprio carico fiscale in maniera più efficace e a lungo termine.

 

Per aderire al concordato preventivo biennale, i contribuenti devono rispettare una serie di requisiti e procedure specifiche entro il termine del 12 dicembre. Di seguito i passaggi principali per accedere a questa misura:

 

  • Presentazione della Dichiarazione dei Redditi: Il contribuente deve aver completato e presentato la dichiarazione dei redditi entro la scadenza del 31 ottobre.
  • Presentazione della Domanda di Adesione: La domanda di adesione deve essere presentata entro il nuovo termine del 12 dicembre, seguendo le indicazioni previste dalle autorità fiscali.
  • Conformità con il Regime Fiscale: I contribuenti che optano per il concordato preventivo devono essere in regola con le dichiarazioni pregresse oppure, se necessario, avvalersi della sanatoria speciale per le annualità passate.

Questi passaggi sono essenziali per poter accedere ai vantaggi offerti dal concordato preventivo biennale e per rispettare le disposizioni del nuovo decreto legge.

 

L’obiettivo del concordato preventivo biennale è di favorire la conformità fiscale a lungo termine, permettendo ai contribuenti di pianificare anticipatamente i propri obblighi fiscali e ridurre l’incertezza legata alle variazioni dell’imposizione.

Le correzioni e gli emendamenti inseriti nel decreto garantiscono che il concordato sia applicabile in modo più efficiente e che le aziende possano accedere al regime con meno complessità operativa.

La riapertura dei termini e gli aggiornamenti normativi mirano a offrire ai contribuenti una serie di vantaggi, tra cui la possibilità di:

  • Pianificare con precisione il carico fiscale per il biennio in questione, con un beneficio in termini di chiarezza e stabilità delle imposte.
  • Ridurre l’incertezza fiscale, grazie a un calcolo preventivo delle imposte, permettendo una gestione più serena e programmata degli obblighi fiscali.
  • Sanare eventuali discrepanze passate attraverso il ravvedimento super speciale, con una regolarizzazione rapida delle annualità pregresse per chi aderisce al concordato biennale.

Ricordiamo che lo Studio Pallino è a vostra disposizione per assistenza e consulenza personalizzata.

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